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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto dell'energia, VIA VAS AIA Numero: 1346 | Data di udienza: 4 Luglio 2018

* DIRITTO DELL’ENERGIA – Autorizzazione unica ex art. 12 d.lgs. n. 387/2003 – Revoca per effetto della rinuncia della società istante – Personale ed autonoma valutazione di convenienza imprenditoriale – Factum principis – D.lgs. n. 28/2011 – Conferenza di servizi – Disciplina anteriore alla novella di cui al d.lgs. n. 127/2016 – Natura di “modulo organizzatorio” della conferenza – Legittimazione delle singole amministrazione ad annullare o revocare, in sede di autotutela, gli assensi espressi – VIA VAS E AIA – Progetti di opere ed interventi non soggetti per legge alla procedura di VIA – Sottoposizione a VIA su richiesta del proponente – Art. 3, c. 6 l.r. Puglia n. 11/2001 – Art. 26, c. 3 ter e c . 5 d.lgs. n. 152/2006.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Puglia
Città: Bari
Data di pubblicazione: 18 Ottobre 2018
Numero: 1346
Data di udienza: 4 Luglio 2018
Presidente: Scafuri
Estensore: Allegretta


Premassima

* DIRITTO DELL’ENERGIA – Autorizzazione unica ex art. 12 d.lgs. n. 387/2003 – Revoca per effetto della rinuncia della società istante – Personale ed autonoma valutazione di convenienza imprenditoriale – Factum principis – D.lgs. n. 28/2011 – Conferenza di servizi – Disciplina anteriore alla novella di cui al d.lgs. n. 127/2016 – Natura di “modulo organizzatorio” della conferenza – Legittimazione delle singole amministrazione ad annullare o revocare, in sede di autotutela, gli assensi espressi – VIA VAS E AIA – Progetti di opere ed interventi non soggetti per legge alla procedura di VIA – Sottoposizione a VIA su richiesta del proponente – Art. 3, c. 6 l.r. Puglia n. 11/2001 – Art. 26, c. 3 ter e c . 5 d.lgs. n. 152/2006.



Massima

 

TAR PUGLIA, Bari, Sez. 1^ – 18 ottobre 2018, n. 1346


DIRITTO DELL’ENERGIA – Autorizzazione unica ex art. 12 d.lgs. n. 387/2003 – Revoca per effetto della rinuncia della società istante – Personale ed autonoma valutazione di convenienza imprenditoriale – Factum principis – D.lgs. n. 28/2011.

E’ legittima la revoca dell’Autorizzazione Unica ex art. 12 d.lgs. 387/03 giustificata dal comportamento della società istante, volto a manifestare la volontà di non realizzare gli impianti, sulla base di una propria personale ed autonoma valutazione di convenienza imprenditoriale, scaturita da un factum principis di tipo normativo generale (il D.Lgs. n. 28/2011, c.d. decreto Romani, di revisione dei meccanismi di incentivazione della produzione di energia dalle fonti rinnovabili, che ha imposto un sistema di “feed-in tariff” rispetto al precedente sistema dei c.d. “certificati verdi”), configurando in diritto la fattispecie di formali atti di rinuncia del genus dei negozi unilaterali recettizi volti all’estinzione del rapporto giuridico.

DIRITTO DELL’ENERGIA – Conferenza di servizi – Disciplina anteriore alla novella di cui al d.lgs. n. 127/2016 – Natura di “modulo organizzatorio” della conferenza – Legittimazione delle singole amministrazione ad annullare o revocare, in sede di autotutela, gli assensi espressi.

Nella disciplina anteriore alla novella di cui al d.lgs. n. 127/2016 (e segnatamente prima dell’introduzione dell’art. 14 quater, c. 2 della l. n. 241/1990), le singole Amministrazioni, fatto salvo l’onere di motivazione, erano legittimate, anche dopo l’esito della conferenza di servizi, ad annullare o revocare in sede di autotutela gli assensi espressi, in ragione della natura di “modulo organizzatorio” della Conferenza di servizi. Tale natura consente, ai vari soggetti interessati al provvedimento finale, di far conoscere il proprio punto di vista circa gli interessi coinvolti nel procedimento amministrativo, secondo uno schema proprio della partecipazione funzionale, ma oltre questo ciascun apporto mantiene la sua “autonomia” amministrativa e procedimentale. Sotto questo aspetto l’Amministrazione procedente poteva annullare in autotutela l’Autorizzazione Unica ex art. 12 D.Lgs. n. 387/2003 originariamente rilasciata, in ragione del fatto che il potere di autotutela spetta ontologicamente alla stessa Autorità che ha emanato il provvedimento da annullare o revocare.
 

DIRITTO DELL’ENERGIA – VIA VAS E AIA – Progetti di opere ed interventi non soggetti per legge alla procedura di VIA – Sottoposizione a VIA su richiesta del proponente – Art. 3, c. 6 l.r. Puglia n. 11/2001 – Art. 26, c. 3 ter e c . 5 d.lgs. n. 152/2006.

La verifica dei progetti e delle opere non compresi negli allegati di cui alla L.R. Puglia n. 11/2001, nonché la richiesta di sottoposizione alla procedura di V.I.A. per i progetti di opere e di interventi compresi nell’allegato B non soggetti per legge alla procedura di V.I.A., possono essere validamente avviati su richiesta del proponente, in applicazione dell’art. 3, comma 6, della L.R. n. 11/2001. Ciò premesso, in applicazione dell’art. 26, comma 3 ter e comma 5, del D.Lgs. n. 152/2006, non si procede all’ulteriore corso della valutazione solo in caso di ritiro della domanda da parte dell’istante.

