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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Espropriazione Numero: 3433 | Data di udienza: 9 Novembre 2023

ESPROPRIAZIONE – Espropriazione per pubblica utilità – Occupazione appropriativa – Occupazione illegittima – Trasformazione irreversibile – Perdita della proprietà – Liquidazione equivalente monetario – Giudicato civile su equivalente monetario – Non espressa indicazione in parte motiva del trasferimento della proprietà degli immobili – Effetti – Formazione del giudicato (Massima a cura di Ilaria Genuessi)


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 2^
Regione: Sicilia
Città: Catania
Data di pubblicazione: 15 Novembre 2023
Numero: 3433
Data di udienza: 9 Novembre 2023
Presidente: Burzichelli
Estensore: Caminiti


Premassima

ESPROPRIAZIONE – Espropriazione per pubblica utilità – Occupazione appropriativa – Occupazione illegittima – Trasformazione irreversibile – Perdita della proprietà – Liquidazione equivalente monetario – Giudicato civile su equivalente monetario – Non espressa indicazione in parte motiva del trasferimento della proprietà degli immobili – Effetti – Formazione del giudicato (Massima a cura di Ilaria Genuessi)



Massima

TAR SICILIA, Catania, Sez. 2^ – 15 novembre 2023, n. 3433

ESPROPRIAZIONE – Espropriazione per pubblica utilità – Occupazione appropriativa – Occupazione illegittima – Trasformazione irreversibile – Perdita della proprietà – Liquidazione equivalente monetario – Giudicato civile su equivalente monetario – Non espressa indicazione in parte motiva del trasferimento della proprietà degli immobili – Effetti – Formazione del giudicato

Nel caso di sentenze civili di liquidazione della somma riconosciuta quale equivalente monetario per la perdita della proprietà, irreversibilmente trasformata dall’Amministrazione e sottratta alla disponibilità dei legittimi proprietari, il giudicato deve intendersi formato (non solo sul quantum debeatur del risarcimento dovuto, ma anche) sul passaggio di proprietà, quale antecedente logico giuridico della statuizione sul risarcimento del danno, costituendo l’accertamento in fatto circa la perdita della proprietà da parte dell’attrice il punto di partenza per l’accertamento del diritto al danno risarcibile(1). Di conseguenza, non può essere accolta un’azione con la quale il privato, a seguito di un’occupazione illegittima da parte del PA, abbia chiesto l’adozione di un provvedimento di acquisizione sanante ove in precedenza l’acquisto della proprietà dell’area da parte della PA sia stato sancito con efficacia di giudicato da sentenze della Corte di Appello civile, le quali si sono basate sull’effetto abdicativo al diritto di proprietà prodotto dalla richiesta di risarcimento del danno da parte del privato(2).

(1) In tal senso si v. Cons. Stato, Ad. plen., sent. n. 6 del 9 aprile 2021, che ha statuito: “In linea di diritto, si osserva che, secondo consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa e civile, l’interpretazione del giudicato formatosi su una sentenza civile pronunciata a definizione di un giudizio ordinario di cognizione, va effettuata alla stregua non soltanto del dispositivo della sentenza, ma anche della sua motivazione: infatti, il contenuto decisorio di una sentenza è rappresentato, ai fini della delimitazione dell’estensione del relativo giudicato, non solo dal dispositivo, ma anche dalle affermazioni e dagli accertamenti contenuti nella motivazione, nei limiti in cui essi costituiscano una parte della decisione e risolvono questioni facenti parte del thema decidendum (in tal senso ex plurimis, Cons. stato sez. III, 16 nov. 2018 n. 6471; Cass. Civ. sez. 1, 8.6.2007 n. 13513; Cass. civ. sez., 27.10.1994 n. 8865).
(2) Così Cons. Stato, sez. IV, n. 3234/2017.

