PUBBLICO IMPIEGO – Docenti universitari impiegati presso Aziende Sanitarie – Regolazione trattamento retributivo-perequativo – Spetta al nuovo Protocollo – Eccezioni – Docenti universitari impiegati presso Aziende Sanitarie – Rapporti di impiego di diritto pubblico – Regolazione trattamento retributivo-perequativo – Protocolli di Intesa tra le Regioni e le Università – DIRITTO DEL LAVORO – Regime contrattual-collettivo del rapporto di lavoro – Prestazione resa in vigenza di una certa disciplina – D.Lgs. n. 517/1999 – DIRITTO PROCESSUALE CIVILE – Trattamento economico e quota perequativa – Conseguenze obbligatorie o risarcitorie – Giurisdizione ordinaria – Lavoro pubblico e/o privatizzato – Piano negoziale individuale – Rilevanza dei contratti individuali – Esclusione – Disciplina esclusiva (legge e contrattazione collettiva).
Provvedimento: SENTENZA
Sezione: 4^ LAVORO
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 1 Dicembre 2025
Numero: 31339
Data di udienza: 23 Settembre 2025
Presidente: DORONZO
Estensore: BELLE'
Premassima
PUBBLICO IMPIEGO – Docenti universitari impiegati presso Aziende Sanitarie – Regolazione trattamento retributivo-perequativo – Spetta al nuovo Protocollo – Eccezioni – Docenti universitari impiegati presso Aziende Sanitarie – Rapporti di impiego di diritto pubblico – Regolazione trattamento retributivo-perequativo – Protocolli di Intesa tra le Regioni e le Università – DIRITTO DEL LAVORO – Regime contrattual-collettivo del rapporto di lavoro – Prestazione resa in vigenza di una certa disciplina – D.Lgs. n. 517/1999 – DIRITTO PROCESSUALE CIVILE – Trattamento economico e quota perequativa – Conseguenze obbligatorie o risarcitorie – Giurisdizione ordinaria – Lavoro pubblico e/o privatizzato – Piano negoziale individuale – Rilevanza dei contratti individuali – Esclusione – Disciplina esclusiva (legge e contrattazione collettiva).
Massima
CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sez. 4^ LAVORO, 1° Dicembre 2025 (ud. 23/09/2025), Sentenza n. 31339
PUBBLICO IMPIEGO – Docenti universitari impiegati presso Aziende Sanitarie – Regolazione trattamento retributivo-perequativo – Spetta al nuovo Protocollo – Eccezioni.
Nei rapporti di impiego pubblico dei docenti universitari impiegati presso aziende sanitarie, regolati da Protocolli di Intesa fra Regioni e Università, a meno dell’esistenza nel Protocollo pregresso di norme di salvaguardia e comunque di regolazione transitoria del tempo intermedio prima dell’adozione di un nuovo Protocollo, è quest’ultimo a regolare appieno, anche con possibili effetti ex tunc o in ipotesi anche con introduzione di un apposito regime per la fase transitoria, l’assetto del trattamento retributivo-perequativo. Se invece il Protocollo sia privo di scadenza certa, soccorrono i principi generali che non consentono di rimuovere con effetto ex tunc trattamenti che fossero previsti dalla fonte, in pieno regime di efficacia, che li regolava al momento dello svolgersi della prestazione. (Segnalazione e massima a cura dell’avv. Paolo Cotza)
PUBBLICO IMPIEGO – Docenti universitari impiegati presso Aziende Sanitarie – Rapporti di impiego di diritto pubblico – Regolazione trattamento retributivo-perequativo – Protocolli di Intesa tra le Regioni e le Università – Eccezioni.
