Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime |
Categoria: Diritto urbanistico - edilizia
Numero: 1522 |
Data di udienza:
* DIRITTO URBANISTICO – Abuso edilizio – Istanza ex art. 36 d.P.R. n. 380/2001 – Atto tacito di reiezione – Impugnazione – Termini – Vizi formali – Non possono essere dedotti – Diritto di difesa dellâinteressato – Garanzia – Manufatti precari – C.d. âcase mobiliâ – Permesso di costruire – Valutazione – NecessitĂ .
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 6^
Regione: Campania
CittĂ : Napoli
Data di pubblicazione: 2 Aprile 2012
Numero: 1522
Data di udienza:
Presidente: Conti
Estensore: Maiello
Premassima
* DIRITTO URBANISTICO – Abuso edilizio – Istanza ex art. 36 d.P.R. n. 380/2001 – Atto tacito di reiezione – Impugnazione – Termini – Vizi formali – Non possono essere dedotti – Diritto di difesa dellâinteressato – Garanzia – Manufatti precari – C.d. âcase mobiliâ – Permesso di costruire – Valutazione – NecessitĂ .
Massima
TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. VI – 2 aprile 2012, n. 1522
DIRITTO URBANISTICO – Abuso edilizio – Istanza ex art. 36 d.P.R. n. 380/2001 – Atto tacito di reiezione – Impugnazione – Termini – Vizi formali – Non possono essere dedotti – Diritto di difesa dellâinteressato – Garanzia.
Il silenzio serbato dallâAmministrazione su una istanza di accertamento di conformitĂ urbanistica ai fini della concessione edilizia in sanatoria (art. 13 l. n. 47/85) è qualificabile come atto tacito di reiezione, e quindi di silenzio significativo e non di silenzio rifiuto, che può essere impugnato nel termine decadenziale di 60 giorni, senza però la possibilitĂ di dedurre vizi formali propri degli atti, quali difetti di procedura o mancanza di motivazione, non sussistendo lâobbligo di emanare un atto scritto, ripetitivo degli effetti di reiezione dellâistanza, disposti dal suindicato art. 13. Pertanto, il diritto di difesa dellâinteressato non viene ad essere vulnerato dallâanzidetta limitazione allâattivitĂ assertiva, ben potendo egli dedurre e validamente provare che lâistanza di sanatoria sia meritevole di accoglimento per la sussistenza della prescritta doppia conformitĂ urbanistica delle opere abusivamente realizzate.
Pres. Conti – Est. Maiello – A.D.C. (avv. Scotto) c. Comune di Pozzuoli
DIRITTO URBANISTICO – Manufatti precari – C.d. âcase mobiliâ – Permesso di costruire – Valutazione – NecessitĂ .
Ă necessario il rilascio della concessione edilizia (oggi permesso di costruire) anche per le cd. case mobili in quanto la precarietĂ di un manufatto, la cui realizzazione non necessita di concessione edilizia, non dipende dai materiali utilizzati o dal suo sistema di ancoraggio al suolo, bensĂŹ dallâuso al quale il manufatto stesso è destinato. Pertanto, essa, va esclusa quando trattasi di struttura destinata a dare unâutilitĂ prolungata nel tempo, a nulla rilevando la temporaneitĂ della destinazione data allâopera dai proprietari, in quanto occorre valutare la stessa alla luce della sua obiettiva ed intrinseca destinazione naturale. (Nella specie, il manufatto realizzato – un capannone con destinazione funzionale di deposito – è stato ritenuto dal G.A. oggettivamente idoneo ad assicurare unâutilitĂ prolungata nel tempo e, come tale, non annoverabile nella tipologia delle opere precarie).
