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T.A.R. LOMBARDIA, Milano, Sez. II - 6 aprile 2010, n. 999


INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Tutela sanitaria della popolazione - Competenze comunali - Estraneità. Non rientra nelle competenze dei Comuni la tutela sanitaria della popolazione dalle esposizioni ai campi elettromagnetici (Cons. Stato VI, 3.6.02 n. 3095, 10.2.03 n. 673, 26.8.03 n. 4841), assicurata dalla normativa statale mediante norme già improntate al principio di precauzione. Pres. Arosio, Est. Spadavecchia - H. s.p.a. (avv.ti Bardelli, Bazzani e Cerio) c. Comune di Vimercate (avv. Pintucci) e altri (n.c.). TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. II - 6 aprile 2010, n. 999

INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Emissioni - Tutela sanitaria della popolazione - Competenza statale - Divieti di installazione connessi alla destinazione urbanistica delle aree - Illegittimità - Prescrizioni di distanze minime tra impianti e abitazioni - Illegittimità. La tutela sanitaria della popolazione dalle emissioni elettromagnetiche esula dalle competenze dei comuni (cfr. Cons. Stato VI, 20.12.02 n. 7274), essendo affidata dalla legge quadro (n. 36/2001) al legislatore statale, il quale ha prescelto un criterio basato esclusivamente sui limiti di immissione delle irradiazioni nei luoghi particolarmente protetti. Si discostano da tale criterio sia i divieti di localizzazione e di installazione connessi alla mera destinazione urbanistica delle aree, sia le prescrizioni di distanze minime fisse, tra impianti e abitazioni, diverse dalle distanze ordinarie previste per gli edifici (cfr. Cons. Stato VI, ord.za 15.1.02 n. 277; TAR Veneto 2^, 2.2.02 n. 347; TAR Lazio 2^ 6.10.01 n. 8170). Pres. Arosio, Est. Spadavecchia - H. s.p.a. (avv.ti Bardelli, Bazzani e Cerio) c. Comune di Vimercate (avv. Pintucci) e altri (n.c.). TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. II - 6 aprile 2010, n. 999

INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Regolamenti locali - Strumenti urbanistici - Previsione di distanze minime da insediamenti residenziali - Obiettivi di protezione sanitaria - Illegittimità. Non possono considerarsi legittime le norme di regolamenti locali o di strumenti urbanistici che, con obiettivi di protezione sanitaria estesi ben oltre le specifiche ipotesi previste dalla normativa regionale di settore, prescrive in via generalizzata, per gli impianti di telefonia cellulare e similari, distanze minime da insediamenti residenziali, da edifici e attrezzature di uso collettivo, ovvero dal confine delle zone territoriali omogenee che prevedono tali destinazioni (cfr. Corte cost. 331/03; Cons. Stato IV, 14.2.05 n. 450; TAR Lazio 2^, 6.10.01 n. 8170). Pres. Arosio, Est. Spadavecchia - H. s.p.a. (avv.ti Bardelli, Bazzani e Cerio) c. Comune di Vimercate (avv. Pintucci) e altri (n.c.). TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. II - 6 aprile 2010, n. 999

INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione - Assimilazione alle opere di urbanizzazione primaria - Compatibilità con la destinazione agricola - Art. 86, c. 3, d.lgs. n. 259/2003. L’art. 86, comma 3, d.lgs. 1 agosto 2003 n. 259 (codice delle comunicazioni elettroniche) assimila le infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione ad ogni effetto alle opere di urbanizzazione primaria, il che le rende compatibili anche con la destinazione agricola (cfr. Cons. Stato VI, 10.2.03 n. 673). Pres. Arosio, Est. Spadavecchia - H. s.p.a. (avv.ti Bardelli, Bazzani e Cerio) c. Comune di Vimercate (avv. Pintucci) e altri (n.c.). TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. II - 6 aprile 2010, n. 999

INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Potestà regolamentare dei comuni - Limiti - Art. 8, c. 6 L. n. 36/2001. La potestà regolamentare dei Comuni in materia di emissioni elettromagnetiche (art. 8, c. 6 L. n. 36/2001) può tradursi nell’introduzione, sotto il profilo urbanistico, di regole a tutela di zone e beni di particolare pregio paesaggistico-ambientale o storico-artistico, ovvero, per quanto riguarda la minimizzazione dell’esposizione ai campi elettromagnetici, nell’individuazione di siti che per destinazione d’uso e qualità degli utenti possano essere considerati sensibili alle immissioni radioelettriche (Cons. Stato VI 3.3.07 n. 1017); ma non consente ai comuni di introdurre limitazioni e divieti generalizzati riferiti alle zone territoriali omogenee, né consente l’introduzione di distanze fisse, da osservare rispetto alle abitazioni e ai luoghi destinati alla permanenza prolungata delle persone o al centro cittadino, quando tale potere sia rivolto a disciplinare la compatibilità dei detti impianti con la tutela della salute umana al fine di prevenire i rischi derivanti dall’esposizione della popolazione a campi elettromagnetici, anziché a controllare soltanto il rispetto dei limiti delle radiofrequenze fissati dalla normativa statale e a disciplinare profili tipicamente urbanistici (cfr. Cons. Stato V, 14.2.05 n. 450). Pres. Arosio, Est. Spadavecchia - H. s.p.a. (avv.ti Bardelli, Bazzani e Cerio) c. Comune di Vimercate (avv. Pintucci) e altri (n.c.). TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. II - 6 aprile 2010, n. 999

