DIRITTO SANITARIO – Prestazioni sanitarie – Contestazione in punto di quantificazione dei costi – Valutazione della tipologia delle prestazioni – Regole di ermeneutica negoziale – Sussistenza di una contestazione – Accertamento – Contenuto e ampiezza dell’atto di parte – Funzione del giudice di merito – Sindacabilità in Cassazione – Limiti – Vizio di motivazione – DIRITTO PROCESSUALE CIVILE – Valutazione delle prove – Principio del libero convincimento – Apprezzamento di merito – Insindacabilità in sede di legittimità – Violazione delle regole da parte del giudice – Non configura un vizio di violazione o falsa applicazione di norme processuali – Configura un errore di fatto – Censurabile per difetto di motivazione – Artt. 115, 116, 360, cod. proc. civ. – Violazione dell’art. 2697 c.c. – Giudizio fondato sull’onere della prova in modo erroneo. (Segnalazione e massime a cura dell’avv. Paolo Cotza)
Provvedimento: ORDINANZA
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 6 Ottobre 2025
Numero: 26859
Data di udienza: 4 Luglio 2025
Presidente: SCARANO
Estensore: PORRECA
Premassima
DIRITTO SANITARIO – Prestazioni sanitarie – Contestazione in punto di quantificazione dei costi – Valutazione della tipologia delle prestazioni – Regole di ermeneutica negoziale – Sussistenza di una contestazione – Accertamento – Contenuto e ampiezza dell’atto di parte – Funzione del giudice di merito – Sindacabilità in Cassazione – Limiti – Vizio di motivazione – DIRITTO PROCESSUALE CIVILE – Valutazione delle prove – Principio del libero convincimento – Apprezzamento di merito – Insindacabilità in sede di legittimità – Violazione delle regole da parte del giudice – Non configura un vizio di violazione o falsa applicazione di norme processuali – Configura un errore di fatto – Censurabile per difetto di motivazione – Artt. 115, 116, 360, cod. proc. civ. – Violazione dell’art. 2697 c.c. – Giudizio fondato sull’onere della prova in modo erroneo. (Segnalazione e massime a cura dell’avv. Paolo Cotza)
Massima
CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sez. 3^, 6 ottobre 2025 (ud. 04/07/2025), Ordinanza n. 26859
DIRITTO SANITARIO – Prestazioni sanitarie – Contestazione in punto di quantificazione dei costi – Valutazione della tipologia delle prestazioni – Regole di ermeneutica negoziale – Sussistenza di una contestazione – Accertamento – Contenuto e ampiezza dell’atto di parte – Funzione del giudice di merito – Sindacabilità in Cassazione – Limiti – Vizio di motivazione.
In caso di contestazione, non sull’esecuzione di prestazioni sanitarie, bensì in punto di quantificazione dei costi di quelle in relazione alla loro natura, tale tipologia si evince in base all’ermeneutica negoziale: per cui, occorre avere riguardo a un dato tipo di prestazione o a quella affine. L’accertamento della sussistenza di una contestazione ovvero d’una non contestazione, comunque da riferire alle allegazioni e non ai documenti, nonché alla parte e non al giudicante, rientrando nel quadro dell’interpretazione del contenuto e dell’ampiezza dell’atto della parte, è funzione del giudice di merito, sindacabile in cassazione solo per vizio di motivazione. Fattispecie: pagamento di corrispettivi per prestazioni riabilitative effettuate in favore di pazienti ricoverati in strutture locali.
DIRITTO PROCESSUALE CIVILE – Valutazione delle prove – Principio del libero convincimento – Opera sul piano dell’apprezzamento di merito – Insindacabilità in sede di legittimità – Violazione delle regole da parte del giudice – Non configura un vizio di violazione o falsa applicazione di norme processuali – Configura un errore di fatto – Censurabile per difetto di motivazione – Artt. 115, 116, 360, cod. proc. civ..
