RIFIUTI – Gestione del servizio pubblico – PEF grezzo – Comune – Componenti di costo ammissibili – Copertura non integrale – Scostamento dai valori determinati ai sensi del MTR-2 – Controversie – Giurisdizione del giudice amministrativo – Delibera ARERA n. 363/2021, art. 4.6 – Comune – Rimborso di costi inferiori nei confronti del gestore – Presupposti – Equilibrio economico-finanziario della gestione – Motivazione – Rispetto del principio full cost recovery – Comunicazione al gestore – Modifiche apportate con la delibera ARERA n. 397/2025 (MTR-3)
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 2^ bis
Regione: Lazio
Città: Roma
Data di pubblicazione: 5 Novembre 2025
Numero: 19534
Data di udienza: 22 Ottobre 2025
Presidente: Francavilla
Estensore: Corbi
Premassima
RIFIUTI – Gestione del servizio pubblico – PEF grezzo – Comune – Componenti di costo ammissibili – Copertura non integrale – Scostamento dai valori determinati ai sensi del MTR-2 – Controversie – Giurisdizione del giudice amministrativo – Delibera ARERA n. 363/2021, art. 4.6 – Comune – Rimborso di costi inferiori nei confronti del gestore – Presupposti – Equilibrio economico-finanziario della gestione – Motivazione – Rispetto del principio full cost recovery – Comunicazione al gestore – Modifiche apportate con la delibera ARERA n. 397/2025 (MTR-3)
Massima
TAR LAZIO, Roma, Sez. 2^ bis – 5 novembre 2025, n. 19534
RIFIUTI – Gestione del servizio pubblico – PEF grezzo – Comune – Componenti di costo ammissibili – Copertura non integrale – Scostamento dai valori determinati ai sensi del MTR-2 – Controversie – Giurisdizione del giudice amministrativo.
Il Comune, dopo aver ricevuto dal gestore il PEF grezzo, da quest’ultimo determinato in applicazione dei criteri di cui alle delibere ARERA nn. 443/19, 138/21, 363/21, può discostarsi dai valori in esso contenuti, in quanto le entrate tariffarie determinate ai sensi del MTR-2 sono considerate valori massimi. In tal caso, compete sempre all’Ente locale individuare “le componenti di costo ammissibili ai sensi della disciplina tariffaria” che, sulla base di valutazioni discrezionali dell’Amministrazione, essa ritiene di non “coprire integralmente”. La relativa delibera, con cui è contestualmente approvato il PEF, è un atto autoritativo, di regolazione, cosicchè esso rimane attratto nell’alveo della giurisdizione amministrativa.
RIFIUTI – Delibera ARERA n. 363/2021, art. 4.6 – Comune – Rimborso di costi inferiori nei confronti del gestore – Presupposti – Equilibrio economico-finanziario della gestione – Motivazione – Rispetto del principio full cost recovery – Comunicazione al gestore – Modifiche apportate con la delibera ARERA n. 397/2025 (MTR-3)
L’art. 4.6. della delibera ARERA n. 363/2021 consente al Comune di riconoscere il rimborso di costi inferiori, nei confronti del gestore del servizio pubblico, solo in presenza di un equilibrio economico-finanziario della gestione del servizio e motivando adeguatamente circa il rispetto del principio del full cost recovery; la comunicazione al gestore dell’esito delle valutazioni costituisce adempimento di centrale importanza ai fini del controllo dell’operato pubblico sulla gestione del servizio, cosicchè la relativa omissione vizia il provvedimento finale. La recente delibera n. 397/2025 (MTR-3), adottata da ARERA per il periodo 2026-2029, non si limita a prevedere solamente la comunicazione, in favore del gestore, degli esiti del PEF grezzo a opera del Comune, ma impone alle parti di trovare un vero e proprio accordo, laddove l’Amministrazione voglia ridurre gli importi dovuti al gestore in forza dell’automatica rivalutazione del PEF
Pres. Francavilla, Est. Corbi – M. S.c. a r.l. (avv.ti Annibali, Ruffini e Orlando) c. Comune di Genazzano (avv.ti Ferdinandi e Silti)
