Le energie rinnovabili
ALESSANDRA DE MESTRIA
SOMMARIO: 1. Le fonti. 2. Il conflitto d’interessi tra proprietà privata e tutela paesaggistica. 3. Proprietà, impresa e fiscalità.
1. Il nostro pianeta vive ormai da anni un allarmante aumento di concentrazione di Co2 nell’atmosfera, causa di grandi e gravi problemi per l’ambiente.
Il clima sulla Terra è rappresentato dal punto di equilibrio tra il flusso di energia termica entrante ed uscente nella biosfera1.
Gli importanti cambiamenti climatici, ormai sempre piú preoccupanti, sono essenzialmente causati dalle emissioni di gas ad effetto serra.
Un rimedio a tale catastrofica realtà è rinvenibile nell’espansione delle energie da fonti rinnovabili (FR).
La questione delle fonti rinnovabili compare nel nostro ordinamento con la legge 9 gennaio 1991, n. 10: “Norme per l’attuazione del Piano energetico nazionale in materia di uso razionale dell’energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia”2 che qualifica le energie prodotte da fonti rinnovabili quali energie di «pubblico interesse e di pubblica utilità»3.
Sebbene questo primo approccio alle FR, il primo momento ufficiale in cui si è prestata attenzione alle problematiche dell’inquinamento atmosferico si è avuto con la sottoscrizione della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico, effettuata a Rio de Janeiro nel 1992.
Tale convenzione prevedeva la collaborazione dei Paesi sottoscrittori al fine di raggiungere quanto prima un certo livello di concentrazione di gas serra nell’atmosfera al fine di prevenire «dannose interferenze antropiche con il sistema climatico»4.
Soltanto con il Protocollo di Kyoto, ivi predisposto l’11 dicembre 1997, adottato in occasione della III Conferenza delle Parti della Convenzione di Rio, ratificato dall’Italia con la legge 1 giugno 2002, n. 120 ed entrato in vigore il 16 febbraio 2005, si è cercato di concretizzare quelli che sino ad allora erano rimasti solo ideali, ponendo a carico dei Paesi degli obbiettivi vincolanti per il contenimento e la riduzione delle emissioni di gas serra nell’atmosfera.
Il Protocollo prevede una riduzione di almeno il 5% dei gas serra nel periodo 2008-2012 prendendo come indice di riferimento le emissioni registrate nel 1990. Il raggiungimento di tale obbiettivo viene differenziato tra gli Stati: l’Unione Europea, ad esempio, deve ridurre le emissioni dell’8% e all’interno dell’Unione la ripartizione è differenziata tra gli stati per effetto dei c.d. burden sharing (condivisione degli oneri). L’Italia, che ha un obbiettivo di riduzione del 6,5%, potrebbe riuscire nel perseguimento dello stesso anche attraverso la realizzazione di centrali energetiche, non prima però di aver effettuato un’opportuna pianificazione dello sviluppo dell’energia rinnovabile.
Il Protocollo di Kyoto prevede tre “meccanismi flessibili” utili al suo funzionamento:
1. Joint Implementation, che consente di acquistare crediti di emissioni o ERU (Emission Reductions Units) che sono validi per l’osservanza degli impegni assunti verso il Protocollo di Kyoto;
2. Clean Development Mechanism: meccanismo di cooperazione con i Paesi in via di sviluppo o di nuova industrializzazione, che comprende investimenti in tecnologie pulite in tali Paesi;
3. International Emission Trading, che consiste nel commercio internazionale di quote di emissione di gas serra.
Un’ulteriore evoluzione rispetto all’approccio sancito a Kyoto si è avuta con la firma del Protocollo “multi inquinanti – multi effetti” sottoscritta nel dicembre del 1999 a Göteborg. Infatti, grazie all’analisi ed allo studio applicato sugli effetti dell’inquinamento, si è giunti a trattare in modo integrato anche i fenomeni dell’acidificazione, dell’eutrofizzazione e della formazione di ozono nell’atmosfera5.
Importante, sul punto, è la direttiva 2001/77/CE del 27 settembre 2001, in materia di promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili.
Nelle premesse di detta direttiva si afferma che:
– la Comunità Europea: «riconosce la necessità di promuovere in via prioritaria le fonti energetiche rinnovabili, poiché queste contribuiscono alla protezione dell’ambiente e allo sviluppo sostenibile» (1° considerando);
– «la promozione dell’elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili è un obbiettivo altamente prioritario a livello della Comunità» (2° considerando);
– «il maggiore uso di elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili è una parte importante del pacchetto di misure necessarie per conformarsi al Protocollo di Kyoto della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici» (3° considerando).
Tale direttiva, che ha trovato attuazione nel diritto interno con il d.lg. 29 dicembre 2003, n. 387, di cui si parlerà nel capitolo seguente, prevedeva che sul consumo lordo di elettricità, entro il 2010, il 25% doveva essere prodotta da fonti rinnovabili6.
Nel 2007 la legge finanziaria del nostro Paese ha cambiato il regime delle fonti rinnovabili escludendo dal regime di incentivazione i rifiuti non biodegradabili e le fonti assimilate. In particolare, con tale normativa si definiscono “fonti rinnovabili energetiche” unicamente quelle individuate dall’art. 2 del d.lg. n. 387 del 20037.
Sulla scorta della previsione di Kyoto, di recente, il Parlamento Europeo, con la direttiva 2009/28/CE del 23 aprile 2009 (c.d. direttiva RES)8, detta anche direttiva 20/20/20, ha imposto agli Stati membri «target obbligatori da raggiungere a livello nazionale»9 stabilendo che entro il 2020 dovrà aversi un aumento del 20% dell’energia prodotta da fonti rinnovabili con conseguente riduzione del 20% delle emissioni di Co2 e che a ciò conseguirà un miglioramento del 20% dell’efficienza energetica10.