I rapporti di impiego con i docenti universitari impiegati nelle aziende sanitarie sono di diritto pubblico e non sono soggetti a regolazione attraverso la contrattazione collettiva, ma a disciplina unilaterale di fonte legale o amministrativa che risale, quanto al regime della perequazione con i medici del S.S.N. secondo il regime del D.Lgs. n. 517 del 1999 (art. 6), sopravvenuto a quello dell’art. 31 del D.P.R. n. 731 del 1979 e dell’art. 102 D.P.R. n. 382 del 1980, a quanto stabilito dai Protocolli di Intesa tra le Regioni e le Università; ciononostante, i trattamenti diversificati tra i diversi Protocolli succedutisi nel tempo soggiacciono a regole analoghe a quelle stabilite per il succedersi tra contratti collettivi di minor favore, nel senso che, quando un Protocollo sia scaduto, è permesso ad un successivo Protocollo di stabilire un trattamento meno favorevole con efficacia a far data da tale scadenza, mentre non è consentito regolare con effetto ex tunc, in modo meno favorevole, il trattamento per prestazioni già rese nella perdurante vigenza di un precedente Protocollo o di norme di esso destinate a disciplinare il periodo transitorio.
DIRITTO DEL LAVORO – Distinzione tra il rapporto di lavoro dei professori e ricercatori con l’università – Protocolli di intesa – D.Lgs. n. 517/1999 – DIRITTO PROCESSUALE CIVILE – Trattamento economico e quota perequativa – Conseguenze obbligatorie o risarcitorie – Giurisdizione ordinaria – Lavoro pubblico e/o privatizzato – Piano negoziale individuale – Rilevanza dei contratti individuali – Esclusione – Disciplina esclusiva (legge e contrattazione collettiva).
Il tema del trattamento anche economico, per quanto attiene alla quota perequativa, appartiene alla giurisdizione ordinaria e ciò anche nel regime di cui al D.Lgs. n. 517 del 1999 ed in ragione dell’emergere, dall’art. 5 del D.Lgs. cit., di una distinzione tra il rapporto di lavoro dei professori e ricercatori con l’università e quello instaurato dagli stessi con l’azienda ospedaliera e con la previsione che, sia per l’esercizio dell’attività assistenziale, sia per il rapporto con le aziende, si applichino le norme stabilite per il personale del servizio sanitario nazionale; strutturazione complessa da cui deriva che, quando la parte datoriale si identifichi nell’azienda sanitaria, la qualifica di professore universitario funge da mero presupposto del rapporto lavorativo e l’attività svolta si inserisce nei fini istituzionali e nell’organizzazione dell’azienda. In applicazione di tale assetto, è consentito al giudice ordinario l’apprezzamento di quale sia il legittimo regime di efficacia degli atti, ivi compresi i Protocolli di intesa, da cui discendono i corrispondenti diritti soggettivi alla perequazione e la verifica rispetto al determinarsi di un reale effetto perequativo. Ciò con le conseguenze obbligatorie o risarcitorie del caso, se il combinarsi di fondi e Protocolli non comportino l’attribuzione di trattamenti che “sommati a quello ricevuto dall’Università, risultino complessivamente inidonei ad operare una sostanziale equiparazione, quanto a trattamento finale complessivamente considerato, al personale delle unità sanitarie locali svolgente funzioni analoghe” (v. Cass. 11940/2025) ed in modo di riconoscere o negare, in concreto, la tutela a tali diritti. Inoltre, è da escludere che abbiano rilevanza i contratti individuali perché nel lavoro pubblico se un trattamento non è previsto dal sistema regolativo complessivo, non è certo sul piano negoziale individuale che possa essere riconosciuto o mantenuto. Ciò per il convergere di ineludibili ragioni di uniformità dei trattamenti e di prevedibilità finanziaria generale, destinate ad esprimersi attraverso regole omogenee per tutto il personale: così è nel settore privatizzato, ove il rapporto di lavoro è disciplinato esclusivamente dalla legge e dalla contrattazione collettiva, sicché non possono essere attribuiti trattamenti economici non previsti dalle suddette fonti, nemmeno se di miglior favore; così a maggior ragione è nel settore dell’impiego non privatizzato, ove le fonti sopraindividuali non consentono di certo di avallare trattamenti di favore conseguenti al negoziato con i singoli.
DIRITTO DEL LAVORO – Regime contrattual-collettivo del rapporto di lavoro – Prestazione resa in vigenza di una certa disciplina.