Allegato
Titolo Completo
TAR LAZIO, Roma, Sez. 2^ bis – 5 novembre 2025, n. 19534SENTENZA
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale omissis del 2024, proposto da Minerva S.c. a r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli Avvocati Angelo Annibali, Andrea Ruffini, Marco Orlando, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Genazzano, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli Avvocati Carola Ferdinandi, Roberto Silti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l’annullamento
previa sospensione degli effetti:
– della deliberazione del Consiglio comunale di Genazzano n. 15 del 18 luglio 2024;
– del relativo allegato “A”, contenente il piano finanziario 2024-2025 aggiornato e revisionato;
– del relativo allegato “B”, costituito dalla relazione accompagnatoria al piano finanziario 2024-2025 redatta dall’Ente;
– del relativo allegato “C”, con l’elenco delle tariffe TARI per l’anno 2024;
– della nota del Comune di Genazzano prot. n. 5618 del 12 agosto 2024;
– della nota del Comune di Genazzano prot. n. 6223 del 12 settembre 2024;
– di ogni altro atto presupposto, conseguente o, comunque, connesso ai precedenti, ancorché non noto.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Genazzano;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 ottobre 2025 il Dott. Christian Corbi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso notificato in data 1.10.2024 e depositato in data 8.10.2024, Minerva S.c. a r.l. ha adito l’intestato Tribunale nei confronti del Comune di Genazzano al fine di sentir annullare, previa sospensione degli effetti, gli atti meglio emarginati in epigrafe.
2. A sostegno del ricorso, la ricorrente articolava le censure che di seguito verranno enucleate, aventi tutte a oggetto l’illegittimità della delibera n. 15/2024, in questa sede impugnata: a) perché asseritamente assunta in spregio alla delibera ARERA n. 363/2021, art. 28.2. MTR-2, in quanto l’Ente locale non avrebbe mai comunicato alla ricorrente gli esiti del procedimento di validazione e approvazione del P.E.F. 2024-2025; b) perché essa non conterrebbe la motivazione imposta dall’art. 4.6. della delibera ARERA n. 363/2021, richiamata dall’Amministrazione per operare il taglio dei costi per cui è causa; c) perché il richiamato art. 4.6. della delibera ARERA n. 363/2021 consentirebbe al Comune di riconoscere costi inferiori in favore del gestore solo in presenza di un equilibrio economico-finanziario della gestione del servizio, che difetterebbe nel caso di specie.
3. In data 8.11,2024, si costituiva in giudizio il Comune di Genazzano, contestando la ricostruzione di parte ricorrente ed eccependo: a) in via pregiudiziale di rito, il difetto di giurisdizione del giudice adito; b) nel merito, l’infondatezza del ricorso.
4. Alla camera di consiglio del 11.11.2024, fissata per l’incidente cautelare, il Collegio rigettava la relativa istanza, stante il difetto del periculum in mora ed evidenziava profili di fondatezza del ricorso in punto di fumus boni iuris.
5. All’esito dello scambio dei documenti e delle memorie di cui all’art. 73 c.p.a., all’udienza pubblica del 22 ottobre 2025, la causa veniva trattenuta in decisione.
6. Tanto premesso, occorre muovere, seguendo l’odine di cui all’art. 76, comma 4, c.p.a., così come interpretato da C.d.S., A.P., 5/2015, dall’eccezione relativa al difetto di giurisdizione del giudice adito.
Parte resistente ha allegato che la ricorrente sarebbe società in house del Comune, cosicchè la presente controversia sarebbe da ricondurre all’esecuzione del contratto di servizio, sottoscritto dalle parti in data 14.3.2023 e, come tale, estranea alla fase, ormai conclusa, della procedura evidenziale.
L’eccezione è priva di pregio.