In tema di valutazione delle prove, il principio del libero convincimento, posto a fondamento degli invocati artt. 115 e 116, cod. proc. civ., opera sul piano dell’apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità, sicché, in questa chiave, la denuncia della violazione delle predette regole da parte del giudice del merito non configura un vizio di violazione o falsa applicazione di norme processuali, bensì un errore di fatto, censurabile attraverso il paradigma normativo del difetto di motivazione, e dunque nel quadro dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. pro. civ., che non si traduce, però, nella valorizzazione di un documento piuttosto che di un altro nel senso voluto dalla parte nella chiave di una differente ricostruzione fattuale. La violazione dell’art. 116, cod. proc. civ., è idonea per altro verso a integrare il vizio di cui all’art. 360, n. 4, cod. proc. civ., quando il giudice di merito disattenda il sopra ricordato principio (della libera valutazione delle prove, salva diversa previsione legale) in assenza di una deroga normativamente prevista, ovvero, all’opposto, valuti secondo prudente apprezzamento una prova o risultanza probatoria soggetta a un diverso regime; mentre la violazione dell’art. 115, cod. proc. civ., può essere dedotta come analogo vizio denunciando che il giudice ha dichiarato espressamente di non dover osservare la regola contenuta nella norma, ovvero ha giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti, in ipotesi disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, e dunque, logicamente, non anche che il medesimo nel valutare le prove proposte dalle parti, ha finito per attribuire un significato logico e fattuale, tra quelli plausibilmente possibili, diverso da quello atteso dalla litigante, o maggior forza di convincimento ad alcuni elementi di prova piuttosto che ad altri.
DIRITTO PROCESSUALE CIVILE – Violazione dell’art. 2697 c.c. – Configurabilità – Giudizio fondato sull’onere della prova in modo erroneo.
La violazione dell’art. 2697, cod. civ., poi, si configura solamente se il giudice di merito applica la regola di giudizio fondata sull’onere della prova in modo erroneo, attribuendo l’onere in parola a una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione della fattispecie basate sulla differenza fra fatti costituivi ed eccezioni.
(Rigetta il ricorso principale promosso avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO dell’AQUILA, n. 1196/2022) Pres. SCARANO, Rel. PORRECA
Allegato
Titolo Completo
CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sez. 3^, 06/10/2025 (ud. 04/07/2025), Ordinanza n. 26859SENTENZA
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati
omissis
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6432/2023 R.G. proposto da
FONDAZIONE PADRE ALBERTO MILENO ONLUS ETS, rappresentata e difesa dall’avvocato DE SIMONE SALVATORE (Omissis), domiciliazione telematica legale
-ricorrente-
CONTRO
A.S.L. – AVEZZANO – SULMONA – L’AQUILA, rappresentata e difesa dall’avvocato SANTUCCI VINCENZO (OMISSIS), domiciliazione telematica legale
-controricorrente e ricorrente incidentale-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO L’AQUILA n. 1196/2022 depositata il giorno 07/09/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 04/07/2025 dal Consigliere PAOLO PORRECA.
RITENUTO IN FATTO
– la FONDAZIONE PADRE ALBERTO MILENO Onlus ETS otteneva un decreto ingiuntivo nei confronti dell’ASL n. 1 di Avezzano Sulmona e L’Aquila per il pagamento di corrispettivi per prestazioni riabilitative effettuate in favore di pazienti ricoverati in strutture locali;
– l’ASL opponeva il decreto controdeducendo, per quanto qui ancora di utilità, la mancata dimostrazione dell’effettuazione delle prestazioni di cui si chiedeva il pagamento, con contestazione del quantum preteso;
– il Tribunale accoglieva in parte l’opposizione, condannando l’ASL al pagamento del residuo;
la Corte di appello riformava parzialmente la decisione di prime cure, osservando, in particolare, che:
– non vi era contestazione sull’effettivo espletamento, da parte della struttura sanitaria privata, di prestazioni rese all’interno dei centri di A e S nell’arco dell’anno 2015;
– a supporto della conclusione doveva porsi, nello specifico, il contratto sottoscritto in data 30 giugno 2015 e le fatture inviate alla ASL;
– residuava contrasto, sostanzialmente, sul quantum debeatur;
– nella prodotta nota del Commissario ad Acta della Regione Abruzzo del 18 giugno 2015 era indicato che, ai fini della determinazione del compenso, prescindendo dalla tipologia di attività bisognava tener conto unicamente della natura della struttura al cui interno il paziente si era trovato e, quindi, il solo fatto che si trattava di un centro di riabilitazione giustificava l’adozione della tariffa prevista per quella tipologia di attività, anche se non in concreto svolta;