Pres. Burzichelli, Est. Caminiti – C. (avv. Pappalardo) c. Comune Acireale (avv.ti Senfett e Calabretta) e Istituto Autonomo Case Popolari, Comprensorio di Acireale (avv. Bonura)


Allegato


Titolo Completo

TAR SICILIA, Catania, Sez. 2^ - 15 novembre 2023, n. 3433

SENTENZA

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1585 del 2020, proposto da Contarino Maria e Contarino Giuseppina, rappresentate e difese dall’avvocato Santi Pappalardo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

il Comune Acireale, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Agata Senfett e Giovanni Calabretta, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
l’Istituto Autonomo Case Popolari – Comprensorio di Acireale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Harald Bonura, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la condanna:

alla restituzione degli immobili occupati illecitamente o all’emanazione del provvedimento di acquisizione ex art. 42-bis D.P.R. n. 327/2001 e al risarcimento danni patiti.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune Acireale e dell’Istituto Autonomo Case Popolari – Comprensorio di Acireale;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 9 novembre 2023 il dott. Emanuele Caminiti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

FATTO e DIRITTO

Parte ricorrente, con il ricorso in esame, premettendo di essere proprietaria dei terreni in rilievo, contesta la avvenuta occupazione illegittima del bene con trasformazione irreversibile dello stesso, deducendo a supporto l’annullamento in sede giudiziale di tutti gli atti di esproprio tale da rendere l’occupazione illegittima (in quanto illecito permanente) e agisce, a tal fine, per la condanna dell’Amministrazione, in alternativa, alla adozione del provvedimento sanante previsto dall’art. 42 bis T.U. Espropri (con la liquidazione degli importi contemplati dal citato articolo) ovvero alla restituzione del bene in favore di essi proprietari, previa riduzione in pristino e pagamento del dovuto risarcimento del danno conseguente (per l’occupazione illegittima temporanea dalla data dello spossessamento).

Così riassunti, in estrema sintesi, i termini della controversia, si rileva che la questione involgente la presente controversia si incentra sull’accertamento degli effetti del giudicato alla stregua di quanto ritenuto dal giudice di secondo grado in relazione alla domanda originaria proposta dinanzi al Tribunale Civile di Catania; deve essere, in altri termini, verificata la portata e gli effetti del giudicato civile, come derivanti dalle pronunce n. 1595/2009 e n. 2169/2012 emesse dalla Corte di Appello Civile di Catania sui medesimi fatti involgenti la presente controversia.

Orbene, il Collegio, da un esame delle sentenze, reputa quanto segue:

– in favore dei ricorrenti è stata liquidata una ingente somma, determinata sulla base dei calcoli effettuati dal CTU;

– la suddetta somma è stata riconosciuta quale equivalente monetario per la perdita della proprietà, irreversibilmente trasformata dall’Amministrazione e sottratta alla disponibilità dei legittimi proprietari;

– che si tratti dell’equivalente monetario della res perduta non vi è dubbio (al riguardo è sufficiente leggere le sentenze richiamate dalle quali risulta che il criterio utilizzato dal CTU è quello cd. metodo sintetico-comparativo, tipico delle stime immobiliari ove si determina il prezzo del bene);

– pur dandosi atto dell’assenza dell’accertamento del passaggio di proprietà, del c.d. effetto traslativo in capo alle Amministrazioni, appare chiaro al Collegio che le Contarino non siano più proprietari dei terreni ed abbiano perduto il diritto dominicale sugli stessi;

– tutto ciò emerge con chiarezza sia nella sentenza n. 1595/2009 emessa dalla Corte di Appello di Catania, la quale usa in particolare nel p.q.m. l’espressione “perdita della proprietà” (così assumendo che, in sostanza, ai ricorrenti è stato corrisposto il tantundem del bene perduto, di cui essi allo stato non sono più proprietari) che nella sentenza n. 263/2011 che riporta l’espressione “occupazione appropriativa”;

– non potrebbe avere altro senso invero la corresponsione in favore degli istanti, quale surrogato del bene, del valore del bene stesso attualizzato;

– ciò che emerge chiaramente dalle sentenze civili è l’avvenuta corresponsione ai precedenti proprietari, privati del bene, del loro equivalente monetario.