L’art. 4.6. della delibera ARERA n. 363/2021, invocato da parte resistente al fine di consentirle di riconoscere costi inferiori in favore del gestore del servizio di raccolta rifiuti, accorda al Comune un potere discrezionale, che lo espone al correlato obbligo di motivazione. Infatti, la disposizione in esame così recita: “[…] le entrate tariffarie determinate ai sensi del MTR-2 sono considerate come valori massimi. È comunque possibile, in caso di equilibrio economico finanziario della gestione, applicare valori inferiori, indicando, con riferimento al piano economico finanziario, le componenti di costo ammissibili ai sensi della disciplina tariffaria che non si ritengono di coprire integralmente, al fine di verificare la coerenza con gli obiettivi definiti”.
Alla luce di quanto precede, si ricava che il Comune, dopo aver ricevuto dal gestore il PEF grezzo, da quest’ultimo determinato in applicazione dei criteri di cui alle delibere ARERA nn. 443/19, 138/21, 363/21, può comunque discostarsi dai valori in esso contenuti, ritenendoli valori massimi. In tal caso, compete sempre all’Ente locale individuare “le componenti di costo ammissibili ai sensi della disciplina tariffaria” che, sulla base di valutazioni discrezionali dell’Amministrazione, essa ritiene di non “coprire integralmente”.
A siffatta attività discrezionale fa da contraltare la posizione di interesse legittimo della ricorrente che legittima quest’ultima ad agire dinanzi al giudice amministrativo per ottenere la caducazione dell’atto impugnato. Del resto, la delibera gravata, approvando il PEF 2024 e 2025, incide direttamente sui costi che il Comune ritiene, discrezionalmente e al ricorrere di certe condizioni (full cost recovery) e all’esito di determinate valutazioni (coerenza tra il piano finanziario e gli obiettivi da perseguire), di rimborsare in favore del gestore.
Al riguardo, il Consiglio di Stato, con le sentt. nn. 81/2025, 3781/2024, ha ritenuto sussistente la giurisdizione del giudice amministrativo, seppure in riferimento alla delibera con cui il Comune, nello stabilire le tariffe TARI, ha optato per l’applicazione del metodo normalizzato in luogo di quello puntuale, al fine di assicurare la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio relativi al servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti. E ciò in quanto la decisione amministrativa in ordine ai modelli di calcolo da applicare, ovvero ai costi da coprire, “deve essere il frutto di adeguata ponderazione” non solo in riferimento all’opportunità organizzativa, ma anche alle ricadute in termini pratici ed economici nei confronti degli utenti.
Ritiene sul punto il Collegio che tali principi possano, mutatis mutandi, essere applicati al caso di specie, in quanto l’atto in questa sede impugnato è un atto autoritativo, di regolazione, cosicchè esso rimane attratto nell’alveo della giurisdizione amministrativa.
A ciò deve essere aggiunto come l’art. 133, comma 1, lett. c), c.p.a., in materia di pubblici servizi, individui la giurisdizione del giudice ordinario solo in riferimento a “indennità, canoni e altri corrispettivi”. In altre parole, si tratta di controversie che si pongono “a valle” dell’esercizio del potere pubblico, atteso che esso ivi rileva quale mero presupposto fattuale. In tali casi, infatti, il potere pubblico riconosciuto all’Amministrazione è già stato da essa esercitato, si è consumato e quindi non viene preso in esame dal giudice ordinario nei sui termini di legalità indirizzo e di legalità garanzia.
Nel caso di specie, invece, i costi che l’Amministrazione ritiene di voler rimborsare in favore del gestore sono inevitabilmente conformati, quanto alla loro determinazione, dal potere pubblico di cui è titolare il Comune: esso infatti è chiamato, tramite lo svolgimento di attività amministrativa, a ponderare, discrezionalmente, in caso di equilibrio economico finanziario della gestione, la coerenza del piano finanziario con l’interesse pubblico sotteso agli obiettivi complessivamente definiti dall’Amministrazione.
Sussiste pertanto la giurisdizione del giudice amministrativo.
7. Affermata la giurisdizione di questo Tribunale, occorre muovere, in considerazione della natura del vizio dedotto e della maggiore utilità arrecata alla ricorrente in caso di fondatezza della relativa censura, dal terzo motivo di ricorso, avente, come detto, a oggetto l’illegittimità del provvedimento gravato per violazione dell’art. 4.6. della delibera ARERA n. 363/2021.
