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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Rifiuti Numero: C‑181/20 | Data di udienza:

RIFIUTI – Gestione dei rifiuti originati da pannelli fotovoltaici – Obbligo di finanziare i costi relativi alla gestione dei rifiuti provenienti dai pannelli fotovoltaici – Effetto retroattivo – Principio della certezza del diritto – Trasposizione non corretta di una direttiva – Responsabilità dello Stato membro – Rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) – Rinvio pregiudiziale – Ambiente – Direttiva 2012/19/UE.


Provvedimento: SENTENZA
Sezione: Grande Sezione
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 25 Gennaio 2022
Numero: C‑181/20
Data di udienza:
Presidente: Lenaerts
Estensore: Arabadjiev


Premassima

RIFIUTI – Gestione dei rifiuti originati da pannelli fotovoltaici – Obbligo di finanziare i costi relativi alla gestione dei rifiuti provenienti dai pannelli fotovoltaici – Effetto retroattivo – Principio della certezza del diritto – Trasposizione non corretta di una direttiva – Responsabilità dello Stato membro – Rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) – Rinvio pregiudiziale – Ambiente – Direttiva 2012/19/UE.



Massima

CORTE DI GIUSTIZIA UE, Grande Sezione, 25 gennaio 2022, Sentenza C‑181/20

 

RIFIUTI – Gestione dei rifiuti originati da pannelli fotovoltaici – Obbligo di finanziare i costi relativi alla gestione dei rifiuti provenienti dai pannelli fotovoltaici – Effetto retroattivo – Principio della certezza del diritto – Trasposizione non corretta di una direttiva – Responsabilità dello Stato membro – Rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) – Rinvio pregiudiziale – Ambiente – Direttiva 2012/19/UE.

L’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 2012/19/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 luglio 2012, sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) è invalido nella parte in cui tale disposizione impone ai produttori il finanziamento dei costi relativi alla gestione dei rifiuti originati da pannelli fotovoltaici immessi sul mercato tra il 13 agosto 2005 e il 13 agosto 2012. Mentre, l’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 2012/19 deve essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale che impone agli utilizzatori di pannelli fotovoltaici, e non ai produttori di tali pannelli, il finanziamento dei costi relativi alla gestione dei rifiuti originati dai suddetti pannelli immessi sul mercato a partire dal 13 agosto 2012, data di entrata in vigore di tale direttiva. Infine, il diritto dell’Unione deve essere interpretato nel senso che la circostanza che uno Stato membro abbia adottato una normativa contraria a una direttiva dell’Unione prima dell’adozione di detta direttiva non costituisce, in quanto tale, una violazione del diritto dell’Unione, non potendo la realizzazione del risultato prescritto da detta direttiva essere considerata seriamente compromessa prima che quest’ultima faccia parte dell’ordinamento giuridico dell’Unione.

Pres. Lenaerts, Rel. Arabadjiev, Ric. VYSOČINA WIND a.s. contro Česká republika – Ministerstvo životního prostředí


Allegato


Titolo Completo

CORTE DI GIUSTIZIA UE, Grande Sezione, 25/01/2022, Sentenza C‑181/20

SENTENZA

CORTE DI GIUSTIZIA UE, Grande Sezione, 25 gennaio 2022, Sentenza C‑181/20

SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

25 gennaio 2022

«Rinvio pregiudiziale – Ambiente – Direttiva 2012/19/UE – Rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche – Obbligo di finanziare i costi relativi alla gestione dei rifiuti provenienti dai pannelli fotovoltaici – Effetto retroattivo – Principio della certezza del diritto – Trasposizione non corretta di una direttiva – Responsabilità dello Stato membro»

Nella causa C‑181/20,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Nejvyšší soud (Corte suprema, Repubblica ceca), con decisione del 12 marzo 2020, pervenuta in cancelleria il 24 aprile 2020, nel procedimento

VYSOČINA WIND a.s.

contro

Česká republika – Ministerstvo životního prostředí,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta da K. Lenaerts, presidente, L. Bay Larsen, vicepresidente, A. Arabadjiev (relatore), A. Prechal, K. Jürimäe, C. Lycourgos, E. Regan, N. Jääskinen, I. Ziemele e J. Passer, presidenti di sezione, M. Ilešič, T. von Danwitz, M. Safjan, A. Kumin e N. Wahl, giudici,

avvocato generale: J. Kokott

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

– per la VYSOČINA WIND a.s., da M. Flora, advokát;

– per il governo ceco, da M. Smolek, J. Vláčil e L. Dvořáková, in qualità di agenti;

– per il governo tedesco, da J. Möller e S. Heimerl, in qualità di agenti;

– per il Parlamento europeo, da C. Ionescu Dima, O. Hrstková Šolcová e W. D. Kuzmienko in qualità di agenti;

– per il Consiglio dell’Unione europea, da A. Maceroni e M. Moore, in qualità di agenti;

– per la Commissione europea da L. Haasbeek e P. Ondrůšek, en qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 15 luglio 2021,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 13, della direttiva 2012/19/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 luglio 2012, sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) (GU 2012, L 197, pag. 38).

2 La presente domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la VYSOČINA WIND a.s., una società che gestisce un impianto ad energia solare, e la Česká republika – Ministerstvo životního prostředí (Ministero dell’Ambiente, Repubblica ceca), in merito ad una domanda di risarcimento presentata da tale società per il danno che essa avrebbe subito a causa della trasposizione asseritamente non corretta della direttiva 2012/19.

Contesto normativo

Diritto dell’Unione

Direttiva 2002/96/CE

3 La direttiva 2002/96/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 gennaio 2003, sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) (GU 2003, L 37, pag. 24), disponeva, all’articolo 7, paragrafo 3, che, ai fini del calcolo degli obiettivi di recupero dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE), gli Stati membri provvedono affinché i produttori o i terzi che agiscono a loro nome detengano la documentazione relativa al volume dei RAEE, ai loro componenti, materiali o sostanze in entrata e in uscita dai centri di trattamento e/o in entrata nei centri di recupero o di riciclaggio.

4 L’articolo 9 di tale direttiva, intitolato «Finanziamento relativo ai RAEE provenienti da utenti diversi dai nuclei domestici», così recitava:

«Gli Stati membri provvedono affinché entro il 13 agosto 2005 i produttori debbano prevedere il finanziamento dei costi di raccolta, trattamento, recupero e smaltimento ecologicamente corretto dei RAEE provenienti da utenti diversi dai nuclei domestici e originati da prodotti immessi sul mercato dopo il 13 agosto 2005.

Per i RAEE di prodotti immessi sul mercato prima del 13 agosto 2005 (“rifiuti storici”), il finanziamento dei costi di gestione è assicurato dai produttori. In alternativa, gli Stati membri possono prevedere che tale finanziamento competa anche, in tutto o in parte, a utenti diversi dai nuclei domestici.

I produttori e gli utenti diversi dai nuclei domestici possono, fatta salva la presente direttiva, concludere accordi che stabiliscano altre modalità di finanziamento».