Pres. ed Est. Allegretta – A. s.r.l. e altro (avv.ti Profeta e Rucireta) c. Regione Puglia (avv. Persichella) e Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio per la Puglia (Avv. Stato)


Allegato


Titolo Completo

TAR PUGLIA, Bari, Sez. 1^ - 18 ottobre 2018, n. 1346

SENTENZA

 

TAR PUGLIA, Bari, Sez. 1^ – 18 ottobre 2018, n. 1346

Pubblicato il 18/10/2018

N. 01346/2018 REG.PROV.COLL.
N. 00586/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 586 del 2012, proposto da
Agrienergy di Bari S.r.l. e Solare di Minervino S.r.l., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dagli avvocati Saverio Profeta e Carmine Rucireta, con domicilio eletto presso Saverio Profeta, in Bari, via Cognetti, 25;


contro

Regione Puglia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Sabino Persichella, con domicilio eletto presso il suo studio, in Bari, via Principe Amedeo, 197;
Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio per la Puglia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bari, domiciliataria in Bari, via Melo, 97;

per l’annullamento

della determinazione dirigenziale n. 8 del 9.2.2012, comunicata con nota prot. n. AOO159 1412 del 15.02.2012, con cui la Regione Puglia ha annullato in autotutela le autorizzazioni uniche ex art. 12 d.lgs. 387/03 nn. 219 e 220 del 30.12.2010;

ove occorra, della nota prot. n. 358/2011 della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici delle Provincie di Bari, Foggia e BAT;

nonché

per l’accertamento

sia del diritto al risarcimento del danno subito dalla ricorrente a causa dell’illegittimo esercizio del potere amministrativo, che dell’obbligo della Regione Puglia di provvedere alla voltura della autorizzazione unica n. 219/2010, per quanto d’interesse alla ricorrente, nei confronti della Enersole S.r.l.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Puglia e della Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio per la Puglia;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 4 luglio 2018 il dott. Alfredo Giuseppe Allegretta e uditi per le parti i difensori come specificato nel medesimo verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con ricorso notificato in data 14 aprile 2012 e depositato in Segreteria il successivo 20 aprile, le società Agrienergy di Bari S.r.l. e la società Solare di Minervino S.r.l. – in persona del legale rappresentante pro tempore di entrambe, Girolamo Ninivaggi – adivano il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sede di Bari, al fine di ottenere l’annullamento, previa sospensione dell’efficacia, degli atti e provvedimenti meglio indicati in oggetto.

Esponevano in fatto che, in data 22.9.2008, la società Agrienergy di Bari S.r.l. (d’ora innanzi, Agrienergy) chiedeva alla Regione Puglia un’autorizzazione per la realizzazione di un impianto di produzione di energia fotovoltaica, di potenza totale pari a 9,936 MW, da realizzarsi in agro di Minervino Murge, alla c.da Lomuscio, e denominato “Lomuscio 1”.

La stessa società, inoltre, presentava istanza volta alla realizzazione di una “opera connessa” consistente in un cavidotto interrato in 20 kV, della lunghezza di circa 15 Km, da Minervino/Lomuscio a Spinazzola/Podice, con costruzione della sottostazione 20/150 kV da 40 Mw e susseguente cavidotto di connessione in 150 kV della lunghezza di circa 800 Mt, necessario per collegarsi alla Stazione di trasformazione 150/380 kV.

Da ultimo, a tali opere, si aggiungeva la richiesta per la realizzazione della citata Stazione di trasformazione 150/380 kV, da realizzarsi in agro di Spinazzola, alla C.da Podice, e conseguenti opere di connessione alla RTN Matera/Santa Sofia.

Oltre alla Agrienergy, anche la società Solare di Minervino S.r.l. (d’ora innanzi, Solare), in data 23.12.2009, protocollava apposita istanza (recante n. 14350) chiedendo un’autorizzazione per la realizzazione di un diverso impianto fotovoltaico, anch’esso ubicato in agro di Minervino Murge, denominato “Lomuscio 2”, per una potenza pari a 9,936 MW.

A seguito di dette istanze, venivano convocate due apposite Conferenze di servizi per esaminare contestualmente gli interessi pubblici coinvolti nelle iniziative imprenditoriali poste in essere dalle società di cui sopra.

Entrambe le convocate Conferenze si concludevano con il parere favorevole e il nulla osta di tutte le Amministrazioni coinvolte, di guisa che, conseguentemente, la Regione Puglia autorizzava le opere in oggetto con le Determinazioni Dirigenziali n. 219 e n. 220 del 30.9.2010.

Con successiva nota prot. n. AOO_159-5090 del 15.04.2011, la Regione avviava un procedimento di riesame avente ad aggetto le due Autorizzazioni Uniche di cui sopra, il quale si concludeva con l’annullamento in autotutela delle stesse.

In estrema sintesi, a sostegno dell’atto di ritiro da parte dell’Ente regionale veniva evidenziato come il progetto definitivo – predisposto dalle società Agrienergy e Solare – risultava essere difforme rispetto a quello approvato dagli Enti convocati in sede di Conferenza di servizi a tal fine appositamente indetta.

In particolare, si sottolineava l’intervenuta modifica dell’ubicazione della stazione elettrica AT/MT, la modifica del piano particellare di esproprio approvato, l’ulteriore modifica del livello di tensione delle opere elettriche di connessione in media tensione da 20 Kv a 30 Kv, nonché la presenza di irregolarità nelle polizze fideiussorie depositate in atti.

Avverso i predetti atti le più volte menzionate società Agrienergy e Solare adivano questo Tribunale Amministrativo Regionale con due distinti ricorsi (pandettati ai nn. R.G. 1217/2011 e R.G. 1218/2011), all’esito dei quali, in sede giurisdizionale, veniva disposto l’annullamento del provvedimento prot. n. 5090 del 15.04.2011 (cfr. sent. n. 1198/2011 e sent. n. 1199/2011 T.A.R. Puglia, Bari).

