DIRITTO DEMANIALE – Concessione di aree demaniali (Porto Turistico) – Unico soggetto passivo d’imposta (IMU) – Concessionario – Non rileva la titolarità di un diritto reale o personale di godimento per via di trasferimenti del godimento a terzi – Demanio maritmo – Posto-barca di un pontile compreso nella concessione – Occupazione di un’area demaniale e dello spazio d’acqua antistante – Contratto di ormeggio – Natura di contratto atipico – Demanio marittimo e specchio acqueo antistante – Area oggetto di concessione – Contratti che ne attribuiscono la disponibilità a terzi – Oneri dei c.d. posti-barca – RIFIUTI – TARSU – Soggetto passivo del tributo per la raccolta dei rifiuti – Concessione di aree demaniali – Individuazione – Concessionario dell’area portuale – PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Identità di ratio tra IMU e ICI – Obbligo dichiarativo – Omessa presentazione della dichiarazione – Ipotesi di più violazioni – Applicazione della sanzione – Criterio di irrogare un’unica sanzione – Fattispecie: omessa dichiarazione e l’omesso versamento dell’IMU – DIRITTO PROCESSUALE CIVILE – Motivazione apparente – Soglia del “minimo costituzionale”.
Provvedimento: SENTENZA
Sezione: TRIBUTARIA
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 18 Ottobre 2025
Numero: 27810
Data di udienza: 17 Settembre 2025
Presidente: STALLA
Estensore: LO SARDO
Premassima
DIRITTO DEMANIALE – Concessione di aree demaniali (Porto Turistico) – Unico soggetto passivo d’imposta (IMU) – Concessionario – Non rileva la titolarità di un diritto reale o personale di godimento per via di trasferimenti del godimento a terzi – Demanio maritmo – Posto-barca di un pontile compreso nella concessione – Occupazione di un’area demaniale e dello spazio d’acqua antistante – Contratto di ormeggio – Natura di contratto atipico – Demanio marittimo e specchio acqueo antistante – Area oggetto di concessione – Contratti che ne attribuiscono la disponibilità a terzi – Oneri dei c.d. posti-barca – RIFIUTI – TARSU – Soggetto passivo del tributo per la raccolta dei rifiuti – Concessione di aree demaniali – Individuazione – Concessionario dell’area portuale – PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Identità di ratio tra IMU e ICI – Obbligo dichiarativo – Omessa presentazione della dichiarazione – Ipotesi di più violazioni – Applicazione della sanzione – Criterio di irrogare un’unica sanzione – Fattispecie: omessa dichiarazione e l’omesso versamento dell’IMU – DIRITTO PROCESSUALE CIVILE – Motivazione apparente – Soglia del “minimo costituzionale”.
Massima
CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sez. TRIBUTARIA, 18 ottobre 2025 (ud. 17/09/2025), Sentenza n. 27810
DIRITTO DEMANIALE – Concessione di aree demaniali (Porto Turistico) – Unico soggetto passivo d’imposta (IMU) – Concessionario – Non rileva la titolarità di un diritto reale o personale di godimento per via di trasferimenti del godimento a terzi – C.d. diritto di utilizzo temporaneo sia stato ceduto a terzi – PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Fattispecie: omessa dichiarazione e l’omesso versamento dell’IMU.
In base all’art. 9, comma 1, secondo periodo, del D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23 (al pari dell’art. 5, comma 3, del regolamento IMU di Roma Capitale), a tenore del quale: “Nel caso di concessione di aree demaniali, soggetto passivo è il concessionario”, la soggettività passiva ai fini dell’IMU è radicata nella qualità di concessionario del Porto Turistico, non rilevando che essa sia associata alla titolarità di un diritto reale o personale di godimento. Ciò in quanto la concessione costituisce il presupposto dell’imposizione e determina ex lege l’individuazione del concessionario quale unico soggetto passivo d’imposta, senza che assumano rilievo eventuali trasferimenti del godimento a terzi, finché il titolo concessorio non sia revocato o annullato. Pertanto, ai fini dell’IMU, il concessionario di immobili demaniali compresi in un Porto Turistico, nell’accezione sancita dall’art. 2 del D.P.R. 2 dicembre 1997, n. 509, è l’unico soggetto passivo di imposta, a norma dell’art. 9, comma 1, secondo periodo, del D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23, anche con riguardo ai punti d’ormeggio, il cui diritto di utilizzo temporaneo sia stato ceduto a terzi, essendo irrilevante a tal fine la qualificazione e l’efficacia dei contratti all’uopo stipulati tra le parti. (Segnalazione e massima a cura dell’avv. Paolo Cotza)
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Identità di ratio tra IMU e ICI – Obbligo dichiarativo – Omessa presentazione della dichiarazione – Ipotesi di più violazioni – Applicazione della sanzione – Criterio di irrogare un’unica sanzione.
In tema di ICI, l’omessa presentazione della dichiarazione, seguita dall’omesso versamento dell’imposta, è sanzionata per tutte le annualità per cui si protrae, in quanto, ai sensi dell’art. 10, comma 1, del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, a ciascuno degli anni solari corrisponde un’autonoma obbligazione (inadempiuta non solo in relazione al versamento dell’imposta, ma anche all’obbligo dichiarativo), fermo restando che, trattandosi di violazioni della stessa indole commesse in periodi d’imposta diversi, si applica la sanzione base aumentata dalla metà al triplo, in forza della continuazione ex art. 12, comma 5, del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, il cui riconoscimento è collegato all’oggettivo perpetrarsi dell’illecito tributario in periodi d’imposta diversi, anche nell’evenienza in cui le violazioni abbiano avuto ad oggetto plurimi immobili. In ipotesi di più violazioni per omesso o insufficiente versamento dell’imposta relativa ad uno stesso immobile, conseguenti a identici accertamenti per più annualità successive, si applica il regime della continuazione attenuata di cui all’art. 12, comma 5, del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, che consente di irrogare un’unica sanzione, pari alla sanzione base aumentata dalla metà al triplo, ovvero che, in tema di ICI, l’omessa presentazione della dichiarazione per più periodi, fino al regolare adempimento, oltre a comportare l’applicabilità delle sanzioni per ciascuna annualità, non osta all’applicazione del regime della continuazione previsto dall’art. 12, comma 5, D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, venendo in rilievo condotte che, traducendosi nel reiterato ostacolo alla determinazione dell’imponibile ed alla liquidazione dell’imposta con riferimento allo stesso tributo, sono tra loro oggettivamente e strettamente collegate. Per identità di ratio, i medesimi principi sono destinati a valere anche per l’IMU.
DIRITTO DEMANIALE – Demanio maritmo – Posto-barca di un pontile compreso nella concessione – Occupazione di un’area demaniale e dello spazio d’acqua antistante – Contratto di ormeggio – Natura di contratto atipico.
In tema di demanio maritmo, il contratto in forza del quale il concessionario per l’occupazione di un’area demaniale e dello spazio d’acqua antistante ceda ad un terzo l’utilizzazione esclusiva, per un certo periodo di tempo e per un determinato corrispettivo, di un posto-barca di un pontile compreso nella concessione, configura un contratto di ormeggio e non costituisce un diritto d’uso, con conseguente inapplicabilità del divieto di cessione di cui all’art. 1024 cod. civ.. In particolare, il contratto di ormeggio, pur rientrando nella categoria dei contratti atipici, è sempre caratterizzato da una struttura minima essenziale (in mancanza della quale non può dirsi realizzata la detta convenzione negoziale), consistente nella semplice messa a disposizione ed utilizzazione delle strutture portuali con conseguente assegnazione di un delimitato e protetto spazio acqueo. Il suo contenuto può, peraltro, del tutto legittimamente estendersi anche ad altre prestazioni (sinallagmaticamente collegate al corrispettivo), quali la custodia del natante e/o quella delle cose in esso contenute, ed il relativo accertamento si esaurisce in un giudizio di merito che, adeguatamente motivato, non è censurabile in sede di legittimità.