Il motivo è fondato.
La norma in parola consente al Comune di riconoscere il rimborso di costi inferiori, nei confronti del gestore del servizio pubblico, solo in presenza di un equilibrio economico-finanziario della gestione del servizio.
Sotto tale aspetto, il Comune, nel provvedimento impugnato, nulla ha dedotto, essendosi esso limitato a dare atto dell’avvenuta verifica circa il rispetto del principio del “full cost recovery” (di cui all’art. 238, comma 3, TUA). Infatti, al §5.5 della relazione allegata al provvedimento impugnato, e rubricata “valutazioni in ordine all’equilibrio economico finanziario”, si legge: “l’Ente territorialmente competente dà atto della sussistenza dell’equilibrio economico finanziario della gestione rispetto al totale delle entrate tariffarie riconoscibili risultanti dall’Allegato 1 Tool di calcolo”.
A tal riguardo, parte resistente, nella propria memoria di costituzione e risposta (cfr. pag. 18), dà atto che sarebbe “stata la ricorrente a non dimostrare che il PEF approvato dal Comune di Genazzano sia per lei insostenibile, in quanto insufficiente alla copertura dei costi”, richiamando a tal fine la pronuncia del TAR Lombardia n. 1985/2024.
Tale allegazione non persuade.
Invero, la delibera Arera soprarichiamata onera l’Amministrazione, e non il gestore del servizio, di motivare adeguatamente circa il rispetto del principio del full cost recovery; e, come detto, siffatta motivazione difetta nel caso di specie.
D’altra parte, proprio la pronuncia richiamata dalla ricorrente (TAR Lombardia n. 1985/2024) stabilisce che il rispetto del principio del full cost recovery implica la necessità che vi sia una preliminare valutazione e validazione dei costi da parte dell’Ente territorialmente competente, il cui intervento, dunque, è volto a verificare l’efficienza della gestione.
Ai fini che qui interessano, siffatta interlocuzione è mancata del tutto, non avendo l’Ente locale, in spregio alla delibera ARERA n. 363/2021 (art. 28.2. MTR-2), mai comunicato alla ricorrente gli esiti del procedimento di validazione e approvazione del P.E.F. 2024-2025.
A ciò deve essere aggiunto, per mera completezza, anche se la norma non si applica ratione temporis al caso di specie, che la recente delibera n. 397, adottata da ARERA in data 6 agosto 2025, rubricata “approvazione del metodo tariffario rifiuti per il terzo periodo regolatorio (MTR-3)”, per il periodo 2026-2029, non si limita a prevedere solamente la comunicazione, in favore del gestore, degli esiti del PEF grezzo a opera del Comune, ma impone alle parti di trovare un vero e proprio accordo, laddove l’Amministrazione voglia ridurre gli importi dovuti al gestore in forza dell’automatica rivalutazione del PEF. Infatti, l’art. 4.5 della delibera in parola prevede che: “in attuazione dell’articolo 2, comma 17, della legge 481/95, le entrate tariffarie determinate ai sensi del MTR-3 sono considerate come valori massimi. È comunque possibile, in caso di equilibrio economico finanziario della gestione, applicare, con l’accordo del gestore, valori inferiori, indicando, con riferimento al piano economico finanziario, le componenti di costo ammissibili ai sensi della disciplina tariffaria che non si ritengono di coprire integralmente, al fine di verificare la coerenza con gli obiettivi definiti”.
Pertanto, sotto tale aspetto, l’operato dell’Amministrazione deve essere censurato.
8. Occorre passare ora all’esame del primo motivo di ricorso, avente a oggetto la violazione della delibera ARERA n. 363/2021, art. 28.2. MTR-2 per non aver l’Ente locale comunicato alla ricorrente gli esiti del procedimento di validazione e approvazione del P.E.F. 2024-2025.