Le due sentenze da ultimo citate venivano fatte oggetto di appello innanzi al Consiglio di Stato; successivamente, i relativi ricorsi (pandettati ai nn. R.G. 641/2012 e R.G. 642/2012) venivano tuttavia dichiarati perenti con decreti nn. 1242/2017 e 1250/2017.

In seguito, la Regione Puglia, anche alla luce di apposite note (prot. 11422 e prot. 11423 del 23.09.2011) inviate dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le Provincie di Bari, Barletta – Andria – Trani e Foggia, provvedeva a riesaminare le citate Autorizzazioni Uniche, al fine di un eventuale ulteriore annullamento d’ufficio delle stesse.

In particolare, in tali note, il Soprintendente evidenziava che, nel corso dell’esame istruttorio di un altro progetto di realizzazione di un impianto fotovoltaico, sempre nell’agro di Spinazzola, era emerso che la stazione Terna, autorizzata con i citati provvedimenti, veniva ad ubicarsi a meno di settanta metri dal torrente Basentello, corso d’acqua tutelato ai sensi dell’art. 142, c.1, lett. c) del D.Lgs. n. 42/2004 (T.U. dei Beni Culturali e del Paesaggio).

Inoltre, la stessa Soprintendenza asseriva che nelle autorizzazioni espresse non si era tenuto conto della Stazione elettrica in quanto, in tesi, la stessa sarebbe stata ritenuta esclusa dall’iter autorizzativo.

Con Determinazione Dirigenziale n. 8 del 09.02.2012, emessa anche a seguito di nota inviata dalla Agrienergy di Bari S.r.l., nella quale si informava la Regione della sopravvenuta impossibilità della realizzazione degli impianti de quibus, la stessa Amministrazione procedente provvedeva a revocare le determinazioni n. 219/2010 e 220/2010 relativamente alla realizzazione degli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili.

Nello stesso provvedimento la Regione dava atto che persistevano le criticità evidenziate dalla Soprintendenza per la realizzazione del cavidotto e della Sottostazione, nonché della Stazione di trasformazione, in virtù della presenza di regimi di tutela paesaggistici emersi nell’ambito di altri procedimenti che giustificavano l’annullamento d’ufficio della Determinazione n. 219/2010 nella parte non revocata.

Con il ricorso in epigrafe la Agrienergy e la Solare insorgevano avverso gli atti meglio indicati in oggetto, ponendone in evidenza la ritenuta illegittimità per:

– Violazione del principio di correttezza, trasparenza ed imparzialità dell’azione amministrativa. Eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto, irrazionalità.

In particolare le aziende ricorrenti sostenevano che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Regione Puglia, con la nota del 3.1.2012 l’Agrienergy non avrebbe formalmente rinunciato ad alcuna autorizzazione, ma che avrebbe esclusivamente evidenziato come, a causa del ritardo della conclusione del procedimento e del successivo annullamento delle Autorizzazioni Uniche, il progetto sarebbe stato difficilmente realizzabile.

La stessa società, invero, intendeva esclusivamente presentare una variante al progetto originale, chiedendo, altresì, la voltura dell’autorizzazione de qua in favore di altra società.

Da ultimo, la Agrienergy evidenziava che la Regione Puglia non avrebbe potuto revocare l’autorizzazione n. 220/2010, in quanto la stessa si riferiva ad una diversa azienda, id est la Solare di Minervino S.r.l. la quale non aveva inviato alcuna comunicazione in proposito.

– Violazione degli artt. 12 D.lgs. 387/2003 e 14 ter L. n. 241/1990. Incompetenza. Eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto, contraddittorietà.

In particolare, con tale secondo motivo di gravame, la Agrienergy e la Solare evidenziavano che sul suolo da adibire alla costruzione della stazione elettrica non insisteva alcun vincolo di interesse paesaggistico, in quanto lo stesso aveva inizio molto più a valle dell’area di sedime della citata stazione.

Inoltre, le parti ricorrenti asserivano di aver depositato tutti gli elaborati progettuali relativi all’impianto, compreso quello della Stazione di trasformazione di Spinazzola.

Ciò posto, in tesi, la Direzione Generale per i Beni Culturali e Paesaggistici non avrebbe potuto che esprimere un parere favorevole relativo all’intero impianto, ivi compresa la citata stazione, essendosi manifestato un evidente travisamento dei presupposti di fatto.

– Violazione degli artt. 12 D.lgs. 387/2003 e 14 ter L. n. 241/1990. Violazione del principio di correttezza, trasparenza ed imparzialità dell’azione amministrativa. Eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto.

In particolare, con detto terzo motivo di gravame, le società istanti evidenziavano come il progetto di realizzazione dell’impianto fotovoltaico, posto all’attenzione della Regione Puglia, non sarebbe stato soggetto alla Valutazione di Impatto Ambientale, in quanto lo stesso impianto avrebbe avuto una potenza elettrica nominale inferiore ai 10 MW.

Inoltre, le stesse aziende asserivano che la Regione Puglia errava nell’annullare le autorizzazioni uniche in virtù della mancata conclusione del procedimento di VIA.

Sotto tale aspetto, le odierne istanti ribadivano di non essersi mai assoggettate volontariamente alla procedura di impatto ambientale, ma che la stessa era stata richiesta dall’Ente regionale alla Provincia BAT.

Al riguardo si sottolineava come, in applicazione dell’art. 14 bis, c. 3, della L. n. 241/1990, il silenzio della citata Provincia sulla questione, avrebbe comunque comportato il conseguimento di un provvedimento favorevole sia per la Agrienergy che per la Solare.

In data 4.5.2012, si costituiva in giudizio la Regione Puglia con atto di stile, chiedendo il rigetto del ricorso in quanto inammissibile ed infondato.

