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Contador e il caso della bistecca contaminata.

GIULIA GAVAGNIN*

E’ stata pubblicata lo scorso 7 febbraio la sentenza con la quale il Tas di Losanna ha comminato al ciclista Alberto Contador la squalifica per due anni dall’attività sportiva a seguito di accertata positività al clenbuterolo, una sostanza dopante1  inclusa nell’elenco Wada2. La sentenza è giunta 565 giorni dopo il prelievo del campione fisiologico: la lentezza del procedimento sta già facendo discutere esperti e non di tutto il mondo per la farraginosità di una procedura che dovrebbe essere quanto più rapida possibile, vista la brevità di una carriera sportiva professionistica ad alto livello (Contador compirà trent’anni nel dicembre di quest’anno).

Questi sono i fatti.

Il 21 luglio 2010, durante il Tour de France, Alberto Contador è stato sottoposto all’esame delle urine, risultando positivo per un’infinitesima percentuale (50 pg/ml) di clenbuterolo, una sostanza proibita inclusa nell’elenco Wada quale agente anabolico3.

Il successivo 26 agosto, a seguito di esito positivo delle analisi, al ciclista è stata notificata la provvisoria sospensione dall’attività sportiva con contestuale richiesta di chiarimenti.
L’esame del controcampione di liquido prelevato ha confermato i risultati delle prime analisi; anche ulteriori analisi ripetute su campioni precedentemente prelevati hanno rivelato la presenza di clenbuterolo in percentuali ancor più irrisorie (tra il 16 e i 7 pg/mL).

La positività, seppur infinitesima, ad una sostanza inclusa nell’elenco Wada ha avviato il procedimento avanti l’organo competente, il Comitè Nacional de Competicion y Disciplina Deportiva della Real Federacion Espanola de Ciclismo .

Il 14 febbraio 2011 il Comitato ha assolto Contador, ritenendo credibile la sua affermazione secondo cui, tra il 20 ed il 21 luglio 2010, aveva incolpevolmente ingerito una bistecca contaminata dalla predetta sostanza.

Il Comitato ha argomentato la propria decisione osservando che la carne di manzo legittimamente rientra nell’alimentazione di uno sportivo e che l’atleta non poteva sospettare – nemmeno adoperando la massima prudenza – che quella bistecca potesse contenere sostanze proibite. Ha inoltre rilevato che la quantità di clenbuterolo rinvenuta era talmente irrisoria da non potere in alcun modo migliorare la performance sportiva.

L’UCI e il Wada hanno proposto appello avanti il Tas. Il Wada, in particolare, ha compiuto meticolosissime indagini per dimostrare l’infondatezza delle affermazioni di Contador.
Il Tas ha preliminarmente ritenuto applicabili le norme contenute nel codice Wada, in quanto direttamente richiamate4  dalle norme in materia antidoping della UCI5.

Ricordiamo i principi fondamentali applicati dal Collegio:
a)    è fatto obbligo ad ogni atleta di assicurarsi che nessuna sostanza proibita – rectius, contenuta nell’elenco delle sostanze proibite – faccia ingresso nel proprio corpo (‘enters his body‘): gli atleti sono ritenuti responsabili per ogni sostanza proibita, metabolita o marker, che vengano trovati nel loro corpo6;
b)    ogni atleta deve astenersi dall’ingerire ogni sostanza, cibo, integratore o bevanda, di cui non conosce la composizione7;
c)    eventuali terapie mediche non scusano l’ingestione di sostanze proibite o l’utilizzo di metodi proibiti, fatti salvi i casi espressamente indicati e previa comunicazione espressa agli organi competenti (‘Therapeuticals use exemption’)8.

Un atleta, qualora risulti positivo ad un test anti doping e non si sia sottoposto ad una terapia medica previamente concordata, commette una violazione formale alla normativa anti doping.

Se si tratta della prima infrazione9, come nel caso di Contador, l’atleta viene sanzionato con la squalifica per due anni dall’attività sportiva e con la revoca dei titoli vinti e dei premi in denaro ricevuti relativi alla competizione sportiva ‘falsata’ dalla pratica antisportiva.

Per evitare questa sanzione l’atleta deve dimostrare di aver assunto la sostanza o di avere adottato il metodo proibito senza colpa o negligenza (‘no fault or negligence‘)10.

Qualora, invece, il Tas ritenga che l’atleta abbia tenuto una condotta non significativamente colpevole o negligente (‘no significant fault or negligence‘)11  la sanzione può essere ridotta sino alla metà.

Nel procedimento davanti al Tas vige il principio della responsabilità oggettiva (‘strict liability’)12 : l’onere della prova è a carico dell’atleta, il quale, se vuole evitare la sanzione, deve chiarire:
1)    come la sostanza è entrata nel suo corpo;
2)    che nel caso di specie non ha agito con colpa o negligenza o con colpa o negligenza significative.

