+39-0941.327734 info@ambientediritto.it
Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto urbanistico - edilizia Numero: 584 | Data di udienza: 19 Marzo 2025

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Veranda-box windows – Decreto salva casa (d.l. n. 69/2024) – Superficie di servizi e accessori – D.l. n. 115/2022 – Art. 6, c. 1, lett.b-bis d.P.R. n. 380/2001- Edilizia libera (Si ringrazia per la segnalazione il dott. Lorenzo Ieva)


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione: Puglia
Città: Bari
Data di pubblicazione: 24 Aprile 2025
Numero: 584
Data di udienza: 19 Marzo 2025
Presidente: Blanda
Estensore: Ieva


Premassima

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Veranda-box windows – Decreto salva casa (d.l. n. 69/2024) – Superficie di servizi e accessori – D.l. n. 115/2022 – Art. 6, c. 1, lett.b-bis d.P.R. n. 380/2001- Edilizia libera (Si ringrazia per la segnalazione il dott. Lorenzo Ieva)



Massima

TAR PUGLIA, Bari, Sez. 3^- 24 aprile 2025, n. 584

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Veranda-box windows – Decreto salva casa (d.l. n. 69/2024) – Superficie di servizi e accessori – D.l. n. 115/2022 – Art. 6, c. 1, lett.b-bis d.P.R. n. 380/2001- Edilizia libera.

Il decreto-legge 29 maggio 2024, n. 69, conv., con mod., dalla legge 24 luglio 2024, n. 105 (c.d. decreto salva-casa), ha in più punti modificato il d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (t. u. edilizia), ampliando, in presenza di tassativi presupposti e previa domanda di parte, le fattispecie di sanatoria di talune difformità e ha meglio specificato le c.d. tolleranze costruttive. Anche in virtù della sopraddetta normativa, una veranda-box window rientra tra le “superficie di servizi e accessori”, ai sensi del D.M. 10 maggio 1977, n. 801. La veranda, se fatta ex se di materiale rimovibile e sostituibile, assicura alla struttura principale la fruizione di un ambiente che rimane esterno, completamente separato dal resto degli ambienti, seppur collegato con essi da un’entrata; in quanto box window è fornita di trasparenze su più lati e dunque dispone di illuminazione naturale; una tal struttura in nuce rimane ambiente accessorio, di norma adibito a servizi vari dell’immobile ed è diverso da un qualsiasi altro vano; ha la semplice funzione di creare un certo comfort ambientale, su una superficie, di norma un balcone, che, per le caratteristiche intrinseche, resta sempre lo stesso, seppur verandato. Il decreto-legge 9 agosto 2022, n. 115, conv., con mod., dalla legge 21 settembre 2022, n. 142, ha inoltre introdotto la lett. b-bis) all’art. 6, comma 1, d.P.R. n. 380/2001, per effetto del quale le c.d. verande, qualora consistano in vetrate panoramiche amovibili e trasparenti, sono ricomprese nell’ambito della c.d. edilizia libera, ossia nell’alveo di quegli interventi edilizi, la cui realizzazione non necessita di titoli edilizi, purché non costituiscano, secondo la definizione del RET (“Regolamento edilizio tipo”), spazi stabilmente chiusi, e non comportino la variazione architettonica dell’immobile. Di conseguenza, l’indirizzo tralatizio della giurisprudenza sull’automaticità della realizzazione di c.d. volumetria, con riferimento alla realizzazione di verande et similia, va rimeditato.

Pres. Blanda, Est. Ieva – omissis (avv. Sollazzo) c. Comune di Bari (avv. De Luca)