Successivamente, in data 7.5.2012, veniva depositata memoria difensiva da parte della Regione, nella quale si provvedeva a ricostruire in fatto la vicenda in oggetto, evidenziando come la Soprintendenza per le Provincie di Bari, Bat e Foggia, nel corso dell’esame istruttorio di un altro progetto, sempre avente ad oggetto la realizzazione di un impianto fotovoltaico in agro di Spinazzola, aveva fatto notare come la stazione Terna, autorizzata alla odierna ricorrente, era stata ubicata a meno di 70 metri dal torrente Basentello, corso d’acqua tutelato ai sensi dell’art. 142, c.1, lett. c) del D.Lgs. n. 42/2004 (T.U. dei Beni Culturali e del Paesaggio), quindi a meno dei 150 metri prescritti dalla normativa di settore.

Tale stazione, inoltre, risultava essere una delle “opere connesse” in diversi alti procedimenti e che la Direzione Generale per i Beni Culturali, nel procedimento della Agrienergy, non aveva considerato la predetta Stazione in quanto ritenuta esclusa dal procedimento autorizzativo in oggetto.

Sotto un altro aspetto, la Regione Puglia faceva notare come la Agrienergy e la Solare avevano provveduto ad inoltrare apposita richiesta alla Provincia Bat, al fine di convalidare il parere ambientale in maniera – si noti – “complessiva”, stante la contiguità dei due impianti.

La Regione, inoltre, asseriva che nella nota del 2.12.2012 (rectius 2011), le due società affermavano che, alla luce della modifica normativa adottata con D.Lgs. n. 28/2011, ed anche in virtù della mancata costruzione della Stazione, le stesse ricorrenti non intendevano più realizzare gli impianti in oggetto.

Dello stesso contenuto risultava essere anche la successiva missiva datata 3.01.2012.

Dunque, in tesi della Regione Puglia, dal tenore letterale delle comunicazioni inoltrate nel tempo, da parte sia della Agrienergy che dalla Solare, si poteva evincere come entrambe le società avessero espressamente rinunciato alla costruzione degli impianti fotovoltaici.

Le stesse, inoltre, non avrebbero potuto invocare quale ulteriore opzione l’eventualità di procedere ad una variazione in riduzione dei citati impianti, in quanto, in tal caso, si sarebbe avuta la realizzazione di strutture del tutto nuove rispetto a quelle inizialmente progettate.

Si evidenziava, ulteriormente, come la stessa Regione aveva provveduto ad annullare d’ufficio l’Autorizzazione Unica n. 219/2010 per la parte relativa alle c.d. “opere connesse”, in ragione della presenza dei vincoli stabiliti alla lettera c) dell’art. 142 del D.lgs. n. 42/2004, e ciò in ragione del fatto che il corso d’acqua denominato “Basentello”, lungi dall’essere un mero canale di scolo delle acque piovane, risultava essere un vero e proprio “torrente”.

La mancata realizzazione degli impianti da 10 Mw, inoltre, faceva venire meno conseguentemente anche le relative “opere connesse”.

Da ultimo, si sottolineava come l’intero progetto era stato sottoposto alla procedura di Valutazione di Impatto Ambientale in ragione di espressa richiesta inoltrata dalla Agrienergy S.r.l. (rectius Solare S.r.l.) in data 27.11.2011.

In data 9.5.2012 si costituiva in giudizio la Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici delle Provincie di Bari Bat e Foggia, chiedendo il rigetto della domanda in rito e in merito.

All’udienza in camera di consiglio del 10.5.2012, con ordinanza n. 321/2012, la domanda cautelare proposta da parte ricorrente veniva respinta.

In data 5.6.2018 veniva depositata in Segreteria una memoria da parte della Regione Puglia, che oltre a ribadire i motivi di censura già espressi avverso il ricorso proposto dalla Agrienergy e dalla Solare, evidenziava come alla luce della revoca per rinuncia delle Autorizzazioni Uniche, disposta con Determina Dirigenziale n. 8 del 9.02.2012, – e, quindi, dell’avvenuto mutamento del quadro provvedimentale di riferimento – la stessa Regione aveva ritenuto inopportuno proseguire il giudizio incardinato dinanzi al Consiglio di Stato, rinunciandovi.

In data 7.6.2018, veniva depositata in Segreteria memoria difensiva da parte della Agrienergy e della Solare, nella quale veniva richiesta la riunione dei procedimenti R.G.N. 586/2012 e R.G.N. 1350/2012 per ragioni di connessione oggettive e soggettive, oltre ad una richiesta di condanna generica al risarcimento del danno a seguito della riunione dei giudizi, con domanda già formulata nel libello introduttivo della presente controversia.

Successivamente in data 18.06.2018 veniva depositata memoria di replica da parte della Regione Puglia, la quale evidenziava la mancanza di connessione soggettiva tra i due procedimenti di cui sopra in ragione della circostanza per la quale nel giudizio R.G.N. 1350/2012, risultava essere presente anche la società Enersole di Spinazzola S.r.l. rispetto al giudizio in corso nel quale ricorrevano esclusivamente la Agrienergy e la Solare.

Inoltre, la stessa Regione sottolineava come i due procedimenti avevano de facto una causa petendi differente.

Nel giudizio identificato all’R.G.N. 1350/2012, le tre società ricorrenti si dolevano del ritardo nella conclusione del procedimento autorizzatorio attinente alla realizzazione di tre impianti fotovoltaici, laddove nel giudizio R.G.N. 586/2012 si instava per la declaratoria di illegittimità del provvedimento di revoca delle Autorizzazioni Uniche rilasciate.

Inoltre, parte resistente evidenziava l’inammissibilità delle domande di condanna generica nel processo amministrativo dinanzi al T.A.R. e al Consiglio di Stato.