La circostanza che nella parte motiva delle decisioni in questione non risulti espressamente trasferita la proprietà degli immobili dipende dalla circostanza che, nella ricostruzione giurisprudenziale alla quale si uniformano dette decisioni, la perdita della proprietà del bene irreversibilmente destinato alle esigenze dell’opera pubblica dipendeva da un comportamento illecito della Pubblica Amministrazione; la realizzazione dell’opera pubblica comportava, in tale ricostruzione, l’estinzione del diritto di proprietà del privato e la contestuale acquisizione, a titolo originario, della proprietà in capo all’ente procedente. Sicché l’acquisizione avviene ipso iure, con il maturarsi delle circostanze richieste dalla legge e la sentenza avrebbe potuto solo accertare l’intervenuto acquisto.

Ed è esattamente ciò che è avvenuto con le sentenze in questione, sebbene le stesse non riportino, nella parte motiva, l’espressa declaratoria dell’accertamento dell’intervenuto acquisto della proprietà in capo all’Amministrazione espropriante.

Secondo il Decidente, il giudicato deve quindi intendersi formato (non solo sul quantum debeatur del risarcimento dovuto ma anche) sul passaggio di proprietà, quale antecedente logico giuridico della statuizione sul risarcimento del danno, costituendo l’accertamento in fatto circa la perdita della proprietà da parte dell’attrice il punto di partenza per l’accertamento del diritto al danno risarcibile.

Giova evidenziare al riguardo che l’interpretazione della portata del giudicato, sia esso interno od esterno, va effettuata alla stregua di quanto stabilito tanto nel dispositivo della sentenza quanto nella motivazione che la sorregge.

Il ricorso è infondato per quanto più sopra affermato dalle sentenze del giudice civile che coprono definitivamente la vicenda contenziosa (vedi fra tutte Cons. Stato, Ad. plen., sent. n. 6 del 9 aprile 2021, che ha statuito: “In linea di diritto, si osserva che, secondo consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa e civile, l’interpretazione del giudicato formatosi su una sentenza civile pronunciata a definizione di un giudizio ordinario di cognizione, va effettuata alla stregua non soltanto del dispositivo della sentenza, ma anche della sua motivazione: infatti, il contenuto decisorio di una sentenza è rappresentato, ai fini della delimitazione dell’estensione del relativo giudicato, non solo dal dispositivo, ma anche dalle affermazioni e dagli accertamenti contenuti nella motivazione, nei limiti in cui essi costituiscano una parte della decisione e risolvono questioni facenti parte del thema decidendum (in tal senso ex plurimis, Cons. stato sez. III, 16 nov. 2018 n. 6471; Cass. Civ. sez. 1, 8.6.2007 n. 13513; Cass. civ. sez., 27.10.1994 n. 8865). La posizione della giurisprudenza condivisa da questa Adunanza Plenaria per preminenti ragioni di economia processuale e di garanzia della certezza e stabilità dei rapporti giuridici è invero attestata su una concezione estensiva dei limiti oggettivi del giudicato, per cui il giudicato sostanziale (art. 2909 c.c.) – che , in quanto riflesso di quello formale (art. 324 c.p.c) , fa stato ad ogni effetto fra le parti, i loro eredi o aventi causa, relativamente all’accertamento di merito, positivo o negativo, del diritto controverso – si forma su tutto ciò che ha formato oggetto della decisione, compresi gli accertamenti in fatto e in diritto, i quali rappresentino le premesse necessarie e il fondamento logico giuridico sulla situazione giuridica fatta valere con la domanda giudiziale (c.d. giudicato esplicito), ma estendendosi gli accertamenti che si ricollegano in modo inscindibile con la decisione e ne formano il presupposto, così da coprire tutto quanto rappresenta il fondamento logico giuridico della statuizione finale (c.d. giudicato implicito). Pertanto, l’accertamento su una questione di fatto o di diritto costituente la premessa necessaria e il motivo portante della decisione divenuta definitiva, quando sia comune ad una causa introdotta posteriormente inter partes, preclude il riesame della questione, anche se il giudizio successivo abbia finalità diverse da quelle del primo (ex plurimis Cass. Civ. sez. lav. 9.12.2016, n. 25269; Cass. Civ., sez. 3, 23.10.1995 n. 10999,) per cui qualora due giudizi tra le stesse parti vertano sul medesimo negozio o rapporto giuridico, l’accertamento compiuto circa una situazione giuridica ovvero la risoluzione di una questione di fatto o di diritto che incida su un punto fondamentale di entrambe le cause ed abbia costituito la logica premessa della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza passata in giudicato, preclude l’esame del punto accertato e risolto anche nel caso in cui l’altro giudizio abbia finalità diverse da quelle che costituiscono lo scopo o il petitum del primo). Quindi l’autorità di cosa giudicata copre l’accertamento, oltre che del singolo effetto dedotto come petitum (mediato), anche del rapporto complesso dedotto come causa petendi, sia esso di natura reale o di natura obbligatoria, dal quale l’effetto tra origine”.