Allegato


Titolo Completo

TAR PUGLIA, Bari, Sez. 3^- 24 aprile 2025, n. 584

SENTENZA

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 965 del 2024, proposto da
-OMISSIS- e -OMISSIS-, rappresentate e difese dall’avv. -OMISSIS- Sollazzo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Bari, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Anna Lucia De Luca, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l’annullamento
previa sospensione dell’efficacia
1. dell’ordinanza di demolizione e sanzione pecuniaria n. 2024/01758 del 7.6.2024 del Comune di Bari, comunicata in forma esecutiva alla ricorrente, via pec in data 7.6.2024, relativa alle opere di cui al condono n. 3182 e alla destinataria a mani proprie il 12.6.2024;
2. del provvedimento di diniego prot. n. 160689 del 6.5.2024 del Comune di Bari, comunicato via pec in data 7.5.2024 alla ricorrente, relativo all’istanza di condono edilizio n. 3182, di cui all’art. 32 decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, conv., con mod., dalla legge 24 novembre 2003, n. 326;
3. di qualunque altro atto presupposto e/o consequenziale ad essi connesso per quanto di interesse.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Bari;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 marzo 2025 il dott. Lorenzo Ieva e uditi per le parti i difensori avv. -OMISSIS- Sollazzo, per la parte ricorrente; nessuno è comparso per il Comune di Bari;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1.- Con ricorso depositato come in rito, l’istante impugnava l’ordinanza di demolizione con sanzione pecuniaria, il provvedimento di diniego definitivo di condono, ai sensi della legge n. 326 del 2003, nonché ogni altro atto presupposto e/o consequenziale, inerente la realizzazione sine titulo della “trasformazione di un balcone in box-window e realizzazione di una veranda coperta”, accessorio a servizio dell’appartamento di proprietà in Bari alla via -OMISSIS-.
In fatto, deduceva di aver presentato regolare domanda di condono (pratica n. 3182) e di aver assolto a tutti gli oneri previsti ex lege, documentali e concessori, e indi di aver pagato l’oblazione prevista e di non aver mai ricevuto alcuna diversa comunicazione ufficiale da parte dell’Ente locale di richiesta di integrazione documentale, come invece esposto nella motivazione del diniego di condono.
In diritto, censurava la violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 10, 10-bis e 21-octies della legge n. 241/1990, nonché dell’art. 32, commi 35, 36 e 37 della legge n. 326/2003, dell’art. 35, comma 17, legge n. 47/1985 e art. 39 legge n. 724 del 1994; la violazione del principio di buona amministrazione art 97 Cost., l’eccesso di potere per contraddittorietà e difetto assoluto d’istruttoria, travisamento ed erronea valutazione dei fatti, dolosa e falsa rappresentazione delle evidenze documentali, l’omessa o apparente motivazione, la lesione del diritto di difesa.
2.- Si costituiva l’intimato Comune di Bari, il quale depositava gli atti del procedimento e contestava alla parte ricorrente di non aver affatto prodotta tutta la documentazione occorrente e segnatamente di non aver mai corrisposto all’invito inoltrato di integrazione documentale, così come da apposita inviata lettera raccomandata a/r, che si assume ricevuta dalla ricorrente.
3.- Alla fissata camera di consiglio, per l’adozione d misure cautelari, poiché fulcro della controversia era costituito dalla presunta discrasia documentale e/o dalla necessità di integrazione della stessa, la Sezione, con ordinanza, ha sospeso i gravati atti, con ordine di remand al Comune, onde approfondire in sede istruttoria la vicenda nel suo complesso.
4.- Depositati ulteriori documenti, memorie e repliche, dopo breve discussione, presente la sola parte ricorrente, alla successiva udienza pubblica, la causa è stata trattenuta in decisione.
5.- Il ricorso è fondato.
Parte ricorrente ha presentato una domanda di sanatoria, in data 30 marzo 2004, della trasformazione di un balcone in box-window con realizzazione di una veranda coperta, provvedendo ad allegare la documentazione di rito. Le dimensioni dell’intervento sono modeste. Tuttavia, il Comune non dava corso al provvedimento di competenza; senonché, a diversi anni d distanza dalla domanda di condono, assumendo a motivazione un presunto mancato riscontro alla precedente lettera raccomandata a/r, ha concluso il procedimento in senso negativo. È poi seguito l’ordine di demolizione.
Emerge dall’impugnativa proposta e dal contraddittorio instaurato tra le parti che “punto focale” dell’intera vicenda sarebbe costituito dal mancato riscontro alla richiesta di integrazione documentale inoltrata con una lettera raccomandata a/r proveniente dal Comune e che parte ricorrente dichiara mai ricevuta.