In data 19.6.2018, veniva depositata memoria di replica da parte della Agrienergy e della Solare nella quale, oltre ad ulteriormente ribadirsi i motivi di doglianza propri del giudizio di cui al fascicolo pandettato al numero di R.G. 586/2012, si eccepiva la tardività della costituzione in giudizio della Regione Puglia nel procedimento n. 1350/2012.

Da ultimo, le società ricorrenti chiedevano, qualora non fosse stato possibile ottenere una sentenza di condanna generica, la riqualificazione della domanda effettuata come richiesta ex art. 34 c. 4 c.p.a.

All’udienza pubblica del 4.7.2018 la causa veniva definitivamente trattenuta in decisione.

Tutto ciò premesso, preliminarmente ed in rito, deve essere esaminata la richiesta di riunione dei procedimenti pandettati rispettivamente ai nn. R.G. 586/2012 e R.G. 1350/2012.

Come è noto, la riunione dei ricorsi è disciplinata dall’art. 70 c.p.a. attraverso una disposizione recante un riferimento generico ai “ricorsi connessi”, che si suole specificare avendo riguardo alle due differenti fattispecie processuali della sussistenza, fra due fascicoli, di ragioni di connessione oggettiva e/o soggettiva (Cfr. inter plures Cons. Stato Sent. n. 5914/2011, Sent. T.A.R. Campania n. 2804/2012 e T.A.R. Puglia n. 214/2011).

In linea generale, nel processo amministrativo vale la regola per la quale il ricorso deve essere tipicamente diretto contro un solo provvedimento, salvo che tra gli atti globalmente impugnati esista una connessione procedimentale o funzionale tale da giustificare un unico, contestuale, giudizio.

A differenza del procedimento civile in cui il cumulo delle domande può essere giustificato sia da una connessione oggettiva, sia da una connessione soggettiva, nel processo amministrativo occorre che le domande siano contemporaneamente connesse dal punto di vista oggettivo e soggettivo, ovvero semplicemente connesse dal punto di vista solo oggettivo (cfr. Cons. Stato Sent. n. 4277/2014).

Ciò premesso, la connessione oggettiva viene tipicamente ravvisata nell’esistenza, fra gli atti impugnati, di una connessione procedimentale di presupposizione giuridica o di carattere logico, in quanto i diversi atti incidono sulla medesima vicenda, ovvero nella circostanza per la quale le domande cumulativamente avanzate, si basino sugli stessi presupposti di fatto o di diritto e siano riconducibili nell’alveo del medesimo rapporto.

Nel caso di specie, invero, non è possibile ravvisare una connessione oggettiva né tra gli atti impugnati né, tantomeno, tra le domande.

Invero nel procedimento di cui al R.G.N. 1350/2012 le società istanti – a differenza che nel procedimento R.G.N. 586/2012 – si dolgono esclusivamente del mancato rispetto dei termini previsti per la conclusione della Conferenza di Servizi, di cui all’art. 12 del D.lgs. n. 387/2003 da parte della stessa Regione.

Da tale circostanza le società istanti fanno sorgere la causa della mancata realizzazione degli impianti fotovoltaici con la perdita dei maggiori incentivi previsti dal D.M. 19.02.2007.

Nel procedimento iscritto a ruolo al R.G.N. 586/2012, invece, le aziende impugnano la Determinazione Dirigenziale n. 8 del 09.02.2012 emanata dalla Regione Puglia nonché la nota prot. 358/2011 della Soprintendenza per i beni Architettonici e Paesaggistici delle Provincie di Bari, Bat e Foggia, al fine di ottenere la conferma delle Autorizzazioni uniche nn. 219 e 220 del 2010, nonché la voltura delle stesse nei confronti della Enersole S.r.l.

Da ciò ne discende la circostanza per la quale, in un caso le società istanti mirano a conseguire quel particolare vantaggio economico che ritengono sia stato loro negato dal comportamento, in tesi colpevolmente negligente, posto in essere da parte della Regione Puglia, nell’altra ipotesi, invece, si dolgono del fatto che le autorizzazioni non avrebbero dovuto essere revocate, in quanto mancanti i requisiti giuridici e fattuali indispensabili al loro ritiro.

Da questo punto di vista, non si può nemmeno sostenere che vi sia una presupposizione logica o giuridica tra le diverse domande.

Anche volendo osservare i due procedimenti dal punto di vista soggettivo – muovendosi, peraltro, su un piano di valutazioni non indispensabili ai fini del rilievo della connessione tra i ricorsi per come la si è illustrata supra – appare evidente come gli stessi abbiano ad oggetto società ed aziende diverse, impegnate nella realizzazione di impianti parzialmente diversi.

Da tanto consegue la non utilità della richiesta riunione.

Ciò premesso, prescindendo dalle ulteriori questioni preliminari sollevate dalle parti, nel merito il ricorso è infondato e, pertanto, va respinto nei termini di seguito precisati.

Con il primo motivo di gravame, le odierne società istanti si dolgono della revoca delle Autorizzazioni Uniche n. 219/2010 e n. 220/2010 da parte della Regione Puglia a seguito di alcune note inviate dalle stesse società che venivano interpretate – in tesi erroneamente – dall’Amministrazione procedente come atto di formale “rinuncia” alla realizzazione degli impianti.

La censura non ha pregio.

Dalla documentazione depositata in atti è possibile evincere come, a più riprese, il legale rappresentante delle due società abbia espresso la volontà di non addivenire alla costruzione degli impianti in oggetto.