I punti cardine della direttiva sono cosí individuati11:
– definizione di obbiettivi nazionali vincolanti per una quota complessiva del 20% di EFR rispetto al consumo complessivo;
– arrivare al 10% di EFR per il settore dei trasporti;
– obbligo per gli Stati membri di presentare piani di azione nazionali per le energie rinnovabili (NREAP) indicanti il percorso che intendevano seguire per raggiungere gli obbiettivi stabiliti;
– ottimizzazione e snellimento degli iter amministrativi;
– adozione di criteri di sostenibilità;
– meccanismi di cooperazione tra gli Stati membri e i Paesi terzi. Tale cooperazione può avvenire nei seguenti modi:
– attraverso «trasferimenti statici» (art. 6, direttiva RES) che permettono a uno Stato membro che dispone di un’eccedenza di energie rinnovabili di venderle a un altro Stato membro nel quale la produzione di EFR ha costi piú elevati. Questo sistema di compravendita di EFR permette allo Stato che vende di ottenere una rendita che va ad ammortizzare i costi di produzione delle stesse, e allo Stato che acquista, di raggiungere comunque gli obbiettivi stabiliti, ma a costi piú vantaggiosi;
– con la pianificazione di «progetti comuni» (art. 7, direttiva RES), che prevedevano la possibilità per uno Stato terzo di co-finanziare il progetto di uno Stato membro con conseguente divisione tra i due Stati dell’energia prodotta. Anche tale sistema comportava mutui vantaggi.
– Infine, è previsto il sistema dei «regimi di sostegno comuni» (art. 11, direttiva RES), per i quali due o piú Stati membri acconsentono ad armonizzare i loro regimi di sostegno per lo sviluppo delle energie rinnovabili, al fine di integrare l’energia nel mercato comune e ripartire la produzione secondo una norma basata sulla provenienza del sostegno finanziario.
Tale direttiva, recepita nel nostro ordinamento con il d.lg. 3 marzo 2011, n. 28, c.d. decreto Romani, reca modifiche sia alla direttiva 2001/77/CE, sia alla direttiva 2003/30/CE dell’8 maggio 2003 sulla promozione dell’uso dei biocarburanti o di altri carburanti rinnovabili nei trasporti, attuata in Italia con d.lg. 30 maggio 2005, n. 128.
In Italia, tra le prime normative di riferimento si annovera la legge 9 gennaio 1991, n. 10: “Norme per l’attuazione del Piano energetico nazionale in materia di uso razionale dell’energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia” la quale, all’articolo 1, predispone degli incentivi per la valorizzazione delle fonti rinnovabili di energia, Analoga politica di incentivazione si rinviene nell’articolo 11 del d.lg. 16 marzo 1999, n. 79 che attua la direttiva comunitaria del 19 dicembre 1996, n. 92 concernente norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica. Al decreto è seguita, in data 3 luglio 1999, la stipula di un Accordo di programma tra il Ministro dell’industria, il Ministro dell’Interno e i rappresentanti degli enti locali, al fine di emarginare l’inquinamento ambientale finalizzato a produrre energia non inquinante a costi sostenibili.
Sebbene la qualità dell’aria, la salute umana e il processo di surriscaldamento con i conseguenti cambiamenti climatici siano strettamente collegati al tipo di energia maggiormente sfruttata12, la realizzazione e la localizzazione delle infrastrutture energetiche suscita un gran dire tra l’opinione pubblica in ragione della difficoltà di trovare «un’adeguata e soddisfacente composizione degli interessi in gioco, tutti di rilevanza costituzionale e sostanzialmente in conflitto tra loro» quali, la tutela della salute e dell’ambiente da un lato, e le ragioni dell’economia dall’altro13.
Tale limite è collegato anche alle problematiche che caratterizzano il rapporto tra proprietà privata e produzione di EFR.
2. Quando si parla di energie alternative si pensa súbito alla tutela ambientale e a quella paesaggistica trascurando un ulteriore interesse che sebbene possa sembrare marginale è comunque esistente: l’interesse del proprietario che può porre i suoi beni a servizio degli impianti di energie pulite.
Il tema della localizzazione e della realizzazione delle infrastrutture energetiche suscita perplessità sia nell’opinione pubblica che nelle istituzioni, a causa della difficoltà di trovare un adeguato bilanciamento degli interessi coinvolti che sono, come già accennato, da un lato la tutela della salute e dell’ambiente, dall’altro le ragioni della proprietà privata e dell’economia in generale.
Oltre alla comparazione tra salute e ambiente da un lato e sviluppo economico dall’altro, ulteriori problemi sorgono anche all’interno del primo accoppiamento (salute – ambiente). Infatti, non sempre tutela della salute e tutela dell’ambiente sono fonte di interessi omogenei. Si pensi, per es., alle centrali eoliche, che non creano inquinamento, favorendo cosí la tutela del diritto alla salute, ma incidono in maniera significativa sul paesaggio, contrastando la tutela dell’ambiente, e non soltanto in senso estetico in quanto la localizzazione di un impianto per la produzione di energie alternative in area agricola, ad es., crea problemi di bilanciamento con gli interessi di valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali, con la tutela della biodiversità, ecc. (d.lg. n. 387 del 2003, art. 12, comma 7).
Innanzi tutto, quando si parla di paesaggio e di tutela dello stesso non si può prescindere dalla valutazione dell’incidenza dell’azione dell’uomo14.
Tale considerazione ha decretato il superamento della prima concezione di carattere statico ex lege 29 giugno 1939, n. 1497 che identificava il paesaggio quale «bellezza naturale». Oggi, infatti, si ha una visione dinamica che reputa il paesaggio «forma del Paese nella sua interezza»15 o «forma e aspetto del territorio»16.
Anche dal d.lg. 22 gennaio 2004, n. 42: “Codice dei beni culturali e del paesaggio”, emerge la configurazione del paesaggio come «la traccia, il segno lasciato sul territorio, la storia fatta dalle vicende dell’uomo non meno che dai fenomeni naturali»17. Si ha cosí un paesaggio «antropizzato»18.
