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Giurisprudenza in materia di inquinamento elettromagnetico

ELENA TANZARELLA*

Le tematiche che i giudici di legittimità e di merito si trovano ad affrontare in materia di inquinamento elettromagnetico sono ricorrenti.

Nella giurisprudenza di legittimità sono costanti e tra loro coerenti le decisioni aventi ad oggetto il riparto di competenze, la natura delle prescrizioni in materia di inquinamento elettromagnetico, la definizione della ampiezza della potestà regolamentare dei Comuni, la legittimazione processuale.

La giurisprudenza di merito pare invece sovente chiamata a dirimere la questione della vincolatività, per il giudice ordinario, dei limiti di esposizione normativamente individuati.

I profili sopra delineati quali propri della indagine del Giudice di legittimità possono essere trattati congiuntamente poiché costituiscono sfumature della medesima questione.

Il riparto di competenze in materia di inquinamento elettromagnetico è delineato dalla legge quadro di settore (l. 22 febbraio 2001, n. 36) che attribuisce allo Stato il compito di determinare gli standards di protezione dell’inquinamento elettromagnetico, alla competenza concorrente Stato-Regioni la funzione normativa in tema di trasporto dell’energia e ordinamento delle comunicazioni e, infine, agli Enti territoriali minori l’attività di collocazione degli impianti (Cons. Stato, 13 aprile 2010, n. 2055).

Le norme statali che fissano gli standard di protezione dall’inquinamento elettromagnetico sono immediatamente operative sull’intero territorio nazionale ed hanno carattere prevalente sulla eventuale normativa regionale previgente, ancorchè dispositiva di criteri di tutela maggiormente restrittivi (Cons. Stato, Sez. IV, 18 marzo 2008, n. 1159).
L’interesse tutelato dalla l. 36/01 e dal relativo regolamento di attuazione, DPCM 8 luglio 2003, è di natura igienico sanitaria, essendo volto ad evitare gli effetti negativi dei campi elettrici su coloro che stazionano in prossimità degli impianti.

Allo scopo la normativa nazionale assume quali indici di riferimento parametri tecnici quali i valori di campo elettromagnetico generato dagli impianti e la potenza delle onde piane irradiate dai medesimi.

Ne è conseguita la dichiarazione di illegittimità costituzionale di norme regionali che hanno adottato quale criterio di prevenzione quello urbanistico della distanza degli impianti dagli edifici (Corte Cost. 7 ottobre 2003, n. 307, sulle leggi regionali di Campania, Marche e Puglia e 7 novembre 2003, n. 331, sulla LR Lombardia, n. 12/10).

Analoga sorte è toccata a quei regolamenti comunali che hanno introdotto prescrizioni di carattere urbanistico (distanze e fasce di rispetto) quali mezzi di tutela dall’inquinamento elettromagnetico. Il giudice amministrativo ha infatti affermato che si tratta di un uso improprio di strumenti di regolamentazione urbanistica nell’esercizio di attività amministrativa preordinata alla tutela della salute (Cons. Stato, Sez. VI, 15 luglio 2010, n. 4557; TAR Emilia Romagna, Parma, Sez. I, 21 giugno 2006, n. 294; Cons. Stato, Sez. IV. 14 febbraio 2005, n. 450; TAR Lombardia, Sez. II, 27 maggio 2005, n. 1113).

Né è dato ai Comuni di interdire la collocazione di impianti elettromagnetici in determinate zone del territorio (ove la installazione sarebbe altrimenti consentita in ragione della rispondenza ai criteri determinati dalla normativa statale): le infrastrutture elettroniche hanno carattere di pubblica utilità (così come stabilito dall’art. 90 del d.lgs. 259/03) e sono pertanto compatibili con tutte le destinazioni urbanistiche (Cons. Stato, Sez. VI, 4 settembre 2006, n. 5059).