Invero nella nota del 26.10.2011, la Agrienergy, a mezzo del suo legale rappresentante, espressamente afferma: “…non ci consente nell’incertezza proseguire nei lavori di realizzazione dei nostri impianti prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. 28/2011, essenzialmente per indisponibilità della stazione di trasformazione…”, dello stesso tenore risulta essere la nota inviata dalla Agrienergy in data 3.01.2012 alla Regione Puglia nella quale si dichiara: “…per effetto sia di tali contestazioni, sia per la mancata costruzione della prevista stazione da parte della Terna i nostri impianti di produzione non potranno essere più realizzati, anche ed essenzialmente per effetto dell’intervenuto D.Lgs. 28/2011…”; nella stessa nota la Agrienergy espressamente poi afferma: “…consentirà di distaccare i nostri impianti di produzione, (che come dinanzi precisato non verranno più realizzati) …” considerazioni espresse anche nella nota del 02.12.2011 inviata dalla Agrienergy alla Regione Puglia.

Sono da respingere integralmente, pertanto, le osservazioni poste dalle parti ricorrenti, volte ad asserire che il loro intento era quello di affermare che: “…probabilmente, l’impianto…non potrà essere realizzato”, apparendo evidente invece la volontà delle stesse di non voler più realizzare gli impianti in questione sulla base di una autonoma e specifica valutazione di convenienza.

Tali dichiarazioni risultano essere scevre da ogni ambiguità, configurando in diritto la fattispecie di formali atti di rinuncia del genus dei negozi unilaterali recettizi volti all’estinzione del rapporto giuridico.

E’ importante sottolineare come, nelle missive riportate, si fa riferimento sia implicitamente che esplicitamente ad entrambe le società, in quanto ci si riferisce a “più impianti” e non solo a quello relativo alla Agrienergy e denominato “Lomuscio 1”, oltre al fatto che lo stesso legale rappresentante dichiara di scrivere “…come Solare di Minervino”, così come dello stesso tenore risulta essere la nota della Solare di Minervino S.r.l. del settembre 2011, nella quale si precisa: “Scrivente società, unitamente alla Agrienergy di Bari srl (società collegata che per conferma sottoscrive la presente) ambedue rappresentate dal sottoscritto Amministratore Sig. Girolamo Ninivaggi…” .

Peraltro, dal punto di vista della giustificazione causale dell’intervenuta rinuncia, assume particolare importanza l’emanazione del D.Lgs. n. 28/2011(c.d. decreto Romani), in base al quale, come anche precisa la stessa Agrienergy, “…i nostri impianti di produzione non potranno più essere realizzati, anche ed essenzialmente per effetto dell’intervenuto D.lgs. 28/2011”.

Come è noto, con tale decreto – da considerarsi in tutto e per tutto come vero e proprio factum principis – si è data attuazione alla Direttiva 2009/28/CE, provvedendo alla revisione dei meccanismi di incentivazione della produzione di energia dalle fonti rinnovabili, imponendo un sistema di “feed-in tariff” rispetto al precedente sistema dei c.d. “certificati verdi”.

Lo stesso art. 25 del D.Lgs. 28/2011 prevedeva, inoltre, per gli impianti entrati in esercizio entro il 31/12/2012, l’applicazione di correttivi ai criteri incentivanti fino a quel momento vigenti.

Se a posteriori ci si sofferma ad osservare i dati relativi al costo annuo degli incentivi erogati dallo Stato successivamente al decreto di cui si parla, si può facilmente notare come gli stessi risultino drasticamente inferiori rispetto a quelli erogati in precedenza con il c.d. “Secondo Conto Energia”, attestandosi a circa 1/6 rispetto alle erogazioni precedenti, giungendosi, in tal modo ad un sostanziale blocco del mercato delle fonti rinnovabili, risolto solo successivamente ed in modo del tutto parziale con il “Quarto Conto Energia”.

Appare, pertanto, verosimile la circostanza per la quale le società investitrici, alla luce della sopravvenuta minore convenienza nella realizzazione dei menzionati impianti, in virtù di una modifica imperativa dei sistemi incentivanti, avevano oggettivamente perso o, comunque, grandemente visto attenuarsi il loro interesse economico individuale – in termini di concreta possibilità di ottenere un congruo lucro – nella realizzazione degli stessi.

Altresì, priva di fondamento appare la censura mossa dalle parti ricorrenti in relazione alla voltura delle opere connesse.

Per “opere connesse” si intendono i servizi ausiliari e le infrastrutture di collegamento dell’impianto alle reti elettriche, oltre agli interventi necessari all’entrata in esercizio e in piena operatività dell’impianto fotovoltaico.

È opportuno osservare come la mancata realizzazione degli impianti fa necessariamente venire meno le “opere connesse”, essendo queste ultime infrastrutture pertinenziali delle prime, in quanto indispensabili alla costruzione e all’esercizio degli impianti stessi, sull’ovvio presupposto delle sussistenza di questi ultimi.

Al di là di tale considerazione di ordine generale, vi era poi un ulteriore motivo di ostacolo alla richiesta avanzata dalle società istanti che impediva, ex se, la voltura ad altra azienda delle opere connesse, da ravvisarsi nel fatto ostativo nell’esistenza di elementi di tutela paesaggistica rilevati dalla competente Soprintendenza che impedivano la realizzazione delle stesse.

Su tali presupposti, dunque, la voltura delle opere connesse non appariva e non appare in alcun modo giuridicamente fattibile.

Con il secondo motivo di ricorso l’Agrienergy e la Solare affermavano l’inesistenza di qualsivoglia vincolo paesaggistico sull’area interessata alla realizzazione dalla stazione di trasformazione, oltre ad asserire che, anche qualora fosse stato presente tale vincolo, il progetto avrebbe, in ogni caso, ricevuto l’assenso delle Amministrazioni interessate in sede di Conferenza di servizi.

Il motivo è infondato.