Si pensi alle coste, ai crinali collinari, alle scogliere, alle colline… insomma a tutte quelle zone paesaggisticamente piú suggestive, dove può capitare di rinvenire i “mulini a vento” del nostro secolo costituiti da torri d’acciaio alla cui sommità è posto un rotore, collegato meccanicamente ad un sistema di ingranaggi moltiplicatori di giri, sistemato entro una navicella ed azionato dalle pale di un’elica che cattura l’energia cinetica del vento.
Gli impianti eolici, per le loro modalità intrinseche di funzionamento, richiedono di essere realizzati su aree aventi determinate caratteristiche che spesso costituiscono aree c.d. sensibili sotto il profilo naturalistico: si pensi ai c.d. siti di importanza comunitaria (SIC); alle zone speciali di conservazione (ZSC); alle zone di protezione speciale (ZPS); alle zone umide di importanza avifaunistica; ecc., causando contrapposizioni tra i fautori delle energie pulite e gli oppositori ai quali interessa tutelare il paesaggio che verrebbe leso dal pesante impatto visivo, abitativo e floro-faunistico (soprattutto per quanto riguarda gli uccelli) causato dagli aerogeneratori19.
Tutto ciò fa sorgere l’esigenza, non priva di spunti problematici, al momento di concedere un’autorizzazione per l’installazione dei detti impianti, di comporre interessi tendenzialmente contrapposti quali la protezione e difesa dell’ambiente naturale e del paesaggio da un lato e l’uso sociale e pubblico dei beni ambientali dall’altro20.
In passato, alcune importanti decisioni della Corte costituzionale21 e del Consiglio di Stato22, alle quali si uniformavano i TAR23, ritenevano che in caso di interferenza tra l’installazione di impianti produttivi di EFR e un valore paesaggistico meritevole di tutela, bisognava dare prevalenza a quest’ultimo, senza la possibilità di un bilanciamento ad hoc tra i due interessi in discussione.
Si affermava che il paesaggio non è solo un valore primario, ma anche un valore assoluto se si tiene presente che «il paesaggio indica essenzialmente l’ambiente»24.
Questa enfatizzazione del paesaggio non è stata priva di critiche. Si è osservato che l’equivalenza tra paesaggio e ambiente si discosta, sul piano dogmatico, dalla classificazione delle «materie» stilata a seguito della riforma costituzionale del 2001, in cui la «tutela dell’ambiente» e la «valorizzazione dei beni ambientali» (art. 117, comma 2, lett. s,) sono distinte dalla tutela e dalla valorizzazione dei beni culturali (art. 117, comma 3).
Il concetto giuridico di paesaggio non è unitario in quanto deve ritenersi un valore afferente ora alla materia ambientale, ora a quella dei beni culturali.
La giurisprudenza25, con un graduale processo evolutivo, è giunta alla conclusione che è opportuno operare un comparazione degli interessi e non dare ad ogni costo rilevanza alla tutela paesaggistica a scapito dello sviluppo di sfruttamento di energia eolica. La tutela del paesaggio non costituisce piú unica espressione costituzionalmente rilevante della tutela del territorio26, non può assumere valore totalizzante, ancorato ad una realtà immutabile, ma deve essere considerata alla stregua delle istanze culturali ed estetiche connesse anche all’opera di antropizzazione dell’uomo27.
L’art. 151 del d.lg. 29 ottobre 1999, n. 490, t.u. delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali, prevedeva la necessità di una preventiva autorizzazione per chi voglia alterare l’aspetto anteriore di beni sottoposti a tutela paesaggistica, al fine di verificare la compatibilità dell’intervento da realizzare con gli interessi pubblici afferenti ai valori di tutela28.
Da ciò deriva che sono da ritenersi illegittimi quei provvedimenti di gestione del vincolo paesaggistico con esito contrario alla realizzazione degli impianti, e quindi in antitesi con la tutela dell’ambiente, i quali si incentrano esclusivamente sulle condizioni del sito e sull’impatto visivo delle pale eoliche29.
In dottrina, inoltre, si è detto che paesaggio ed ambiente costituiscono «l’oggetto unitario di una salvaguardia infrazionabile»30.
In conformità la giurisprudenza ha visto nel paesaggio e nell’ambiente una “endiadi unitaria”31.
Tale assunto ha trovato conferma in una pronuncia dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato32, la quale ha affermato che «mediante la tutela del paesaggio e l’imposizione dei vincoli paesistici si salvaguardia l’ambiente».
Secondo l’Adunanza plenaria la stretta connessione tra paesaggio e ambiente sarebbe rafforzata dal comma 2, lett. s, art. 117 cost., cosí come riformulato dalla legge di modifica del Titolo V della Costituzione, che ha attribuito alla potestà legislativa esclusiva dello Stato la tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali.
A causa del rifiuto degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, accusati dall’opinione pubblica di degradare l’aspetto del territorio, si sta sviluppando sempre di piú nel nostro Paese la c.d. “sindrome NIMBY” (Not In My Yard, letteralmente “non nel mio cortile”).
Tale avversione sociale potrebbe essere superata se i comuni cittadini trovassero un’utilità immediata nello sfruttamento delle EFR, che non sia la salubrità ambientale, che, per quanto sia di rilevante importanza, sfugge alla percezione umana in quanto astratta.
Tale utilità sarebbe maggiormente percepita se si traducesse in termini economici.
Ed è proprio questo quell’interesse del proprietario di suoli o di immobili cui si accennava sopra.
Si pensi ad un parco eolico o ad un impianto fotovoltaico. La società installatrice necessita di installare gli impianti su suoli che spesso sono di proprietà privata. Ed ecco che si instaura un rapporto contrattuale tra i soggetti coinvolti che vedrà la corresponsione di un canone da versarsi al proprietario che concede in locazione il suolo interessato.
L’interesse del proprietario all’espansione dello sfruttamento delle energie alternative trova però súbito un controbilanciamento nella fiscalità come vedremo nel paragrafo che segue.
3. Il tema dell’armonizzazione fiscale in àmbito ambientale va assumendo un ruolo sempre piú importante nel periodo storico che stiamo attraversando.
Il concetto di “armonizzazione”, secondo una consolidata definizione, riassume il procedimento attraverso il quale si affinano gli ordinamenti giuridici e le disposizioni regolamentari nazionali per il raggiungimento di un fine comune33.