Sul punto, il Comune si è difeso invocando l’art. 21 octies, comma 2, L. 241/90 in quanto, a suo dire, da un lato, si tratterebbe di attività vincolata e, dall’altro, sarebbe palese che il contenuto del provvedimento gravato non avrebbe potuto essere diverso.
Il motivo di censura è fondato.
Richiamando quanto sopra detto in ordine alla tipologia di attività (discrezionale) sottesa al provvedimento in questa sede impugnato, la delibera ARERA n. 363/2021 stabilisce che il gestore è tenuto a elaborare e trasmettere il P.E.F. grezzo all’Ente; quest’ultimo è chiamato a validarlo e approvarlo, comunicando e partecipando il gestore degli esiti delle proprie valutazioni. A tal punto, “l’organismo competente [il Comune] verifica, altresì, il rispetto dell’equilibrio economico finanziario del gestore, comunicando a quest’ultimo gli esiti delle valutazioni al riguardo compiute, nonché motivando le scelte adottate nell’ambito dell’attività di eventuale integrazione e modifica dei dati, delle informazioni e gli atti trasmessi dall’operatore, secondo criteri funzionali al riconoscimento dei costi” (cfr. art. 28.2).
Siffatta comunicazione è di centrale importanza ai fini del controllo dell’operato pubblico sulla gestione del servizio, cosicchè la relativa omissione vizia il provvedimento finale in questa sede gravato.
Sul punto, non soccorre l’art. 21 octies, comma 2, L. 241/90, non avendo l’Amministrazione dimostrato in giudizio che il contenuto del provvedimento impugnato non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.
Non soccorre nemmeno l’intervenuta pubblicazione del provvedimento impugnato sull’albo pretorio, in quanto quest’ultima conferisce presunzione di conoscenza legale agli atti, rendendoli efficaci verso i terzi ai fini del decorso del termine per impugnare e riguarda comunque un atto diverso (la delibera impugnata) rispetto a quello che il Comune avrebbe dovuto adottare ai sensi dell’art. 28.2 (comunicazione degli esiti delle valutazioni compiute).
Pertanto, anche sotto tale aspetto, l’operato dell’Amministrazione deve essere censurato.
9. Quanto al secondo motivo di ricorso – per il quale l’Amministrazione, nell’ operare il taglio dei costi per cui è causa, avrebbe violato l’obbligo motivazionale imposto dall’art. 4.6. della delibera ARERA n. 363/2021 – lo stesso è da ritenersi assorbito dalla ritenuta fondatezza del terzo motivo di ricorso.
Infatti, avendo il Collegio ritenuto che il provvedimento gravato difetta della motivazione in ordine al principio del full cost recovery, è evidente che l’Amministrazione, in sede di riesercizio del potere, dovrà esprimersi, motivando, sia in ordine alla riduzione dei costi (profilo di cui al secondo motivo di ricorso), sia in ordine all’aumento delle entrate, essendo entrambi gli aspetti funzionali alla verifica del principio in parola.
Alla luce di quanto precede, il Collegio deve essere esonerato dall’esame della censura in parola, in quanto essa si riferisce a circostanze che dovranno formare oggetto di risercizio del potere da parte del Comune.
10. In conclusione, il Collegio, in accoglimento del ricorso, annulla il provvedimento impugnato stante il paventato difetto di motivazione e di comunicazione, fermo e impregiudicato il risercizio del potere in capo a parte resistente, seppure nel rispetto dell’effetto conformativo di cui alla presente pronuncia.
11. Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei termini di cui in motivazione.
Condanna parte resistente alla rifusione delle spese di lite del presente giudizio in favore di parte ricorrente che liquida in € 4.500,00, oltre accessori di legge, fermo il diritto della ricorrente alla ripetizione di quanto da essa corrisposto a titolo di contributo unificato.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 ottobre 2025 con l’intervento dei magistrati:
Michelangelo Francavilla, Presidente
Vincenza Caldarola, Referendario
Christian Corbi, Referendario, Estensore
L’ESTENSORE
Christian Corbi
IL PRESIDENTE
Michelangelo Francavilla
IL SEGRETARIO




AMBIENTEDIRITTO.IT EDITORE