DIRITTO DEMANIALE – Demanio marittimo e specchio acqueo antistante – Area oggetto di concessione – Contratti che ne attribuiscono la disponibilità a terzi – Oneri dei c.d. posti-barca – RIFIUTI – TARSU – Soggetto passivo del tributo per la raccolta dei rifiuti – Concessione di aree demaniali – Individuazione – Concessionario dell’area portuale.
In tema di rifiuti, nelle aree demaniali in concessione la soggettività passiva per la TARSU è stata sempre ravvisata in capo al concessionario dell’area portuale anziché in capo ai cessionari dell’utilizzo dei singoli posti-barca. Si è detto, in proposito, che il concessionario di un Porto Turistico detiene, in forza della concessione, il demanio marittimo e lo specchio acqueo antistante ed è, pertanto, soggetto passivo del tributo per la raccolta dei rifiuti relativamente ai c.d. posti-barca, anche se questi sono oggetto di contratti che ne attribuiscono la disponibilità a terzi, giacché tali contratti non estinguono, ma anzi presuppongono, la detenzione. Pertanto, non può ritenersi che la stipula di contratti con terzi, aventi ad oggetto l’utilizzazione di tali aree, a prescindere dagli effetti reali o obbligatori e dall’opponibilità o meno al soggetto pubblico concedente, comporti l’estinzione di tale detenzione, posto che la possibilità, da parte del concessionario, di consentire a terzi l’utilizzazione dell’area oggetto di concessione si fonda proprio sul provvedimento pubblico di concessione e deriva, pertanto, proprio dalla situazione giuridica attiva (di detenzione) che tale provvedimento costituisce. In altre parole, il contratto stipulato con il terzo ed avente ad oggetto il posto-barca, a prescindere dal suo contenuto, dalla sua struttura e dai suoi effetti, può comportare la costituzione di una situazione di sub-detenzione a favore del terzo: situazione che non esclude ed anzi presuppone la detenzione del concessionario. Quest’ultimo resta, pertanto, soggetto passivo del tributo. In definitiva, al di là del nomen iuris con cui si voglia appellare la situazione giuridica dei terzi assegnatari dei punti d’ormeggio, resta il fatto che la cessione frazionata del loro utilizzo temporaneo ad una pluralità di aventi causa non influisce sulla concessione dei beni del demanio marittimo, che restano, comunque, nella disponibilità (mediata) del concessionario del Porto Turistico.
DIRITTO PROCESSUALE CIVILE – Motivazione apparente – Presupposti – Soglia del “minimo costituzionale”.
Si è in presenza di una tipica fattispecie di “motivazione apparente”, allorquando la motivazione della sentenza impugnata, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente e, talora, anche contenutisticamente sovrabbondante, risulta, tuttavia, essere stata costruita in modo tale da rendere impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento decisorio, e quindi tale da non attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, sesto comma, Cost..
(Accoglie in parte il ricorso promosso avverso la sentenza della CORTE di GIUSTIZIA TRIBUTARIA di SECONDO GRADO del LAZIO, n. 1635/11/2023) Pres. STALLA, Rel. LO SARDO
Allegato
Titolo Completo
CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sez. TRIBUTARIA, 18 ottobre 2025 (ud. 17/09/2025), Sentenza n. 27810SENTENZA
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA CIVILE
Riunita in camera di consiglio nella seguente composizione:
omissis
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 20469/2023 R.G., proposto
Da:
Roma Capitale, in persona del Sindaco pro tempore, autorizzata ad instaurare il presente procedimento in virtù di determinazione resa dal Capo dell’Avvocatura Capitolina il 18 marzo 2024, n. 828, rappresentata e difesa dall’Avv. Domenico Rossi, con studio in Roma (presso gli Uffici dell’Avvocatura Capitolina), ove elettivamente domiciliata (indirizzo pec per notifiche e comunicazioni: (Omissis)), giusta procura in calce al ricorso introduttivo del presente procedimento;
– ricorrente/controricorrente incidentale –
CONTRO
“Porto Turistico di Roma Srl a socio unico”, in amministrazione giudiziaria, con sede in R, in persona dell’amministratore giudiziario pro tempore, autorizzata a resistere nel presente procedimento in virtù di provvedimento reso dall’Agenzia Nazionale per l’Amministrazione e la Destinazione dei Beni Sequestrati e Confiscati alla Criminalità Organizzata – Direzione Aziende e Beni Aziendali Sequestrati e Confiscati – Ufficio Aziende Sequestrate e Confiscate il 20 ottobre 2023, prot. n. (Omissis), rappresentata e difesa dall’Avv. Prof. Giuseppe Marini, con studio in R, ove elettivamente domiciliata (indirizzo pec per notifiche e comunicazioni: (Omissis)), giusta procura in calce al controricorso di costituzione nel presente procedimento;
– controricorrente/ricorrente incidentale –
nonché sul ricorso iscritto al n. 20799/2023 R.G., proposto
Da:
“Porto Turistico di Roma Srl a socio unico”, in amministrazione giudiziaria, con sede in Roma, in persona dell’amministratore giudiziario pro tempore, autorizzata ad instaurare il presente procedimento in virtù di provvedimento reso dall’Agenzia Nazionale per l’Amministrazione e la Destinazione dei Beni Sequestrati e Confiscati alla Criminalità Organizzata – Direzione Aziende e Beni Aziendali Sequestrati e Confiscati – Ufficio Aziende Sequestrate e Confiscate il 20 ottobre 2023, prot. n. (Omissis), rappresentata e difesa dall’Avv. Prof. Giuseppe Marini, con studio in Roma, ove elettivamente domiciliata (indirizzo pec per notifiche e comunicazioni: (Omissis)), giusta procura in calce al ricorso introduttivo del presente procedimento;
– ricorrente –
CONTRO
Roma Capitale, in persona del Sindaco pro tempore, autorizzata a resistere nel presente procedimento in virtù di determinazione resa dal Capo dell’Avvocatura Capitolina il 30 novembre 2024, n. 3541, rappresentata e difesa dall’Avv. Domenico Rossi, con studio in Roma (presso gli Uffici dell’Avvocatura Capitolina), ove elettivamente domiciliata (indirizzo pec per notifiche e comunicazioni: (Omissis)), giusta procura in calce al controricorso di costituzione nel presente procedimento;
– controricorrente –
entrambi avverso la sentenza depositata dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio il 23 marzo 2023, n. 1635/11/2023;
udite le relazioni delle cause svolte nella pubblica udienza del 19 settembre 2025, rispettivamente, la prima, dal Dott. Giuseppe Lo Sardo e, la seconda, dal Dott. Alessio Liberati;
udito il P.M., nella persona del Sostituto Procuratore Generale, Dott. Stanislao De Matteis, che ha concluso, rispettivamente, nella prima, per l’accoglimento del quarto motivo ed il rigetto dei restanti motivi del ricorso principale, nonché per il rigetto del ricorso incidentale; nella seconda, per il rigetto del ricorso;
udito per Roma Capitale l’Avv. Domenico Rossi, che ha concluso, nella prima, per l’accoglimento del ricorso principale ed il rigetto del ricorso incidentale; nella seconda, per il rigetto del ricorso;
udito per la “Porto Turistico di Roma Srl a socio unico”, in amministrazione giudiziaria, l’Avv. Pierluigi Muccari, per delega dell’Avv. Prof. Giuseppe Marini, che ha concluso, nella prima, per il rigetto del ricorso principale e per l’accoglimento del ricorso incidentale; nella seconda, per l’accoglimento del ricorso;
FATTI DI CAUSA
1. Roma Capitale, prima, e la “Porto Turistico di Roma Srl a socio unico”, in amministrazione giudiziaria, poi, hanno proposto separati ricorsi per la cassazione della sentenza depositata dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio il 23 marzo 2023, n. 1635/11/2023, la quale, in controversia sull’impugnazione di avviso di accertamento d’ufficio n. 973 del 15 marzo 2017 nei confronti della “Porto Turistico di Roma Srl a socio unico”, in amministrazione giudiziaria, per l’omessa dichiarazione e l’omesso versamento dell’IMU relativa all’anno 2015, nella somma complessiva di Euro 1.000.054,05, a titolo di imposta, sanzioni amministrative ed interessi moratori, con riferimento ad una serie di immobili demaniali ubicati nel Porto di Roma, che, dopo la concessione in proprietà superficiaria dalla Capitaneria di Porto del Compartimento Marittimo di Roma il 30 ottobre 2001, reg. n. 129, rep. n. 359, a favore della “Attività Turistiche Imprenditoriali Spa”, ed il subingresso della “Porto Turistico di Roma Srl” (all’epoca, in bonis) all'”Attività Turistiche Imprenditoriali Spa” nella predetta concessione, in virtù di determinazione resa dal dirigente responsabile del Dipartimento del Territorio della Regione Lazio l’1 marzo 2007, n. (Omissis), erano stati sottoposti, prima, alla misura preventiva del sequestro a fini di confisca, con decreto reso dal Tribunale di Roma – Sezione Misure di Prevenzione il 19 luglio 2016, n. 145, e, poi, alla confisca, con decreto reso dal Tribunale di Roma – Sezione Misure di Prevenzione il 20 dicembre 2018, n. 201, ha parzialmente accolto l’appello proposto dalla “Porto Turistico di Roma Srl a socio unico”, in amministrazione giudiziaria, nei confronti di Roma Capitale avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria provinciale di Roma il 9 novembre 2021, n. 12126/21/2021, con compensazione delle spese giudiziali.
