PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Pubblico ufficiale – Poteri certificatori di fatti avvenuti in sua presenza – Efficacia dell’atto pubblico – Art 2700 c.c. – Orientamenti giurisprudenziali – Fatti assistiti da fede privilegiata – Limiti – DIRITTO PROCESSUALE CIVILE – Violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e il pronunciato ex art. 112 c.p.c. – Ricorso per cassazione – Valutazione delle prove – C.d. prudente apprezzamento del giudice – Violazione dell’art. 116 c.p.c. e art. 360, c.1°, n. 5, c.p.c.
Provvedimento: ORDINANZA
Sezione: 1^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 1 Maggio 2025
Numero: 11497
Data di udienza: 18 Marzo 2025
Presidente: TRICOMI
Estensore: CAPRIOLI
Premassima
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Pubblico ufficiale – Poteri certificatori di fatti avvenuti in sua presenza – Efficacia dell’atto pubblico – Art 2700 c.c. – Orientamenti giurisprudenziali – Fatti assistiti da fede privilegiata – Limiti – DIRITTO PROCESSUALE CIVILE – Violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e il pronunciato ex art. 112 c.p.c. – Ricorso per cassazione – Valutazione delle prove – C.d. prudente apprezzamento del giudice – Violazione dell’art. 116 c.p.c. e art. 360, c.1°, n. 5, c.p.c.
Massima
CORTE DI CASSAZIONE CIVILE Sez. 1^ 1° maggio 2025 (ud. 18/03/2025), Ordinanza n.11497
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Pubblico ufficiale – Poteri certificatori di fatti avvenuti in sua presenza – Efficacia dell’atto pubblico – Art 2700 c.c. – Orientamenti giurisprudenziali – Fatti assistiti da fede privilegiata – Limiti.
I poteri certificatori del pubblico ufficiale sono limitati ai fatti avvenuti in sua presenza. Escludendo, invece, che le premesse esterne al momento certificativo possano costituire fatti assistiti da fede privilegiata.
DIRITTO PROCESSUALE CIVILE – Violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e il pronunciato ex art. 112 c.p.c.
Integra una violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e il pronunciato ex art. 112 c.p.c., si ha quando vi sia omissione di qualsiasi decisione su di un capo di domanda, intendendosi per capo di domanda ogni richiesta delle parti diretta ad ottenere l’attuazione in concreto di una volontà di legge che garantisca un bene all’attore o al convenuto e, in genere, ogni istanza che abbia un contenuto concreto formulato in conclusione specifica, sulla quale deve essere emessa pronuncia di accoglimento o di rigetto.
DIRITTO PROCESSUALE CIVILE – Ricorso per cassazione – Valutazione delle prove – C.d. prudente apprezzamento del giudice – Violazione dell’art. 116 c.p.c. e art. 360, c.1°, n. 5, c.p.c.
In tema di ricorso per cassazione, infatti la doglianza circa la violazione dell’art. 116 c.p.c. è ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa – secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione.
(rigetta il ricorso avverso sentenza n. 36/2024 – CORTE D’APPELLO SEZ.DIST. DI BOLZANO) – Pres. TRICOMI, Est. CAPRIOLI, Ric. Amato c. Ruzzu e altra
Allegato
Titolo Completo
CORTE DI CASSAZIONE CIVILE Sez. 1^ 1 maggio 2025 (ud. 18/03/2025), Ordinanza n.11497SENTENZA
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
omissis
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14979/2024 R.G. proposto da:
AMATO G., elettivamente domiciliato in VERONA VIA SALVO D’ACCQUISTO 1, presso lo studio dell’avvocato AMADEI DAVIDE (MDADVD79L18L949P) che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
CONTRO
RUZZU G., VACCARI S., elettivamente domiciliati in BOLZANO PIAZZA DELLA VITTORIA 3, presso lo studio dell’avvocato LUCIANI MICHELA (LCNMHL79S58A952D) che li rappresenta e difende
-controricorrenti-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO SEZ.DIST. DI BOLZANO n. 36/2024 depositata il 13/04/2024.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/03/2025 dal Consigliere MAURA CAPRIOLI.