Pertanto, alla luce di tali coordinate ermeneutiche, è possibile affermare che il giudicato si è formato sia sul diritto al risarcimento del danno che sul perfezionamento della fattispecie della c.d. occupazione invertita e sui relativi effetti, e in primo luogo sulla estinzione del diritto di proprietà dei terreni in capo agli originari proprietari e sulla acquisizione della proprietà degli stessi in capo alle Amministrazioni resistenti.

Il Collegio non può non aggiungere che tale “lettura” della vicenda de qua e tale interpretazione del giudicato civile (con la derivata constatazione in ordine alla mancanza del diritto di proprietà in capo ai ricorrenti sub specie di difetto di un elemento costitutivo della domanda proposta a mezzo del ricorso in esame ovvero all’efficacia preclusiva del giudicato), è l’unica coerentemente sostenibile. Diversamente ragionando, i ricorrenti otterrebbero due volte lo stesso bene della vita (pagamento dell’equivalente della res perduta più liquidazione degli importi ex art. 42 bis T.U. Espropri ovvero restituzione del bene con annesso risarcimento), il tutto con evidente indebita locupletazione.

Tale duplicato ristoro sarebbe l’esito di due iniziative giudiziarie (dinanzi al Giudice Civile e dinanzi al Giudice Amministrativo) incentrate sul medesimo rapporto giuridico controverso e sulla medesima causa petendi (riguardante come detto un diritto cd. autodeterminato), legato alla tutela del diritto di proprietà.

Inoltre, anche sotto il profilo assiologico, la condotta degli istanti, i quali dapprima hanno agito per vedersi liquidato l’equivalente monetario della res perduta (secondo una logica compensativa del tutto simile a quella sottesa, ad esempio, all’art. 948 c.c.) e poi hanno agito dinanzi al Giudice Amministrativo al fine di vedersi corrispondere ugualmente il ristoro per la acquisizione pubblica del bene (ovvero la restituzione della res o l’adozione di un provvedimento ex art. 42 bis), sostanzia una palese condotta abusiva, tramite la quale, utilizzando i sopravvenuti mutamenti giurisprudenziali e normativi, si tende ad ottenere due volte la medesima tutela giuridica.

Del resto è stato coerentemente affermato che, allo stesso modo, non può essere accolta un’azione con la quale il privato, a seguito di un’occupazione illegittima da parte del PA, abbia chiesto l’adozione di un provvedimento di acquisizione sanante ove in precedenza l’acquisto della proprietà dell’area da parte della PA sia stato sancito con efficacia di giudicato da sentenze della Corte di Appello civile (come avvenuto con le sentenze n. 1595/2009 e n. 263/2011), le quali si sono basate sull’effetto abdicativo al diritto di proprietà prodotto dalla richiesta di risarcimento del danno da parte del privato (CdS Sez. IV n. 3234/2017).