Nella decisione qui commentata, il Collegio non si limita a ribadire che, accertata la violazione formale, spetta all’atleta dimostrare con ogni mezzo possibile di avere tenuto una condotta non colpevole né negligente, ma stabilisce esattamente in cosa consista l’onere probatorio a carico dell’atleta.

In particolare, il collegio ritiene che il concetto di ‘onere della prova’ debba essere qualificato giuridicamente ai sensi dell’art. 8 del codice civile svizzero13  che pone in via generale l’onere della prova a carico della parte che invoca il diritto contestato. Ciò comporta che, nel procedimento in oggetto, sul ciclista gravasse l’onere – non certo agevole – di provare:
a)    la possibilità dell’incolpevole ingestione di una bistecca contaminata;
b)    l’impossibilità dell’assunzione della sostanza proibita in altro modo.

Contador ha ribadito la sua versione difensiva, secondo cui aveva mangiato una bistecca contaminata al clenbuterolo, sostanza che era all’epoca utilizzata come agente anabolizzante nei bovini.

In particolare, Contador ha affermato:
a)    che ha consumato carne bovina sia il 20 che il 21 luglio 2010;
b)    che ci sono sufficienti motivi per ritenere che la carne fosse contaminata con la sostanza vietata;
c)    che l’ingestione di una bistecca contaminata determina la positività al test antidoping.

Ovviamente, essendo impossibile accertare l’effettiva presenza della sostanza incriminata nella carne consumata dal ciclista, le asserzioni del ciclista sono tutte di stampo probabilistico e, per lo più, ‘in negativo’.

I motivi ‘sufficienti’ cui al punto b), secondo la difesa dell’atleta, sono desumibili dai dati raccolti dal Wada a seguito dell’accurata indagine effettuata sulla filiera di produzione e di distribuzione della carne bovina all’oggetto del procedimento.

E’ stato infatti accertato che la bistecca mangiata da Contador provenisse da un macellaio di Irun, nei Paesi Baschi, che avrebbe acquistato la carne da un allevatore della regione spagnola della Castilla y Leon. Nel 2000, il fratello dell’allevatore di cui si tratta subì una condanna per aver commerciato carne ‘gonfiata’ con il clenbuterolo nel 1996. Per questa ragione, afferma Contador, è credibile che l’allevamento dal quale proveniva l’animale dal quale è stata ricavata la bistecca abbia utilizzato gli stessi metodi di adulterazione. In più, continua la difesa dell’atleta, non è certo al 100% che la carne avesse provenienza spagnola, potendo avere anche origine sudamericana.

Il Collegio ha disatteso queste argomentazioni proprio sulla base dell’indagine effettuata dal Wada.

Dopo aver accertato la provenienza spagnola della bistecca, il Wada ha posto in evidenza che il fratello dell’allevatore era sì stato condannato per adulterazione della carne, ma molti anni prima, nel 2000, e da allora, la normativa europea in materia alimentare era divenuta molto più severa.

In particolare in Spagna la somministrazione di beta-agonisti ai bovini è punita con sanzioni assai severe che arrivano fino ai 4 anni di reclusione. L’introduzione di sanzioni così pesanti ha azzerato i casi di carne adulterata in Spagna: i dati ufficiali diffusi dall’UE hanno mostrato che dal 2004 al 2008 in Spagna si è verificato un solo caso di contaminazione al clenbuterolo (nel 2006) e, comunque, nessun caso si è avuto né nei Paesi Baschi, né nella regione Castilla y Leon.

A questo punto, il Collegio è passato ad esaminare le ricostruzioni (“scenari”) ipotizzate dagli appellanti.

Il primo scenario è quello della trasfusione ematica.

Secondo il Wada e l’UCI, l’atleta si sarebbe sottoposto ad una trasfusione di globuli rossi per ossigenare il sangue e, il giorno seguente, per nascondere la variazione dei valori dell’emoglobina, si sarebbe iniettato del plasma. Purtroppo per il ciclista, però, il plasma sarebbe stato direttamente contaminato dal clenbuterolo.

Secondo il Wada, questo scenario è probabile per il concorso di tre fattori:
a)    l’ambiente in cui si è allenato l’atleta, aduso a questa pratica (‘tainted environment‘);
b)    i parametri del sangue;
c)    tracce di ftalati (di per se, non sanzionabili ai sensi del Codice Wada perché non inclusi nella lista).  

Il Collegio ha ritenuto non condivisibile la prima asserzione: non si può accusare un atleta di pratiche antisportive soltanto perché altri dello stesso ambiente le hanno adottate.

