Inoltre, la Corte di Giustizia ha riconosciuto anche la possibilità di un controllo congiunto, ossia che il controllo analogo sia esercitato congiuntamente da più autorità pubbliche che possiedono in comune l’entità affidataria, non essendo necessario che ciascuna di esse detenga da sola un potere di controllo individuale su tale entità (Cortedi Giustizia UE, 13 novembre 2008, causa C-324/07, Coditel Brabant; 29 novembre 2012, cause C-182/11e e C-183/11, Econord,secondo cui il controllo congiunto è soddisfatto qualora ciascuna delle autorità pubbliche partecipi sia al capitale sia agli organi direttivi dell’entità incaricata di adempiere compiti di servizio pubblico ad esse spettanti).
Con riferimento al concetto di «attività prevalente», la Corte di Giustizia ha stabilito che occorre considerare che il fatturato determinante è rappresentato da quello che l’impresa in questione realizza in virtù delle decisioni di affidamento adottate dall’ente controllante, compreso quello ottenuto con gli utenti in attuazione di tali decisioni. Infatti, le attività di un’impresa aggiudicataria da prendere in considerazione sono tutte quelle che quest’ultima realizza nell’ambito di un affidamento effettuato dall’amministrazione aggiudicatrice, indipendentemente dal fatto che il destinatario sia la stessa amministrazione aggiudicatrice o l’utente delle prestazioni (Corte di Giustizia UE, 11 maggio 2006, Carbotermo e Consorzio Alisei, causa C-340/04).
I requisiti dell’in house providing sopra descritti, costituendo un’eccezione alle regole generali del diritto comunitario, vanno interpretati restrittivamente (Corte di Giustizia CE, 6 aprile 2006, causa C-410/04).
La giurisprudenza nazionale ha ribadito nelle proprie pronunce i principi generali affermati dalla Corte di Giustizia UE in tema di in house providing, delineando le coordinate di riferimento del concetto di prevalenza dell’attività svolta per l’amministrazione affidante e i contorni essenziali della nozione di controllo analogo (v. ex multis Cons. St., Ad. pl., 3 marzo 2008, n. 1). In particolare, è stato affermato che:
a) lo statuto della società non deve consentire che una quota del capitale sociale, anche minoritaria, possa essere alienata a soggetti privati (Cons. Stato, sez. V, 30 agosto 2006, n. 5072);
b) il consiglio di amministrazione della società non deve avere rilevanti poteri gestionali e all’ente pubblico controllante deve essere consentito esercitare poteri maggiori rispetto a quelli che il diritto societario riconosce normalmente alla maggioranza sociale (Cons. Stato, sez. VI, 3 aprile 2007, n. 1514);
c) l’impresa non deve avere acquisito una vocazione commerciale che rende precario il controllo dell’ente pubblico e che risulterebbe, tra l’altro: dall’ampliamento dell’oggetto sociale; dall’apertura obbligatoria della società, a breve termine, ad altri capitali; dall’espansione territoriale dell’attività d ella società all’estero (v. Cons. St., Ad. pl., 3 marzo 2008, n. 1, che richiama C. giust. CE: 10 novembre 2005, C -29/04, Mödling o Commissione c. Austria; 13 ottobre 2005, C-458/03, Parking Brixen);
d) le decisioni più importanti devono essere sottoposte al vaglio preventivo dell’ente affidante (Cons. Stato, sez. V, 8 gennaio 2007, n. 5, che ha affermato che se il consiglio di amministrazione ha poteri ordinari non si può ritenere sussistente un controllo analogo).