I Paesi appartenenti all’Unione Europea non hanno una disposizione fiscale comunitaria in materia di imposte dirette, cosí che ogni Stato membro esercita, autonomamente, la propria capacità impositiva.
Tale indipendenza è fortemente rivendicata dagli Stati, perché attraverso tale forma di imposizione, reperiscono i mezzi economici necessari per far fronte ai fabbisogni nazionali.
In materia si è cosí affermato il c.d. “principio di sussidiarietà” che prevede l’autonomia dei singoli Stati nella messa in atto delle politiche fiscali comunitarie, con l’intervento della Comunità soltanto in quei settori in cui gli Stati membri, con la loro sola azione, non riescono a raggiungere l’armonizzazione con i princípi e gli obbiettivi comunitari.
Sebbene vi sia questa autonomia, ciò non ha impedito l’emanazione di norme comunitarie in materia di imposte dirette, finalizzate all’affermazione del principio di non discriminazione consistente nel riconoscimento di una parità di trattamento concernente tutti i fattori della produzione presenti all’interno della Comunità e nel vietare agli Stati di porre in essere comportamenti discriminatori nei confronti di altri Paesi membri.
I concetti di armonizzazione fiscale e di non discriminazione si riflettono anche in materia ambientale.
È opportuno trovare un equilibrio tra la necessità di armonizzare le misure fiscali adottate dai singoli Stati, per garantire la libera circolazione delle merci, ed il principio di sussidiarietà, che consente agli Stati membri di introdurre ulteriori restrizioni per proteggere l’ambiente.
Lo sviluppo economico ha portato grandi trasformazioni nella realtà contemporanea che hanno richiesto l’impiego di strumenti economici innovativi. E Cosí, a partire dagli anni ottanta, ai tradizionali strumenti di regolamentazione diretta si è cercato di affiancare piú moderni strumenti incentivanti.
In materia di energie da fonti rinnovabili, il sistema di incentivazione si suddivide in:
– incentivi in conto energia o feed in tariff (tariffe agevolate amministrate o concorsuali);
– sistema di quote obbligatorie (su cui è fondato il sistema dei Certificati Verdi, di cui si dirà nel prosieguo);
– finanziamenti agli investimenti;
– esenzioni fiscali;
– green pricing.
Esaminiamoli.
L’incentivo in conto energia amministrato prevede che al produttore sia garantito un prezzo di acquisto dell’energia per un determinato periodo di tempo.
Un esempio di questa forma di incentivazione è riscontrabile nel provvedimento del Comitato Interministeriale Prezzi del 29 aprile 1992, n. 634 (CIP6/92). Il prezzo garantito riconosciuto all’energia degli impianti CIP6/92 è strutturato in quattro componenti, di cui tre sono di costi evitati dall’ENEL per la realizzazione e l’esercizio di un impianto tradizionale di riferimento:
1) costo evitato di impianto;
2) costo evitato di esercizio, manutenzione e spese generali connesse;
3) costo evitato di combustibile;
4) ulteriore componente, riconosciuta per i primi otto anni di esercizio dell’impianto, variabile in funzione della tipologia di impianto e della fonte.
Nel caso di incentivi assegnati con modalità concorsuali, viene indetto il bando in cui sono menzionati i criteri di partecipazione e l’assegnatario godrà dell’incentivo oggetto del bando.
Il sistema di quote obbligatorie consiste nell’obbligo per i produttori di energia elettrica di provare periodicamente che una certa quantità di energia prodotta proviene da fonte rinnovabile.
Il supporto all’investimento può essere effettuato principalmente attraverso due modalità:
1- finanziamento parziale a fondo perduto35;
2- erogazione di prestiti a tassi agevolati.
Le esenzioni fiscali sono caratterizzate da agevolazioni tipo un’aliquota I.V.A. inferiore a quella prevista per altri settori, oppure l’esenzione dall’imposta erariale per alcune tipologie di impianti alimentati da energie prodotte da fonti rinnovabili.
Il green pricing, infine, prevede che le EFR possano essere offerte ad un prezzo maggiore, rispetto a quello definito in via amministrata, ai clienti che, per il loro “pollice verde”, si dimostrano disponibili a sostenere tale maggiorazione.
Parlando di sistema di quote obbligatorie si è fatto cenno ai Certificati Verdi.
Il meccanismo dei certificati verdi è stato introdotto in Italia dal d.lg. 16 marzo 1999, n. 7936 che ha stabilito l’obbligo, per i produttori e/o importatori di energia elettrica da fonti non rinnovabili, di immettere annualmente in rete una quantità di energia elettrica da fonti rinnovabili, pari ad una quota di quella convenzionale da loro prodotta (e/o importata).
Al fine di verificare il corretto adempimento dell’obbligo di immettere in rete energia pulita, il Gestore Rete Trasmissione Nazionale (GRTN), sulla base delle autocertificazioni delle produzioni di energia elettrica da fonti non rinnovabili, annulla il corrispondente quantitativo di certificati verdi dovuti dai soggetti obbligati, i quali hanno preventivamente provveduto ad acquistarli o durante le sessioni del mercato dei certificati (la cui piattaforma informatica è gestita dal Gestore del Mercato Elettrico, società del GRTN), oppure tramite contratti bilaterali con i produttori soggetti all’obbligo.
Il prezzo dei certificati verdi è uniforme e indipendente dalla fonte e dalla tecnologia utilizzate per la produzione.
Il GRTN emette questi certificati a séguito di una procedura di qualificazione. Tale emissione può avvenire attraverso tre modalità:
1- emissione a consuntivo: il numero di certificati verdi viene determinato in base all’effettiva produzione netta realizzata dall’impianto nell’anno precedente;
2- emissione a preventivo per la produzione attesa di impianti qualificati in esercizio: il numero di certificati verdi da emettere viene determinato dal valore della produzione netta attesa, valutata nella fase preliminare di qualificazione dell’impianto;
3- emissione a preventivo per la produzione attesa di impianti qualificati non ancòra in esercizio: in questo caso, l’emissione è subordinata alla presentazione di specifica documentazione nonché di garanzie a mezzo di fideiussione bancaria o assicurativa a favore del GRTN.
