Edizione 2011 del Rapporto WWF-Ecofys “Climate Policy Tracker” (CPT): Europa bocciata in materia di clima ed energia.
SIMONETTA SANDRI*
Il 1° dicembre 2011, WWF ed Ecofys1 hanno pubblicato l’edizione 2011 del Rapporto “Climate Policy Tracker” (CPT)2 che, redatto utilizzando informazioni pubblicamente disponibili, analizza nel dettaglio le politiche adottate dagli Stati europei in materia di energia e cambiamento climatico.
Si tratta di 33 pagine dense di informazioni, che si propongono di misurare tutti i settori che influenzano le emissioni di gas a effetto serra all’interno dell’Unione europea, come la politica climatica generale, la fornitura di energia elettrica, l’industria, l’edilizia, i trasporti, l’agricoltura e la silvicoltura.
Il giudizio complessivo emerso è abbastanza negativo, bocciature per molti, Italia inclusa, per la mancanza di una strategia a lungo termine. Punto davvero critico se si considera che proprio ora è in corso il vertice ONU di Durban sui cambiamenti climatici, che, peraltro, stenta a mettere molti Paesi d’accordo (circa 200, per la precisione).
Se si considera poi che, affinché i cambiamenti climatici non diventino irreversibili, è necessario mantenere la temperatura della terra al di sotto dei 2 C° rispetto ai livelli pre-industriali 3 e si prende come obiettivo quello, più volte annunciato a livello europeo, della de-carbonizzazione entro il 2050, emerge come l’Unione Europea non stia facendo abbastanza in materia di clima e di energia. Né, in sede di negoziati di Durban, sembra che essa stia prendendo una vera posizione da leader sui temi delicati in questione. Posizione invocata da più parti.
Le valutazioni del Rapporto CPT vengono attribuite secondo una scala dalla lettera A alla G (dove G è il voto più basso): ne emerge che la media generale delle politiche climatiche europee corrisponde alla E: un dato deludente e sconfortante che coincide con la media italiana.
Il rapporto attribuisce un voto ad ogni Stato europeo per le proprie politiche climatiche ed energetiche, valutando ogni singolo settore dell’economia nazionale (dalla fornitura di elettricità, all’industria, fino agli edifici, ai trasporti, all’agricoltura ed alla silvicoltura), ciascuno analizzato secondo le due macroaree di energie rinnovabili ed efficienza energetica.
Secondo i dati raccolti, la situazione si presenta come stazionaria in molti Paesi che ancora hanno scarsa attenzione e visione di azioni a lungo termine. Tra i Paesi più “virtuosi” emergono Danimarca e Germania (con una D), tra i mediocri la Francia, con una E. In discesa invece, l’Irlanda che si allontana dalla sua D.
Per soffermarsi sui migliori, va rilevato che la Danimarca ha presentato una strategia energetica 2050 con l’obiettivo di diventare indipendente dai combustibili fossili entro quella data.
La Germania, invece, si è data l’obiettivo a lungo termine – pur non giuridicamente vincolante – per ridurre le emissioni dell’80-95% entro il 2050. Francia e Romania hanno fatto piccoli passi in avanti attraverso l’assegnazione di finanziamenti per la ricerca e lo sviluppo nel campo delle energie rinnovabili. L’Irlanda ha invece accantonato il suo progetto di legge per il cambiamento climatico e l’Olanda ha ridotto i suoi obiettivi per il 2020 al minimo dei livelli UE. Tra i Paesi in fondo alla classifica, con una F, Bulgaria, Romania, Lussemburgo, Grecia, Polonia4.
L’Italia conferma il voto E dell’edizione precedente dello studio, mancando ancora una strategia globale e trasparente sul clima che rifletta l’ambizione di raggiungere un’economia a basse emissioni di carbonio. Il Piano d’azione nazionale per le energie rinnovabili, pubblicato nel mese di giugno 2010, e quello per l’efficienza energetica, pubblicato nel mese di luglio 2011, contengono iniziative che dovrebbero essere attuate entro la fine del 2011. Tuttavia, la difficile situazione economica e politica, ora all’ordine del giorno, potrebbe ritardare o ridurre sensibilmente gli incentivi a muoversi verso un’economia a basse emissioni di carbonio, a meno che il governo non inizi finalmente a considerare la green economy come una delle strategie di ripresa più promettenti. Per le fonti alternative il conto energia è stato ridotto ed è soggetto a continue modifiche mentre nel settore dell’industria, non risulta alcuna politica di sviluppo delle energie rinnovabili. Per gli edifici, viene citato come unico elemento positivo il decreto rinnovabili n. 28/20115 che contiene misure come l’obbligo della certificazione energetica, mentre per il settore trasporti, si fa riferimento alle proposte di legge per gli incentivi alle auto elettriche. Nessuna azione, invece, è prevista per favorire energie rinnovabili ed efficienza energetica nei settori di agricoltura e silvicoltura.