Per quanto concerne, invece, l’indagine sui parametri sanguigni, il Collegio ha riconosciuto che sia possibile manipolare il proprio profilo sanguigno sino a renderlo coerente con i valori naturali. Ma i medici del Wada sono riusciti soltanto a dimostrare che i valori sanguigni riscontrati nel ciclista nel Tour de France 2010 non erano in linea con i valori riscontrati nel 2007 e nel 2008 e il Collegio non ha ritenuto questi dati sufficienti al fine di dimostrare con sufficiente certezza che l’atleta si sia sottoposto ad una trasfusione.

Tuttavia, secondo il Collegio, queste congetture vanno poste in relazione con la riscontrata presenza di ftalati. Nel campione ematico prelevato il 20 luglio 2010 si è infatti riscontrata un’elevata presenza di queste sostanze, che sono agenti plastificanti utilizzati comunemente nella fabbricazione delle sacche in PVC, utilizzati nella pratica medica per conservare il sangue.

Secondo la tesi degli appellanti, Contador, nell’effettuare le due trasfusioni avrebbe utilizzato due diverse sacche di PVC contenenti, rispettivamente, il sangue ed il plasma. Quest’ultimo sarebbe stato contaminato da clenbuterolo perché proveniente da un donatore che ne aveva fatto uso massiccio (probabilmente, un body builder).

E’ interessante soffermarsi sul complesso ragionamento effettuato dagli esperti nominati circa la possibilità che il clenbuterolo rinvenuto nel campione delle urine di Contador sia da addebitarsi, effettivamente, ad una trasfusione di plasma contaminato.

La ricostruzione degli esperti ha natura tossicologica e farmacologica e parte dalla quantità di sostanza proibita rinvenuta nel campione prelevato: 50 pg/Ml.

Per raggiungere siffatte concentrazioni, per sé irrisorie, ma rilevanti se acquisite con una trasfusione di plasma, l’ipotetico donatore avrebbe dovuto assumere una ingente quantità di clenbuterolo al fine di aumentare la muscolatura (come si è detto, dovrebbe trattarsi di un body builder). In particolare, secondo la più accreditata tra le ricostruzioni, il donatore avrebbe dovuto sottoporsi ad una terapia di 200 ug al giorno per 21 giorni, con grave rischio per la sua salute.

Ma v’è di più. Il soggetto avrebbe dovuto donare il plasma entro il giorno successivo alla 21a donazione.

Quindi, Contador si sarebbe sottoposto ad un trasfusione sanguigna il 20 luglio 2010 utilizzando del sangue conservato in sacche di PVC. Gli ftalati sarebbero rimasti in circolo quel giorno e, dunque, sarebbero stati rinvenuti nel campione ematico prelevato quel giorno. Il giorno successivo si sarebbe iniettato del plasma proveniente da un donatore ‘dopato’ e talmente pervicace da aver assunto l’agente anabolizzante il giorno precedente.

Il Collegio, in questo caso, non ha potuto fare a meno di ritenere improbabile che il ciclista fosse stato cosi negligente (e stupido) da effettuare una trasfusione di plasma ricevuto da un donatore che aveva appena terminato un trattamento medico col clenbuterolo.

Il Collegio ha invece ritenuto probabile il secondo scenario, prospettato dal Wada con l’appello: l’assunzione di un integratore contaminato con clenbuterolo. Anche in un noto caso precedente14, una nuotatrice era stata condannata per aver ingerito un integratore contaminato con clenbuterolo, sebbene ella avesse affermato di aver sempre utilizzato integratori immessi sul mercato da un’azienda nota e, perciò, affidabile. Ugualmente, Contador si è difeso affermando di aver assunto sempre gli stessi integratori somministrati ai compagni del team Astana e, comunque, mai fuori dalla gara.

Il Collegio ha ritenuto teoricamente e tecnicamente possibile risultare positivi al clenbuterolo a seguito dell’ingestione di un integratore contaminato ed ha osservato, altresì, che l’atleta non ha fornito allegazioni sufficienti a discolparsi.

Il Collegio ha quindi ritenuto più verosimile che la positività al test dipenda da un integratore anziché da una bistecca contaminata.

Tuttavia, il Collegio, pur riformando la decisione di primo grado e comminando la condanna, ha sorprendentemente riconosciuto che la responsabilità dell’atleta non è da ritenere certa ‘oltre ogni ragionevole dubbio’.

Il ciclista presenterà ricorso presso il Tribunale Federale Svizzero contro la decisione del Tas: si tratta di un tentativo che difficilmente sortisce esito positivo essendo ammesso solo per ragioni formali15.

Tuttavia, la decisione presenta molti aspetti contraddittori proprio sul punto della ripartizione dell’onere della prova sicché non si può escludere una riforma da parte del Tribunale Federale.