I certificati verdi valgono per l’anno cui si riferiscono e per ottemperare all’obbligo di immissione dei due anni successivi a quello di riferimento37.
In materia di incentivi per la produzione di energia eolica si segnala l’art. 5 del d.l. 1 luglio 2009, n. 7838, convertito con modificazioni dalla legge 3 agosto 2009, n. 10239, il quale ha introdotto la possibilità di dedurre dal reddito d’impresa ai fini IRES ed IRPEF, esclusa l’IRAP, il 50% del costo degli investimenti effettuati per l’acquisto di determinati beni, tra cui le turbine eoliche (c.d. agevolazione “Tremonti ter”), nel periodo che va dall’ 1 luglio 2009 al 30 giugno 2010.
Questa è una forma di incentivazione rivolta soltanto alle imprese e consistente in una variazione in diminuzione del reddito imponibile da indicare nella dichiarazione dei redditi.
I requisiti necessari per poter usufruire di tale beneficio sono:
– essere un’impresa. Sebbene il testo legislativo non contenga alcuna elencazione specifica dei destinatari, lo si comprende indirettamente dal fatto che si fa riferimento esclusivamente al reddito d’impresa;
– l’impresa deve avere sede nel territorio italiano o avervi una stabile organizzazione;
– i beni acquistati devono rientrare nella Tabella ATECO 2007 divisione 2840. A completamento di questa Tabella è stata stilata la circolare n. 44/E del 27 ottobre 2009 che ha esteso l’àmbito di applicazione della Tremonti ter a quei beni che rappresentano componenti di macchinari riportati nel testo legislativo.
Con riferimento alle turbine eoliche, con la cui espressione si intende il complesso di torre, pale e navicella, si è posto il problema di capire cosa fosse effettivamente oggetto di agevolazione tributaria41.
In assenza di chiarimenti ministeriali, si ritiene che debbano ritenersi rientranti nell’agevolazione tutte le componenti indispensabili al funzionamento dell’impianto eolico, dando cosí una sensata ratio anche all’emanazione della circolare 44/E cit.
Altro problema che riguarda gli investimenti in turbine eoliche è quello della cumulabilità dell’agevolazione in esame con i certificati verdi.
L’incentivazione della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili attuata attraverso il meccanismo dei certificati verdi, rientra fra le attività che caratterizzano il Gestore del Sistema Elettrico – GRTN s.p.a., in linea con gli obbiettivi europei42.
Tale dilemma è sorto a causa del divieto di cumulo di incentivi previsto sia dall’art. 18 del d.lgs n. 387 del 200343 che dall’art. 2, comma 152, della legge 24 dicembre 2007, n. 24444, c.d. Finanziaria 2008.
Vi è stato chi, in linea con la pregressa prassi dell’Amministrazione finanziaria in tema di reddito d’impresa45, ha fatto una distinzione tra contributi in conto impianti e contributi in conto capitale46 e, qualificando l’incentivo Tremonti ter quale contributo in conto impianti, ha affermato la possibilità di cumulo degli incentivi in esame.
Si aggiungeva, inoltre, che poiché la Tremonti ter rappresenta un mero incentivo di carattere fiscale che spetta a quell’impresa che, con altri mezzi finanziari, ha già acquistato il bene. È possibile dedurne la cumulabilità47.
Quest’orientamento non è stato condiviso dal Ministero dello sviluppo economico, il quale ha ritenuto l’agevolazione in questione un contributo pubblico non cumulabile con i certificati verdi48.
Secondo il Ministero, gli incentivi previsti dalla Finanziaria 2008 coprivano gli extracosti connessi alla produzione di energia da fonti rinnovabili comprensivi sia dei costi di esercizio che dei costi di impianto.
Inoltre, ha ritenuto che le locuzioni “conto energia” (espressione che fa riferimento all’insieme di norme che regolamentano, in àmbito nazionale, gli incentivi alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili)49, “conto capitale” e “conto interessi” sono soltanto delle specificazioni della piú generica locuzione “incentivo” e un cumulo di benefici comporterebbe un’indebita fruizione di incentivi in materia di EFR.
A sostegno della sua tesi, il Ministero ha richiamato un’antecedente esternazione dell’Agenzia delle Entrate, secondo la quale il legislatore, nel richiamare i contributi in conto capitale, avrebbe inteso riferirsi, senza distinzione alcuna, a tutti i contributi pubblici erogati a favore del patrimonio dei destinatari del beneficio, a nulla rilevando la loro denominazione50.
Le esternazioni del Ministero hanno suscitato perplessità circa la compatibilità di tale tesi con la riserva di legge in materia tributaria di cui all’art. 23 cost. poiché, un’interpretazione di tale tenore, fondandosi su motivazioni di tipo economico, attribuiva alla norma agevolatrice significati ulteriori rispetto a quelli espressamente contemplati dalla norma stessa, con conseguente generalizzazione di quelle categorie che fino a quel momento avevano specifico significato51.
Inoltre, la tesi del Ministero potrebbe comportare una maggiore imposizione IRES per i produttori di EFR, determinando una disparità di trattamento tra le società che usufruiscono dei certificati verdi e quelle che non possono fruirne. Una simile disparità crea ulteriori dubbi di costituzionalità perché in contrasto con i princípi di uguaglianza sostanziale di capacità contributiva di cui agli artt. 3 e 53 Cost.52
A fronte di tanto la dottrina53 ha concluso per la non condivisibilità della tesi del Ministero.
A tacitazione di ogni diatriba, è intervenuto il legislatore il quale, con l’art. 26 del d.lgs. 3 marzo 2011, n. 2854, ha chiarito che il menzionato divieto di cumulo non si applica alla «detassazione dal reddito di impresa degli investimenti in macchinari e apparecchiature».
In altri termini, questa norma di interpretazione autentica risolve positivamente la questione del cumulo tra Tremonti ter e certificati verdi per le turbine eoliche.