5 L’articolo 13 della direttiva 2002/96, come modificata dalla direttiva 2008/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio dell’11 marzo 2008 (GU 2008, L 81, pag. 65), così prevedeva:

«Sono adottate le modifiche necessarie ad adeguare al progresso scientifico e tecnico l’articolo 7, paragrafo 3, l’allegato I B (in particolare per inserirvi eventualmente gli apparecchi di illuminazione delle abitazioni, le lampade a incandescenza ed i prodotti fotovoltaici, per esempio i pannelli solari), l’allegato II (in particolare tenendo conto di nuovi sviluppi tecnici per il trattamento dei RAEE) e gli allegati III e IV. Tali misure, intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 14, paragrafo 3.

Prima della modifica degli allegati la Commissione [europea] consulta, fra l’altro, i produttori di apparecchiature elettriche e elettroniche, gli operatori che si occupano del riciclaggio e del trattamento, le organizzazioni ambientalistiche e le associazioni dei lavoratori e dei consumatori».

Direttiva 2003/108/CE

6 Il considerando 3, della direttiva 2003/108/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 dicembre 2003, che modifica la direttiva 2002/96 (GU 2003, L 345, pag. 106) è così formulato:

«Ai sensi della dichiarazione congiunta, la Commissione ha esaminato le conseguenze finanziarie per i produttori derivanti dall’enunciato attuale dell’articolo 9 della direttiva [2002/96] e ne ha concluso che l’obbligo di ritiro di RAEE immessi sul mercato in passato crea un onere retroattivo non considerato che potrebbe esporre determinati produttori a gravi rischi economici».

7 La direttiva 2003/108 ha sostituito l’articolo 9 della direttiva 2002/96 con il seguente testo:

«1. Gli Stati membri provvedono affinché entro il 13 agosto 2005 i produttori debbano prevedere il finanziamento dei costi di raccolta, trattamento, recupero e smaltimento ecologicamente corretto dei RAEE provenienti da utenti diversi dai nuclei domestici e originati da prodotti immessi sul mercato dopo il 13 agosto 2005.

Gli Stati membri provvedono affinché entro il 13 agosto 2005, per RAEE di prodotti immessi sul mercato prima del 13 agosto 2005 (“rifiuti storici”), il finanziamento dei costi di gestione obbedisca alle modalità di cui al terzo e quarto comma.

Per i rifiuti storici sostituiti da nuovi prodotti equivalenti o da nuovi prodotti adibiti alla medesima funzione, il finanziamento dei costi incombe ai produttori di detti prodotti all’atto della fornitura. Gli Stati membri possono, in alternativa, disporre che gli utenti diversi dai nuclei domestici siano resi anch’essi parzialmente o totalmente responsabili di tale finanziamento.

Per gli altri rifiuti storici, il finanziamento dei costi incombe agli utenti diversi dai nuclei domestici.

2. I produttori e gli utenti diversi dai nuclei domestici possono, fatta salva la presente direttiva, concludere accordi che stabiliscano altre modalità di finanziamento».

Direttiva 2008/98/CE

8 La direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive (GU 2008, L 312, pag. 3), definisce all’articolo 3, punto 1, la nozione di «rifiuto» come «qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o l’obbligo di disfarsi».

9 L’articolo 14 di tale direttiva così dispone:

«1. Secondo il principio “chi inquina paga”, i costi della gestione dei rifiuti sono sostenuti dal produttore iniziale o dai detentori del momento o dai detentori precedenti dei rifiuti.

2. Gli Stati membri possono decidere che i costi della gestione dei rifiuti siano sostenuti parzialmente o interamente dal produttore del prodotto causa dei rifiuti e che i distributori di tale prodotto possano contribuire alla copertura di tali costi».

Direttiva 2012/19

10 La direttiva 2012/19 ha abrogato la direttiva 2002/96.

11 I considerando 9, 12 e 23 della direttiva 2012/19 sono così formulati:

«(9) L’ambito di applicazione della presente direttiva dovrebbe includere tutte le [apparecchiature elettriche ed elettroniche (AEE)] usate dai consumatori e le AEE ad uso professionale. La presente direttiva si dovrebbe applicare ferma restando la normativa dell’Unione in materia di requisiti di sicurezza e di salute che proteggono chiunque entri in contatto con i RAEE e la normativa specifica dell’Unione sulla gestione dei rifiuti (…) e la normativa dell’Unione in materia di progettazione dei prodotti (…). Gli obiettivi della presente direttiva possono essere raggiunti senza includere nel suo ambito d’applicazione gli impianti fissi di grandi dimensioni, quali piattaforme petrolifere, sistemi di trasporto bagagli negli aeroporti o ascensori. Tuttavia, le apparecchiature che non sono progettate e installate specificamente per essere parte di detti impianti, e che sono idonee a svolgere la propria funzione anche ove non siano parti di detti impianti, dovrebbero rientrare nell’ambito di applicazione della presente direttiva. Ciò riguarda, ad esempio, le attrezzature di illuminazione o i pannelli fotovoltaici.

(…)

(12) L’introduzione, da parte della presente direttiva, della responsabilità del produttore è uno degli strumenti per incoraggiare la progettazione e la produzione di AEE che tengano pienamente in considerazione e ne facilitino la riparazione, l’eventuale adeguamento al progresso tecnico, il riutilizzo, lo smontaggio e il riciclaggio.

(…)

(23) (…) Gli Stati membri dovrebbero incoraggiare i produttori ad assumersi la piena responsabilità per la raccolta dei RAEE, in particolare finanziandone la raccolta, (…) lungo tutta la catena dei rifiuti, (…) conformemente al principio “chi inquina paga”. Per ottimizzare l’efficacia del concetto di responsabilità del produttore, ciascun produttore dovrebbe essere responsabile del finanziamento della gestione dei rifiuti derivanti dai suoi prodotti. Il produttore dovrebbe poter scegliere di adempiere tale obbligo o individualmente o aderendo ad un regime collettivo. Ciascun produttore, allorché immette un prodotto sul mercato, dovrebbe fornire una garanzia finanziaria per evitare che i costi della gestione dei RAEE derivanti da prodotti orfani ricadano sulla società o sugli altri produttori. Tutti i produttori esistenti dovrebbero condividere la responsabilità del finanziamento della gestione dei rifiuti storici nell’ambito di regimi di finanziamento collettivi ai quali contribuiscono proporzionalmente tutti i produttori esistenti sul mercato al momento in cui si verificano i costi. (…) Per i prodotti con un ciclo di vita lungo che rientrano ora nella presente direttiva, come ad esempio i pannelli fotovoltaici, dovrebbero poter essere utilizzate al meglio le strutture esistenti per la raccolta e il recupero, a condizione che rispettino i requisiti di cui alla presente direttiva».

12 L’articolo 1 di tale direttiva precisa che essa «stabilisce misure volte a proteggere l’ambiente e la salute umana prevenendo o riducendo gli impatti negativi della produzione e della gestione dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE), nonché riducendo gli impatti negativi dell’uso delle risorse e migliorandone l’efficacia, conformemente agli articoli 1 e 4 della direttiva [2008/98], contribuendo pertanto allo sviluppo sostenibile».