In via del tutto preliminare bisogna sottolineare come, in relazione al caso in esame ed in tema di Conferenza di servizi, trova applicazione la normativa antecedente alla novella di cui al D.Lgs. n. 127/2016 in virtù del principio tempus regit actum, con operazione logico-giuridica di per sé da considerarsi mera applicazione del principio di irretroattività di cui all’art. 11 delle preleggi del Codice Civile.

In coerenza con il citato principio, la norma sopravvenuta dovrà essere applicata esclusivamente alle fattispecie successive alla sua entrata in vigore, mentre le disposizioni precedenti continueranno a regolamentare tutti i rapporti giuridici che siano sorti prima dell’abrogazione delle stesse o che riguardino rapporti ancora pendenti.

In ragione di quanto detto, nella fattispecie di cui trattasi non può trovare applicazione il comma 2 di cui all’art. 14-quarter della L. n. 241/1990 così come modificato dalla novella del 2016.

In virtù di tanto, e nel silenzio normativo della disciplina di settore, è da escludere altresì l’applicazione del principio del “contrarius actus”.

Invero, le singole Amministrazioni, fatto salvo l’onere di motivazione, sono legittimate, anche dopo l’esito della conferenza, ad annullare o revocare in sede di autotutela gli assensi espressi, in ragione del fatto che la Conferenza di servizi non ha natura di “organo collegiale” ma di “modulo organizzatorio”.

Tale natura consente, ai vari soggetti interessati al provvedimento finale, di far conoscere il proprio punto di vista circa gli interessi coinvolti nel procedimento amministrativo, secondo uno schema proprio della partecipazione funzionale, ma oltre questo ciascun apporto mantiene la sua “autonomia” amministrativa e procedimentale.

La Conferenza di servizi risulta essere, pertanto, anche nella sua variante c.d. “decisoria”, la sede dove tutti gli interessi pubblici vengono palesati, confrontati ed esaminati, di guisa che non si addiviene mai alla creazione di un apposito “ufficio speciale” ad hoc della Pubblica Amministrazione, separato dai soggetti che vi hanno partecipato.

Da questo punto di vista, esiste una cesura tra la deliberazione conclusiva della Conferenza di servizi decisoria e il successivo provvedimento finale, dovendosi riconoscere solo a quest’ultimo un contenuto determinativo della fattispecie, mentre la deliberazione collegiale conclusiva si configura come atto endoprocedimentale.

Pertanto la determinazione decisoria assunta in sede di Conferenza di servizi risulta essere solo un passaggio della procedura destinata a concludersi con il provvedimento adottato dall’Amministrazione Regionale.

Sotto questo aspetto l’Amministrazione procedente può annullare in autotutela l’Autorizzazione Unica ex art. 12 D.Lgs. n. 387/2003 originariamente rilasciata, in ragione del fatto che il potere di autotutela spetta ontologicamente alla stessa Autorità che ha emanato il provvedimento da annullare o revocare.

Nella fattispecie in esame, pertanto, bene ha fatto l’Ente Regione ad avviare un procedimento di riesame ai sensi degli artt. 7 e ss. della L. n. 241/1990, per procedere ad un eventuale ritiro dell’atto, anche in virtù della sopravvenuta conoscenza di obblighi di legge, che imponevano il rispetto della normativa contenuta nel D.Lgs. n. 42/2004, non potendo essere condivisibile la ricostruzione avanzata dalle parti ricorrenti secondo le quali, pur sussistendo il vincolo paesaggistico, l’opera avrebbe comunque ottenuto le autorizzazioni necessarie.

Non va sottaciuto, peraltro ed in via di fatto, che il torrente Basentello, lungi dall’essere un mero “canale di scolo delle acque piovane”, risulta essere un torrente della lunghezza di ben 58 Km, rivestendo in tal modo sicuro interesse paesaggistico.

Sotto altro aspetto, il Consiglio di Stato, nella sentenza n. 3264 del 27 giugno 2014, ha espressamente affermato che risulta essere priva di consistenza l’argomentazione in ordine alla non soggezione a vincolo del torrente perché non ricompreso nell’elenco delle acque pubbliche, aggiungendo che i fiumi e i torrenti risultano essere soggetti a tutela paesaggistica di per se stessi, a prescindere dall’iscrizione negli elenchi delle acque pubbliche. L’iscrizione, invero, ha efficacia costitutiva del vincolo paesaggistico solo per le acque fluenti di minori dimensioni e importanza, vale a dire per i corsi d’acqua che non sono né fiumi né torrenti (così anche Cons. Stato, sent. n. 657/2002) .

Con il terzo motivo di ricorso l’Agrienergy e la Solare si dolevano dell’annullamento delle autorizzazioni de quibus effettuate dalla Regione Puglia, in ragione della mancata conclusione del procedimento di Valutazione di Impatto Ambientale (V.I.A.).

Il motivo è infondato.

In primis, bisogna prendere le mosse dalla circostanza per la quale la verifica dei progetti e delle opere non compresi negli allegati di cui alla L.R. n. 11/2001, nonché la richiesta di sottoposizione alla procedura di V.I.A. per i progetti di opere e di interventi compresi nell’allegato B non soggetti per legge alla procedura di V.I.A., possono essere validamente avviati a tale procedura su richiesta del proponente, in applicazione dell’art. 3, comma 6, della L.R. n. 11/2001.

Sotto questo aspetto, tralasciando il fatto che gli impianti tra loro collegati, così come progettati dalle società ricorrenti, avrebbero dovuto erogare una potenza pari a 19,911 MW (così come rilevava correttamente la Regione Puglia nella nota del 8.6.2010) è stata la stessa Solare di Minervino ad avviare la procedura di verifica di assoggettabilità a V.I.A. per gli impianti in oggetto. Invero, nella missiva inviata dalla stessa azienda alla Provincia BAT la stessa società affermava: “…comunque in allegato si trasmette: domanda x su v/s modulistica richiedente la “Verifica di Assoggettabilità a Via di Progetti d’ Interventi”, debitamente sottoscritta”.