2. Il giudice di appello ha parzialmente riformato la decisione di prime cure – che aveva respinto il ricorso originario – nel senso di escludere il tributo dovuto sugli immobili ceduti in proprietà superficiaria e/o diritto di utilizzo a terzi e di rideterminare le sanzioni amministrative con l’applicazione del cumulo giuridico.
3. Il ricorso di Roma Capitale è stato iscritto al n. 20469/2023 R.G. Nel relativo procedimento, la “Porto Turistico di Roma Srl a socio unico”, in amministrazione giudiziaria, ha resistito con controricorso ed ha proposto ricorso incidentale avverso la medesima sentenza. La controricorrente ha depositato memoria illustrativa.
4. Il ricorso della “Porto Turistico di Roma Srl a socio unico”, in amministrazione giudiziaria, è stato iscritto al n. 20799/2023 R.G. Nel relativo procedimento, Roma Capitale ha resistito con controricorso. La ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Preliminarmente, si deve disporre la riunione dei ricorsi (segnatamente, in base alla priorità di iscrizione a ruolo, del ricorso iscritto al n. 20799/2023 R.G. al ricorso iscritto al n. 20469/2023 R.G., con conseguente assegnazione del ricorso susseguente al consigliere relatore del ricorso antecedente), trattandosi di impugnazioni separatamente proposte contro la medesima sentenza di appello (art. 335 cod. proc. civ.).
2. Inoltre, si rileva che il ricorso iscritto al n. 20799/2023 R.G. è assolutamente speculare – per l’assoluta coincidenza dei motivi, sulla scorta di un raffronto comparativo del contenuto censorio – al ricorso incidentale che la “Porto Turistico di Roma Srl a socio unico”, in amministrazione giudiziaria, ha proposto rispetto al ricorso iscritto al n. 20469/2023 R.G.
Ora, secondo la giurisprudenza di questa Corte, nell’ipotesi in cui vengano iscritti due ricorsi per cassazione di identico contenuto, proposti dalla stessa parte contro la medesima sentenza, uno in via principale e l’altro in via incidentale rispetto al ricorso principale di un’altra parte, qualora la loro notificazione sia stata coeva, in sede di loro riunione, deve essere data priorità di esame a quello iscritto per primo, e, se esso sia ammissibile e procedibile, la sua decisione rende inammissibile, in via sopravvenuta, l’altro ricorso (in termini: Cass. Sez. 3, 20 dicembre 2011, n. 27555; Cass., Sez. 5, 22 luglio 2020, n. 15582; Cass., Sez. Trib., 6 agosto 2025, n. 22730).
Per cui, pur apprezzandosene la ritualità in fase introduttiva, si deve dichiarare l’inammissibilità sopravvenuta del ricorso iscritto al n. 20799/2023 R.G.
3. Resta, dunque, da esaminare (con il contrapposto ricorso incidentale) il solo ricorso iscritto al n. 20469/2023 R.G.
4. Il ricorso principale è affidato a due motivi.
4.1 Con il primo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 13, comma 2, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, 8, comma 2, e 9 del D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23, 2 e 5, commi 1 e 3, del regolamento IMU di Roma Capitale (approvato con deliberazione adottata dall’Assemblea Capitolina il 7 agosto 2012, n. 37), in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3) cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di secondo grado di condividere “il motivo di appello in ordine agli atti pubblici di cessione a terzi della proprietà superficiaria e/o del diritto di utilizzo dei beni, limitatamente a quelli documentati agli atti di causa, allegati alla nota di deposito documenti in C.T.P. del 28 febbraio 2018, atteso che l’Imposta municipale propria ha quale presupposto il possesso di immobili (v. art. 2 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, come modificato dal D.L. n. 47 del 2014, convertito dalla L. n. 80 del 2014); nonché gli immobili diversi dall’abitazione principale (v. art. 8, comma 2, D.Lgs. n. 23 del 2011)”, concludendone che: “Anche l’art. 9, comma 1, del D.Lgs. n. 23 del 2011 prevede che “soggetti passivi dell’imposta municipale propria sono il proprietario di immobili, inclusi i terreni e le aree edificabili, a qualsiasi uso destinati, ivi compresi quelli strumentali o alla cui produzione o scambio è diretta l’attività dell’impresa, ovvero il titolare di diritto reale di usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, superficie sugli stessi. Nel caso di concessione di aree demaniali, soggetto passivo è il concessionario”. Dunque, a seguito dei surrichiamati atti di cessione della proprietà superficiaria e/o del diritto di utilizzo la soggettività passiva ai fini dell’Imu su detti immobili grava sui terzi cessionari”
4.2 Con il secondo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 161 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, 15 del regolamento IMU di Roma Capitale (approvato con deliberazione adottata dall’Assemblea Capitolina il 7 agosto 2012, n. 37), 10, comma 4, e 14 D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, 12 del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3) cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di secondo grado che: “Deve essere accolto anche il motivo riguardante il cumulo giuridico, atteso che la norma di cui all’art. 12, comma 5, D.Lgs. n. 472 del 1997 prevede che “quando violazioni della stessa indole vengono commesse in periodi di imposta diversi, si applica la sanzione base aumentata dalla metà al triplo”. Sul punto la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 18230/2016 ha affermato che in tema di violazioni della stessa indole, che vengono commesse in periodi d’imposta diversi, è orientamento costante della Corte che si debba applicare la sanzione base aumentata dalla metà al triplo, secondo l’istituto della continuazione, previsto dall’art. 12 comma 5 del D.Lgs. n. 472/97 (Cass. n. 26077/2015). Dunque, nel caso di specie, in applicazione del suddetto principio, si dovrà provvedere al cumulo giuridico”.