13 L’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2012/19 prevede quanto segue:

«La presente direttiva si applica alle [AEE] nel modo seguente:

a) dal 13 agosto 2012 al 14 agosto 2018 (periodo transitorio), alle condizioni di cui al paragrafo 3, alle AEE che rientrano nelle categorie dell’allegato I. L’allegato II contiene un elenco indicativo di AEE che rientrano nelle categorie dell’allegato I;

b) dal 15 agosto 2018, alle condizioni di cui ai paragrafi 3 e 4, a tutte le AEE. Tutte le AEE sono classificate nelle categorie dell’allegato III. L’allegato IV contiene un elenco non esaustivo di AEE che rientrano nelle categorie dell’allegato III (ambito di applicazione aperto)».

14 L’articolo 3, paragrafo 1, lettera a) di tale direttiva specifica che si intende per «apparecchiature elettriche ed elettroniche» o «AEE» «le apparecchiature che dipendono, per un corretto funzionamento, da correnti elettriche o campi elettromagnetici e le apparecchiature di generazione, trasferimento e misura di queste correnti e campi e progettate per essere usate con una tensione non superiore a 1 000 volt per la corrente alternata e a 1 500 volt per la corrente continua».

15 Inoltre, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), della stessa direttiva, si intende per «rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche» o «RAEE» «le apparecchiature elettriche o elettroniche che sono rifiuti ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva [2008/98], inclusi tutti i componenti, sottoinsiemi e materiali di consumo che sono parte integrante del prodotto al momento in cui si decide di eliminarlo».

16 Ai sensi dell’articolo 4 della direttiva in parola:

«Gli Stati membri, fatte salve le prescrizioni della legislazione dell’Unione sul funzionamento corretto del mercato interno e sulla progettazione dei prodotti, (…) incoraggiano la cooperazione tra produttori e operatori degli impianti di riciclaggio nonché misure volte a favorire la progettazione e la produzione di AEE, soprattutto al fine di agevolare il riutilizzo, lo smaltimento e il recupero dei RAEE, dei loro componenti e materiali. (…)»

17 L’articolo 12 della direttiva 2012/19, intitolato «Finanziamento relativo ai RAEE provenienti dai nuclei domestici», prevede al paragrafo 4 che i RAEE originati da prodotti immessi sul mercato il 13 agosto 2005 o anteriormente a tale data siano considerati «rifiuti storici».

18 L’articolo 13 di tale direttiva, intitolato «Finanziamento relativo ai RAEE provenienti da utilizzatori diversi dai nuclei domestici», è così formulato:

«1. Gli Stati membri provvedono affinché il finanziamento dei costi di raccolta, trattamento, recupero e smaltimento ecocompatibile dei RAEE provenienti da utilizzatori diversi dai nuclei domestici e originati da prodotti immessi sul mercato dopo il 13 agosto 2005 sia sostenuto dai produttori.

Per i rifiuti storici sostituiti da nuovi prodotti equivalenti o da nuovi prodotti adibiti alla medesima funzione, il finanziamento dei costi incombe sui produttori di detti prodotti all’atto della fornitura. Gli Stati membri possono, in alternativa, disporre che gli utilizzatori diversi dai nuclei domestici siano anch’essi resi parzialmente o totalmente responsabili di tale finanziamento.

Per gli altri rifiuti storici, il finanziamento dei costi incombe sugli utilizzatori diversi dai nuclei domestici.

2. I produttori e gli utilizzatori diversi dai nuclei domestici possono, fatta salva la presente direttiva, concludere accordi che stabiliscano altre modalità di finanziamento».

19 L’articolo 24, paragrafo 1, della direttiva è del seguente tenore:

«Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 14 febbraio 2014. Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo di tali disposizioni».

20 Nell’allegato I della direttiva 2012/19, intitolato «Categorie di AEE oggetto della presente direttiva durante il periodo transitorio di cui all’articolo 2, paragrafo 1, lettera a)» sono menzionati i pannelli fotovoltaici. Questi ultimi sono altresì riportati all’allegato II di tale direttiva, contenente un elenco indicativo delle AEE che rientrano nelle categorie di cui al detto allegato I, nonché nell’allegato IV di detta direttiva, che contiene l’elenco non esaustivo di AEE rientranti nelle categorie di cui all’allegato III della medesima direttiva.

Diritto ceco

21 La Repubblica ceca ha attuato gli obblighi ad essa incombenti in forza della direttiva 2002/96 segnatamente mediante l’adozione dello zákon č. 185/2001 Sb., o odpadech a o změně některých dalších zákonů (legge n. 185/2001, sui rifiuti e sulla modifica di talune altre leggi; in prosieguo: la «legge sui rifiuti»).

22 Il 30 maggio 2012 è stato inserito in tale legge un nuovo articolo 37p, che istituisce un meccanismo di finanziamento dei costi relativi alla gestione dei rifiuti originati da pannelli fotovoltaici. Conformemente a tale articolo, il gestore di una centrale solare ha l’obbligo di finanziare, mediante contributi al riciclaggio, i costi relativi alla gestione dei rifiuti originati da pannelli fotovoltaici immessi sul mercato entro il 1º gennaio 2013. A tal fine, è stato previsto l’obbligo per detto gestore di stipulare un contratto, entro il 30 giugno 2013, che garantisca un sistema collettivo di finanziamento, e ciò affinché detto finanziamento fosse garantito entro il 1º gennaio 2019. Nel caso dei pannelli fotovoltaici immessi sul mercato dopo il 1° gennaio 2013, tale obbligo ricade sul loro produttore.

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

23 La VYSOČINA WIND gestisce una centrale a energia solare, che è stata messa in funzione nel 2009 e che è dotata di pannelli fotovoltaici immessi in commercio dopo il 13 agosto 2005 ma anteriormente al 1º gennaio 2013.

24 Conformemente all’obbligo previsto all’articolo 37p della legge sui rifiuti, tale società ha partecipato al finanziamento dei costi relativi alla gestione dei rifiuti provenienti dai pannelli fotovoltaici e, a tale titolo, ha versato contributi per un importo totale di 1 613 773,24 corone ceche (CZK) (circa EUR 59 500) nel corso degli anni 2015 e 2016.

25 Ritenendo che tale obbligo risultasse direttamente da una trasposizione non corretta della direttiva 2012/19 da parte della Repubblica ceca, e che il versamento di tali contributi costituisse un danno, la VYSOČINA WIND ha proposto, dinanzi all’Obvodní soud pro Prahu 10 (Tribunale del distretto di Praga 10, Repubblica ceca), un ricorso per risarcimento danni contro tale Stato membro. Essa ritiene, in particolare, che l’articolo 37p della legge sui rifiuti sia contrario all’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 2012/19, il quale pone a carico del produttore delle AEE, e non già all’utilizzatore delle stesse, il finanziamento dei costi relativi alla gestione dei rifiuti provenienti da pannelli fotovoltaici immessi in commercio dopo il 13 agosto 2005.

26 Con sentenza del 6 aprile 2018, detto giudice ha accolto tale ricorso nella sua interezza. La Repubblica ceca ha impugnato tale sentenza dinanzi al Městský soud v Praze (Corte regionale di Praga capitale, Repubblica ceca), che lo ha respinto in quanto infondato con sentenza del 14 novembre 2018. Secondo tale giudice, dalla formulazione dell’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 2012/19 risulta chiaramente che il finanziamento dei costi relativi alla gestione dei rifiuti provenienti dai pannelli fotovoltaici immessi sul mercato dopo il 13 agosto 2005 deve essere garantito dai produttori, cosicché l’articolo 37p della legge sui rifiuti, continuando a far ricadere tale obbligo sugli utenti, non è conforme a tale direttiva.