Pres. Conti – Est. Maiello – A.D.C. (avv. Scotto) c. Comune di Pozzuoli
Allegato
Titolo Completo
TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. VI - 2 aprile 2012, n. 1522
SENTENZA
N. 01522/2012 REG.PROV.COLL.
N. 01561/2007 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1561 del 2007, proposto da:
Di Costanzo Aniello, rappresentato e difeso dall’avv. Ferdinando Scotto, con domicilio eletto presso lo studio del medesimo difensore in Napoli, via Caracciolo n.15;
contro
Comune di Pozzuoli, in persona del legale rappresentante pro â tempore, non costituito in giudizio;
per l’annullamento
del silenzio rigetto formatosi sulla richiesta di accertamento di conformitĂ ex articolo 36 del d.p.r. 380/2001, presentata dal ricorrente in data 15.12.2006 e concernente la realizzazione di un capannone in Pozzuoli alla via Monteruscello n. 74.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 7 marzo 2012 il dott. Umberto Maiello e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il gravame in epigrafe il ricorrente impugna il silenzio â rigetto formatosi sulla richiesta di accertamento di conformitĂ presentata in data 15.12.2006 e concernente la realizzazione di un capannone nellâambito di una preesistenza edilizia in Pozzuoli, alla via Monteruscello n° 74.
Avverso il suddetto effetto di reiezione, conseguente allâinerzia serbata dallâEnte adito sullâistanza sopra richiamata, il ricorrente deduce:
1) la violazione dellâobbligo di provvedere di cui allâarticolo 2 della legge n° 241/1990;
2) la violazione dellâarticolo 10 bis della legge n°241/1990 nella parte in cui prescrive la preventiva comunicazione dei motivi ostativi allâaccoglimento di unâistanza;
3) il manifesto travisamento dei fatti rinveniente dalla compatibilitĂ dellâopera in argomento con la disciplina di settore, fatta palese anche dalla precarietĂ della struttura siccome destinata ad un uso stagionale.
Il Comune di Pozzuoli non si è costituito in giudizio.
Allâudienza del 7.3.2012 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
Il ricorso è infondato e, pertanto, va respinto.
Giusta quanto anticipato in premessa, lâambito cognitivo del presente giudizio è dato dalla verifica di legittimitĂ del silenzio cd. rigetto formatosi sulla richiesta di accertamento di conformitĂ presentata dal ricorrente, in data 15.12.2006, e concernente la realizzazione di un capannone nellâambito di una preesistenza edilizia in Pozzuoli, alla via Monteruscello n° 74.
Orbene, avuto riguardo alla peculiaritĂ del suindicato thema decidendum, si rivelano prive di pregio le doglianze attoree riportate ai punti 1) e 2) della rubrica.
La costante giurisprudenza della Sezione ( cfr. ex multis T.A.R. Campania Napoli, VI dellâ8.4.2011 n. 2037, del 10.3.2011 n. 1407; 2 maggio 2008, n. 3067), come quella del Consiglio di Stato (cfr. CdS n. 100/2010, n.1691/2008, n. 706/2005) qualifica il silenzio serbato dallâAmministrazione su una istanza di accertamento di conformitĂ urbanistica ai fini della concessione edilizia in sanatoria (art. 13 L. 47/85) quale atto tacito di reiezione.
Natura provvedimentale che non è smentita dalla qualificazione operata dall’art. 43 della legge regionale della Campania n. 16 del 2004 in ordine al silenzio serbato dalle amministrazioni comunali (sulle ripetute domande di accertamento di conformitĂ ex
art. 36 del d.P.R. n. 380/2001) che “non può riverberare sulla disciplina processuale, di esclusiva competenza statale, posta per la tutela giurisdizionale contro il silenzio della pubblica amministrazione”, fermo che “la previsione di cui alla norma regionale si limita, di fatto, a prevedere e disciplinare un rimedio alternativo, meramente amministrativo (attivabile d’ufficio o a cura di parte), avverso la mancata pronuncia delle amministrazioni comunali sulle richieste di accertamento di conformitĂ , senza con ciò interferire sulla qualificazione giuridica del silenzio impugnabile in sede giurisdizionale e sul relativo rito azionabile” (cfr., in tali espliciti sensi, sempre questa Sezione n. 8779 del 25 maggio 2010 e, per implicito, Cons. Stato n. 598 del 2006 cit.).
Pertanto, il silenzio-diniego formatosi a seguito del decorso del termine di 60 giorni può essere impugnato nel prescritto termine decadenziale, senza però la possibilitĂ di dedurre vizi formali propri degli atti, quali difetti di procedura o mancanza di motivazione, non sussistendo l’obbligo di emanare un atto scritto, ripetitivo degli effetti di reiezione della istanza, disposti dal sopra richiamato art. 13.