In ambito di regime contrattual-collettivo si devono considerare diritti quesiti le situazioni che siano entrate a far parte del patrimonio del lavoratore subordinato, come i corrispettivi di prestazioni già rese. Ciò in quanto il saldarsi della fonte del diritto in pieno regime di efficacia con l’essersi resa la prestazione, comporta il sorgere del diritto, non rimuovibile ex post da una diversa regolamentazione da parte della successiva versione della medesima fonte. Quindi, l’essersi resa una prestazione in vigenza di una certa disciplina, non cessata nella propria efficacia, non consente di procedere ad una regolazione postuma in senso retroattivo ed in pregiudizio al lavoratore. Ciò si fonda sulla considerazione combinata dell’assetto tecnico-giuridico della fattispecie (esistenza della fonte, con integrazione dei presupposti di operatività di essa) dei principi propri della situazione coinvolta (tutela del lavoro ex artt. 35 e 36 Cost.) e dell’affidamento (art. 3 Cost., v. Corte Costituzionale 5 novembre 2015, n. 216), che non consentono di ritenere giustificato che il corrispettivo legittimamente stabilito per una certa prestazione venga ridotto ex post, andando a rimuovere retroattivamente diritti già entrati nel patrimonio dell’interessato.
(Accoglie in parte, con rinvio, il ricorso promosso avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di PALERMO n. 1068/2020) Pres. DORONZO, Rel. BELLÈ
Allegato
Titolo Completo
CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sez. 4^ LAVORO, 1° Dicembre 2025 (ud. 23/09/2025), Sentenza n. 31339SENTENZA
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO CIVILE
composta dagli ill.mi Sigg.ri magistrati:
omissis
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel procedimento iscritto al n. 10771/2021 R.G. proposto da
Omissis, ed altri omissis, gli ultimi tre n.q. di eredi di omissis, questi ultimi quattro n.q. di eredi di omissis, rappresentati e difesi dall’Avv. GIOVANNI IMMORDINO
– ricorrenti –
CONTRO
AZIENDA OSPEDALIERA UNIVERSITARIA POLICLINICO “PAOLO GIACCONE” DI PALERMO, ASSESSORATO REGIONALE DELLA SALUTE, PRESIDENZA DELLA REGIONE SICILIANA, UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PALERMO, rappresentati e difesi dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO
– controricorrenti –
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Palermo n. 1068/2020, depositata il 4.2.2021, NRG 421/2019;
udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 23.9.2025 dal Consigliere ROBERTO BELLÈ;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Mario Fresa, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;
udito per i ricorrenti l’Avv. GIOVANNI IMMORDINO.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte d’Appello di Palermo ha riformato la sentenza del Tribunale della stessa città che aveva accolto la domanda degli attuali ricorrenti, tutti docenti universitari addetti ad attività assistenziali presso l’Azienda Ospedaliera P. Giaccone, i quali avevano agito in giudizio contestando l’applicazione retroattiva del nuovo Protocollo d’intesa fra la Regione Siciliana e l’Università degli Studi di Palermo. Tale Protocollo, infatti, seppure sottoscritto il 10 marzo 2010, prevedeva che i propri effetti decorressero dal 1 gennaio 2009 e ciò in pregiudizio dei trattamenti di miglior favore conseguenti al precedente Protocollo, recepito nei rispettivi contratti individuali e da cui erano derivate azioni di recupero da parte dell’Azienda, nonostante i ricorrenti fossero stati anche nel frattempo collocati in quiescenza.
La Corte d’Appello ha ritenuto fondato il motivo di impugnazione con il quale l’Azienda Ospedaliera aveva fatto leva sulla scadenza della precedente intesa, per escludere che gli originari ricorrenti avessero un diritto soggettivo a conservare il trattamento retributivo previsto dalla stessa.
La Corte territoriale ha argomentato in particolare sulla sussistenza di una potestà delle parti stipulanti i Protocolli di regolarne retroattivamente l’efficacia, a garanza delle continuità e certezza dei rapporti giuridici al governo dei quali essi sono destinati.
2. Avverso tale sentenza è stato proposto dai medici ricorso per cassazione affidato a due motivi, resistiti da controricorso delle parti pubbliche.
Il Pubblico Ministero ha depositato note scritte con le quali ha insistito per l’accoglimento del ricorso per cassazione, come poi anche in udienza.