27 La Repubblica ceca ha pertanto proposto ricorso per cassazione dinanzi al Nejvyšší soud (Corte suprema, Repubblica ceca) sostenendo, in primo luogo, che siffatta interpretazione dell’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 2012/19 finisce per conferire a tale disposizione un carattere retroattivo illecito. In secondo luogo, un certo numero di produttori che hanno immesso sul mercato pannelli fotovoltaici tra il 2005 e il 2013 non sarebbe più in attività, il che impedirebbe di garantire il finanziamento dei costi relativi alla gestione dei rifiuti originati da detti pannelli. In terzo luogo, la Repubblica ceca ritiene che l’assenza di osservazioni da parte della Commissione nell’ambito della procedura EU pilot riguardante la trasposizione, nel diritto nazionale, della direttiva 2012/19 e l’assenza di un procedimento per inadempimento avviato da tale istituzione nei suoi confronti attestano che la Repubblica ceca ha correttamente trasposto la direttiva 2012/19, come avrebbe confermato la Commissione nel corso di una riunione bilaterale svoltasi il 1º ottobre 2018.

28 In tale contesto, il giudice del rinvio si interroga sull’interpretazione dell’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 2012/19 giacché, pur se è pacifico che tale disposizione dispone che gli Stati membri impongano ai produttori di finanziare i costi relativi alla gestione dei rifiuti originati dai pannelli fotovoltaici laddove si tratti di pannelli immessi sul mercato dopo la scadenza del termine di recepimento di tale direttiva, ossia il 14 febbraio 2014, e che, per i «rifiuti storici», originati da pannelli fotovoltaici immessi sul mercato prima del 13 agosto 2005, gli Stati membri possono imporre tale obbligo agli utenti, si pone tuttavia la questione dell’applicazione di tale obbligo di finanziamento nel caso dei rifiuti originati da pannelli fotovoltaici immessi sul mercato tra il 13 agosto 2005 e il 14 febbraio 2014.

29 Secondo il giudice del rinvio, occorre anzitutto determinare il momento in cui sorge l’obbligo di finanziare i costi relativi alla gestione dei rifiuti originati da pannelli fotovoltaici. A tal riguardo, esso condivide la posizione della ricorrente nel procedimento principale secondo cui si deve ritenere che tale obbligo sorga solo con la comparsa dei rifiuti e non, come sostiene la Repubblica ceca, con l’immissione sul mercato di detti pannelli. Di conseguenza, rientrerebbero nell’ambito di applicazione ratione materiae della direttiva 2012/19 i pannelli fotovoltaici immessi sul mercato prima della scadenza del termine di trasposizione di tale direttiva, ossia il 14 febbraio 2014, che producono rifiuti dopo tale data, cosicché l’obbligo così imposto dall’articolo 13, paragrafo 1, di detta direttiva non sarebbe affatto retroattivo.

30 Il giudice del rinvio nutre, inoltre, dubbi quanto al fatto che la direttiva 2012/19 sia stata correttamente trasposta nell’ordinamento giuridico ceco, dato che, in primo luogo, la Commissione stessa ha constatato, al momento dell’adozione della direttiva 2003/108 che modifica la direttiva 2002/96, che l’obbligo di finanziare i costi relativi alla gestione dei rifiuti originati da prodotti immessi sul mercato prima della scadenza del termine di recepimento di quest’ultima direttiva creava una responsabilità retroattiva che poteva esporre i produttori a gravi rischi economici, constatazione questa che può essere applicata per analogia ai pannelli fotovoltaici recentemente inseriti nell’ambito di applicazione della normativa dell’Unione dalla direttiva 2012/19. In secondo luogo, sarebbe stato leso il legittimo affidamento dei produttori di pannelli fotovoltaici che non potevano supporre che siffatto obbligo di finanziamento sarebbe stato imposto loro per rifiuti originati da pannelli già immessi in commercio in passato e che, pertanto, non avrebbero ripercosso i costi di tale finanziamento sul prezzo dei loro prodotti. In terzo luogo, apparirebbe sussistere una differenza di trattamento tra gli utenti che già adempivano all’obbligo di finanziamento previsto dal diritto nazionale prima della scadenza del termine di trasposizione della direttiva 2012/19 e quelli che non vi adempivano. Il giudice del rinvio rileva, in quarto luogo, che neppure la Repubblica federale di Germania, la Repubblica ellenica e la Repubblica d’Austria avrebbero trasposto tale direttiva mantenendo l’obbligo per i produttori di finanziare i costi relativi alla gestione dei rifiuti originati da prodotti immessi sul mercato dopo il 13 agosto 2005.

31 Esso si chiede, infine, se la normativa nazionale non sia in contrasto con il diritto dell’Unione in quanto, dopo l’adozione della direttiva 2012/19, sono stati mantenuti i contratti, che i gestori delle centrali a energia solare erano tenuti a concludere per garantire il finanziamento dei costi relativi alla gestione dei rifiuti originati da pannelli fotovoltaici e che prevedevano il pagamento a rate dei relativi contributi, anche se, in forza di detta direttiva, tale finanziamento incombe al produttore.

32 In tale contesto, il Nejvyšší soud (Corte suprema) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se l’articolo 13 della direttiva [2012/19] debba essere interpretato nel senso che osta a che uno Stato membro imponga l’obbligo di sostenere il finanziamento dei costi di raccolta, trattamento, recupero e smaltimento ecocompatibile dei RAEE, originati dai pannelli fotovoltaici immessi sul mercato [entro] il 1° gennaio 2013, ai loro utilizzatori, e non ai produttori.

2) In caso di risposta affermativa alla prima questione pregiudiziale, se sulla valutazione dei presupposti della responsabilità dello Stato membro per i danni causati ai singoli da una violazione del diritto dell’Unione incida la circostanza, di cui trattasi nel procedimento principale, che lo Stato membro stesso ha disciplinato la modalità di finanziamento dei rifiuti originati dai pannelli fotovoltaici già prima dell’adozione della direttiva [2012/19], la quale ha recentemente incluso i pannelli fotovoltaici nel campo di applicazione della normativa dell’Unione e ha imposto ai produttori l’obbligo di finanziare i costi suddetti anche in relazione a quei pannelli che sono stati immessi sul mercato prima della scadenza del (…) termine di trasposizione [di tale direttiva] (e prima della stessa adozione di una regolamentazione a livello europeo)».

33 Conformemente all’articolo 61, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la Corte ha invitato le parti del procedimento principale e gli altri interessati di cui all’articolo 23 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea a rispondere per iscritto a taluni quesiti vertenti, in particolare, sulla validità dell’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 2012/19.

Questioni pregiudiziali

Prima questione

34 Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 2012/19 debba essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale che impone il finanziamento dei costi relativi alla gestione dei rifiuti originati da pannelli fotovoltaici immessi sul mercato entro il 1º gennaio 2013 agli utilizzatori di tali pannelli e non ai produttori di questi ultimi.