5. Il ricorso incidentale è affidato a cinque motivi.
5.1 Con il primo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 51, comma 3-bis, 52, 57, 58 e 59 del D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159 (c.d. “Codice delle leggi antimafia”), 104-bis disp. att. cod. proc. pen. e 321 cod. proc. pen., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3) cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di secondo grado che: “Sulla asserita illegittimità della sentenza nella parte in cui ha rigettato il primo motivo di ricorso relativo alla illegittimità dell’avviso di accertamento per violazione dell’art. 51, co. 3-bis, D.Lgs. n. 159 del 2011 (c.d. “Codice delle leggi antimafia”) preme evidenziare che, nel caso in esame, il provvedimento con il quale è stato posto sotto sequestro l’intero patrimonio della Porto Turistico di Roma Srl è stato emesso dal Tribunale di Roma – Sez. Misure di prevenzione in data 19 luglio 2016. Appare pertanto pienamente legittimo l’operato dell’Ente impositore che, preso atto del suddetto provvedimento di sequestro ed in applicazione della citata normativa ha liquidato il versamento dell’imposta fino al 19/07/2016, data a partire dalla quale il pagamento del tributo risulta sospeso, come emerge chiaramente nell’accertamento n. 990, mentre il periodo cui si riferisce l’imposta è l’anno 2015, per cui detto motivo deve essere respinto”.
5.2 Con il secondo motivo, si denuncia nullità della sentenza impugnata (verosimilmente) per violazione degli art. 132, secondo comma, n. 4), cod. proc. civ. e 62, comma 2, n. 4), del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4) cod. proc. civ., per essere stato deciso l’appello con motivazione contraddittoria da parte del giudice di secondo grado, che, secondo la ricorrente, “ha, in un primo tempo, affermato che sussisterebbe la soggettività passiva ai fini Imu in capo alla Porto Turistico in qualità di concessionaria e, successivamente, che il presupposto dell’Imu rilevante ai fini della determinazione anche della soggettività passiva all’imposta deve essere individuato nel “possesso degli immobili” (da intendersi, nel caso di specie, come titolarità di un diritto reale quale quello di superficie), di talché “la soggettività passiva ai fini dell’Imu… grava sui terzi cessionari” (e, quindi, non sulla Porto Turistico!!!)”.
5.3 Con il terzo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 13, comma 2, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, 8, comma 2, del D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23, 2 e 5, commi 1 e 3, del regolamento IMU di Roma Capitale (approvato con deliberazione adottata dall’Assemblea Capitolina il 7 agosto 2012, n. 37), 2 e 5, commi 1 e 3, del regolamento IMU di Roma Capitale (approvato con deliberazione adottata dall’Assemblea Capitolina il 29/30 novembre 2013, n. 82), in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3) cod. proc. civ., per non essere stato considerato dal giudice di secondo grado “che il diritto nascente in capo alla società Porto Turistico, per effetto della concessione rilasciata dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, deve essere assimilato ad un diritto reale su cosa altrui, ed in particolare al diritto di superficie; di talché la soggettività passiva ai fini dell’Imu su detti immobili grava sui terzi cessionari e non sulla Porto Turistico”.
5.4 Con il quarto motivo, si denuncia (verosimilmente) violazione degli art. 132, secondo comma, n. 4), cod. proc. civ. e 62, comma 2, n. 4), del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4) cod. proc. civ., per essere stato deciso l’appello con motivazione carente o apparente da parte del giudice di secondo grado, che non ha spiegato “le ragioni per le quali abbia(no) limitato l’accoglimento del “motivo di appello in ordine agli atti pubblici di cessione a terzi della proprietà superficiaria e/o del diritto di utilizzo dei beni… documentati agli atti di causa, allegati alla nota di deposito documenti in C.T.P. del 28 febbraio 2018″ e non anche a quelli prodotti in allegato al ricorso introduttivo proposto avanti la allora C.T.P. di Roma”.
5.5 Con il quinto motivo, si denuncia violazione degli artt. 115, primo comma, e 116, primo comma, cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ., per essere stato omesso dal giudice di secondo grado di valutare gli elementi istruttori offerti in entrambi i gradi di merito del presente giudizio, per cui, secondo la ricorrente, “l’impugnata sentenza d’appello merita di essere cassata per omessa e/o comunque errata valutazione degli elementi istruttori offerti dalla Società fin dal primo grado di giudizio (ovvero per omessa valutazione della documentazione relativa alla cessione a terzi della proprietà superficiaria sui beni immobili facenti parte del c.d. “Porto di Roma” in allegato al ricorso introduttivo proposto avanti la allora C.T.P. di Roma)”.
6. Procedendosi alla trattazione congiunta per la comune attinenza alla questione della permanenza della soggettività passiva (con riguardo all’IMU) del concessionario di Porto Turistico compreso nel demanio marittimo in caso di cessione a terzi privati del godimento individuale su singoli posti-barca (recte: punti d’ormeggio), il primo motivo del ricorso principale è fondato, mentre il terzo motivo del ricorso incidentale è infondato.
6.1 Sulla scorta della documentazione prodotta in sede di merito (nonché in sede di legittimità), è pacifico tra le parti che:
– con rogito redatto in forma pubblica amministrativa il 30 ottobre 2001, reg. n. 129, rep. n. 359, la Capitaneria di Porto del Compartimento Marittimo di Roma aveva concesso alla “Attività Turistiche Imprenditoriali Spa” l’occupazione e l’uso (per la durata di 50 anni) di una zona marittima demaniale con l’antistante specchio d’acqua in Roma alla località Idroscalo di Ostia per la realizzazione e la gestione di un Porto Turistico, con la “facoltà di provvedere all’assegnazione dei posti di ormeggio e delle aree di servizio a terra, entro il limite di nove decimi dei posti-barca disponibili”, secondo le prescrizioni del “regolamento per l’esercizio e l’uso del porto di Roma” (già approvato con decreto reso dalla Capitaneria di Porto del Compartimento Marittimo di Roma il 12 dicembre 2000, n. 53);
– che, anche in forza del successivo accordo di programma tra la Regione Lazio, il Comune di Roma, il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali ed il Ministero delle Finanze il 27 luglio 2000, la “Attività Turistiche Imprenditoriali Spa” aveva realizzato il c.d. “Porto di Roma”, costituito da posti-barca (recte: punti d’ormeggio), box, posti-auto e locali commerciali, acquisendo sui manufatti realizzati sull’area demaniale ottenuta in concessione la proprietà superficiaria per una durata corrispondente a quella della concessione stessa;
– che, con una serie di atti notarili di cessione, la “Attività Turistiche Imprenditoriali Spa” aveva trasferito a terzi “la proprietà superficiaria e/o il diritto di utilizzo” (sempre per la durata di 50 anni) sulla quasi totalità dei beni facenti parte del c.d. “Porto di Roma”;
– che, con determinazione resa dal dirigente responsabile del Dipartimento del Territorio della Regione Lazio l’1 marzo 2007, n. (OMISSIS), la “Porto Turistico di Roma Srl” (all’epoca, in bonis) era stata autorizzata a subentrare in luogo della “Attività Turistiche Imprenditoriali Spa” nella predetta concessione;
– che, con decreto reso dal Tribunale di Roma – Sezione Misure di Prevenzione il 19 luglio 2016, n. 145, la “Porto Turistico di Roma Srl” era stata sottoposta alla misura preventiva del sequestro del capitale (a fini di confisca) con la nomina di un amministratore giudiziario;
– che, con decreto reso dal Tribunale di Roma – Sezione Misure di Prevenzione il 20 dicembre 2018, n. 201, il sequestro era stato tramutato in confisca.
6.2 Secondo l’assunto della ricorrente principale, “la posizione giuridica della società Porto Turistico di Roma Srl sia quella di parte di un vero e proprio rapporto obbligatorio. Tale assunto trova conferma nella circostanza che gli atti di cessione interessati hanno come oggetto un “diritto di utilizzo” sui beni catastalmente individuati” (pagina 10 del ricorso). Per cui, alla luce dell’art. 9, comma 1, del D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23, “l’Amministrazione ha correttamente individuato nella società Porto Turistico di Roma Srl il soggetto passivo dell’IMU” (pagina 10 del ricorso).