FATTI DI CAUSA
Ritenuto che:
Con atto di citazione dd. 27.03.2019 Amato promuoveva querela di falso del verbale n. 449/2014, dd. 05.11.2014, a cura del vigile urbano Fr. Pizzoli, esponendo:
– che la Corte di cassazione con pronuncia dd. 11.03.2014, n. 19797 aveva disatteso il ricorso dei coniugi Ruzzu e Vaccari avverso la sentenza della Corte d’Appello di Trento – Sez. dist. di Bolzano n. 123/2008, con cui era stata accertata l’illegittimità dell’occupazione da parte di quest’ultimi di una parte del sottotetto condominiale e, conseguentemente, li aveva condannati alla demolizione di due muretti edificati nella soffitta condominiale, nonchè alla ricostruzione del solaio In data 04.11.2014 Ruzzu-Vaccari avevano depositato presso gli uffici del Comune di Bolzano una comunicazione di inizio lavori relativa all’esecuzione della predetta sentenza; nella stessa giornata l’impresa edile incaricata si sarebbe limitata alla demolizione dei muretti, senza provvedere alla ricostruzione del solaio;
– che il giorno 05.11.2014 Amato si era presentato presso gli uffici comunali “al fine di accertare se i coniugi Ruzzu-Vaccari avevano provveduto a depositare la DIA ed il PROGETTO per la ricostruzione in cemento armato del solaio” e che avendo accertato la mancanza di deposito di alcun documento da parte degli appellati Ruzzu- Vaccari, il signor Amato G. aveva presentato contestualmente denuncia-querela nei confronti dei coniugi Ruzzu-Vaccari.
Mentre Amato era presso il Comando di Polizia Municipale, il vigile urbano Fr. Pizzoli, stava svolgendo un sopralluogo per verificare lo stato dei luoghi e le opere realizzate dai convenuti, al cui esito veniva redatto il verbale n. 449/2014 dd. 05.11.2014 da parte del pubblico ufficiale medesimo; nel suddetto verbale veniva contestato ai coniugi Ruzzu-Vaccari il mancato deposito della DIA e del Durc, e, i lavori su ordine del direttore dell’Ufficio territoriale venivano sospesi; successivamente l’arch. Fr. Barducci con nota prot. 77850 d.d. 13.11.2014 aveva comunicato al signor Amato il difetto di competenza in capo all’amministrazione comunale al fine di intervenire in questioni privatistiche riguardanti i rapporti tra condomini, spettando all’amministrazione comunale la sola valutazione ex post circa la corretta esecuzione dei lavori in ottemperanza al disposto contenuto in sentenza; – che in data 13.11.2014 gli odierni appellanti avevano notificato ai coniugi Ruzzu-Vaccari l’atto di precetto avente ad oggetto l’esecuzione della sentenza della Corte d’Appello di Trento – Sez. dist. di Bolzano n. 123/2008, ormai passata in giudicato.
Avverso tale atto i coniugi Ruzzu-Vaccari avevano promosso opposizione deducendo che a causa della denuncia depositata dal sig. Amato il 05.11.2014, il vigile urbano Pizzoli aveva disposto la sospensione dei lavori, nonostante l’arch. Fr. Barducci avesse con nota prot. 80780 dd. 26.11.2014 comunicato al signor Amato che “questa amministrazione non ha emesso alcuna ordinanza di sospensione lavori”; circostanza questa confermata anche dall’amministrazione comunale con nota a firma dell’arch. St. Rebecchi dd. 10.10.2016.
Con sentenza n. 1112/2016 dd. 14.09.2016 il Tribunale di Bolzano, in accoglimento dell’opposizione a precetto promossa dai coniugi Ruzzu-Vaccari aveva accertato che questi “si sono attivati in tutti i sensi per dare attuazione a quanto statuito, però sono stati impediti in tale loro proposito per questioni attinenti a questioni di carattere amministrativo e alle modalità di esecuzione nonostante si fossero già accordati, in proposito, con controparte”.