Nel caso di specie, dalle sentenze civili si evince inequivocabilmente la perdita del bene in capo ai ricorrenti: in particolare, nel dispositivo della sentenza della Corte di Appello n. 1595/2009 viene utilizzata l’espressione “perdita della proprietà”, mentre nel dispositivo della Corte di Appello n. 263/2011 viene riportata l’espressione “occupazione appropriativa”.

In sintesi, non vi è prova della titolarità delle aree in questione in capo ai ricorrenti rilevando in ogni caso l’efficacia preclusiva del giudicato civile che copre il dedotto e il deducibile ed impedisce una nuova domanda basata sul medesimo irretrattabile rapporto giuridico.

In altri termini, si è verificato nella fattispecie il meccanismo di preclusione processuale previsto dal combinato disposto di cui all’art. 324 c.p.c. (giudicato formale) e all’art. 2909 c.c. (giudicato sostanziale), secondo cui, una volta che sia stata pronunciata in via definitiva la regola di giudizio tra due o più parti su una specifica controversia giuridica, il dictum del Giudice non può più essere messo in discussione da quelle stesse parti o dai loro eredi o aventi causa.

In proposito si richiama sempre la pronuncia del Supremo Consesso sopra citata (Adunanza plenaria n. 6 del 9 aprile 2021) secondo cui: “In caso di occupazione illegittima, a fronte di un giudicato civile di rigetto della domanda di risarcimento del danno per l’equivalente del valore di mercato del bene illegittimamente occupato dalla pubblica amministrazione, formatosi su una sentenza irrevocabile contenente l’accertamento del perfezionamento della fattispecie della cd. occupazione acquisitiva, alle parti e ai loro eredi o aventi causa è precluso il successivo esercizio, in relazione al medesimo bene, sia dell’azione (di natura personale e obbligatoria) di risarcimento del danno in forma specifica attraverso la restituzione del bene previa rimessione in pristino, sia dell’azione (di natura reale, petitoria e reipersecutoria) di rivendicazione, sia dell’azione ex artt. 31 e 117 c.p.a. avverso il silenzio serbato dall’amministrazione sull’istanza di provvedere ai sensi dell’art. 42-bis d.P.R. n. 327 del 2001; ai fini della produzione di tale effetto preclusivo non è necessario che la sentenza passata in giudicato contenga un’espressa e formale statuizione sul trasferimento del bene in favore dell’amministrazione, essendo sufficiente che, sulla base di un’interpretazione logico-sistematica della parte motiva in combinazione con la parte dispositiva della sentenza, nel caso concreto si possa ravvisare un accertamento, anche implicito, del perfezionamento della fattispecie della cd. occupazione acquisitiva e dei relativi effetti sul regime proprietario del bene, purché si tratti di accertamento effettivo e costituente un necessario antecedente logico della statuizione finale di rigetto”.

Nella vicenda de qua, i ricorrenti hanno già ottenuto il risarcimento del danno da perdita della proprietà con le pronunce della Corte d’Appello Civile sopra richiamate.

La proprietà è definitivamente transitata secondo quanto affermato dalle sentenze del Giudice civile di seconde cure, l’Amministrazione non è tenuta a emettere alcun un provvedimento ex art. 42 bis T.U. Espropri.

Alla luce delle superiori considerazioni, il ricorso va respinto, restando assorbita ogni altra questione.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Condanna parte ricorrente alle spese del giudizio che si quantificano nella somma di € 2.000 (euro duemila,00) oltre accessori di legge, da liquidare in favore di ciascuna Amministrazione.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 9 novembre 2023 con l’intervento dei magistrati:

Daniele Burzichelli, Presidente

Emanuele Caminiti, Referendario, Estensore

Cristina Consoli, Referendario

L’ESTENSORE
Emanuele Caminiti

IL PRESIDENTE
Daniele Burzichelli

IL SEGRETARIO

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