Il giudice di legittimità è invero sovente chiamato a pronunciarsi sulla legittimità dei regolamenti comunali, circostanza che dipende dal fatto che tale tipologia di impianto, che peraltro lo stesso legislatore classifica quale opera di urbanizzazione primaria (pur permanendo nella proprietà del privato: art. 86 d.lgs. 259/03), richiede per la sua autorizzazione un procedimento unico che non investe solo profili di carattere urbanistico edilizio, bensì anche ambientali ed igienico sanitari (Corte Cost. 28 marzo 2006, n. 129 e 6 luglio 2006, n. 265) e determina, pertanto, quel costante allarme sociale che accompagna tutte le infrastrutture di questo genere e che induce gli Enti territoriali per definizione vicini alla popolazione a cercare di limitare quanto più possibile la collocazione delle infrastrutture nei loro territori, facendo ricorso agli strumenti regolamentari di cui dispongono.

La tendenza ad abusare di tali mezzi sino ad interdire sostanzialmente l’installazione degli impianti sul territorio è però oggetto di costante censura in sede giudiziale (da ultimo TAR Palermo, Sez. II, 9 marzo 2011, n. 419 e 8 luglio 2009, n. 1213; Cons. Giustizia Amministrativa 2 dicembre 2010, n. 1448).

Quanto invece alla legittimazione ad agire, la circostanza che le norme, anche regolamentari, dettate a tutela dell’inquinamento elettromagnetico abbiano finalità di tutela del bene salute e siano prive di natura edilizio – urbanistica determina che l’interesse ad agire sia in capo ai soli soggetti effettivamente lesi dalle irradiazioni elettromagnetiche e non da chi voglia fare valere un interesse di natura edilizia (TAR Toscana, Sez. III, 11 giugno 2006, n. 1590; TAR Campania, Sez. VII, 3 agosto 2006, n. 7797).

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La questione dell’effettiva lesione del bene salute è oggetto di disamina da parte dei giudici ordinari.

Per il giudice di merito <i parametri massimi di esposizione a campi elettromagnetici generati da linee elettriche previsti dalla normativa vigente di cui alla legge 22 febbraio 2001, n. 36 e al DPCM attuativo 8 luglio 2003 non sono vincolanti per il giudice ordinario nel momento in cui vengano in considerazione anche altri interessi costituzionalmente protetti, quali il diritto alla salute della popolazione esposta>: Corte Appello Milano, Sez. II civ., 31 agosto 2009, n. 2168, in Riv. Giur. Amb., 2010, 351, con nota di M. Ceruti, La tutela della salute dai campi elettromagnetici generati va garantita al di là dei parametri imposti dal DPCM 8 luglio 2003, ad oggi non aggiornati (in termini sulla irrilevanza del mancato superamento dei limiti tabellari laddove sia provata la compromissione della salute Trib. Foggia, ord., 27 febbraio 2007, in Foro It., 2007, 7-8, 1, 2124, con nota di F. Mattassoglio).

La sentenza del Tribunale di Milano si distingue anche per l’affermazione della rilevanza probatoria degli studi statistici, ancorché non confermati da studi sperimentali, ai fini della valutazione della tollerabilità delle immissioni elettromagnetiche nell’ambito di un’azione svolta ai sensi dell’art. 844 c.c.

L’effettività della lesione, al di là del mero superamento del dato formale costituito dal parametro tabellare, è poi criterio utilizzato dal giudice penale nell’accertamento della fattispecie di reato di getto pericoloso di cose: “In tema di inquinamento elettromagnetico, il reato di getto pericoloso di cose è integrato non dal mero superamento, da provare in modo certo ed oggettivo, dei limiti di esposizione dei valori di attenzione posti dalle norme speciali, ma dalla idoneità delle onde elettromagnetiche ad offendere o molestare persone, da provarsi in modo certo ed obiettivo e in concreto” (Cass. Pen., Sez. III, 13 maggio 2008, n. 36845).

* Avvocato in Milano