Nel corso del procedimento di impugnazione avverso tale pronuncia, la Corte d’Appello di Trento – Sez. dist. di Bolzano, aveva respinto la proposizione incidentale di querela di falso contro il richiamato verbale del vigile urbano Fr. Pizzoli, n. 449/2014 dd. 05.11.2014, ritenuta non rilevante ai fini della decisione; – che era quindi interesse degli odierni appellanti proporre in via principale querela di falso relativamente al verbale redatto dal Vigile Urbano Fr. Pizzoli, nella parte in cui veniva affermato che l’arch. Fr. Barducci avrebbe disposto la sospensione dei lavori, in considerazione che la stessa amministrazione comunale in tre note ufficiali aveva escluso di aver disposto il sopralluogo compiuto dal vigile urbano Pizzoli e di aver adottato un’ordinanza di sospensione dei lavori.
Amato proponeva in via principale querela di falso relativamente al verbale redatto dal Vigile Urbano Fr. Pizzoli, nella parte in cui veniva affermato che l’arch. Fr. Barducci avrebbe disposto la sospensione dei lavori, in considerazione che la stessa amministrazione comunale in tre note ufficiali aveva escluso di aver disposto il sopralluogo compiuto dal vigile urbano Pizzoli e di aver adottato un’ordinanza di sospensione dei lavori.
Si costituivano Ruzzu Giandomenico e Vaccari Stefania, chiedendo il rigetto della proposizione della querela di falso.
Il Tribunale di Bolzano dichiarava l’inammissibilità della querela di falso proposta avverso il verbale n. 449/2014 dd. 5.11.2014 redatto dal V.U. Fr. Pizzoli, nonché, assorbite le domande consequenziali, e condannava l’attore Amato Girolamo alle spese di lite con ulteriore condanna ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c. dell’importo di € 3.369,00.
Avverso tale sentenza Amato Girolamo proponeva appello definito dalla la Corte di appello di Trento sez distaccata di Bolzano con pronuncia nr 36/2024 di rigetto.
Rilevava che la querela di falso verteva “intorno a circostanze che non ricadono nel perimetro dei fatti su cui il verbale in oggetto esplica effetti fidefacienti, trattandosi di mere premesse rispetto ad atti poi compiuti dal vigile urbano”, sicchè l’assunzione delle prove testimoniali offerte dall’appellante era stata conseguentemente disattesa dal Giudice del pregresso grado in quanto tutte dirette a comprovare che nessun ordine di sospensione dei lavori nel Condominio Zara 8 fosse stato impartito al V.U. il giorno 5.11.2014.
Riteneva poi che l’ulteriore profilo di doglianza che l’appellante sollevava, richiamando i verbali del dibattimento penale (RGNR 1548/2018) depositati solo in questo giudizio e nello specifico la testimonianza resa dalla sig.ra Vaccari, non erano utili a provare alcuna circostanza coperta da fidefacenza dell’atto pubblico di verbale, poiché, semmai, confermavano che in data 5.11.2014 il V.U. Pizzoli si sia recato presso il predetto condominio, impartendo l’ordine di sospensione dei lavori.
Alle stesse conclusioni il giudice di merito perveniva per i capitoli di prova relativi alla provenienza dell’ordine di sospensione dei lavori da parte del Diretto dell’Ufficio Gestione del Territorio del Comune di Bolzano arch. Fr. Barducci, per l’assunzione dei quali comunque l’appellante insisteva anche nelle conclusioni formulate all’udienza del 10.01.2024 (ribadite nella memoria conclusionale di replica dd. 16.02.2024), nonostante le stesse avessero dimostrato l’infondatezza della querela di falso proposta. Proprio in considerazione della limitazione della efficacia fidefacente dei verbali della Polizia Municipale nei confini dell’esercizio dei poteri certificativi e di vigilanza urbanistico edilizia, la circostanza connessa alla modalità o prassi di intervento su delega generale ai V.U. da parte del Direttore dell’Ufficio apparteneva alla sfera valutativa ed esterna all’attività di certificazione legale e, pertanto, sulla stessa comunque risultava inammissibile la proposizione di querela di falso.