– all’art. 14 del contratto, non modificato, risultava invece specificato che, nell’ipotesi di pazienti soggetti a un setting diverso rispetto a quello riabilitativo, doveva trovare applicazione la tariffa propria di quel tipo di prestazione o, comunque, ad essa affine;
– il riconoscimento della tariffa delle prestazioni riabilitative secondo quanto previsto dall’art. 26 della legge n. 833 del 1978, attenendosi agli accordi negoziali, specie ex art. 6, era subordinato all’esito positivo di un duplice controllo da un lato, sul punto, vi era l’attività dell’UVM, Unità di Valutazione Multidimensionale, organo tecnico preposto alla qualificazione della prestazione effettivamente dovuta per ciascun singolo paziente; dall’altro, il riscontro positivo del Nucleo Operativo di Controllo, NOC;
– da questi atti emergeva, per converso, che solo una parte delle prestazioni in concreto erogate era soggetto alla richiesta tariffa ex art. 26 menzionato;
– in specie, quanto all’allegato alle verifiche ispettive del NOC e in particolare alla dicitura “effettuato” riportato per le diverse prestazioni rilevate, doveva, “in logica ancor prima che in diritto, essere preferita l’opzione ermeneutica secondo cui tale locuzione (andava) riferita unicamente all’avvenuto espletamento di una prestazione in favore dei vari pazienti ricoverati all’interno delle strutture di A e di S”, e, “in assenza di elementi in grado di consentire un diverso inquadramento dei fatti, (non era) possibile giungere alla conclusione di ritenere che tutte le prestazioni fossero riconducibili alla previsione
di cui all’art. 26 L. 833/78. Semmai…sarebbe stato possibile affermare ciò soltanto nel caso in cui la Fondazione avesse provveduto al deposito…delle cartelle cliniche dei singoli pazienti o comunque di altra documentazione al fine di poter superare le conclusioni del nucleo ispettivo”;
– di qui la riduzione quantitativa della condanna statuita, con interessi ex D.Lgs. n. 231 del 2002;
– avverso questa decisione ricorre la FONDAZIONE PADRE ALBERTO MILENO Onlus ETS articolando tre motivi;
– resiste l’ASL n. 1 Avezzano Sulmona L’Aquila, articolando al contempo un motivo di ricorso incidentale;
– le parti hanno depositato atti come tali neppure qualificabili come memoria, in difetto dei requisiti di legge.
con il primo motivo del ricorso principale si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 115, 360, n. 5, cod. proc. civ., 2697, cod. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare che l’Azienda sanitaria aveva concluso in appello deducendo la mancata prova delle prestazioni, invece riconosciute in sentenza, rimanendo la sola contestazione sulla tariffazione definita con la delibera giuntale n. 129 del 2017, senza che il Collegio decidente avesse contestato l’ampia prova documentale prodotta in sede di memorie integrative in primo grado, con conseguente violazione del principio di non contestazione di fatti e documenti e di quello concernente il riparto degli oneri della prova;
con il secondo motivo di tale ricorso si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 115, 360, n. 5, cod. proc. civ., 2697, cod. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato mancando di esaminare la documentazione costituita dal contratto del 2015, dalla nota commissariale del 18 giugno 2015, e dalla delibera giuntale n. 129 del 2017, non tenendo in nessun conto la motivazione della pronuncia di primo grado, in parte non censurata, e valorizzando ai fini della quantificazione un atto, ossia la comparsa conclusionale avversaria depositata davanti al Tribunale, che tale valenza non poteva avere essendo solo illustrativo, senza considerare, inoltre e infine, che non dovevano essere scomputate né la quota sociale a carico dei Comuni coinvolti, né l’importo delle fatture del 2016 riferite a prestazioni del dicembre 2015;
con il terzo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 115, 116, 190, 345, 360, n. 5, cod. proc. civ., 2697, cod. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato per extrapetizione pronunciandosi su un calcolo per sottrazione non proposto in sede di appello, fondato su documento con natura meramente illustrativa, in contrasto con le risultanze documentali, in specie con i controlli dell’UVM, quelli del NOC, la delibera di Giunta n. 129 del 2015, le decurtazioni già effettuate come da nota a firma dell’avvocato della deducente, le fatturazioni datate 2016 ma riferite a prestazioni del dicembre 2015;
con il motivo di ricorso incidentale, formulato nell’ambito dei contromotivi del controricorso, si prospetta l’errore della Corte di appello nell’affermazione della mancata contestazione sull’espletamento delle prestazioni invece contestate, e rimaste non provate con conseguente necessità di rigetto della complessiva domanda.