6.3 All’opposto, secondo la controricorrente/ricorrente incidentale, “la A.T.I., mediante la sottoscrizione di una serie di atti di cessione ha trasferito a terzi la proprietà superficiaria e/o il diritto di utilizzo (sempre per anni 50 decorrenti dal 10 agosto 1998) della quasi totalità dei beni facenti parte del porto stesso. A seguito, pertanto, dei surrichiamati atti di cessione della proprietà superficiaria e/o del diritto di utilizzo della quasi totalità dei beni immobili realizzati sulle aree demaniali facenti parte del c.d. “Porto di Roma”, la soggettività passiva ai fini dell’Imu su detti immobili grava sui terzi cessionari” (pagina 29 del controricorso). Pertanto: ” Ne consegue… che, nel caso di specie, la cessione a terzi, da parte della A.T.I. (allora concessionaria) della proprietà superficiaria e/o del diritto di utilizzo della quasi totalità dei beni immobili realizzati sulle aree demaniali facenti parte del c.d. “Porto di Roma”, ha “trasferito” la soggettività passiva ai fini dell’Imu relativa a detti immobili dalla concessionaria (tenuta al pagamento dell’imposta in qualità di titolare del diritto di superficie sulle opere realizzate sulle aree demaniali) ai terzi cessionari” (pagina 31 del controricorso).
6.4 Pur non aderendo alla ricostruzione della controricorrente/ricorrente incidentale, il P.M. ha ipotizzato – nelle conclusioni scritte – che: “Seguendo un certo percorso argomentativo, potrebbe, dunque, rilevarsi che:
– la Porto Turistico è il concessionario principale dell’area demaniale;
– la Porto Turistico ha ceduto a terzi la proprietà superficiaria e/o il diritto di utilizzo sui beni realizzati (posti-barca, box, locali commerciali);
– queste “cessioni” sono assimilabili a sub-concessioni;
– queste “sub-concessioni” (cessioni) sono avvenute con l’assenso dell’amministrazione concedente (come evidenziato dai “nulla osta” della Porto Turistico e dal collegamento funzionale al servizio del Porto Turistico);
– i terzi cessionari utilizzano i beni per attività ausiliarie, sussidiarie e complementari alla gestione del Porto Turistico (servizio pubblico).
Se, dunque, il soggetto passivo è chi detiene quel godimento effettivo, potrebbe sostenersi che è il terzo acquirente del diritto di superficie (il “cessionario”) che diventa il soggetto passivo dell’IMU per quella porzione di bene, e non più la Porto Turistico in quanto concessionario principale”.
6.5 Con specifico riguardo alla “sub-concessione”, un recente arresto di questa Corte ha precisato che, ai fini dell’ICI, con riguardo all’art. 3, comma 2, del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, nel testo introdotto dall’art. 18, comma 3, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, così come ai fini dell’IMU e della nuova IMU, con riguardo, rispettivamente, agli artt. 9, comma 1, secondo periodo, del D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23, e 1, comma 743, terzo periodo, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, in caso di concessione su aree demaniali (con relative accessioni e pertinenze), la previsione normativa della soggettività passiva in capo al “concessionario” vale, per identità di ratio legis e simmetria di causa negoziale, anche per il sub-concessionario, al quale il godimento dei beni demaniali sia stato affidato – con l’assenso (preventivo o successivo) dell’amministrazione concedente – dal concessionario per concorrere con quest’ultimo, nell’esercizio di attività ausiliarie, sussidiarie e complementari, alla gestione del medesimo servizio pubblico; ciò in quanto, l’autorizzazione dell’amministrazione concedente consente al sub-concessionario di subentrare (mediante l’attribuzione di un diritto reale o personale) nella medesima posizione del concessionario rispetto all’uso di beni demaniali costituenti oggetto della precedente concessione e di compartecipare, mediante l’utilizzo vincolato di tali beni, alla gestione del servizio pubblico affidato al concessionario, restando soggetto alla vigilanza (sia pure indiretta, per il tramite del concessionario) dell’amministrazione concedente, che ne ha preventivamente valutato l’idoneità al subingresso (in termini: Cass., Sez. Trib., 27 aprile 2025, n. 11006).
Tale principio – che, per la sua eccezionalità, non contraddice la regola generale dell’art. 9, comma 1, primo periodo, del D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23, a tenore del quale, per l’IMU, il concessionario è l’unico soggetto passivo d’imposta in caso di concessione di aree demaniali – è stato enunciato da questa Corte in relazione alle specifiche peculiarità della fattispecie allora decisa (concessioni aeroportuali), nella quale veniva in rilievo una sub-concessione, che, avendo una finalità pubblicistica, determinava il concorso del sub-concessionario nella gestione del servizio pubblico sotto la direzione, la vigilanza ed il controllo del concessionario/sub-concedente (pur sempre in veste di longa manus dell’amministrazione concedente).
Laddove, nella vicenda in disamina, si ha più propriamente riguardo alla pluralità di cessioni di un diritto di utilizzo temporaneo su singoli immobili demaniali dal concessionario (da intendersi, in questa sede, anche il subentrante nella concessione con l’assenso dell’amministrazione concedente ex art. 46 cod. nav.) a terzi, soddisfacendo un interesse personale di questi ultimi al loro godimento esclusivo.
6.6 La concessione di beni del demanio marittimo per la realizzazione e la gestione di porti turistici è disciplinata – oltre che dal codice della navigazione (artt. 36 ss. cod. nav.) – dal D.P.R. 2 dicembre 1997, n. 509 (“Regolamento recante disciplina del procedimento di concessione di beni del demanio marittimo per la realizzazione di strutture dedicate alla nautica da diporto, a norma dell’articolo 20, comma 8, della L. 15 marzo 1997, n. 59”), che l’ha definita (art. 1) come la “concessione di beni del demanio marittimo per la realizzazione delle strutture dedicate alla nautica da diporto”, vale a dire (art. 2): 1) il “Porto Turistico” (lett. a), da intendersi come “il complesso di strutture amovibili ed inamovibili realizzate con opere a terra e a mare allo scopo di servire unicamente o precipuamente la nautica da diporto ed il diportista nautico, anche mediante l’apprestamento di servizi complementari”; b) i “punti d’ormeggio” (lett. c), da intendersi come “le aree demaniali marittime e gli specchi acquei dotati di strutture che non importino impianti di difficile rimozione, destinati all’ormeggio, alaggio, varo e rimessaggio di piccole imbarcazioni e natanti da diporto”.
Secondo la giurisprudenza amministrativa, l’affidamento della realizzazione e della gestione di un Porto Turistico si caratterizza per il fatto che, accanto alla concessione di beni demaniali marittimi, impone la prestazione di servizi funzionali all’esercizio della nautica da diporto (ormeggio, disormeggio, alaggio, varo, etc.), trattandosi, quindi, di una figura complessa e peculiare, nella quale profili in tema di concessione di beni pubblici coesistono con aspetti attinenti all’affidamento di servizi pubblici (Cons. Stato, Sez. 6, 18 dicembre 2012, n. 6488). Per cui, nel quadro delle fattispecie tipizzate, dapprima, dal D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, e, poi, dal D.Lgs. 31 marzo 2023, n. 36 (c.d. “Codice dei contratti pubblici”), essa è ricondotta alla categoria mista delle “concessioni di lavori e servizi” (art. 169 del primo decreto; art. 180 del secondo decreto). Peraltro, l’art. 45-bis cod. nav. consente che il concessionario possa essere autorizzato a trasferire a terzi il godimento temporaneo dei beni demaniali.