Escludeva che nel caso di specie nel verbale in questione fossero stati documentati fatti assistiti da fede privilegiata essendosi il vigile limitato ad esercitare i poteri di vigilanza sull’attività edilizia a seguito di denuncia dell’appellante. Riteneva corretta la condanna disposta dal Tribunale di Bolzano ai sensi dell’art. 96 c.p.c., risultando la condotta processuale di primo grado manifestamente diretta a creare attività giurisdizionali dilatorie con aggravio inutile del sistema giudiziario e che altrettanto e ancor più merita sanzione ai sensi della medesima disposizione l’atto di gravame e la difesa processuale tenuta nel presente grado di giudizio, laddove lo stesso appellante arriva a riconoscere l’infondatezza della propria domanda, senza però determinarsi alla relativa rinuncia, ma insistendo ulteriormente nell’accoglimento delle originarie conclusioni.”.
Avverso tale decisione Amato ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi illustrati con memoria, cui ha resistito con controricorso e memoria Ruzzo. Il Procuratore generale ha concluso per l’accoglimento del quarto motivo e per il rigetto dei restanti.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Considerato che:
Con un primo motivo si denuncia la violazione falsa applicazione dell’ art. 112 cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360, 1° comma, n. 4, cod. proc. civ. nonché violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. per avere la Corte d’Appello omesso qualsivoglia pronuncia, anche implicita, in ordine alla conclusione rassegnata in via principale dal signor Amato in sede di precisazione delle conclusioni di data 10.01.2024, limitandosi a decidere solo in ordine alla conclusione rassegnata in via subordinata.
Si sostiene che in sede di precisazione delle conclusioni l’appellante chiedeva infatti “in via principale la compensazione comunque delle spese di lite di entrambi i gradi di giudizio con l’annullamento della condanna ex art. 96 cpc e in via subordinata precisa così come da verbale d’udienza del 14.06.2023”, evidenziando al Collegio come sia lui, che la Procura, che il Tribunale, che la Corte d’Appello, erano stati tutti tratti in inganno sulla reale natura del verbale n. 449/2014 depositato dai signori Ruzzu -Vaccari a fondamento dell’opposizione a precetto di fare nel procedimento n. 6196/2014 R.G.
Con un secondo motivo si censura la decisione sotto il profilo della violazione e falsa applicazione degli artt. 115 – 116 c.p.c. in relazione all’art. 360, I° comma, n. 5 c.p.c., nonché violazione dell’art. 113 cod. proc. civ. per avere la Corte tentato “di giustificare l’ingiustificabile scelta di non acquisire l’originale del verbale 449/2014 (nemmeno a seguito del deposito della sentenza n. 10/22 di cui al doc. 15), di non ammettere le prove orali richieste dal signor Amato, riconoscendo di non aver esaminato né la sentenza 10/22 (doc. 15), né il verbale stenotipico afferente all’istruttoria della signora Vaccari “.
Si critica altresì la sentenza laddove ha considerato tardiva la contestazione circa la genuinità del verbale 449/2014 giacchè la questione era stata sollevata dall’Amato in sede di precisazione delle conclusioni che costituiva il primo atto utile non appena appreso a seguito della deposizione testimoniale di Barducci dei dubbi espressi da quest’ultimo sulla genuinità del documento.
Con un terzo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 2699 e 2700 c.c. in relazione all’art. 360, I° comma, n. 3 c.p.c., nonché violazione dell’art. 113 cod. proc. civ. per avere la Corte di appello ritenuto che il vigile Pizzoli fosse intervenuto a seguito della denuncia sporta da Amato nonché per aver ritenuto che le dichiarazioni fidefacenti, nel caso di specie, “si limitano solo allo stato dei lavori e alla presenza della documentazione amministrativa prescritta per l’esecuzione degli stessi e all’aver impartito l’ordine di sospensione e non alle premesse esterne al momento certificativo.”, ed infine per avere mancato di dichiarare, anche d’ufficio, che il verbale 449/2014 non è atto pubblico, con tutte le conseguenze che una tale dichiarazione comportava. Con un quarto motivo si critica la decisione sotto il profilo della violazione e falsa applicazione dell’art. 96 c.p.c. in relazione all’art. 360, I° comma, n. 3 c.p.c. per avere la Corte di appello confermato la condanna per lite temeraria ritenendo che Amato, malgrado avesse riconosciuto l’infondatezza della domanda, avesse insistito nelle sue conclusioni senza considerare che il Tribunale di Bolzano – sezione penale – aveva finalmente accertato che il verbale 449/2014 non è atto pubblico.