Ciò premesso, in applicazione dell’art. 26, comma 3 ter e comma 5, del D.Lgs. n. 152/2006, non si procede all’ulteriore corso della valutazione solo in caso di ritiro della domanda da parte dell’istante. Inoltre, in nessun caso può farsi luogo all’inizio dei lavori, senza che sia intervenuto il provvedimento di Valutazione dell’Impatto Ambientale.

Tali valutazioni sono state, pertanto, ben delineate nella determinazione n. 8 del 9.02.2012 da parte della Regione Puglia.

Peraltro, non ha alcun pregio l’eccezione proposta dalle aziende ricorrenti in merito ad un “sopravvenuto vincolo paesaggistico”, in quanto, si ha l’ipotesi de qua, solo e soltanto nel caso in cui l’Amministrazione procedente rilasci un’autorizzazione per la realizzazione di un opera in una determinata area e successivamente, sulla stessa area, venga introdotto, con un diverso e ulteriore provvedimento amministrativo, un vincolo paesaggistico precedentemente inesistente (così come nel caso citato dalle ricorrenti, nel quale il vincolo paesaggistico fu introdotto successivamente all’autorizzazione tramite Decreto Ministeriale).

Nella fattispecie sottoposta all’odierno scrutinio, invece, il vincolo paesaggistico, era presente ab origine nell’area di cui trattasi, giusta applicazione dell’art. 142, c.1, lett. C) del Codice dei beni culturali e del paesaggio.

Da ultimo, non può trovare accoglimento neppure la richiesta di risarcimento del danno.

Invero, le parti istanti, con il libello introduttivo richiedevano l’accertamento del danno attraverso una pronuncia di condanna generica, salvo poi riqualificare la domanda ai sensi dell’art. 34, c. 4, c.p.a.

A prescindere dalla ammissibilità o meno della pronuncia di condanna generica ex art. 278 c.p.c. nel processo amministrativo, come è noto, sul piano ontologico e strutturale, nella condanna generica si accerta l’illegittimità della condotta e la sua portata dannosa, limitandosi a fornire la prova sommaria e, per l’appunto, generica dei fatti che sono a fondamento della responsabilità, mentre l’accertamento definitivo di tali fatti e dei relativi presupposti si pospone in un successivo giudizio che dovrà seguire la predetta condanna.

Questo tipo di pronuncia non esonera, peraltro, in alcun modo il danneggiato dall’offrire la prova dei danni subiti secondo la normale struttura del giudizio risarcitorio, rimanendo dunque a carico di quest’ultimo l’onere di provare il danno in tutti i suoi elementi.

In altri termini, il danneggiato deve, ai sensi dell’art. 2697 c. c., provare l’esistenza di tutti gli elementi costitutivi della relativa domanda e, in particolare, sia i presupposti di carattere oggettivo – prova del danno e del suo ammontare, ingiustizia dello stesso, nesso causale – sia quelli di carattere soggettivo – dolo o colpa del danneggiante(ex multis, Cons. Stato, sent. n. 2638/2014).

È allora dirimente constatare come non risulti comunque dimostrata, nel caso di specie, l’esistenza di un comportamento colposo, ovvero doloso, della Regione Puglia, tra l’altro, non essendosi dimostrata né l’illegittimità dei provvedimenti impugnati, né l’esistenza di un comportamento negligente o in violazione di disposizioni di legge da parte dell’Ente resistente.

Sotto questo aspetto, invero, la ragione principale della revoca delle Autorizzazioni Uniche è da riscontrare nel comportamento adottato dalle stesse società ricorrenti, volto a manifestare la volontà di non realizzare gli impianti di cui trattasi, sulla base – lo si ripete – di una propria personale ed autonoma valutazione di convenienza imprenditoriale, peraltro scaturita da un vero e proprio factum principis di tipo normativo generale.

Da un altro punto di vista, bene ha fatto l’Ente Regione a procedere ad annullare le medesime Autorizzazioni relativamente alle opere connesse, nel momento in cui, la sussistenza di ragioni di interesse pubblico, legate alla tutela paesaggistica, ne imponevano la revisione.

Il provvedimento di revoca, peraltro, si configura come un atto dovuto in caso di potenziale pericolo per la salute e per l’ambiente.

Più di tutto deve poi ritenersi completamente indimostrato l’effettivo prodursi di un qualche pregiudizio nei confronti delle aziende istanti, in ragione del fatto che le perdite economiche e finanziarie asseritamente subite potrebbero configurarsi soltanto come una mera conseguenza indiretta della modifica macroeconomica dei sistemi di incentivazione introdotti dal legislatore nazionale e, quindi, scaturire da insindacabili scelte di fondo di politica economica, pienamente rientranti anch’esse nella logica del factum principis ricordata sopra.

Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, tra le tante, per le affermazioni più risalenti, Cassazione civile, sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, Cassazione civile, sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663; sez. I, 27 dicembre 2013 n. 28663).

Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e, comunque, inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

Da ultimo, tenuto conto delle peculiarità in fatto del caso di specie, dell’andamento della causa e del suo esito, le spese di lite possono essere integralmente compensate.


P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sede di Bari, Sezione I, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 4 luglio 2018 con l’intervento dei magistrati:

Angelo Scafuri, Presidente
Desirèe Zonno, Consigliere
Alfredo Giuseppe Allegretta, Primo Referendario, Estensore

L’ESTENSORE
Alfredo Giuseppe Allegretta
        
IL PRESIDENTE
Angelo Scafuri
        
        
IL SEGRETARIO

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