Peraltro, come emerge dagli atti del Comune, il preteso conguaglio è collegato alla rideterminazione del contributo di costruzione, che l’ente effettua ritenendo erronea la considerazione delle superfici d’intervento, come “accessorie”, anziché “utili”, per cui non spetterebbe la riduzione dei versamenti del 40%; è, per tale ragione, infatti, che l’ufficio ha richiesto il versamento degli importi a conguaglio, ricalcolando le somme dovute con l’integrazione del 40%
A tal fine, con ordinanza cautelare, il Collegio aveva inteso invitare l’amministrazione comunale ad approfondire la fattispecie concreta. Non è però emersa alcuna soluzione satisfattiva dell’interesse dei ricorrenti. Anzi, il Comune ha adottato – in esito al remand – un nuovo atto, all’evidenza, nella forma e nella sostanza meramente confermativo. Sia il provvedimento impugnato sia l’atto adottato dopo il remand sono sovrapponibili, in quanto recano identica narrazione in fatto e medesima laconica motivazione in diritto, di pretesa “carenza documentale”. Un simile atto è però mera replica negativa al remand disposto dall’ordinanza cautelare; non costituisce un nuovo provvedimento, a seguito di un’autentica rinnovazione dell’istruttoria, per cui non v’è alcuna improcedibilità, da predicarsi per carenza di impugnazione con motivi aggiunti, come pur eccepito dal Comune.
Orbene, dalla disamina dei documenti depositati, emerge che parte ricorrente ha presentato regolare domanda di condono, qualificando l’intervento da sanare e che ha successivamente ad abundantiam riprodotto i documenti richiesti, quali rettifiche e aggiornamenti catastali e planimetriche, anche se ripetitivi di atti già prodotti, ovvero facilmente acquisibili ex officio, essendo posto ex lege a carico dell’amministrazione il dovere di acquisire d’ufficio tutti gli atti e i documenti nella disponibilità di altri uffici dello stesso ente e/o della amministrazione pubblica (art. 43 d.P.R. n. 445/2000). Null’altro residua.
La richiesta di integrazione dell’oblazione è pervenuta oltre il termine di prescrizione, in quanto non v’è affatto prova che la richiesta di integrazione, contenuta nella opinata lettera raccomandata a/r del 17 febbraio 2016, sia pervenuta al destinatario indicato. Invero, la missiva indica come destinatario erroneamente “-OMISSIS-” e non già correttamente il nome di “-OMISSIS-”, seguito dal cognome esatto, ma, per quel che più importa, alla semplice lettura della ricevuta di ritorno, v’è indicazione di data leggibile nel solo giorno e mese (25 febbraio), e, per quel che maggiormente rileva, v’è apposizione di un segno grafico illeggibile, nient’affatto riconducibile al destinatario e non v’è alcuna “firma per esteso del ricevente”, com’è pure prescritto espressamente nella stessa cartolina di ritorno e come si esige in consimili fattispecie. Inoltre, l’addetto postale notificatore non ha indicato, invero, pur a fronte dell’avvenuta apposizione di un segno grafico o sigla illeggibile, se ha proceduto a rilasciare la lettera raccomandata a mani proprie del destinatario, oppure ad altro soggetto convivente nella casa di famiglia.
Costituisce ius receptum in giurisprudenza, in tema di consegna di raccomandate postali ordinarie, che, qualora il destinatario contesti in modo non pretestuoso il fatto stesso della ricezione di alcunché, spetta al mittente di dover fornire la prova dell’avvenuta ricezione del plico postale, anche mediante presunzioni (ex multis: Cass., sez. VI civ., 19 marzo 2018, n. 6725) e, sicuramente, con la produzione della cartolina di ricevuta di ritorno, compilata in modo tale che possa evincersi l’avvenuta consegna al destinatario, in particolare da una sufficiente leggibilità della firma apposta per esteso.
Pertanto, poiché si è trattato di provvedere ad una diversa determinazione dell’oblazione (e non già a una mera rettifica di calcolo, oppure a un mero conguaglio), dunque in contestazione alla auto-qualificazione dell’intervento edilizio da sanarsi, come previsto ex lege, doveva esigersi una maggiore diligenza, provvedendosi a ulteriori tentativi di notifica, data la dubbia in se stessa compilazione della ricevuta di ritorno della missiva (art. 6, comma 1, lett. d), legge n. 241/1990).
La difesa del Comune insiste sulla debenza dei c.d. conguagli tardivamente richiesti per la prima volta solo con la nota del 2014, quando era oramai spirato il termine prescrizionale di 36 mesi, di cui all’art. 32, comma 36, legge 326/2003. Ma – come evidenziato da parte ricorrente – non v’è prova che la nota del 17 febbraio 2006 sia mai pervenuta al legittimo destinatario, per cui non essendosi prodotto alcun effetto interruttivo, è maturato l’intero periodo prescrizionale di 36 mesi.
L’art. 32, comma 36, della legge n. 326/2003, nell’indicare gli elementi utili al fine del decorso della prescrizione del diritto al conguaglio dell’oblazione in favore del Comune, presuppone dunque che la domanda di sanatoria sia stata presentata in forma sufficientemente completa, ai sensi della disciplina tracciata dalla legge di condono e al netto degli oneri di cui all’art. 43 d.P.R. n. 445/2000 e degli oneri di apposizione delle marche da bollo et similia sul documento, che è possibile assolvere in sede di rilascio (d.P.R. n. 642/1972). Nella fattispecie concreta, una tale sufficiente completezza, per come si presentavano i titoli di proprietà al momento della domanda di condono, risulta sussistente.