Con riguardo agli incentivi che sostituiranno i certificati verdi a partire dall’1 gennaio 2013, il combinato disposto dell’art. 26, comma 2, lettera d, e dell’art. 24, commi 2 e 3, d.lg. cit., stabilisce che le agevolazioni fiscali che detassano gli investimenti in beni strumentali saranno cumulabili con i nuovi incentivi soltanto per quegli impianti di potenza nominale non inferiore a 5 Mw.
Altra misura di incentivazione si rinviene nell’art. 4 del d.l. 6 dicembre 2011, n. 20155, c.d. decreto Salva Italia, convertito con modifiche nella legge 22 dicembre 2011, n. 21456, il quale prevede che dall’imposta lorda sui redditi si detrae il 36% delle spese documentate, fino ad un ammontare complessivo delle stesse non superiore a 48.000 euro per unità immobiliare, sostenute per la realizzazione di opere finalizzate al conseguimento di risparmi energetici, con particolare riguardo all’installazione di impianti di produzione di energia rinnovabile.
Sin ora si è detto degli incentivi rivolti alle imprese al fine di favorire lo sfruttamento di fonti rinnovabili per la produzione di energia.
Ma l’impresa non potrebbe installare alcun impianto senza la disponibilità del privato a concedere in locazione il suolo sul quale erigere il parco eolico.
Ad oggi però, non si rinvengono incentivanti motivi fiscali che inducono il privato a concedere i propri suoli.
Anzi, poiché il proprietario del fondo percepisce un canone, ottenendo un maggior reddito, subirà, di conseguenza una maggiore tassazione.
Il reddito che si ricava dal canone di affitto è un reddito lordo, che si trasforma in netto, disponibile e spendibile solo dopo aver dedotto le tasse che gravano sull’immobile, e che quindi sono a carico del proprietario-locatore, e le eventuali spese amministrative e straordinarie a carico dello stesso.
Essendo il contratto in esame, un contratto di locazione per uso diverso da quello abitativo, comporterà, per il principio appena affermato un onere fiscale maggiormente gravoso.
Il canone quindi, concorre a formare il reddito complessivo del proprietario del fondo su cui si andrà a calcolare l’Irpef.
Bisogna precisare, però, che non è il canone in sé che costituisce reddito soggetto a tassazione, ma il maggiore tra i due seguenti importi:
– la rendita catastale del bene rivalutata del 5%;
– il canone contrattuale, ridotto forfettariamente del 15%.
L’Irpef (Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche57) è regolata dal d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 91758 – “Testo Unico delle Imposte sui Redditi”.
È un’imposta italiana progressiva che colpisce il reddito con aliquote che aumentano in relazione agli scaglioni di reddito.
Bisogna allora trovare il modo di non scoraggiare i proprietari a locare detti suoli.
Inizialmente, avevo pensato ad una riduzione del canone di locazione, stando attenti a rimanere nei limiti minimi legali, ed aumentare l’importo dell’indennizzo risarcitorio per la trasformazione che il suolo subisce a causa dell’installazione (per esempio i danni alla coltivazione…).
Per capire se anche somme percepite a tal fine siano soggette a tassazione, bisogna analizzare la disciplina legislativa in materia. A riguardo, l’articolo 6 del t.u.i.r.59, dopo una prima classificazione dei redditi imponibili, attrae nella tassazione IRPEF talune fattispecie, quali i proventi e le indennità, che di per sé non hanno una identità reddituale idonea a ricomprenderle in una delle categorie generali di cui al primo comma.
Le uniche indennità che l’articolo in commento non sottopone a tassazione sono quelle percepite a titolo risarcitorio per lesioni permanenti e morte.
Inoltre, importante ai fini dell’indagine che si sta conducendo è l’art. 1760, comma 1, lett. i, t.u.i.r., che sottopone a tassazione separata, considerandole imponibili, le «indennità spettanti a titolo di risarcimento, anche in forma assicurativa, dei danni consistenti nella perdita di redditi relativi a piú anni».
Questo articolo è stato introdotto per dissuadere i tentativi di evasione spacciando per indennizzi risarcitori somme percepite a tutt’altro titolo e che sarebbero state tassabili.
L’analisi del risarcimento del danno in materia tributaria non può prescindere dalla distinzione civilistica tra danno emergente (la perdita subita dal danneggiato) e lucro cessante (il mancato guadagno).
Sotto il profilo normativo il citato art. 6, effettuando la distinzione tra indennità percepite a titolo di risarcimento dei danni dipendenti da invalidità permanente o morte e indennità percepite a titolo di risarcimento dei danni consistenti nella perdita di redditi, sottende la distinzione civilistica tra danno emergente e lucro cessante.
Il tema trova spazio nei piú generali princípi costituzionali dell’obbligo di concorrere alle spese pubbliche in ragione della capacità contributiva e dei criteri di progressività cui il sistema tributario è improntato (art. 53 cost.). Dall’osservanza di tali princípi deriva, infatti, una generale assoggettabilità a tassazione del solo risarcimento dei danni derivante da capacità contributiva, concepito, cioè, come lucro cessante e non come danno emergente.
L’indennizzo che il locatario potrebbe percepire dal conduttore del suolo per l’installazione dell’impianto eolico, va inteso come somma risarcitoria per danno emergente e non per lucro cessante, dal momento che la ratio di tale dazione è quella di compensare la riduzione di valore che il suolo subisce a séguito dell’installazione delle pale.
Alla luce di quanto appena detto, poiché l’indennizzo cosí qualificato non sarebbe soggetto a tassazione, il proprietario del fondo avrebbe un ritorno economico pari alla somma percepita e quindi potrebbe sentirsi maggiormente incentivato al locare il terreno.
Sebbene sia stato possibile ideare tale escamotages, ciò che servirebbe per favorire una maggiore affermazione dell’eolico è una specifica disciplina normativa che si preoccupi anche della posizione del privato e non solo delle imprese.