Il diritto di difesa dellâinteressato, tuttavia, non viene ad essere vulnerato dallâanzidetta limitazione allâattivitĂ assertiva, ben potendo egli dedurre (e validamente provare) che lâistanza di sanatoria sia meritevole di accoglimento per la sussistenza della prescritta doppia conformitĂ urbanistica delle opere abusivamente realizzate: operazione del tutto scevra di valutazioni discrezionali e riconducibile a mero accertamento comparativo.
E pertanto la censura imperniata sulla eluzione del presunto obbligo di provvedere (ex articolo 2 della legge n. 241/1990) non può trovare accoglimento.
Tanto è a dirsi anche rispetto allâulteriore doglianza con cui parte ricorrente lamenta la violazione dellâarticolo 10 bis della legge n°241/1990, secondo cui “nei procedimenti ad istanza di parte il responsabile del procedimento o l’autoritĂ competente, prima della formale adozione di un provvedimento negativo, comunica tempestivamente agli istanti i motivi che ostano all’accoglimento della domandaâ.
La mentovata disposizione, per la sua formulazione letterale, esclude, invero, dal suo ambito di applicabilitĂ proprio i procedimenti amministrativi che prevedono ipotesi di silenzio significativo di un diniego. Invero, l’obbligo di comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento della domanda è imposto solo per i casi in cui l’autoritĂ amministrativa intenda adottare un provvedimento “formale” di diniego della domanda, e quindi non è applicabile in tutti quei casi in cui il provvedimento finale si forma solo in modo “tacito” attraverso il silenzio tenuto dalla pubblica amministrazione per un determinato periodo di tempo.
Priva di pregio si rivela, infine, anche la residua doglianza incentrata sulla erroneitĂ dellâistruttoria e sul travisamento dellâeffettiva consistenza degli interventi realizzati di cui la parte ricorrente rivendica la piena conformitĂ alla disciplina di settore.
Di contro, a giudizio del Collegio, non può essere condivisa la premessa sulla natura precaria degli interventi realizzati da cui muove lâintero costrutto giuridico attoreo e che, nella stessa prospettazione di parte ricorrente, assume rilievo dirimente ai fini della valutazione dei fatti di causa.
Comâè noto, ai sensi del combinato disposto degli
artt. 3 e 10 del d.p.r. 380/2001, è richiesto il permesso di costruire per tutte le attività qualificabili come interventi di nuova costruzione che comportano la trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio.
Tanto, però, deve ritenersi necessario solo in riferimento alle ipotesi di trasformazioni potenzialmente durevoli e non già nel caso di costruzioni provvisorie.
Restano, invece, sottratte al regime autorizzatorio le opere cd. precarie, funzionali cioè ad esigenze contingenti e temporalmente circoscritte, cessate le quali sono destinate ad essere rimosse.
Segnatamente, la lettera e. 5) dellâart. 3 del richiamato testo normativo riconduce alla tipologia in argomento (delle nuove costruzioni anche) l’installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, quali roulottes, campers, case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, e che non siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee.
Orbene, alla stregua di una piana lettura della norma in argomento, ritiene il Collegio che, giĂ da un punto di vista strutturale, debba essere revocata in dubbio lâaffermata precarietĂ della struttura realizzata, non potendo il manufatto in questione essere assimilato, nel suo complesso, per caratteristiche fisiche e strutturali di stabilitĂ , dimensione e consistenza, ad opere destinate a soddisfare esigenze meramente temporanee.
Ed, invero, per quel che si evince dalla stessa relazione tecnica prodotta dal ricorrente a corredo dellâatto di gravame, il capannone in questione consiste in unâimponente costruzione a pianta rettangolare, di dimensioni pari a circa 25 ml x ml. 9,60, realizzata su un unico livello e con altezza massima pari a ml 4,10, la cui struttura portante, orizzontale e verticale, è costituita da pilastri e travi in ferro, saldate e bullonate, con copertura in pannelli di lamiera metallica coibentati.