È in atti memoria dei ricorrenti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso denuncia l’omesso esame di fatto decisivo per il giudizio (art. 360 n. 5 c.p.c.) ed è sviluppato sostenendo che la Corte distrettuale non avrebbe tenuto conto delle allegazioni, non contestate, contenute nel ricorso introduttivo del giudizio dinanzi al Tribunale, ove era stato precisato che il trattamento corrisposto era conforme a quello previsto nei contratti individuali di ciascuno dei medici, stipulati in conformità alle deliberazioni n. 2 e 29 del gennaio 2006.
I ricorrenti assumono la decisività della circostanza, argomentando sul fatto che la prestazione non era stata resa, come sostenuto dal giudice d’appello, in difetto di copertura contrattuale e che viceversa le obbligazioni erano state rispettivamente adempiute in conformità a contratti individuali, validi ed efficaci.
Il secondo motivo è dedotto come violazione e falsa applicazione (art. 360 n. 3 c.p.c.) degli artt. 1, 2 e 6 del D.Lgs. n. 517/1999, dell’art. 11 delle preleggi e del principio di certezza del diritto.
I medici, trascrivendo nel ricorso i testi normativi rilevanti, deducono che il termine quadriennale previsto dall’art. 2 cit. e richiamato dall’art. 16 del Protocollo di intesa non poteva riguardare la durata del Protocollo medesimo, né il trattamento economico del personale e contestano l’affermazione della sentenza impugnata secondo cui, sulla base della normativa di legge, sarebbe consentito alle parti contraenti di regolamentare l’efficacia temporale dei Protocolli e di farne retroagire gli effetti.
Essi assumono infatti che, non predeterminando la legge la durata dei Protocolli, gli effetti dell’intesa del 2004 non potessero essere rimossi dal successivo Protocollo con effetti ex tunc. Ciò in quanto la giurisprudenza sulla intangibilità dei diritti quesiti in ragione della contrattazione collettiva doveva essere applicata anche nella fattispecie, con conseguente impossibilità del trattamento peggiorativo per il periodo antecedente alla sottoscrizione del nuovo accordo.
2. I motivi vanno esaminati congiuntamente sul piano giuridico, seguendo l’ordine logico delle questioni.
3. Senza ripercorrere i dettagli dell’intera evoluzione storica del regime equiparativo dei medici professori universitari in servizio presso le Aziende Ospedaliere con i medici del S.S.N. (sviluppi per i quali si può fare rinvio a Cass. 22 aprile 2022, n. 12952 e a Cass. 7 maggio 2025, n. 11940), qui basti rilevare che, abbandonato il sistema di perequazione c.d. De Maria (art. 31 del D.Lgs. n. 731 del 1979; art. 102 del D.P.R. 382/1980), la disciplina è stata dettata dal D.Lgs. n. 517 del 1999 e dal d.p.c.m. 24 maggio 2001, attuativo di esso in forza dell’art. 1, co. 2, del D.Lgs. n. 517 cit. Queste ultime fonti stabiliscono che i rapporti organizzativi tra le Aziende e le Università sono regolati da Protocolli di intesa tra le Regioni e le Università stesse, cui è demandato, sul piano dei trattamenti retributivi dei medici, il riconoscimento di quote aggiuntive con il “chiaro intento di fissare un criterio di quantificazione del trattamento economico spettante al personale universitario che tenga conto del nuovo assetto della dirigenza medica e della diversa struttura della retribuzione delineata dalle parti collettive, le quali, già a partire dal CCNL 5.12.1996, per quel che in questa sede rileva, avevano distinto lo stipendio tabellare dalla retribuzione di posizione e da quella di risultato” (così, Cass. 11940/2025, cit.).
Ai Protocolli è altresì demandata – in via di interpretazione complessiva della normativa – l’attuazione del nuovo sistema perequativo, da svolgere sulla base di regole dettate dall’art. 6 del D.Lgs. n. 517 del 1999 cit.
In ogni caso, si deve sottolineare come il rapporto con i docenti universitari appartenga, ai sensi dell’art. 3, co. 2, D.Lgs. n. 165 del 2001, all’ambito del lavoro pubblico non privatizzato e rispetto ai medici operanti nell’ambito del S.S.N. ciò comporta una regolazione secondo le regole proprie della docenza universitaria (artt. 36, 38 e 39 del D.P.R. n. 382 del 1980; art. 8 della legge n. 240 del 2010 e successivi regolamenti), cui si affianca la disciplina del regime perequativo. Anche quest’ultima, peraltro, come è per il regime generale della docenza universitaria, non è disciplina contrattual-collettiva, ma in forme di legge o unilaterali.