Pubblicato il 16/12/2013 su AmbienteDiritto.it – Rivista Giuridica Telematica – Electronic Law Review – ISSN 1974-9562
1 M. MIGIARRA, Politiche nazionali ed europee per la riduzione del livello di emissione dei gas ad effetto serra e per il raggiungimento degli obbiettivi previsti dal protocollo di Kyoto, in Riv. giur. amb., 2004, p. 131.
2 In G.U., 16 gennaio 1991, n. 13.
3 L. MAGNANI, Procedimenti autorizzativi per la localizzazione di impianti eolici, in Giur. merito, 2008, p. 2378.
4 S. MAGLIA, Corso di legislazione ambientale, 2a ed., Milano, 2008, p. 241.
5 M. MIGIARRA, Politiche nazionali ed europee, cit.
6 S. MAGLIA, o.c., p. 328 e p. 331.
7 Ai sensi dell’art. 2 del d.lg. n. 387 del 2003 per fonti energetiche rinnovabili o fonti rinnovabili si intendono: «le fonti energetiche rinnovabili non fossili (eolica, solare, geotermica, del moto ondoso, maremotrice, idraulica, biomasse, gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas). In particolare, per biomasse si intende: la parte biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui provenienti dall’agricoltura (comprendente sostanze vegetali e animali) e dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani».
8 In G.U., 5 giugno 2009, n. 140, p. 16 ss.
9 F. ERMACORA, Promozione dell’energia da fonti rinnovabili nell’Unione Europea. Quadro normativo, attuazine e prospettive, in Riv. giur. amb., 2011, p. 723.
10 A. DE MESTRIA, Energie rinnovabili: ostacoli e prospettive. Resoconto del convegno romano organizzato dall’Associazione Nazionale Energia del Vento, in Rass. dir. civ., 2011, p. 1012.
11 Si v. F. ERMACORA, o.c., p. 724
12 E. ZANCHINI (a cura di), Paesaggi del vento, Roma, 2002, p. 9.
13 S.A. FREGO LUPPI, L’autorizzazione alla costruzione e all’esercizio delle infrastrutture energetiche, in Dir. amm., 2007, p. 459.
14 V. MOLASCHI, Paesaggio versus ambiente: osservazioni alla luce della giurisprudenza in materia di realizzazione di impianti eolici (*), in Riv. giur. edil., 2009, p. 171.
15 In questi termini si esprime A. PREDIERI, Significato della norma costituzionale sulla tutela del paesaggio, in Urbanistica, tutela del paesaggio, espropriazione, Milano, 1969, p. 3 ss.
16 A. PREDIERI, voce Paesaggio, in Enc. Dir., XXXI, Milano, 1981.
17 Si veda A. CROSETTI, voce Paesaggio, in Dig. disc. pubbl., Aggiornamento, tomo III, Torino, 2008, p. 542 ss. Si veda anche F. DE LEONARDIS, Paesaggio e attività produttive: il caso dell’energia eolica (relazione al VII convegno nazionale A.I.D.U. – Parma 18/19 novembre 2005) pubblicata in www.scienzepolitiche.unipr.it il quale nella nota n. 1 sostiene che «alla definizione di paesaggio come “parte omogenea di territorio i cui caratteri derivano dalla natura, dalla storia umana o dalle reciproche interrelazioni” che è oggi contenuta nell’art. 131 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 si è pervenuti percorrendo il lungo sentiero tracciato dai fondamentali contributi di A.M. SANDULLI, La tutela del paesaggio nella Costuituzione, in Riv. giur. edil., 1967, II, p. 69 ss. (sostenitore della concezione estetica per la quale il paesaggio si identifica con le bellezze naturali) e di A. PREDIERI, voce Paesaggio, in Enc. dir., XXXI, 1981, p. 503 ss. (che ha proposto la nozione dinamica di paesaggio come “forma del territorio” che costituisce il risultato di una continua interazione della natura e dell’uomo)».
18 V. MOLASCHI, Paesaggio versus ambiente, cit.
19 S. GUARINO, Autorizzazione paesaggistica e valutazione comparativa di interessi in materia di energia eolica, in Riv. giur. amb., 2008, p. 640.
20 V. PARISIO, Protezione dell’ambiente, sviluppo sostenibile e controllo giurisdizionale (*), in Riv. giur. urb., 2006, p. 527.
21 Si veda Corte cost., 30 dicembre 1987, n. 641 in Foro amm., 1988, p. 1; Corte cost., 27 giugno 1986, n. 151, in Foro it., 1986, c. 2690.
22 Si v., ad es., Cons. stato, 4 dicembre 1998, n. 1734, in Riv. giur. amb., 1999, p. 674; Cons. stato, 23 novembre 2004, n. 7667, in Cons. Stato, 2004, p. 2469.
23 Si v. TAR Emilia-Romagna, 11 dicembre 2000, n. 973, in I Tar, 2001, p. 602; TAR Piemonte, 9 marzo 2000, n. 267, ivi, p. 2416; TAR Sicilia, Palermo, 15 aprile 1999, n. 778, ivi, 1999, p. 2242
24 Corte cost., n. 641 del 1987 cit.
25 Cons. stato, 18 febbraio 1992, n. 132 in Foro amm., 1992, p. 467; Corte cost., 10 luglio 2002, n. 355, in www.ambientediritto.it; TAR Sicilia, Palermo, 4 febbraio 2005, n. 150, in Riv. giur. amb., 2005, p. 845.
26 TAR Sicilia, Palermo, 28 settembre 2005, n. 1671, in Foro amm. T.A.R., 2005, p. 2988 e TAR Sicilia, Palermo, n. 150 del 2005, cit..
27 R. TUMBIOLO, Impianti eolici: procedimento autorizzativo e compatibilità ambientale, in Riv. giur. amb., 2007, p. 306.
28 P. LOMBRADI, La realizzazione degli impianti di produzione di energia eolica tra ponderazione degli interessi e cooperazione istituzionale, in Riv. giur. ed., 2007, p. 1650.
29 G. TACCOGNA, Campi eolici e paesaggio. Evoluzioni ed involuzioni giurisprudenziali, in Foro amm. T.A.R., 2006, p. 3689.
30 Cosí M. CAFAGNO, Princípi e strumenti di tutela dell’ambiente. Come sistema complesso, adattivo, comune, Torino, 2007, p. 88.