CONSIDERATO IN DIRITTO
i motivi di ricorso principale, da esaminare congiuntamente per connessione, sono in parte inammissibili, in parte infondati;
la Corte di appello
– non è incorsa in extrapetizione laddove, al contrario, ha semplicemente accertato, in fatto, la misura della fondatezza, parziale, della domanda svolta;
– non ha violato, quindi, il vincolo dato dal perimetro assertivo formulato dalle reciproche domande ed eccezioni svolte dalle parti, quando ha utilizzato esplicativamente la comparsa conclusionale di prime cure dell’ASL non per modificare le conclusioni delle contrapposte difese e in particolare dell’Azienda, ma a fini di chiarimento del computo discendente dalle premesse svolte;
queste ultime sono state ricostruite nel senso che:
I) l’esecuzione di prestazioni era come tale incontestata, residuando contrasto in punto di quantificazione dei costi di quelle in relazione alla loro natura con ciò intendendosi che la contestazione concerneva la tipologia di prestazioni rispetto alla relativa tariffazione, da evincere in base all’ermeneutica negoziale;
II) in base al contratto, dunque, artt. 6 e 14, nell’ipotesi di pazienti soggetti a un setting sanitario diverso rispetto a quello riabilitativo, doveva trovare applicazione la tariffa propria di quel tipo di prestazione o, comunque, ad essa affine;
III) il riconoscimento della tariffa propria per le prestazioni riabilitative, secondo quanto previsto dall’art. 26 della legge n. 833 del 1978, era stato subordinato, come pure anticipato, a un duplice controllo quello dell’UVM, Unità di Valutazione Multidimensionale, organo tecnico preposto alla qualificazione della prestazione effettivamente dovuta per ciascun singolo paziente; quello del Nucleo Operativo di Controllo, NOC, sui dati risultanti;
IV) questi atti indicavano che solo una parte delle prestazioni effettivamente erogate era soggetto alla tariffa ex art. 26, menzionato, oggetto di domanda;
V) quanto all’allegato alle verifiche ispettive del NOC e in particolare alla dicitura “effettuato” riportato per le diverse
prestazioni eseguite, doveva essere preferita l’opzione ermeneutica secondo cui tale locuzione andava riferita unicamente all’avvenuto espletamento di una prestazione in favore dei vari pazienti ricoverati all’interno delle strutture, e, in mancanza di contrarie risultanze, doveva escludersi che tutte le prestazioni fossero riconducibili alla previsione di cui all’art. 26 legge 833 del 1978, non essendo state prodotte le cartelle cliniche dei singoli pazienti o altra documentazione equipollente;
come si vede si è trattato di un motivato accertamento fattuale, la cui revisione è estranea alla presente sede di legittimità;
occorre sottolineare che l’accertamento della sussistenza di una contestazione ovvero d’una non contestazione, comunque da riferire alle allegazioni e non ai documenti (Cass., 22/09/2017, n. 22055, Cass., 03/04/2025, n. 8900) nonché alla parte e non al giudicante come fatto in ricorso (pag. 18), rientrando nel quadro dell’interpretazione del contenuto e dell’ampiezza dell’atto della parte, è funzione del giudice di merito, sindacabile in cassazione solo per vizio di motivazione (Cass., 06/12/2021, n. 38681, specie pag. 4);
inoltre, giusta principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità in tema di valutazione delle prove (cfr. Cass., 10/09/2019, n. 22525, Cass., 07/11/2019, n. 28619, Cass., 18/02/2021, n. 4304, Cass., 22/09/2023, n. 27100) il principio del libero convincimento, posto a fondamento degli invocati artt. 115 e 116, cod. proc. civ., opera sul piano dell’apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità, sicché, in questa chiave, la denuncia della violazione delle predette regole da parte del giudice del merito non configura un vizio di violazione o falsa applicazione di norme processuali, bensì un errore di fatto, censurabile attraverso il paradigma normativo del difetto di motivazione, e dunque nel quadro dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. (Cass., 12/10/2017, n. 23940), che non si traduce, però, nella valorizzazione di un documento piuttosto che di un altro nel senso voluto dalla parte nella chiave di una differente ricostruzione fattuale;