Le divisate caratteristiche costruttive (rese ancor piĂš evidenti dal materiale fotografico in atti) giĂ , di per se stesse, inducono ad escludere l’elemento della c.d. precarietĂ delle opere, posto che tale elemento (riferibile nel costrutto attoreo alla volontĂ della parte) non può conciliarsi con lâoggettiva attitudine strutturale dellâopera ad un suo impiego prolungato nel tempo.
Peraltro, in vista dellâindividuazione del regime cui restano soggette le opere in argomento, occorre metter capo anche alla componente cd. funzionale, vale a dire alla concreta ed oggettiva destinazione cui sono strumentali.
Ciò che, in altri termini, rileva non è solo il sistema costruttivo, bensĂŹ lâidoneitĂ dellâopera, in ragione delle sue tipiche connotazioni funzionali, ad accreditare unâutilizzazione circoscritta nel tempo in quanto strettamente correlata ad esigenze di carattere meramente temporaneo. Eâ stato, infatti, efficacemente evidenziato in giurisprudenza che la precarietĂ di un manufatto la cui realizzazione non necessita di concessione edilizia, non dipende dai materiali utilizzati o dal suo sistema di ancoraggio al suolo, bensĂŹ dall’uso al quale il manufatto stesso è destinato; pertanto, essa, va esclusa quando trattasi di struttura destinata a dare un’utilitĂ prolungata nel tempo, a nulla rilevando la temporaneitĂ della destinazione data all’opera dai proprietari, in quanto occorre valutare la stessa alla luce della sua obiettiva ed intrinseca destinazione naturale (Cons. Stato, V Sez., n. 3321/00; T.A.R. Latina Lazio sez. I, 12 ottobre 2011, n. 799).
Tanto premesso, il Collegio, anche sotto tale diversa prospettiva (cd. funzionale), ritiene non condivisibile la prospettazione di parte ricorrente, volta a ricondurre il manufatto de quo alla tipologia delle opere cd. precarie.
In altri termini, nellâimpostazione attorea lâelemento della precarietĂ della struttura, piuttosto che nelle oggettive caratteristiche funzionali dellâopera, rinviene il suo fondamento legittimante nelle concrete e soggettive modalitĂ di impiego programmate dalla parte (deposito da utilizzare durante la stagione fredda), laddove, comâè noto, deve ritenersi irrilevante, ai fini del carattere della temporaneitĂ , la destinazione subiettivamente attribuita allâopera dallâinstallatore o dal costruttore.
In altri termini, il requisito della temporaneitĂ va apprezzato con criterio oggettivo avuto riguardo allâoggetto della costruzione nei suoi obiettivi dati tecnici e deve, dunque, ricollegarsi alla sua destinazione materiale, che ne evidenzi un uso realmente precario o temporaneo, per fini specifici e cronologicamente delimitabili ( cfr. Consiglio Stato, sez. V, 24 febbraio 2003, n. 986; Consiglio Stato, sez. V, 30 ottobre 2000, n. 5828; Consiglio Stato, sez. V, 24 febbraio 1996, n. 226; CdS Sez. V 23.1.1995; Cass. Sez. III 28.1.1997; Cass. Sez. III 4.10.1996).
Orbene, in applicazione della suindicata metodica euristica, avuto riguardo al materiale versato in atti, deve escludersi la possibilitĂ di enucleare indici di sicuro affidamento idonei a suffragare la dedotta precarietĂ delle opere in contestazione.
Il manufatto realizzato, un capannone con destinazione funzionale di deposito, è oggettivamente idoneo ad assicurare una utilità prolungata nel tempo e, come tale, indipendentemente dalle dichiarazioni di parte, non può essere annoverato nella tipologia delle opere precarie.
Conclusivamente, ribadite le svolte considerazioni, il ricorso va respinto siccome infondato.
Nulla è dovuto per le spese processuali in ragione del fatto che lâAmministrazione intimata non si è costituita in giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Nulla spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autoritĂ amministrativa.
CosĂŹ deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 7 marzo 2012 con l’intervento dei magistrati:
Renzo Conti, Presidente
Arcangelo Monaciliuni, Consigliere
Umberto Maiello, Consigliere, Estensore
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 02/04/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)