31 Corte cost., 27 luglio 2000, n. 387, in Urb. app., 2000, p. 1183 ss.
32 Cons. stato, Ad. plen., 14 dicembre 2001, n. 9, in Foro it., 2003, c. 382, con nota di L. GILI.
33 O.E. DE FALCO, L’armonizzazione fiscale e le tasse ecologiche, in Riv. giur. amb., 2004, p. 643.
34 Pubblicata in G.U., 12 maggio 1992, n. 109. Questa delibera fu adottata a seguito della legge 9 gennaio 1991, n. 9 con cui si stabilirono prezzi incentivanti per l’energia elettrica prodotta con impianti alimentati da fonti rinnovabili e “assimilate”. La dizione “assimilate” fu aggiunta per comprendere fonti di vario tipo non previste dalla normativa comunitaria.
35 Esempi di queste forme di incentivi si rinvengono nelle leggi 29 maggio 1982, n. 308, n. 9 del 1991 cit. e 9 gennaio 1991, n. 10.
36 Decreto attuativo della direttiva 96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica
37 M. PANELLA, L’incentivazione dell’energia elettrica con i certificati verdi e la procedura di qualificazione degli impianti di produzione, in Rass. ENEL, 2006, p. 154 s.
38 Pubblicato in G.U., 1 luglio 2009, n. 150.
39 Pubblicata in G.U., 4 agosto 2009, n. 179 – S.O. n. 140.
40 Tabella approvata dal Direttore della Agenzia delle Entrate il 16 novembre 2007 ed in vigore dal 1 gennaio 2008
41 G. BONARDI e C. PATRIGNANI (a cura di), Energie alternative e rinnovabili, Milanofiori Assago, 2010, p. 405 ss.
42 La normativa relativa agli incentivi per la produzione di energia da fonti rinnovabili è contenuta nel d.lg. 16 marzo 1999, n. 79, c.d. decreto Bersani, attuato con i successivi decreti emanati in data 11 novembre 1999 e 18 marzo 2002. Ad essa hanno fatto séguito nuove forme di agevolazioni, previste dall’art. 2, commi 143 – 157, l. finanziaria 2008.
43 Pubblicato in G.U., 31 gennaio 2004, n. 25.
44 Pubblicata in G.U., 28 dicembre 2007, n. 300.
45 Per prassi l’Amministrazione finanziaria, in tema di reddito d’impresa, a seconda delle finalità, suddivideva gli incentivi in varie tipologie: contributi in conto capitale, in conto impianti e in conto esercizio. Cfr. risoluzioni 29 marzo 2002, n. 100/E e 19 luglio 2002, n. 241/E, in Banca Dati BIG, IPSOA.
46 S. PICCOLO, Note a margine della possibilità di cumulo degli incentivi previsti per la produzione di energia elettrica mediante impianti fotovoltaici con il credito d’imposta per acquisizione di beni strumentali nuovi in aree svantaggiate, in Boll. trib., 2009, p. 289.
47 Cfr. M. GABELLI e D. ROSSETTI, Certificati verdi: possibile il cumulo con la Tremonti ter?, in Il fisco, 2010, p. 1 ss. e T. MARINO, Cumulabilità della “Tremonti ter” con gli incentivi in materia di energia eolica, in Corr. trib., 2009, p. 3662.
48 Durante il «Forum Fiscalità – Energie rinnovabili» tenutosi in Roma il 22 settembre 2010, presso l’Auditorium del GSE, si diede lettura di una nota del Ministero dello sviluppo economico nella quale si leggeva la riportata considerazione.
49 G. BONARDI e C. PATRIGNANI (a cura di), Fare Energia. Fiscalità e agevolazioni, 2007, p. 285.
50 Cfr. risoluzione dell’Agenzia delle Entrate 27 genaio 2009, n. 20/E, in Banca Dati BIG, IPSOA.
51 T. MARINO, Efficacia retroattiva del cumulo tra «Tremonti-ter» ed incentivi all’energia eolica, in Corr. trib., 2011, p. 1336.
52 Cfr. P.F. CALMETTA e S. PICCOLO, Cumulo difficile tra certificati verdi e Tremonti ter, in Il sole 24 ore, 1 novembre 2010, p. 15.
53 T. MARINO, o.c., p. 1336.
54 Pubblicato in G.U., 28 marzo 2011, n. 71 e recante attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE.
55 Pubblicata in G.U., 6 dicembre 2011, n. 284 – S.O. n. 251.
56 Pubblicata in G.U., 27 dicembre 2011, n. 300.
57 L’imposta sul reddito delle persone fisiche è stata istituita dal d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597 e conteneva 32 aliquote (dal 10% fino al 72%) per gli scaglioni di reddito dai 2 fino ai 500 milioni di lire.
58 Pubblicato in G.U., 31 dicembre 1986, n. 302.
59 Art. 6 t.u.i.r. (Classificazione dei redditi): «1. I singoli redditi sono classificati nelle seguenti categorie: a) redditi fondiari; b) redditi di capitale; c) redditi di lavoro dipendente; d) redditi di lavoro autonomo; e) redditi di impresa; f) redditi diversi.
2. I proventi conseguiti in sostituzione di redditi, anche per effetto di cessione dei relativi crediti, e le indennità conseguite, anche in forma assicurativa, a titolo di risarcimento di danni consistenti nella perdita di redditi, esclusi quelli dipendenti da invalidità permanente o da morte, costituiscono redditi della stessa categoria di quelli sostituiti o perduti. Gli interessi moratori e gli interessi per dilazione di pagamento costituiscono redditi della stessa categoria di quelli da cui derivano i crediti su cui tali interessi sono maturati.
3. I redditi delle società in nome collettivo e in accomandita semplice, da qualsiasi fonte provengano e quale che sia l’oggetto sociale, sono considerati redditi di impresa e sono determinati unitariamente secondo le norme relative a tali redditi».
60 Introdotto nel t.u.i.r. con il d.l. 23 febbraio 1995, n.41, c.d. decreto Dini.