La fissazione di criteri retributivi attraverso i Protocolli di intesa è in sostanza frutto di una convergenza tra Università e Regioni, quali soggetti coinvolti in senso pubblicistico, sul versante lato sensu datoriale, mentre la contrattazione collettiva del (diverso) settore privatizzato dei medici del S.S.N. è solo un parametro di riferimento di congruità e proporzione (art. 6, D.Lgs. n. 517 cit., co. 2, primo periodo), anche sul piano incrementale (art. 6, co.2, cit. secondo periodo), ma non la fonte delle regole sul trattamento retributivo.
3.1 Va altresì rammentato che, secondo un orientamento costante presso questa S.C., il tema del trattamento anche economico, per quanto attiene alla quota perequativa, appartiene alla giurisdizione ordinaria (Cass., S.U., 15 maggio 2012, n. 7503) e ciò anche nel regime di cui al D.Lgs. n. 517 del 1999 ed in ragione dell’emergere, dall’art. 5 del D.Lgs. citato, di una distinzione tra il rapporto di lavoro dei professori e ricercatori con l’università e quello instaurato dagli stessi con l’azienda ospedaliera e con la previsione che, sia per l’esercizio dell’attività assistenziale, sia per il rapporto con le aziende, si applichino le norme stabilite per il personale del servizio sanitario nazionale; strutturazione complessa da cui deriva che, quando la parte datoriale si identifichi nell’azienda sanitaria, la qualifica di professore universitario funge da mero presupposto del rapporto lavorativo e l’attività svolta si inserisce nei fini istituzionali e nell’organizzazione dell’azienda. Si deve quindi ritenere, in applicazione proprio di tale assetto, che sia consentito al giudice ordinario l’apprezzamento di quale sia il legittimo regime di efficacia degli atti, ivi compresi i Protocolli di intesa, da cui discendono i corrispondenti diritti soggettivi alla perequazione e la verifica rispetto al determinarsi di un reale effetto perequativo. Ciò con le conseguenze obbligatorie o risarcitorie del caso, se il combinarsi di fondi e Protocolli non comportino l’attribuzione di trattamenti che “sommati a quello ricevuto dall’Università, risultino complessivamente inidonei ad operare una sostanziale equiparazione, quanto a trattamento finale complessivamente considerato, al personale delle unità sanitarie locali svolgente funzioni analoghe” (così, ancora, Cass. 11940/2025, cit.) ed in modo di riconoscere o negare, in concreto, la tutela a tali diritti.
Su tali premesse, il tema di causa è quello – rientrante nell’ambito di cognizione del giudice ordinario quale appena delineato – del succedersi nel tempo di Protocolli di intesa in ipotesi destinati a comportare modificazioni sui trattamenti economici dei medici universitari ospedalieri.
4. Certamente è da escludere – con ciò rigettandosi in pieno il primo motivo – che abbiano rilevanza i contratti individuali perché nel lavoro pubblico se un trattamento non è previsto dal sistema regolativo complessivo, non è certo sul piano negoziale individuale che possa essere riconosciuto o mantenuto. Ciò per il convergere di ineludibili ragioni di uniformità dei trattamenti e di prevedibilità finanziaria generale, destinate ad esprimersi attraverso regole omogenee per tutto il personale: così è nel settore privatizzato, ove il rapporto di lavoro è disciplinato esclusivamente dalla legge e dalla contrattazione collettiva, sicché non possono essere attribuiti trattamenti economici non previsti dalle suddette fonti, nemmeno se di miglior favore (per tutte, Cass. 2 dicembre 2019, n. 31387); così a maggior ragione è nel settore dell’impiego non privatizzato, ove le fonti sopraindividuali non consentono di certo di avallare trattamenti di favore conseguenti al negoziato con i singoli.