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

N. 00999/2010 REG.SEN.
N. 01355/2005 REG.RIC.


Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Seconda)


ha pronunciato la presente


SENTENZA


sul ricorso numero 1355 del 2005 di r.g. proposto da:
H3G s.p.a., con sede legale in Trezzano sul Naviglio, in persona del dott. Vincenzo Novari, rappresentante legale pro tempore, e del dott. Giorgio Moroni, procuratore speciale della Società, rappresentata e difesa dagli avv.ti Guido Bardelli, M. Alessandra Bazzani ed Eliana Cerio, elettivamente domiciliata presso il loro studio in Milano, via Visconti di Modrone 12

contro

- COMUNE di VIMERCATE, in persona del Sindaco pro tempore, dr. Enrico Brambilla, rappresentato e difeso dall’avv. Francesco Pintucci del Foro di Monza, presso il cui studio è elettivamente domiciliato in Milano, via Donizetti 38
- REGIONE LOMBARDIA e PROVINCIA di MILANO, non costituite in giudizio

per l'annullamento

(a) del provvedimento 23 febbraio 2005, emesso dal Responsabile Area Pianificazione del Territorio e Sportello Imprese, recante diniego di autorizzazione in sanatoria per la realizzazione di un impianto di telefonia cellulare UMTS in via E. Fermi; (b) dell’art. 26 delle n.t.a. del vigente p.r.g. (approvato con delibera consiliare 20 aprile 2004 n. 14 e successive variazioni) nella parte in cui, per gli impianti di radiodiffusione, radio comunicazione, telefonia cellulare e simili, prescrive una distanza minima di 150 metri dagli insediamenti residenziali e dagli edifici e dalle attrezzature di uso collettivo, ovvero dal confine delle zone territoriali omogenee che prevedono tali destinazioni; nonché di tutti gli atti connessi e conseguenti.


Visti il ricorso, notificato il 5/6 maggio, depositato il 18 maggio 2005;

Vista la memoria di costituzione del Comune;

Viste le memorie delle parti;

Visti atti e documenti di causa;

Uditi, alla pubblica udienza del 25 marzo 2010, relatore il dott. Carmine Spadavecchia, l’avv. Bardelli e (su delega dell’avv. Bazzani) l’avv. Jacopo Recla per la ricorrente, nonché l’avv. Pintucci per il Comune;

Considerato quanto segue in


FATTO e DIRITTO


1. La Società ricorrente, titolare di licenza individuale per la prestazione del servizio pubblico di comunicazioni mobili di terza generazione secondo lo standard UMTS e per l’installazione della relativa rete sul territorio nazionale, chiedeva, in data 15.11.2002, ai sensi dell’art. 5 del decreto legislativo n. 198/2002, l’autorizzazione ad installare un impianto di telefonia cellulare in via Fermi, in zona classificata dal p.r.g. come “AP1 per verde ed opere di urbanizzazione secondaria comunale”.

2. L’impianto veniva realizzato in base ad autorizzazione 10.12.2002 n. 64, rilasciata previo parere favorevole dell’ARPA in data 5.12.2002.

3. Dichiarato illegittimo il d.lgs. n. 198 del 2002 (sentenza n. 303/03 della Corte costituzionale), l’autorizzazione veniva annullata da questo Tribunale con sentenza 13.12.2004 n. 6354, emessa su ricorso straordinario trasposto in sede giurisdizionale.

4. Il Comune di Vimercate inviava alla Società una diffida (20.12.2004) impugnata con ricorso n. 587/05 (tuttora pendente). Per regolarizzare l’impianto, posizionato in base al p.r.g. vigente in zona “E2C agricola”, la Società presentava il 26.1.2005 domanda di autorizzazione in sanatoria.