In tale contesto, dunque, l’assegnazione a terzi dell’uso individuale dei singoli punti d’ormeggio costituisce un’attività coerente con la destinazione funzionale del Porto Turistico, che è espressamente disciplinata dalla concessione (anche mediante la previsione di un apposito regolamento). Invero, la concessione della realizzazione e della gestione del Porto Turistico comporta la facoltà di attribuire a terzi l’utilizzo temporaneo dei punti d’ormeggio verso il corrispettivo di un canone periodico, trattandosi di una tipica modalità di godimento “imprenditoriale” dei beni demaniali da parte del concessionario, che, in tal modo, non si spoglia del diritto derivantegli dalla concessione, ma esercita la gestione del Porto Turistico in osservanza ed in attuazione della concessione. Difatti, il concessionario conserva il controllo e la vigilanza sull’uso dei punti d’ormeggio da parte degli assegnatari, amministrando anche il condominio di godimento che viene ad instaurarsi tra i medesimi sulle parti comuni del Porto Turistico in conformità all’apposito regolamento.
Da quanto sopra esposto, non si può far a meno di evidenziare il collegamento genetico tra il diritto attribuito al terzo avente causa sul punto d’ormeggio e la concessione del Porto Turistico, in forza della quale il concessionario ha potuto disporre del godimento sul bene demaniale. In tal senso, sebbene il rapporto tra il concessionario e il terzo avente causa sia regolato dal diritto privato, l’autorità concedente non sarà tenuta a rispettare le posizioni giuridiche sorte in base a tali negozi di diritto privato e assumerà una posizione di sostanziale indifferenza rispetto ad esse.
6.6 È controverso tra le parti se il cessionario del diritto di utilizzo sul punto d’ormeggio, seppur compreso nella più ampia concessione avente ad oggetto i beni demaniali ubicati nell’ambito del Porto di Roma, sia o meno soggetto passivo di imposta, ai sensi dell’art. 9, comma 1, primo periodo, del D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23 (al pari dell’art. 5, comma 1, del regolamento IMU di Roma Capitale), a tenore del quale: “Soggetti passivi dell’imposta municipale propria sono il proprietario di immobili, inclusi i terreni e le aree edificabili, a qualsiasi uso destinati, ivi compresi quelli strumentali o alla cui produzione o scambio è diretta l’attività dell’impresa, ovvero il titolare di diritto reale di usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, superficie sugli stessi”.
In linea generale, questa Corte ha affermato che la disponibilità di beni demaniali, stante la loro destinazione alla diretta realizzazione di interessi pubblici, può essere legittimamente attribuita ad un soggetto diverso dall’ente titolare del bene stesso soltanto mediante concessione amministrativa, anche se il carattere pubblicistico di tale concessione non è di ostacolo alla costituzione di un eventuale, ulteriore rapporto tra il concessionario ed un terzo. Tale rapporto non deve, peraltro, necessariamente assumere la veste giuridica della sub-concessione, atteso che l’utilizzazione del bene da parte del concessionario (nella specie, le pubbliche acque, la cui cessione, in tutto o in parte, è subordinata al nulla – osta dell’amministrazione competente) ben può avvenire attraverso la stipula di atti negoziali propri del diritto privato (come un contratto di somministrazione), e ciò anche se il terzo beneficiario sia, a sua volta, un soggetto pubblico (Cass., Sez. 3, 26 aprile 2000, n. 5346; Cass., Sez. 1, 29 novembre 2001, n. 15190). Difatti, la natura demaniale di un bene non costituisce ostacolo giuridico né alla costituzione in favore di privati, mediante concessione, di diritti reali o personali che abbiano ad oggetto la fruizione del bene medesimo, né alla circolazione tra privati di tali diritti, che si atteggiano, nei rapporti privatistici, come diritti soggettivi perfetti (Cass., Sez. 5, 9 marzo 2004, n. 4769).
Con specifico riguardo, poi, al demanio marittimo, questa Corte ha ritenuto che il contratto, in forza del quale il concessionario per l’occupazione di un’area demaniale e dello spazio d’acqua antistante ceda ad un terzo l’utilizzazione esclusiva, per un certo periodo di tempo e per un determinato corrispettivo, di un posto-barca di un pontile compreso nella concessione, configura un contratto di ormeggio e non costituisce un diritto d’uso, con conseguente inapplicabilità del divieto di cessione di cui all’art. 1024 cod. civ. (Cass., Sez. 2, 18 luglio 2013, n. 17643). In particolare, il contratto di ormeggio, pur rientrando nella categoria dei contratti atipici, è sempre caratterizzato da una struttura minima essenziale (in mancanza della quale non può dirsi realizzata la detta convenzione negoziale), consistente nella semplice messa a disposizione ed utilizzazione delle strutture portuali con conseguente assegnazione di un delimitato e protetto spazio acqueo. Il suo contenuto può, peraltro, del tutto legittimamente estendersi anche ad altre prestazioni (sinallagmaticamente collegate al corrispettivo), quali la custodia del natante e/o quella delle cose in esso contenute, ed il relativo accertamento si esaurisce in un giudizio di merito che, adeguatamente motivato, non è censurabile in sede di legittimità (Cass., Sez. 3, 2 agosto 2000, n. 10118; Cass., Sez. 3, 1 giugno 2004, n. 10484; Cass., Sez. Un., 3 aprile 2007, n. 8224; Cass., Sez. 5, 18 febbraio 2009, n. 3829; Cass., Sez. 3, 13 febbraio 2013, n. 3554; Cass., Sez. 3, 14 marzo 2024, n. 6839).
Tale inquadramento è stato ribadito da questa Corte anche con riguardo alla TARSU, per la quale la soggettività passiva è stata sempre ravvisata in capo al concessionario dell’area portuale anziché in capo ai cessionari dell’utilizzo dei singoli posti-barca. Si è detto, in proposito, che il concessionario di un Porto Turistico detiene, in forza della concessione, il demanio marittimo e lo specchio acqueo antistante ed è, pertanto, soggetto passivo del tributo per la raccolta dei rifiuti relativamente ai c.d. posti-barca, anche se questi sono oggetto di contratti che ne attribuiscono la disponibilità a terzi, giacché tali contratti non estinguono, ma anzi presuppongono, la detenzione (Cass., Sez. 5, 16 febbraio 2018, n. 3798; Cass., Sez. Trib., 28 novembre 2023, n. 33106).
Si è significativamente aggiunto che non può ritenersi che la stipula di contratti con terzi, aventi ad oggetto l’utilizzazione di tali aree, a prescindere dagli effetti reali o obbligatori e dall’opponibilità o meno al soggetto pubblico concedente, comporti l’estinzione di tale detenzione, posto che la possibilità, da parte del concessionario, di consentire a terzi l’utilizzazione dell’area oggetto di concessione si fonda proprio sul provvedimento pubblico di concessione e deriva, pertanto, proprio dalla situazione giuridica attiva (di detenzione) che tale provvedimento costituisce. In altre parole, il contratto stipulato con il terzo ed avente ad oggetto il posto-barca, a prescindere dal suo contenuto, dalla sua struttura e dai suoi effetti, può comportare la costituzione di una situazione di sub-detenzione a favore del terzo: situazione che non esclude ed anzi presuppone la detenzione del concessionario. Quest’ultimo resta, pertanto, soggetto passivo del tributo in esame (Cass., Sez. Trib., 28 novembre 2023, n. 33106).