Va soggiunto inoltre che la domanda di condono pende oramai da quasi un ventennio e che, in materia di piccole difformità edilizie, è subentrata più favorevole normativa, applicabile, in virtù di espresse disposizioni, anche in via retroattiva. Così il recente decreto-legge 29 maggio 2024, n. 69, conv., con mod., dalla legge 24 luglio 2024, n. 105 (c.d. decreto salva-casa), il quale ha in più punti modificato il d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (t. u. edilizia), ampliando, in presenza di tassativi presupposti e previa domanda di parte, le fattispecie di sanatoria di talune difformità e ha meglio specificato le c.d. tolleranze costruttive.
Anche in virtù della sopraddetta normativa, l’intervento, oggetto di condono nel caso di specie, può dirsi rientri, in quanto veranda-box window, tra le “superficie di servizi e accessori”, ai sensi del D.M. 10 maggio 1977, n. 801. La veranda, se fatta ex se di materiale rimovibile e sostituibile, assicura alla struttura principale la fruizione di un ambiente che rimane esterno, completamente separato dal resto degli ambienti, seppur collegato con essi da un’entrata; in quanto box window è fornita di trasparenze su più lati e dunque dispone di illuminazione naturale; una tal struttura in nuce rimane ambiente accessorio, di norma adibito a servizi vari dell’immobile ed è diverso da un qualsiasi altro vano; ha la semplice funzione di creare un certo comfort ambientale, su una superficie, di norma un balcone, come nel caso di specie, che, per le caratteristiche intrinseche, resta sempre lo stesso, seppur c.d. verandato; una simile veranda rimane pur sempre rimovibile senza demolizioni, rimanendo la parte d’immobile, su cui questa insiste (es. balcone), un manufatto non oggetto cioè di lavori di trasformazione edilizia e, quindi, identico nella sua consistenza di base.
Ancor più recentemente, il decreto-legge 9 agosto 2022, n. 115, conv., con mod., dalla legge 21 settembre 2022, n. 142, ha introdotto la lett. b-bis) all’art. 6, comma 1, d.P.R. n. 380/2001, per effetto del quale le c.d. verande, qualora consistano in vetrate panoramiche amovibili e trasparenti, sono state ricomprese nell’ambito della c.d. edilizia libera, ossia nell’alveo di quegli interventi edilizi, la cui realizzazione non necessita di titoli edilizi, purché non costituiscano, secondo la definizione del RET (“Regolamento edilizio tipo”), spazi stabilmente chiusi, e non comportino la variazione architettonica dell’immobile.
Di conseguenza, l’indirizzo tralatizio della giurisprudenza sull’automaticità della realizzazione di c.d. volumetria, con riferimento alla realizzazione di verande et similia, va rimeditato.
In ogni caso, per quanto maggiormente rileva, qualora l’auto-qualificazione dell’intervento oggetto di condono fosse stato in contestazione, doveva comunicarsi al destinatario legittimato, nel termine previsto dei trentasei mesi, apposito provvedimento; ma dell’avvenuta notifica nei termini, per quanto detto, non v’è prova.
Dai documenti depositati non ben emerge la consistenza della veranda realizzata, ragion per cui, alla luce delle coordinate ermeneutiche tracciate, quanto meno per carenza di motivazione e di istruttoria, i provvedimenti adottati vanno annullati.
In ultima analisi, il diniego di condono e i conseguenziali atti adottati, tra cui la gravata ordinanza di demolizione, si appalesano illegittimi, per i motivi di censura addotti, e vanno dunque annullati; la domanda di condono, per quanto attiene ai profili emersi nel contraddittorio, risulta completa, ai fini di quanto previsto dall’art. 32 della legge n. 326/2003.
6.- In conclusione, per le sopraesposte motivazioni, il ricorso va accolto, con annullamento degli atti impugnati.
7.- Le spese seguono il principio della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (sezione terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla i gravati atti.
Condanna il Comune di Bari al pagamento delle spese del giudizio, in favore della parte ricorrente, che si liquidano in €. 2.000,00, oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità dei ricorrenti.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 19 marzo 2025 con l’intervento dei magistrati:
Vincenzo Blanda, Presidente
Lorenzo Ieva, Primo Referendario, Estensore
Lorenzo Mennoia, Referendario

Iscriviti alla Newsletter GRATUITA

Ricevi gratuitamente la News Letter con le novità di AmbienteDiritto.it e QuotidianoLegale.

N.B.: se non ricevi la News Letter occorre una nuova iscrizione, il sistema elimina l'e-mail non attive o non funzionanti.

ISCRIVITI SUBITO


Iscirizione/cancellazione

Grazie, per esserti iscritto alla newsletter!