Il primo motivo è infondato.
Giova ricordare che il vizio di omessa pronuncia su una domanda o eccezione di merito, che integra una violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e il pronunciato ex art. 112 c.p.c., si ha quando vi sia omissione di qualsiasi decisione su di un capo di domanda, intendendosi per capo di domanda ogni richiesta delle parti diretta ad ottenere l’attuazione in concreto di una volontà di legge che garantisca un bene all’attore o al convenuto e, in genere, ogni istanza che abbia un contenuto concreto formulato in conclusione specifica, sulla quale deve essere emessa pronuncia di accoglimento o di rigetto (Cass., 26 gennaio 2021, n. 1616; Cass., 27 novembre 2017, n. 28308).
Ciò posto, nel caso in esame, non sussiste il vizio di omessa pronuncia, poiché la Corte di merito risulta aver esaminato i tre motivi di gravame relativi alla mancata ammissione dei mezzi istruttori (primo motivo di gravame da pag. 27 a pag. 28 sentenza di appello) all’asserita errata applicazione dell’art. 2700 c.c. (secondo motivo di gravame cfr. da pag. 29 a 31) e all’ingiusta condanna per lite temeraria ex art. 96 cpc (terzo motivo di appello cfr. da pag. 32 a 33).
La Corte di appello ha ritenuto “irrilevanti al fine della decisione dell’appello le asserzioni dell’appellante contenute nelle seconde comparse conclusionali che escluderebbero la natura di atto pubblico del verbale n. 449/2014 dd. 5.11.2014” (cfr. pag. 31 sentenza) e come, per quanto concerne l’assunzione delle prove orali, “l’appellante insiste anche nelle conclusioni rassegnate all’udienza del 10.01.2024 (ribadite nella memoria conclusionale di replica d.d. 1602.2024)” .
La sentenza qui impugnata ha preso in esame le conclusioni sia quelle relativa alla prima udienza di precisazioni delle conclusioni del 14.6.2023 e quella relativa alla seconda udienza del 10.1.2024 resasi necessaria per il mancato intervento obbligatorio del procuratore generale, come emerge dalla stessa sentenza impugnata (pag 20 della sentenza impugnata) e la richiesta di annullamento della condanna per lite temeraria. Né la decisione qui impugnata è stata emessa in violazione dell’art 115 c.p.c. per la quale occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 c.p.c.( Cass 2020, n. 20867).
Neppure è configurabile la violazione dell’art. 116 c.p.c..
In tema di ricorso per cassazione, infatti la doglianza circa la violazione dell’art. 116 c.p.c. è ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa – secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione).
Il secondo motivo è inammissibile.
Va ricordato che l’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., riformulato dall’art. 54 del D.L. n. 83 del 2012, conv. in L. n. 134 del 2012, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia); pertanto, l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (v. ex multis, nn. 17005/24, 27415/18 e S .U. 27415/18 e S.U. 8053/14).
Posta tale premessa la censura di omesso esame di un fatto decisivo prospettata nel secondo motivo è, quindi, inammissibile, perché ciò che il ricorrente indica come omissione non è che la diversa lettura della vicenda compiuta dal giudice di merito, il quale ha preso in considerazione sia la sentenza del Tribunale penale di Bolzano nr 10/2022 che la deposizione della teste Vaccari precisando che” i verbali del dibattimento penale…e nello specifico la testimonianza resa dalla sig.ra Vaccari non solo utili a provare alcuna circostanza coperta da fideifacenza..semmai confermano che in data 5.11.2024 il V.U Pizzoli si sia recato presso il predetto condominio impartendo l’ordine di sospensione lavori”. E’ pertanto chiaro che le considerazioni sviluppate nel motivo eccedono ad evidenza la funzione cui è deputato il giudizio di legittimità.
Il terzo motivo è inammissibile.