35 In via preliminare, occorre constatare che, sebbene tale questione verta, formalmente, sulla sola interpretazione dell’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 2012/19, dalla motivazione della domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che il giudice del rinvio si interroga altresì sulla validità di tale disposizione alla luce del suo eventuale effetto retroattivo. In sostanza, tale giudice sottolinea che un effetto del genere potrebbe derivare dal fatto che, ai sensi di detta disposizione, il finanziamento dei costi relativi alla gestione dei rifiuti originati da pannelli fotovoltaici deve essere preso a carico dai produttori quando tali rifiuti provengono da prodotti immessi sul mercato dopo il 13 agosto 2005, data in cui non era ancora spirato il termine di trasposizione fissato da tale direttiva. Pertanto, la stessa disposizione potrebbe far sorgere una responsabilità retroattiva tale da esporre i produttori a gravi rischi economici.

36 Orbene, se è vero che, nell’ambito della ripartizione delle funzioni tra i giudici nazionali e la Corte ai fini dell’applicazione dell’articolo 267 TFUE, spetta ai giudici nazionali valutare la pertinenza delle questioni sollevate, è tuttavia riservata alla Corte la cura di ricavare, dall’insieme degli elementi forniti dal giudice nazionale, quegli elementi di diritto dell’Unione che richiedono, tenuto conto dell’oggetto della controversia, un’interpretazione o un giudizio di validità (sentenza del 17 settembre 2020, Compagnie des pêches de Saint-Malo, C‑212/19, EU:C:2020:726, punto 27 e giurisprudenza ivi citata).

37 Di conseguenza, al fine di fornire una risposta completa al giudice del rinvio, occorre esaminare anche la validità dell’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 2012/19 alla luce del principio della certezza del diritto, in quanto detta disposizione richiede che il finanziamento dei costi relativi alla gestione dei rifiuti originati da pannelli fotovoltaici sia garantito dai produttori per i rifiuti derivanti da detti pannelli immessi sul mercato dopo il 13 agosto 2005, ovvero ad una data anteriore all’entrata in vigore di tale direttiva.

38 È quindi necessario, dapprima, interpretare l’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 2012/19, come richiesto dal giudice nazionale. Nell’ipotesi in cui tale disposizione dovesse essere interpretata nel senso che osta a una normativa nazionale che impone il finanziamento dei costi relativi alla gestione dei rifiuti originati da pannelli fotovoltaici immessi sul mercato dopo il 13 agosto 2005 agli utilizzatori di questi ultimi e non ai produttori, sarà necessario, in un secondo momento, esaminare la validità della suddetta disposizione.

39 A tal riguardo, occorre ricordare, in primo luogo, che, secondo una giurisprudenza costante, l’interpretazione di una disposizione del diritto dell’Unione non può avere come risultato di privare di ogni effetto utile la formulazione chiara e precisa di tale disposizione (sentenza del 6 settembre 2012, Czop e Punakova, C‑147/11 e C‑148/11, EU:C:2012:538, punto 32 e giurisprudenza ivi citata). Pertanto, allorché il senso di una disposizione del diritto dell’Unione risulta senza ambiguità dalla formulazione stessa di quest’ultima, la Corte non può discostarsi da tale interpretazione.

40 Orbene, ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 2012/19, gli Stati membri provvedono affinché il finanziamento dei costi di raccolta, trattamento, recupero e smaltimento ecocompatibile dei RAEE provenienti da utilizzatori diversi dai nuclei domestici e originati da prodotti immessi sul mercato dopo il 13 agosto 2005 sia sostenuto dai produttori.

41 Secondo la definizione enunciata all’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), della stessa direttiva, rientrano nella nozione di «RAEE» le apparecchiature elettriche o elettroniche che costituiscono rifiuti ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2008/98, inclusi tutti i componenti, sottoinsiemi e materiali di consumo che sono parte integrante del prodotto al momento in cui si decide di eliminarlo.

42 In particolare, conformemente al suo articolo 2, paragrafo 1, lettera a), la direttiva 2012/19 si applica, a partire dal periodo transitorio che va dal 13 agosto 2012 al 14 agosto 2018, alle AEE che rientrano nelle categorie elencate nel suo allegato I, tra le quali compaiono esplicitamente i pannelli fotovoltaici, parimenti menzionati nell’allegato II di tale direttiva, che precisa dette categorie di AEE, nonché ai considerando 9 e 23 della stessa direttiva, i quali sottolineano, in particolare, che i prodotti che hanno un lungo ciclo di vita, come i pannelli fotovoltaici, rientrano ormai nell’ambito di applicazione di detta direttiva.

43 In tal modo, come rilevato, in sostanza, dall’avvocato generale al paragrafo 29 delle sue conclusioni, il legislatore dell’Unione ha manifestato, senza alcuna possibile ambiguità, la sua intenzione che i pannelli fotovoltaici siano considerati come AEE, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2012/19, e che essi rientrino, quindi, nell’ambito di applicazione di tale direttiva.

44 Occorre, pertanto, constatare che l’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 2012/19 esige che gli Stati membri adottino le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per far gravare la responsabilità del finanziamento dei costi relativi alla gestione dei rifiuti originati da pannelli fotovoltaici sui produttori di questi ultimi e non sugli utenti qualora tali pannelli siano stati immessi sul mercato dopo il 13 agosto 2005.

45 Di conseguenza, fermo restando l’esame della validità al quale è fatto riferimento al punto 38 della presente sentenza, l’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 2012/19 deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale che impone il finanziamento dei costi relativi alla gestione dei rifiuti originati da pannelli fotovoltaici immessi sul mercato dopo il 13 agosto 2005 agli utilizzatori di tali pannelli e non ai produttori di questi ultimi.

46 Alla luce di tale interpretazione, in secondo luogo, come menzionato ai punti 37 e 38 della presente sentenza, è ora necessario procedere a valutare la validità di tale disposizione.

47 A questo proposito, occorre ricordare che il principio della certezza del diritto, che fa parte dei principi generali del diritto dell’Unione, richiede che gli effetti delle norme giuridiche siano chiari, precisi e prevedibili, in particolare quando possono avere conseguenze negative per gli individui e le imprese, in modo che coloro che sono soggetti alla legge possano conoscere i loro diritti e obblighi senza ambiguità e agire di conseguenza [v., in tal senso, sentenze del 28 marzo 2017, Rosneft, C‑72/15, EU:C:2017:236, punto 161, e del 30 aprile 2019, Italia/Consiglio (Contingente di pesca del pesce spada del Mediterraneo), C‑611/17, EU:C:2019:332, punto 111, nonché giurisprudenza ivi citata]. Inoltre, secondo una giurisprudenza consolidata, mentre il principio della certezza del diritto si oppone all’applicazione retroattiva di una nuova regola di diritto, vale a dire a una situazione già acquisita prima della sua entrata in vigore, lo stesso principio esige che ogni situazione di fatto debba normalmente, salvo espressa indicazione contraria, essere valutata alla luce delle regole di diritto che le sono contemporanee (v., in tal senso, sentenze del 3 settembre 2015, A2A, C‑89/14, EU:C:2015:537, punto 37, e del 26 marzo 2020, Hungeod e a., C‑496/18 e C‑497/18, EU:C:2020:240, punto 94 e giurisprudenza ivi citata).