A livello europeo, le lacune nella politica dell’Unione sono identificate principalmente nell’Emission Trading System che deve essere reso di nuovo rilevante e nella direttiva sull’efficienza energetica6. Le raccomandazioni7 riguardano il miglioramento delle politiche esistenti (come ad es. l’introduzione di una tassa CO2 come parte della direttiva tassa sull’energia, il rafforzamento dei requisiti di efficienza per i passeggeri delle autovetture o degli standard della direttiva eco-design, l’adozione di una guida per gli Stati membri sull’incentivazione in materia di efficienza energetica e rinnovabile) e l’introduzione di nuove (accordi legali su target a lungo-termine o strategie oltre il 2020, una prospettiva climatica a lungo-termine sulla politica agricola europea).
Va, infine, sottolineato che se i temi sul tavolo dei negoziati a Durban sono più o meno gli stessi di Copenaghen di due anni fa, non sembra si stia avanzando molto e che, mentre si tergiversa, le emissioni di CO2 del pianeta sono arrivate a oltre 33 miliardi di tonnellate nel 2010 (con un aumento del 5,8% rispetto al 2009), con la Cina responsabile di un quarto del totale (25%) e gli Usa con il 19% che portano il peso totale del “G2” al 44%. L’UE con il 13% di CO2 si posiziona dopo gli Stati Uniti. Inoltre i Paesi del Bric fanno registrare tutti segni “+” rispetto alle emissioni dell’anno precedente: Brasile (+11,4%), Cina (+10,4%), India (+9,2%). Le responsabilità per gli elevati livelli di CO2 non ricadono solo sulle politiche attuate dagli Stati ma anche sui finanziatori di determinati progetti (oggi, le principali 93 banche del mondo hanno investito in progetti su centrali a carbone più di 232 miliardi di euro).
Ora, il Protocollo di Kyoto scade nel 2012 e la maggioranza dei partecipanti al Mef (Major Economy Forum, istituito dal presidente Obama nel 2009 e costituito dalle 17 maggiori economie mondiali, ma a cui sono ammessi a partecipare anche alcuni rappresentanti dei Paesi in via di sviluppo) hanno ritenuto opportuno che gli impegni si estendano fino al 2020. A Durban si dovrebbe indicare una «via di mezzo» che trovi il massimo consenso anche di quei Paesi che finora si sono opposti al proseguimento del protocollo di Kyoto. Aspettiamo i risultati.
* Environment manager presso Eni exploration & production – SEQ – AMTE.
1 Ecofys è una società di consulenza internazionale che opera nel settore delle energie rinnovabili, efficienza energetica, sistemi e politiche energetiche. Essa supporta organizzazioni pubbliche e private nell’adattare le proprie azioni e politiche oltre che identificare nuove opportunità.
2 Testo del Rapporto in climatepolicytracker.eu. Esso è costituito da 5 sezioni: 1) obiettivi ed approccio; 2) il pacchetto “low-carbon”; 3) la politica dell’UE in materia di energia e clima; 4) i trend delle politiche degli Stati membri dell’UE; 5) il futuro.
3 Il Rapporto indica che tale obietto dei 2°C era stato indicato come obiettivo dall’UE fin dal 1996, mentre le Nazioni Unite, nel dicembre 2010, avevano riconosciuto la necessità di considerare il livello di 1,5°C.
4 A pag. 23 del Rapporto vengono elencati i progressi maggiori di ogni Stato. L’Italia viene citata a pag. 30 per l’adozione della riduzione della tassazione del 55% per le misure di efficienza energetica negli edifici.
5 Il testo si trova sul supplemento ordinario n. 81 alla Gazzetta Ufficiale n. 71 del 28.03.2011: D.lgs. 3 marzo 2011, n. 28 recante “Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE”.
6 In sintesi, l’Unione si ritrova F per le sue politiche in generale; per il settore dell’elettricità, registra B per il rinnovabile, F per l’efficienza energetica, D, in generale; per il settore industriale, C per il rinnovabile, E per l’efficienza energetica, E in generale; per il settore degli edifici, C per il rinnovabile, D per l’efficienza energetica, G in generale; per il settore trasporti, C per il rinnovabile, E per l’efficienza energetica, F in generale; per il settore agricoltura, e foreste registra le maggiori lacune e non viene attribuito punteggio.
7 Alle pagg. 31-32 del Rapporto.