La Corte di appello, alla luce del disposto dell’art 2700 c.c. e degli orientamenti giurisprudenziali formatisi in materia, ha ricondotto i poteri certificatori del pubblico ufficiale limitati ai fatti avvenuti in sua presenza e quindi 1) l’essersi il V.U. Pizzoli recato presso l’abitazione dei coniugi Ruzzu rilevando “la demolizione di due muretti divisori”, come da documentazione fotografica dallo stesso allegata al verbale e; 2) l’aver accertato la presenza, o meno, della documentazione amministrativa necessaria per l’esecuzione dei lavori; 3) l’aver lo stesso comunicato la sospensione dei lavori a più soggetti, sia telefonicamente che ai presenti. Ha invece escluso che le premesse esterne al momento certificativo (le cause per cui il V.U. Pizzoli si è recato in loco, errore in cui sarebbe incorsa la Corte a detta del ricorrente), costituissero fatti assistiti da fede privilegiata sostenendo che dal verbale del V.U. Pizzoli non si evinceva affatto che l’arch. Barducci avesse emesso un formale ordine di sospensione lavori, notificato dal Pizzoli, ma che quest’ultimo avesse attestato di aver proceduto con atto proprio, a lui imputabile, a sospendere i lavori, il tutto in base a prassi invalsa del competente Ufficio.
Critica altresì la motivazione resa dalla Corte di Appello rispetto al contenuto dell’atto fide facente, affermando che l’ordine di sospensione non sarebbe stato dato personalmente alla sig.ra Vaccari, ovvero che ella avrebbe negato di avere ricevuto l’ordine di sospensione dal V.U. Pizzoli visto che non era presente in casa al momento (cfr. pag. 18 del ricorso).
Le censure si risolvono nell’evidente sollecitazione ad ottenere in questa sede un diverso e non consentito esame del merito là dove lamentano che la Corte d’Appello non avrebbe correttamente letto e interpretato il verbale redatto dal vigile urbano e le risultanze di causa.
Il quarto motivo è parimenti inammissibile.
La Corte di appello ha condiviso la valutazione espressa dal Tribunale di Bolzano in punto responsabilità aggravata ai sensi dell’art. 96 c.p.c., dando rilievo alla condotta processuale di primo grado manifestamente diretta a creare attività giurisdizionali dilatorie con aggravio inutile del sistema giudiziario e che altrettanto e ancor più merita sanzione ai sensi della medesima disposizione l’atto di gravame e la difesa processuale tenuta nel presente grado di giudizio, laddove lo stesso appellante arriva a riconoscere l’infondatezza della propria domanda, senza però determinarsi alla relativa rinuncia, ma insistendo ulteriormente nell’accoglimento delle originarie conclusioni. Questa valutazione di merito non è idoneamente censurata dal ricorrente il quale si limita a dedurre in termini generici di non aver riconosciuto l’infondatezza della propria domanda e che tutte le attività giudiziarie poste in essere dal signor Amato si fondavano sulla certezza della natura di atto pubblico del verbale 449/2014 di cui sarebbero stati “certi la Procura della Repubblica, il Tribunale di Bolzano e la Corte d’Appello di Trento – sezione distaccata di Bolzano”.
Si lamenta che il Tribunale, invece che indagare sull’effettiva natura del verbale, condannava il signor Amato anche per lite temeraria e che “dopo un decennio e decine di migliaia di euro pagati tra spese di lite e lite temeraria, si è scoperto che il verbale 449/2014 non è un atto pubblico contrariamente a quanto sostenuto dal Tribunale e dalla Corte d’Appello”.
È evidente la palese inammissibilità del motivo volto a sollecitare, da parte di questa Corte, una diversa valutazione dei presupposti per l’applicazione dell’art. 96, terzo comma c.p.c., rimessa al giudice del merito.
Alla stregua delle considerazioni sopra esposte il ricorso va rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento in favore dei controricorrenti delle spese di legittimità che si liquidano in complessive € 5000,00 ed € 200,00 per esborsi oltre al rimborso forfettario delle spese in ragione del 15%, oltre al cp ed all’iva, se dovuta.
Dà atto della sussistenza dei presupposti di cui all’articolo 13, comma 1-quater, del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002 n. 115, per il raddoppio del contributo unificato a carico del ricorrente, ove dovuto.
Così deciso in Roma il 18.3. 2025