48 Inoltre, una nuova norma giuridica si applica immediatamente agli effetti futuri di una situazione creatasi quando era in vigore la legge precedente nonché alle situazioni giuridiche nuove (sentenze del 15 gennaio 2019, E.B., C‑258/17, EU:C:2019:17, punto 50, e del 14 maggio 2020, Azienda Municipale Ambiente, C‑15/19, EU:C:2020:371, punto 57 e giurisprudenza ivi citata). La situazione può tuttavia essere diversa, fermo restando il principio di irretroattività degli atti giuridici, se la nuova norma è accompagnata da disposizioni particolari che determinano specificamente le sue condizioni di applicazione nel tempo (sentenze del 16 dicembre 2010, Stichting Natuur en Milieu e a., C‑266/09, EU:C:2010:779, punto 32, del 26 marzo 2015, Commissione/Moravia Gas Storage, C‑596/13 P, EU:C:2015:203, punto 32, e del 15 gennaio 2019, E.B., C‑258/17, EU:C:2019:17, punto 50).

49 Diverso può essere anche, in via eccezionale, il caso, come rilevato, in sostanza, dall’avvocato generale al paragrafo 63 delle sue conclusioni, qualora lo esiga uno scopo di interesse generale e purché il legittimo affidamento degli interessati sia debitamente rispettato (sentenze del 26 aprile 2005, «Goed Wonen», C‑376/02, EU:C:2005:251, punto 33, e del 19 marzo 2009, Mitsui & Co. Deutschland, C‑256/07, EU:C:2009:167, punto 32).

50 Nel caso di specie, dall’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2012/19 risulta che tale direttiva si applica alle apparecchiature di cui al suo allegato I, tra cui i pannelli fotovoltaici, a partire dal 13 agosto 2012, data che coincide peraltro con quella della sua entrata in vigore, ossia, conformemente all’articolo 26 di tale direttiva, il ventesimo giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea avvenuta il 24 luglio 2012. Per contro, ai sensi dell’articolo 24, paragrafo 1, della stessa direttiva, gli Stati membri dovevano conformarsi alle disposizioni di quest’ultima entro il 14 febbraio 2014.

51 Pertanto, la norma di diritto enunciata all’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 2012/19 si applica, ratione temporis, solo nella misura in cui le operazioni di raccolta, di trattamento, di recupero e di smaltimento ecocompatibile dei rifiuti originati da pannelli fotovoltaici ivi elencati sono realizzate a partire dal 13 agosto 2012. Infatti, nel caso in cui le operazioni siffatte siano state realizzate prima di tale data, i pannelli in questione non erano più esistenti in tale data, e alla data di entrata in vigore della direttiva 2012/19 i costi relativi a dette operazioni erano già stati sostenuti, cosicché il suo articolo 13, paragrafo 1, non può applicarsi alle suddette operazioni.

52 Alla luce della giurisprudenza citata ai punti 47 e 48 della presente sentenza, occorre quindi determinare se l’applicazione della norma giuridica, enunciata all’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 2012/19, secondo la quale i produttori sono tenuti a garantire il finanziamento dei costi relativi alla gestione dei rifiuti originati da pannelli fotovoltaici immessi sul mercato dopo il 13 agosto 2005, allorché tali pannelli sono divenuti o diventeranno rifiuti a partire dal 13 agosto 2012, sia tale da incidere su una situazione acquisita anteriormente all’entrata in vigore di tale direttiva, o se detta applicazione miri, invece, a regolare gli effetti futuri di una situazione sorta prima dell’entrata in vigore di tale direttiva.

53 A tal riguardo, occorre ricordare che, secondo la normativa dell’Unione esistente prima dell’adozione della direttiva 2012/19, l’obbligo di finanziamento dei costi relativi alla gestione dei rifiuti originati dai pannelli fotovoltaici era disciplinato dall’articolo 14 della direttiva 2008/98, che lasciava agli Stati membri la scelta di far sopportare i costi di tale gestione, dal detentore attuale o anteriore dei rifiuti oppure dal produttore o dal distributore dei pannelli fotovoltaici.

54 Di conseguenza, nell’ipotesi in cui, prima dell’adozione della direttiva 2012/19, uno Stato membro avesse scelto, come avvenuto nella Repubblica ceca, di far sopportare i costi relativi alla gestione dei rifiuti originati dai pannelli fotovoltaici dagli utenti di tali pannelli e non già dai produttori di questi ultimi, l’entrata in vigore dell’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 2012/19, accompagnata dall’obbligo di trasporre tale disposizione all’interno dell’ordinamento giuridico nazionale ha avuto, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 53 e 57 delle sue conclusioni, un’incidenza su situazioni già acquisite prima dell’entrata in vigore di tale direttiva.

55 Una modifica siffatta della ripartizione dei costi relativi alla gestione dei rifiuti originati dai pannelli fotovoltaici che esisteva in forza della normativa vigente alla data di immissione sul mercato di tali pannelli e della loro vendita a un prezzo determinato – data e operazione commerciale che il produttore si trova nell’impossibilità di modificare a posteriori – non può, infatti, essere considerata costitutiva dell’applicazione di una nuova regola agli effetti futuri di una situazione creatasi nella vigenza della regola precedente, in quanto gli effetti in questione sono già certi in tutti i loro aspetti e quindi acquisiti, a differenza di quelli in questione nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 14 maggio 2020, Azienda Municipale Ambiente (C‑15/19, EU:C:2020:371), che riguardava una modifica, in un momento in cui la discarica in questione era ancora in funzione, del periodo di manutenzione di tale discarica dopo la sua dismissione.

56 È ben vero che la validità di una disposizione del diritto dell’Unione non può dipendere dallo stato del diritto nazionale. Tuttavia, allorché il legislatore dell’Unione lascia dapprima agli Stati membri la scelta di determinare la ripartizione dei costi relativi alla gestione dei rifiuti originati da taluni prodotti e decide successivamente di istituire una regola in forza della quale tali costi devono, in tutti gli Stati membri, essere sostenuti dai produttori, anche rispetto ai prodotti che questi ultimi avevano già immesso sul mercato in un momento in cui era in vigore la suddetta normativa anteriore dell’Unione, si deve ritenere che tale norma si applichi retroattivamente, ai sensi della giurisprudenza citata al punto 47 della presente sentenza, e sia quindi tale da violare il principio della certezza del diritto.

57 In tali circostanze, occorre verificare se l’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 2012/19, in considerazione del fatto che esso si applica ai pannelli fotovoltaici immessi sul mercato tra il 13 agosto 2005 e la data di entrata in vigore della direttiva 2012/19, ossia il 13 agosto 2012, e che esso disciplina quindi situazioni già acquisite prima di quest’ultima data, rispetti le condizioni derivanti dalla giurisprudenza richiamata ai punti 48 e 49 della presente sentenza.