ciò posto, la violazione dell’art. 116, cod. proc. civ., è idonea per altro verso a integrare il vizio di cui all’art. 360, n. 4, cod. proc. civ., quando il giudice di merito disattenda il sopra ricordato principio (della libera valutazione delle prove, salva diversa previsione legale) in assenza di una deroga normativamente prevista, ovvero, all’opposto, valuti secondo prudente apprezzamento una prova o risultanza probatoria soggetta a un diverso regime; mentre la violazione dell’art. 115, cod. proc. civ., può essere dedotta come analogo vizio denunciando che il giudice ha dichiarato espressamente di non dover osservare la regola contenuta nella norma, ovvero ha giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti, in ipotesi disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, e dunque, logicamente, non anche che il medesimo, come nella fattispecie, nel valutare le prove proposte dalle parti, ha finito per attribuire un significato logico e fattuale, tra quelli plausibilmente possibili, diverso da quello atteso dalla litigante, o maggior forza di convincimento ad alcuni elementi di prova piuttosto che ad altri (Cass., 10/06/2016, n. 11892, Cass., Sez. U., 05/08/2016, n. 16598, pag. 33);
la violazione dell’art. 2697, cod. civ., poi, si configura solamente se il giudice di merito applica la regola di giudizio fondata sull’onere della prova in modo erroneo, attribuendo l’onere in parola a una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione della fattispecie basate sulla differenza fra fatti costituivi ed eccezioni (Cass., Sez. U., 05/08/2016, n. 16598, pag. 35);
la Corte distrettuale ha invece esaminato il contratto, sottolineando che non risultavano modifiche dello stesso, la nota del Commissario, i documenti UVM e NOC, e ne ha tratto la plausibile conclusione per cui nel caso di differente setting medico non potesse applicarsi la tariffazione ex art. 26 citato, in base agli accordi negoziali ritenuti come tali decisivi e la cui ermeneutica, al contempo, non è stata specificatamente censurata;
a fronte di tutto ciò, parte ricorrente principale chiede una rilettura di queste risultanze istruttorie attribuendo in definitiva apoditticamente un differente peso incidente della delibera di Giunta del 2017 neppure meglio illustrata nel dettaglio, e senza comunque specificare se, in base ai criteri fattuali fatti propri dal giudice di seconde cure, l’utilizzo ricostruttivo sopra chiarito delle esplicazioni rinvenibili nella comparsa conclusionale dell’ASL in primo grado fosse stato, in ipotesi, erroneo;
il motivo di ricorso incidentale è inammissibile;
la parte, aspecificamente nello stesso contesto dei c.d. contromotivi, si limita apoditticamente a criticare l’affermazione concernente l’esclusione di una contestazione avente ad oggetto lo svolgimento di prestazioni, senza misurarsi compiutamente con la ragione decisoria sopra esposta, poggiata sulla distinzione relativa alla tipologia di prestazioni in concreto svolte;
stante la soccombenza reciproca, va disposta la compensazione tra le ricorrenti, principale e incidentale, delle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale, dichiara inammissibile l’incidentale. Compensa tra le ricorrenti, principale e incidentale, le spese del giudizio di cassazione.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, al competente ufficio di merito, sia da parte ricorrente principale che da parte ricorrente incidentale, se dovuto e nella misura dovuta, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma il 4 luglio 2025.