5. Diverso è invece il tema del succedersi delle fonti regolative.
5.1 Senza dubbio, come ritenuto anche dalla Corte territoriale, non vi è nel D.Lgs. n. 517 del 1999 un principio idoneo a fissare l’efficacia temporale dei Protocolli.
Né può valorizzarsi a tal fine ed in sé il termine quadriennale fissato dall’art. 2 del D.Lgs. n. 517 del 1999, che riguarda la sperimentazione (co. 3) rispetto all’articolazione organizzativa delle aziende ospedaliere ivi regolata (co. 2).
5.2 In mancanza di una normativa espressa sulla durata dei Protocolli, va allora stabilito quali siano i possibili effetti della consecuzione temporale tra di essi.
5.3 Anche da questo punto di vista mancano norme esplicite.
5.3.1 In proposito si può ritenere che, se il Protocollo sia munito di una durata certa, ovverosia di un termine, la regolazione ad opera di un successivo Protocollo non incontra limiti nell’introduzione di una disciplina meno favorevole a decorrere dalla scadenza del primo, se non quelli generalissimi di cui all’art. 36 Cost., che non è però quanto viene qui in evidenza. Non vi è infatti ragione per cui, se l’atto cui risalgono le previsioni regolative sia munito di scadenza, i suoi effetti debbano aversi anche per il futuro. Ciò secondo una linea che non può che essere comune, pur mutando la fonte, a quanto si ritiene rispetto alla contrattazione collettiva.
Infatti, come, per quest’ultima, il derivare di essa da una manifestazione dell’autonomia negoziale degli stipulanti ha l’effetto di farne operare gli effetti esclusivamente entro l’ambito temporale concordato dalle parti (Cass., S.U., 30 maggio 2005, n. 11325; Cass. 7 ottobre 2010, n. 20784), analogamente, per i Protocolli, quale fonte eteronoma del rapporto di impiego, la fissazione originaria di una certa durata, naturalmente non consente l’estensione degli effetti oltre lo spirare di essa e permette al Protocollo successivo di regolare ex novo i trattamenti cui esso ha riguardo. E questo anche se, tra lo spirare del termine del primo Protocollo e l’adozione del successivo Protocollo, vi sia un lasso di tempo nell’ambito del quale vengano rese le prestazioni tipiche e ciò perché non è dato discorrere in tal caso, di diritti quesiti, essendo ciò impedito proprio dalla scadenza del previgente Protocollo.
Pertanto, a meno dell’esistenza nel Protocollo pregresso di norme di salvaguardia e comunque di regolazione transitoria del tempo intermedio prima dell’adozione di un nuovo Protocollo, è quest’ultimo a regolare appieno, anche con possibili effetti ex tunc o in ipotesi anche con introduzione di un apposito regime per la fase transitoria, l’assetto del trattamento retributivo-perequativo.
5.3.2 Se invece il Protocollo sia privo di scadenza certa, soccorrono i principi generali che non consentono di rimuovere con effetto ex tunc trattamenti che fossero previsti dalla fonte, in pieno regime di efficacia, che li regolava al momento dello svolgersi della prestazione.
In ambito di regime contrattual-collettivo è stato infatti detto e va qui mutatis mutandis confermato, che si devono considerare diritti quesiti le situazioni che siano entrate a far parte del patrimonio del lavoratore subordinato, come i corrispettivi di prestazioni già rese (Cass. 21 settembre 2023, n. 27054; Cass. 19 febbraio 2014, n. 3982; Cass. 29 settembre 2009, n. 20838). Ciò in quanto il saldarsi della fonte del diritto in pieno regime di efficacia con l’essersi resa la prestazione, comporta il sorgere del diritto, non rimuovibile ex post da una diversa regolamentazione da parte della successiva versione della medesima fonte. Quindi, l’essersi resa una prestazione in vigenza di una certa disciplina, non cessata nella propria efficacia, non consente di procedere ad una regolazione postuma in senso retroattivo ed in pregiudizio al lavoratore. Ciò si fonda sulla considerazione combinata dell’assetto tecnico-giuridico della fattispecie (esistenza della fonte, con integrazione dei presupposti di operatività di essa) dei principi propri della situazione coinvolta (tutela del lavoro ex artt. 35 e 36 Cost.) e dell’affidamento (art. 3 Cost., v. Corte Costituzionale 5 novembre 2015, n. 216), che non consentono di ritenere giustificato che il corrispettivo legittimamente stabilito per una certa prestazione venga ridotto ex post, andando a rimuovere retroattivamente diritti già entrati nel patrimonio dell’interessato.