Se è vero che l’onere della prova ricade interamente sul ciclista e che questi deve dimostrare di aver agito, quantomeno, senza colpa o negligenza significative, allora la tesi della bistecca contaminata, così come prospettata, è certo assai debole e soprattutto è stata confutata dalle indagini compiute dal Wada.

Qui il Collegio avrebbe potuto fermarsi e ritenere che il ciclista non aveva assolto all’onere della prova. Invece, e bisogna dire ragionevolmente, rendendosi conto che una rigida applicazione del criterio che addossa la prova “negativa” di non aver commesso coscientemente il fatto interamente sull’accusato porta a conseguenze giuridicamente poco accettabili, ha voluto esaminare se vi fossero ricostruzioni alternative, proposte dagli appellanti, più credibili. In altri termini, il Collegio sembra aver voluto introdurre un sistema “misto” in ordine alla prova, in contrasto con i principi richiamati inizialmente, ma più consono a principi di equità processuale.

Ma, una volta adottato questo sistema, appare incongruo giungere a una condanna sulla base di una valutazione di “minore improbabilità” della versione accusatoria.

Senza contare che lo ‘scenario’ dell’integratore contaminato non appare, comunque, convincente di per sè.

Adesso sarà interessante osservare con quali armi la difesa del ciclista affronterà il ricorso.

Certamente, questo caso farà discutere ancora molto.

* Avvocato in Venezia

 

1  Più precisamente, si tratta di un “beta-2-agonista” adrenergico che possiede proprietà ergogeniche che derivano dagli effetti stimolanti che è in grado di espletare sul sistema nervoso centrale. Viene utilizzato comunemente per il trattamento di patologie asmatiche, ma sono note le sue proprietà stimolanti: per questo il suo utilizzo presso gli sportivi costituisce un problema.
2  Il Wada (World Anti Doping Agency) è una fondazione a partecipazione mista creata per volontà del Comitato Internazionale Olimpico (IOC) il 10 novembre 1999 al fine di coordinare la lotta contro il doping nello sport. Attualmente la sua sede è a Montreal (Canada) ma giuridicamente resta regolata dal diritto privato svizzero.
Il Wada aggiorna periodicamente il Codice (WADC) contenente la normativa di riferimento in materia anti-doping. Il Codice, pubblicato per la prima volta nel 2003 (entrato in vigore il 1° gennaio 2004) e revisionato nel 2007 e nel 2009, è diviso in quattro parti: Doping Control; Education and Research; Roles and Responsabilities; Acceptance, Compliance, Modifications and Interpretation.
L’elenco delle sostanze e dei metodi proibiti (Prohibited List) è disciplinato dall’art. 4 del Codice, che ne impone l’aggiornamento a cadenza almeno annuale. Ogni modifica alla Prohibited List deve essere immediatamente comunicata dal Wada al direttore generale dell’UNESCO. L’ultimo aggiornamento è del 1° gennaio 2012.
3  Più precisamente, è inserito al Par. S1, punto n. 2 tra gli “other anabolic agents”, proibiti sia in gara che fuori dalla gara.
4  Nel procedimento d’appello avanti al Tas le norme applicabili sono soltanto quelle emanate dalle Federazioni Nazionali ed Internazionali, dalle organizzazioni nazionali anti-doping e dall’IOC. Il Codice Wada è applicabile solo laddove direttamente richiamato.
5  Union Ciclyste Internazionale.
6  Art. 2.1. Codice Wada e 21 UCI ADR.
7  Art. 21 UCI ADR.
8  Art. 4.4. Codice Wada.
9  Art. 10.2 Codice Wada.
10  Art. 10.5.1. Codice Wada.
11  Art. 10.5.2. Codice Wada.
12  Art. 2.1. Codice Wada.
13  “Unless the law provides otherwise, the burden of proving the existence o fan alleged fact shall rest on the person who derives rights from that fact”.
14  La nuotatrice americana Jessica Hardy il 23 luglio 2008 fu trovata positiva al clenbuterolo. Si difese affermando di aver incolpevolmente ingerito un integratore adulterato messo in commercio dalla nota azienda AdvoCare. Il Tas il 21 maggio 2010 ha confermato la decisione resa dall’American Arbitration Association and the Court of Arbitration for Sport che aveva comminato un anno di sospensione alla Hardy per aver ingerito l’integratore ‘with no significant fault or negligence’. L’IOC, lo scorso anno, l’ha riammessa ai giochi olimpici di Londra 2012.
15  In particolare, ai sensi dell’art. 190 PILA (Swiss Private International Law Act) il ricorso al Tribunale Federale è ammesso per questioni inerenti la nomina degli arbitri, la giurisdizione del Tas, l’omessa considerazione di prove fondamentali, la violazione delle norme in materia di giusto processo e di ordine pubblico.

 

Pubblicato su Osservatorio AD – Greenlex il 27 febbraio 2012