6.7 In definitiva, al di là del nomen iuris con cui si voglia appellare la situazione giuridica dei terzi assegnatari dei punti d’ormeggio, resta il fatto che la cessione frazionata del loro utilizzo temporaneo ad una pluralità di aventi causa non influisce sulla concessione dei beni del demanio marittimo, che restano, comunque, nella disponibilità (mediata) del concessionario del Porto Turistico. Pertanto, si può ribadire che, in base all’art. 9, comma 1, secondo periodo, del D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23 (al pari dell’art. 5, comma 3, del regolamento IMU di Roma Capitale), a tenore del quale: “Nel caso di concessione di aree demaniali, soggetto passivo è il concessionario”, la soggettività passiva ai fini dell’IMU è radicata nella qualità di concessionario del Porto Turistico, non rilevando che essa sia associata alla titolarità di un diritto reale o personale di godimento. Ciò in quanto la concessione costituisce il presupposto dell’imposizione e determina ex lege l’individuazione del concessionario quale unico soggetto passivo d’imposta, senza che assumano rilievo eventuali trasferimenti del godimento a terzi, finché il titolo concessorio non sia revocato o annullato.
6.8 Su tale premessa, dunque, la sentenza impugnata ha erroneamente ritenuto che, “a seguito dei surrichiamati atti di cessione della proprietà superficiaria e/o del diritto di utilizzo la soggettività passiva ai fini dell’IMU grava sui terzi cessionari”.
6.9 Nel riesame del merito, il giudice del rinvio si atterrà al seguente principio di diritto: “Ai fini dell’IMU, il concessionario di immobili demaniali compresi in un Porto Turistico, nell’accezione sancita dall’art. 2 del D.P.R. 2 dicembre 1997, n. 509, è l’unico soggetto passivo di imposta, a norma dell’art. 9, comma 1, secondo periodo, del D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23, anche con riguardo ai punti d’ormeggio, il cui diritto di utilizzo temporaneo sia stato ceduto a terzi, essendo irrilevante a tal fine la qualificazione e l’efficacia dei contratti all’uopo stipulati tra le parti”.
7. Il secondo motivo del ricorso principale è infondato.
7.1 La censura attinge la sentenza impugnata nella parte in cui si afferma che: “Deve essere accolto anche il motivo riguardante il cumulo giuridico, atteso che la norma di cui all’art. 12, comma 5, D.Lgs. n. 472 del 1997 prevede che “quando violazioni della stessa indole vengono commesse in periodi di imposta diversi, si applica la sanzione base aumentata dalla metà al triplo”. Sul punto la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 18230/2016 ha affermato che in tema di violazioni della stessa indole, che vengono commesse in periodi d’imposta diversi, è orientamento costante della Corte che si debba applicare la sanzione base aumentata dalla metà al triplo, secondo l’istituto della continuazione, previsto dall’art. 12 comma 5 del D.Lgs. n. 472/97 (Cass. n. 26077/2015). Dunque, nel caso di specie, in applicazione del suddetto principio, si dovrà provvedere al cumulo giuridico”.
7.2 L’assunto non può essere condiviso.
Secondo la più recente giurisprudenza di questa Corte, in tema di ICI, l’omessa presentazione della dichiarazione, seguita dall’omesso versamento dell’imposta, è sanzionata per tutte le annualità per cui si protrae, in quanto, ai sensi dell’art. 10, comma 1, del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, a ciascuno degli anni solari corrisponde un’autonoma obbligazione (inadempiuta non solo in relazione al versamento dell’imposta, ma anche all’obbligo dichiarativo), fermo restando che, trattandosi di violazioni della stessa indole commesse in periodi d’imposta diversi, si applica la sanzione base aumentata dalla metà al triplo, in forza della continuazione ex art. 12, comma 5, del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, il cui riconoscimento è collegato all’oggettivo perpetrarsi dell’illecito tributario in periodi d’imposta diversi, anche nell’evenienza in cui le violazioni abbiano avuto ad oggetto plurimi immobili (Cass., Sez. Trib., 9 settembre 2024, n. 24234).
Analogamente, è stato affermato che, in tema di ICI, in ipotesi di più violazioni per omesso o insufficiente versamento dell’imposta relativa ad uno stesso immobile, conseguenti a identici accertamenti per più annualità successive, si applica il regime della continuazione attenuata di cui all’art. 12, comma 5, del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, che consente di irrogare un’unica sanzione, pari alla sanzione base aumentata dalla metà al triplo (Cass., Sez. 5, 8 aprile 2022, n. 11432), ovvero che, in tema di ICI, l’omessa presentazione della dichiarazione per più periodi, fino al regolare adempimento, oltre a comportare l’applicabilità delle sanzioni per ciascuna annualità, non osta all’applicazione del regime della continuazione previsto dall’art. 12, comma 5, D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, venendo in rilievo condotte che, traducendosi nel reiterato ostacolo alla determinazione dell’imponibile ed alla liquidazione dell’imposta con riferimento allo stesso tributo, sono tra loro oggettivamente e strettamente collegate (Cass., Sez. 5, 30 giugno 2021, n. 18447).
Per identità di ratio, i medesimi principi sono destinati a valere anche per l’IMU.
7.3 Ne discende che la sentenza impugnata ha correttamente rideterminato l’entità della sanzione amministrativa per l’omessa dichiarazione e l’omesso versamento dell’IMU per l’annata di riferimento in base al criterio del cumulo giuridico.
8. Il primo motivo del ricorso incidentale è infondato.
8.1 Secondo il tenore della censura: “a) dette norme (vale a dire, gli artt. artt. 51, comma 3-bis, 52, 57, 58 e 59 del D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159) impediscono all’Amministrazione finanziaria (nel caso di specie, a Roma Capitale) di pretendere dalle società soggette a sequestro o confisca il pagamento di somme a titolo di imposte ed accessori con riferimento a beni immobili cui detto provvedimento si riferisce, cosa che, invece, è avvenuta nel caso di specie, atteso che l’impugnato avviso di accertamento si conclude con una richiesta di pagamento di somme a titolo di Imu, sanzioni ed interessi; b) in ogni caso, per effetto del provvedimento del 22 luglio 2015 del Tribunale Ordinario di Roma l’intero patrimonio immobiliare della società Porto Turistico è stato assoggettato a sequestro preventivo ex art. 321 e ss. c.p.p., di talché nessuna pretesa può essere avanzata nei confronti della società contribuente alla luce di quanto previsto dall’art. 51, D.Lgs. n. 159 del 2011; c) l’intera odierna procedura di accertamento di un presunto credito vantato, a titolo di Imu, da Roma Capitale nei confronti della società contribuente è del tutto illegittima, essendo in contrasto con la normativa prevista dal surrichiamato “Codice delle leggi antimafia” (artt. 52, 57, 58 e 59) in tema di accertamento dei diritti di terzi”.
8.2 Tale argomento non è condivisibile.
Secondo questa Corte, in tema di assoggettamento ad imposizione dei beni sottoposti a misura di prevenzione, la cognizione del giudice ordinario nel procedimento previsto dall’art. 57 e ss. del D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159, per l’accertamento e la soddisfazione in ambito concorsuale dei creditori anteriori, non esclude la cognizione del giudice tributario sulla legittimità formale e sostanziale dell’atto impositivo, i cui presupposti siano maturati in data anteriore all’adozione della misura di prevenzione (Cass., Sez. 6-5, 3 febbraio 2022, n. 3356 – nello stesso senso: Cass., Sez. Trib., 25 settembre 2023, n. 27215). Infatti, la lettera dell’art. 51, comma 3-bis, del D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159 (con il riferimento alla “vigenza dei provvedimenti di sequestro e confisca” ed alle “imposte, tasse e tributi, dovuti per il periodo di durata dell’amministrazione giudiziaria”) evidenzia univocamente come la sospensione non riguardi i crediti, anche tributari, anteriori al sequestro preventivo. Per cui, nessuna incidenza può attribuirsi alla disposizione normativa in ordine alla conservazione o alla caducazione dell’atto impositivo, allorquando i relativi presupposti si riferiscano ad epoca anteriore all’adozione della misura di prevenzione.
9. Il secondo motivo ed il quarto motivo del ricorso incidentale – la cui stretta ed intima connessione suggerisce la trattazione congiunta per la comune attinenza alla motivazione della sentenza impugnata – sono infondati.