58 È vero che tale nuova regola è accompagnata da disposizioni particolari che fissano specificamente le sue condizioni di applicazione nel tempo, ai sensi di detta giurisprudenza, in quanto essa riguarda esplicitamente, e senza alcuna ambiguità, i rifiuti originati dai pannelli fotovoltaici immessi in commercio dopo il 13 agosto 2005. Tuttavia, una nuova norma giuridica che si applichi a situazioni già anteriormente acquisite non può essere considerata conforme al principio di irretroattività degli atti giuridici in quanto essa modifica, a posteriori e in modo imprevedibile, la ripartizione dei costi la cui sopravvenienza non può più essere evitata, giacché taluni operatori hanno potuto legittimamente basarsi, nell’ambito di operazioni commerciali, sulla ripartizione di tali costi prevista dalla normativa all’epoca vigente, e priva in tal modo detti operatori di qualsiasi effettiva possibilità di prendere provvedimenti a seguito dell’entrata in vigore di tale nuova norma.

59 Peraltro, nei limiti in cui, conformemente alla giurisprudenza citata al punto 49 della presente sentenza, l’applicazione retroattiva di una nuova norma può essere parimenti giustificata qualora lo esiga un fine di interesse generale e purché sia debitamente rispettato il legittimo affidamento degli interessati, occorre rilevare che, nel caso di specie, l’applicazione retroattiva dell’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 2012/19 sarebbe contraria all’obiettivo enunciato al considerando 12 di tale direttiva, inteso a incoraggiare i produttori a prendere pienamente in considerazione e a facilitare, all’atto della progettazione dei loro prodotti, la riparazione, l’eventuale adeguamento al progresso tecnico, il riutilizzo, lo smontaggio e il riciclaggio. Come fatto valere dal governo tedesco nelle sue risposte ai quesiti per risposta scritta della Corte, appare, infatti, difficile realizzare il conseguimento di un obiettivo siffatto giacché i produttori non erano in grado di prevedere, al momento della progettazione dei pannelli fotovoltaici, che essi sarebbero stati successivamente tenuti a garantire il finanziamento dei costi relativi alla gestione dei rifiuti originati da tali pannelli.

60 Quanto alla circostanza, rilevata dal Parlamento, dal Consiglio dell’Unione europea e dalla Commissione nelle loro risposte ai quesiti per risposta scritta della Corte, che, ai sensi dell’articolo 13 della direttiva 2002/96, i pannelli fotovoltaici avrebbero potuto essere eventualmente aggiunti all’allegato I B di tale direttiva, nell’ambito delle modifiche necessarie segnatamente al fine di adeguare al progresso scientifico e tecnico l’articolo 7, paragrafo 3, di tale direttiva, relativo al calcolo degli obiettivi di recupero dei RAEE che i produttori erano tenuti a raggiungere, essa non può infirmare il ragionamento esposto ai punti da 47 a 59 della presente sentenza. È vero che tale disposizione annunciava, sin dal 2002, che i produttori di pannelli fotovoltaici avrebbero potuto essere chiamati a sostenere i costi relativi alla gestione dei rifiuti originati dai pannelli immessi sul mercato a partire da una data futura che sarebbe stata, se del caso, prevista in una nuova direttiva. Tuttavia, essa non può dare fondamento alla conclusione che tali produttori dovevano attendersi che sarebbe stato imposto loro, per i pannelli fotovoltaici già immessi sul mercato tra il 13 agosto 2005 e il 13 agosto 2012, l’obbligo di finanziamento dei costi relativi alla gestione dei rifiuti originati dalle AEE, quale previsto all’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 2012/19.

61 In tali circostanze, l’applicazione retroattiva dell’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 2012/19 non rispetta il principio della certezza del diritto.

62 Ne consegue che occorre dichiarare l’invalidità di tale disposizione nella parte in cui impone ai produttori il finanziamento dei costi relativi alla gestione dei rifiuti originati da pannelli fotovoltaici immessi sul mercato tra il 13 agosto 2005 e il 13 agosto 2012.

63 Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, si deve risolvere la prima questione nel modo seguente:

– l’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 2012/19 è invalido nella parte in cui tale disposizione impone ai produttori il finanziamento dei costi relativi alla gestione dei rifiuti originati da pannelli fotovoltaici immessi sul mercato tra il 13 agosto 2005 e il 13 agosto 2012.

– l’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 2012/19 deve essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale che impone agli utenti di pannelli fotovoltaici, e non ai produttori di tali pannelli, il finanziamento dei costi relativi alla gestione dei rifiuti originati da detti pannelli immessi sul mercato a partire dal 13 agosto 2012, data di entrata in vigore di tale direttiva.

Seconda questione

64 Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se il diritto dell’Unione debba essere interpretato nel senso che la circostanza che la normativa di uno Stato membro, contraria a una direttiva dell’Unione, sia stata adottata prima dell’adozione di tale direttiva ha un’incidenza sulla valutazione dei presupposti per la responsabilità di tale Stato membro per il danno causato a un privato risultante dalla violazione del diritto dell’Unione.

65 In via preliminare, dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che tale questione è posta per l’ipotesi in cui l’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 2012/19 esiga che l’obbligo di finanziamento dei costi relativi alla gestione dei rifiuti originati da pannelli fotovoltaici gravi sui produttori per i pannelli immessi sul mercato entro il 1º gennaio 2013. Pertanto, poiché dalla risposta alla prima questione sollevata dal giudice del rinvio discende che tale obbligo deve essere introdotto per i pannelli fotovoltaici immessi in commercio a partire dall’entrata in vigore della direttiva 2012/19, vale a dire il 13 agosto 2012, si deve ritenere che, con la sua seconda questione, il giudice del rinvio cerchi, in sostanza, di sapere se la circostanza che la normativa ceca sui rifiuti, contraria al diritto dell’Unione, sia stata adottata prima di detta direttiva, abbia un’incidenza sulla valutazione della responsabilità della Repubblica ceca per il danno causato a un utilizzatore di pannelli fotovoltaici immessi sul mercato nel corso del periodo compreso tra il 13 agosto 2012 e il 1° gennaio 2013.

66 Orbene, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 94 delle sue conclusioni, dagli elementi del fascicolo presentato alla Corte emerge che sussistono dubbi quanto alla circostanza se la controversia principale riguardi effettivamente pannelli fotovoltaici immessi in commercio nel corso del periodo compreso tra il 13 agosto 2012 e il 1º gennaio 2013.

67 Occorre, tuttavia, ricordare che il diniego da parte della Corte di pronunciarsi su una questione pregiudiziale sollevata da un giudice nazionale è possibile solo qualora risulti manifestamente che l’interpretazione richiesta del diritto dell’Unione non presenti alcuna relazione con la realtà o con l’oggetto della causa principale, qualora il problema sia di natura ipotetica oppure qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per fornire una soluzione utile alle questioni sottoposte al suo esame [sentenza del 2 luglio 2020, Magistrat der Stadt Wien (Criceto comune), C‑477/19, EU:C:2020:517, punto 40 e giurisprudenza ivi citata].

68 Ciò premesso, poiché non si può escludere che la VYSOČINA WIND abbia effettivamente acquisito e utilizzato, nell’ambito della gestione della centrale ad energia solare messa in funzione nel 2009, pannelli fotovoltaici immessi in commercio nel corso del periodo compreso tra il 13 agosto 2012 e il 1º gennaio 2013, circostanza che spetterà al giudice del rinvio verificare, al fine di fornire una risposta utile a tale giudice, occorre rispondere alla seconda questione.