6. Su tali basi e venendo al caso di specie, dalla sentenza impugnata non si evince un chiaro accertamento di quale fosse l’assetto temporale dell’efficacia del Protocollo pregresso.
La Corte riferisce della tesi dell’Università in ordine ad una scadenza al 31.12.2008, ma poi, nel motivare l’accoglimento dell’appello, fa riferimento dapprima all’assenza di norme sull’efficacia temporale dei Protocolli e quindi ad un generico potere “in capo ai paciscenti della potestà di regolare retroattivamente l’efficacia del Protocollo”. È poi vero che, secondo la sentenza impugnata, ciò deriverebbe dall’esigenza di assicurare continuità e certezza ai rapporti giuridici al governo dei quali i Protocolli sono destinati, ma poi, nel negare l’esistenza di diritti quesiti, si fa riferimento allo svolgimento delle prestazioni “di fatto in difetto di alcuna copertura contrattuale”, che è equivoco, perché i rapporti in questione non si sorreggono su un regime di contrattazione collettiva, ma, come detto, su un regolazione lato sensu unilaterale.
6.1. In definitiva, i rilievi di cui al secondo motivo con i quali si richiamano in sostanza i principi che – anche secondo la ricostruzione di cui sopra – sono destinati a disciplinare la fattispecie, mettono in evidenza la mancanza di un chiaro accertamento di fatto proprio sul punto decisivo, ovverosia sull’esistenza di un termine di durata del Protocollo pregresso, esplicitamente fissato o desumibile da operazioni interpretative, su eventuali regole di proroga esplicita o di proroga per difetto di disdetta o quant’altro, fino al caso dell’assenza totale di ogni limitazione temporale dell’efficacia.
6.2 La genericità del piano fattuale su cui si muove la Corte territoriale si traduce quindi in errore di diritto, nel senso che attraverso essa si è finito per eludere proprio l’accertamento centrale da cui dipende la definizione – quanto meno, visto che nel merito dei diritti rivendicati non è qui possibile entrare – di quale sia il Protocollo che ha regolato i rapporti oggetto di causa o fino a quando i rapporti siano stati regolati dal pregresso Protocollo e poi dal nuovo, in ipotesi per legittima retroattività di esso, condizionata tuttavia, secondo quanto sopra detto, all’appurata perdita di efficacia del precedente.
7. L’accoglimento del secondo motivo comporta la cassazione della sentenza impugnata. Con rinvio alla medesima Corte d’Appello la quale in diversa composizione deciderà facendo applicazione delle regole quali sopra definite.
8. Va anche espresso il seguente principio: “i rapporti di impiego con i docenti universitari impiegati nelle aziende sanitarie sono di diritto pubblico e non sono soggetti a regolazione attraverso la contrattazione collettiva, ma a disciplina unilaterale di fonte legale o amministrativa che risale, quanto al regime della perequazione con i medici del S.S.N. secondo il regime del D.Lgs. n. 517 del 1999 (art. 6), sopravvenuto a quello dell’art. 31 del D.P.R. n. 731 del 1979 e dell’art. 102 D.P.R. n. 382 del 1980, a quanto stabilito dai Protocolli di Intesa tra le Regioni e le Università; ciononostante, i trattamenti diversificati tra i diversi Protocolli succedutisi nel tempo soggiacciono a regole analoghe a quelle stabilite per il succedersi tra contratti collettivi di minor favore, nel senso che, quando un Protocollo sia scaduto, è permesso ad un successivo Protocollo di stabilire un trattamento meno favorevole con efficacia a far data da tale scadenza, mentre non è consentito regolare con effetto ex tunc, in modo meno favorevole, il trattamento per prestazioni già rese nella perdurante vigenza di un precedente Protocollo o di norme di esso destinate a disciplinare il periodo transitorio”.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta il primo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’Appello di Palermo, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di cassazione.
Corte Suprema di Cassazione, il giorno 23 settembre 2025.




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