9.1 Come è noto l’art. 36, comma 2, n. 4), del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, sulla falsariga dell’art. 132, secondo comma, n. 4), cod. proc. civ. (nel testo modificato dall’art. 45, comma 17, della legge 18 giugno 2009, n. 69), dispone che la sentenza: “… deve contenere: … 4) la concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione;…”.
Per costante giurisprudenza, invero, la mancanza di motivazione, quale causa di nullità della sentenza impugnata, va apprezzata, tanto nei casi di sua radicale carenza, quanto nelle evenienze in cui la stessa si dipani in forme del tutto inidonee a rivelare la ratio decidendi posta a fondamento dell’atto, poiché intessuta di argomentazioni fra loro logicamente inconciliabili, perplesse od obiettivamente incomprensibili (tra le tante: Cass., Sez. 5, 30 aprile 2020, n. 8427; Cass., Sez. 6-5, 15 aprile 2021, n. 9975; Cass., Sez. Trib., 20 dicembre 2022, n. 37344; Cass., Sez. Trib., 18 aprile 2023, n. 10354; Cass., Sez. Trib., 22 maggio 2024, n. 14337; Cass., Sez. Trib., 5 marzo 2025, n. 5882). Peraltro, si è in presenza di una tipica fattispecie di “motivazione apparente”, allorquando la motivazione della sentenza impugnata, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente e, talora, anche contenutisticamente sovrabbondante, risulta, tuttavia, essere stata costruita in modo tale da rendere impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento decisorio, e quindi tale da non attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, sesto comma, Cost. (tra le tante: Cass., Sez. 1, 30 giugno 2020, n. 13248; Cass., Sez. 6-5, 25 marzo 2021, n. 8400; Cass., Sez. 6-5, 7 aprile 2021, n. 9288; Cass., Sez. 5, 13 aprile 2021, n. 9627; Cass., Sez. 6-5, 24 febbraio 2022, n. 6184; Cass., Sez. Trib., 18 aprile 2023, n. 10354; Cass., Sez. Trib., 22 maggio 2024, n. 14337; Cass., Sez. Trib., 5 marzo 2025, n. 5882). In particolare, poi, il vizio di motivazione contraddittoria o perplessa è rinvenibile soltanto in presenza di un contrasto insanabile ed inconciliabile tra le argomentazioni addotte nella sentenza impugnata, che non consenta la identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base della decisione (tra le tante: Cass., Sez. Lav., 17 agosto 2020, n. 17196; Cass., Sez. 6-5, 14 aprile 2021, n. 9761; Cass., Sez. 5, 26 novembre 2021, n. 36831; Cass., Sez. 6-5, 14 dicembre 2021, n. 39885; Cass., Sez. 5, 27 aprile 2022, nn. 13214, 13215 e 13220; Cass., Sez. Trib., 23 agosto 2023, n. 25079; Cass., Sez. Trib., 2 settembre 2024, n. 23530).
9.2 Nella specie, si deve escludere che la motivazione della sentenza impugnata sia inadeguata o contraddittoria in relazione al riconoscimento della soggettività passiva di imposta in capo ai terzi cessionari “della proprietà superficiaria e/o dei diritti di utilizzo dei beni”, da un lato, ed al riconoscimento della soggettività passiva di imposta in capo al concessionario del Porto Turistico, dall’altro lato, giacché il giudice del gravame – proprio in parziale accoglimento dell’appello della contribuente – ha inequivocabilmente limitato la responsabilità tributaria del concessionario alla sola categoria dei beni demaniali inceduti a terzi, essendo egli rimasto titolare della proprietà superficiaria.
Ad ogni modo, l’esito infausto delle predette censure è superato dall’accoglimento del primo motivo del ricorso principale, attenendo la motivazione censurata alla soggettività passiva del concessionario del Porto Turistico ai fini dell’IMU.
11. Il quinto motivo del ricorso incidentale è infondato.
11.1 Secondo la controricorrente/ricorrente incidentale: “In riferimento, infatti, al secondo motivo di appello relativo alla illegittimità dell’avviso di accertamento de quo per carenza del presupposto d’imposta e per difetto di soggettività passiva, la C.G.T. di Secondo Grado del Lazio ha affermato che “si condivide il motivo di appello in ordine agli atti pubblici di cessione a terzi della proprietà superficiaria e/o del diritto di utilizzo dei beni, limitatamente a quelli documentati agli atti di causa, allegati alla nota di deposito documenti in C.T.P. del 28 febbraio 2018”. In realtà, come risulta per tabulas dalla documentazione in atti, la Società aveva prodotto documentazione relativa alla cessione a terzi della proprietà superficiaria sui beni immobili facenti parte del c.d. “Porto di Roma” non solo con la nota di deposito documenti del 28 febbraio 2018, bensì anche in allegato al ricorso introduttivo proposto avanti la allora C.T.P. di Roma” (pagina 33 del controricorso).
A suo dire: “Non si comprende pertanto – né è possibile desumerlo dalla impugnata sentenza d’appello che, sul punto, omette qualunque motivazione – la ragione per la quale la C.G.T. di Secondo Grado del Lazio abbia limitato l’accoglimento del “motivo di appello in ordine agli atti pubblici di cessione a terzi della proprietà superficiaria e/o del diritto di utilizzo dei beni, limitatamente a quelli documentati agli atti di causa, allegati alla nota di deposito documenti in C.T.P. del 28 febbraio 2018″” (pagina 34 del controricorso).
11.2 A ben vedere, la documentazione allegata al ricorso introduttivo è analoga – sul piano del contenuto negoziale e della significatività probatoria – a quella allegata alla nota depositata il 28 febbraio 2018, per cui la produzione di ulteriori cessioni a terzi del diritto di utilizzo di immobili demaniali non può alterare l’esito del giudizio, essendo ininfluente sull’individuazione della soggettività passiva per il tributo.
11.3 Ad ogni buon conto, si può censurare la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. solo se si alleghi che il giudice di merito abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti, invece, a valutazione (tra le tante: Cass., Sez. 1, 1 marzo 2022, n. 6774; Cass., Sez. 2, 24 maggio 2022, n. 16736; Cass., Sez. Lav., 3 luglio 2024, n. 18211; Cass., Sez. Trib., 12 marzo 2025, n. 6568). Ma tanto non è stato denunciato in questa sede.
12. Alla stregua delle suesposte argomentazioni, dunque, valutandosi la fondatezza del primo motivo e l’infondatezza del secondo motivo del ricorso principale, nonché l’infondatezza dei motivi del ricorso incidentale, il ricorso principale può trovare accoglimento entro tali limiti, mentre il ricorso incidentale deve essere respinto; per cui, la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto con rinvio della causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
13. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della controricorrente/ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso incidentale (rispetto al ricorso iscritto al n. 20469/2023 R.G.), a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
14. Si deve, invece, escludere la sussistenza dei presupposti per il raddoppio del contributo unificato in relazione al ricorso iscritto al n. 20799/2023 R.G., essendone stata dichiarata l’inammissibilità sopravvenuta (Cass., Sez. Un., 19 luglio 2024, n. 19976).
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi iscritti ai nn. 20469/2023 R.G. e 20799/2023 R.G.;
accoglie il primo motivo e rigetta il secondo motivo del ricorso iscritto al n. 20469/2023 R.G.;
rigetta il ricorso incidentale (rispetto al ricorso iscritto al n. 20469/2023 R.G.); dichiara l’inammissibilità sopravvenuta del ricorso iscritto al n. 20799/2023 R.G.;
cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità;
dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della controricorrente/ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso incidentale (rispetto al ricorso iscritto al n. 20469/2023 R.G.), se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 17 settembre 2025.
Si veda sull’argomento la giurisprudenza recente su: Diritto demaniale – Rifiuti – Pubblica amministrazione – Diritto processuale civile
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