69 In tale contesto, occorre ricordare che la Corte ha ripetutamente dichiarato che, nel diritto dell’Unione, un diritto al risarcimento è riconosciuto qualora siano soddisfatte tre condizioni, vale a dire che la norma giuridica violata sia preordinata a conferire diritti ai singoli, che la violazione sia sufficientemente qualificata e, infine, che esista un nesso diretto tra la violazione dell’obbligo incombente allo Stato e il danno subito dai soggetti lesi (sentenze del 5 marzo 1996, Brasserie du pêcheur e Factortame, C‑46/93 e C‑48/93, EU:C:1996:79, punto 51, e dell’8 luglio 2021, Koleje Mazowieckie, C‑120/20, EU:C:2021:553, punto 61).

70 Da una costante giurisprudenza deriva, inoltre, che l’applicazione delle condizioni, ricordate al punto precedente, che consentono di riconoscere la responsabilità di uno Stato membro per danni causati ai singoli da violazioni del diritto dell’Unione ad esso imputabili deve, in linea di principio, avvenire ad opera dei giudici nazionali, conformemente agli orientamenti forniti dalla Corte per procedere a tale applicazione (sentenza del 29 luglio 2019, Hochtief Solutions Magyarországi Fióktelepe, C‑620/17, EU:C:2019:630, punto 40 e giurisprudenza ivi citata).

71 A tal proposito, per quanto attiene, in particolare, alla seconda delle suddette condizioni, occorre ricordare che per stabilire se esista una violazione sufficientemente qualificata del diritto dell’Unione, il giudice nazionale investito di una domanda di risarcimento danni deve tener conto di tutti gli elementi che caratterizzano la situazione ad esso sottoposta (sentenza del 29 luglio 2019, Hochtief Solutions Magyarországi Fióktelepe, C‑620/17, EU:C:2019:630, punto 42).

72 Nel caso di specie, dal fascicolo sottoposto alla Corte risulta che, più di un mese prima dell’adozione della direttiva 2012/19, ossia il 30 maggio 2012, il legislatore ceco ha inserito nella legge sui rifiuti l’articolo 37p che introduce la responsabilità degli utilizzatori per il finanziamento dei costi relativi alla gestione dei rifiuti originati dai pannelli fotovoltaici immessi sul mercato entro il 1° gennaio 2013. In tale contesto, il giudice del rinvio chiede, più in particolare, se il fatto che la Repubblica ceca abbia modificato la propria normativa sui rifiuti ancor prima dell’adozione della direttiva 2012/19 possa esserle imputato facendo sorgere la sua responsabilità a causa della contrarietà di tale normativa nazionale alla suddetta direttiva.

73 Al fine di rispondere a tale questione, occorre rilevare che la direttiva 2012/19 stessa fissa, al suo articolo 24, paragrafo 1, un termine, vale a dire il 14 febbraio 2014, al cui scadere devono essere entrate in vigore negli Stati membri le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarvisi.

74 A tal riguardo, sebbene la direttiva 2012/19 si applichi in quanto tale, ratione temporis, a partire dal 13 agosto 2012, si deve sottolineare che, conformemente ad una giurisprudenza costante della Corte, poiché il termine menzionato al punto precedente mira segnatamente a dare agli Stati membri il tempo necessario per adottare le misure di trasposizione di una direttiva, a tali Stati non può essere contestato il fatto di non aver trasposto quest’ultima nel loro ordinamento giuridico prima che tale termine sia scaduto. Ciò non toglie che durante il termine fissato per la trasposizione gli Stati membri debbano adottare i provvedimenti necessari ad assicurare che il risultato prescritto dalla direttiva sarà realizzato alla scadenza del termine stesso (sentenze del 18 dicembre 1997, Inter-Environnement Wallonie, C‑129/96, EU:C:1997:628, punti 43 e 44, e del 27 ottobre 2016, Milev, C‑439/16 PPU, EU:C:2016:818, punti 30 e 31).

75 Secondo una costante giurisprudenza, da ciò discende che, in pendenza del termine per il recepimento di una direttiva, gli Stati membri, destinatari di quest’ultima, devono astenersi dall’adottare disposizioni atte a compromettere gravemente il risultato prescritto dalla direttiva stessa (v., in tal senso, sentenze del 18 dicembre 1997, Inter-Environnement Wallonie, C‑129/96, EU:C:1997:628, punto 45, e del 13 novembre 2019, Lietuvos Respublikos Seimo narių grupė, C‑2/18, EU:C:2019:962, punto 55).

76 Nella presente causa, l’articolo 37p della legge sui rifiuti è stato adottato ancor prima che tale direttiva fosse adottata e pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, cosicché il termine di trasposizione non aveva ancora iniziato a decorrere, e ancor prima che detta direttiva fosse in grado di produrre effetti giuridici nei confronti degli Stati membri che ne sono destinatari.

77 Non si può, pertanto, contestare alla Repubblica ceca di aver agito in violazione della giurisprudenza ricordata al punto 75 della presente sentenza.

78 Ne consegue che l’inserimento nella legge sui rifiuti, più di un mese prima dell’adozione della direttiva 2012/19, dell’articolo 37p, che istituisce la responsabilità degli utenti per il finanziamento dei costi relativi alla gestione dei rifiuti originati da pannelli fotovoltaici immessi in commercio entro il 1º gennaio 2013, non è, in quanto tale, idoneo a costituire una violazione sufficientemente qualificata del diritto dell’Unione.

79 Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla seconda questione dichiarando che il diritto dell’Unione deve essere interpretato nel senso che la circostanza che uno Stato membro abbia adottato una normativa contraria a una direttiva dell’Unione prima dell’adozione di detta direttiva non costituisce, in quanto tale, una violazione del diritto dell’Unione, non potendo la realizzazione del risultato prescritto da detta direttiva essere considerata seriamente compromessa prima che quest’ultima faccia parte dell’ordinamento giuridico dell’Unione.

Sulle spese

80 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:

1) L’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 2012/19/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 luglio 2012, sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) è invalido nella parte in cui tale disposizione impone ai produttori il finanziamento dei costi relativi alla gestione dei rifiuti originati da pannelli fotovoltaici immessi sul mercato tra il 13 agosto 2005 e il 13 agosto 2012.

L’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 2012/19 deve essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale che impone agli utilizzatori di pannelli fotovoltaici, e non ai produttori di tali pannelli, il finanziamento dei costi relativi alla gestione dei rifiuti originati dai suddetti pannelli immessi sul mercato a partire dal 13 agosto 2012, data di entrata in vigore di tale direttiva.

2) Il diritto dell’Unione deve essere interpretato nel senso che la circostanza che uno Stato membro abbia adottato una normativa contraria a una direttiva dell’Unione prima dell’adozione di detta direttiva non costituisce, in quanto tale, una violazione del diritto dell’Unione, non potendo la realizzazione del risultato prescritto da detta direttiva essere considerata seriamente compromessa prima che quest’ultima faccia parte dell’ordinamento giuridico dell’Unione.

Firme

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