5. Il Comune respingeva l’istanza con provvedimento 23 febbraio 2005, che la Società ha impugnato col ricorso in esame, unitamente all’art. 26 delle n.t.a. del vigente p.r.g. (approvato con delibera consiliare 20 aprile 2004 n. 14 e successive variazioni) nella parte in cui, per gli impianti di radiodiffusione, radio comunicazione, telefonia cellulare e simili, prescrive una distanza minima di 150 metri dagli insediamenti residenziali e dagli edifici e dalle attrezzature di uso collettivo, ovvero dal confine delle zone territoriali omogenee che prevedono tali destinazioni.

6. Il Comune, costituito in giudizio, ha controdedotto. Con ordinanza 14 giugno 2005 n. 1406 il Tribunale ha motivatamente accolto la domanda cautelare. All’udienza del 25 marzo 2010, previo scambio di memorie e discussione orale, la causa è passata in decisione.

7. Il ricorso è fondato, per le ragioni sinteticamente esposte in sede cautelare, da cui il Collegio non ha motivo di discostarsi.

8. Va in primo luogo respinta l’eccezione di irricevibilità del ricorso, sollevata dalla difesa comunale, in quanto - secondo recente, costante giurisprudenza (cfr. Corte cost. 23.1.04 n. 28, 12.3.04 n. 97; Cass. lav. 28.6.04 n. 11995; Cons. Stato V 11.2.05 n. 380) - la tempestività dell’impugnazione deve essere verificata con riguardo alla consegna del ricorso all’ufficiale giudiziario, e non alla sua ricezione da parte del destinatario. Poiché nel caso in esame il provvedimento è stato notificato, come dedotto dal Comune, l’11 marzo 2005, il ricorso, consegnato agli ufficiali giudiziari per la notifica il 5 maggio 2005, deve ritenersi tempestivo, ancorché pervenuto al Comune l’11 maggio successivo.

9. Nel merito, va premesso che l’impugnato diniego è basato su tre rilievi: (a) l’istanza di autorizzazione in sanatoria è istituto non previsto dal d.lgs. 259/2003, né dal sistema normativo vigente in generale; (b) l’istanza non è assimilabile a una denuncia di inizio attività, non rivestendone la forma, né il contenuto, né risultando corredata dalla necessaria documentazione ex art. 87 terzo comma d.lgs. n. 259/2003; (c) il manufatto, ricadente in zona classificata “E2C - Aree agricole a vivaio con impianto in terreno naturale”, dista meno di 150 metri dal confine di zone territoriali omogenee a destinazione residenziale, sicché l’istanza contrasta con l’art. 26 delle norme tecniche di attuazione (n.t.a.) del piano regolatore (p.r.g.), che per gli impianti in questione prescrive un distanza minima di 150 metri dagli insediamenti residenziali e dagli edifici e dalle attrezzature di uso collettivo, ovvero dal confine delle zone territoriali omogenee che prevedono tali destinazioni.

10. Con riferimento ai rilievi sub (a) e (b), va osservato che l’autorizzazione in sanatoria, ancorché non esplicitamente prevista dal decreto legislativo 1 agosto 2003 n. 259 (codice delle comunicazioni elettroniche), non è istituto estraneo all’ordinamento di settore: che ben conosce ipotesi di sanatoria per gli interventi eseguiti in assenza o in difformità dai titoli edilizi (permesso di costruire o d.i.a.: cfr. artt. 36 e 37 d.p.r. 6 giugno 2001 n. 380, testo unico in materia edilizia).

11. Ora, l’art. 87 del codice delle comunicazioni elettroniche prevede, per gli impianti radioelettrici, “procedimenti autorizzatori”, innescati (cfr. terzo comma) o da una istanza di autorizzazione o - per impianti con potenza in singola antenna uguale o inferiore a 20 Watt - da una denuncia di inizio attività.

12. Poiché l’impianto in questione è stato già realizzato (per giunta non abusivamente, ma in base ad autorizzazione travolta dalla declaratoria di incostituzionalità della relativa disciplina), e la sua potenza, come precisato dalla ricorrente, lo rende soggetto a regime autorizzatorio, non si ravvisano ragioni che precludano la possibilità di un’autorizzazione postuma.

13. Quanto alla documentazione necessaria, l’art. 83, terzo comma, del codice delle comunicazioni dispone che l’istanza sia corredata della documentazione atta a comprovare il rispetto dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità, relativi alle emissioni elettromagnetiche, di cui alla legge 22 febbraio 2001, n. 36. Poiché l’istanza di sanatoria - inviata anche all’ARPA - risulta corredata da scheda tecnica dell’impianto, diagrammi angolari di irradiazione del sistema radiante, progetto architettonico e parere 5.12.2002 dell’ARPA, il Comune avrebbe dovuto specificare quali carenze documentali avesse riscontrato sotto quale profilo, segnalando alla ricorrente le integrazioni eventualmente occorrenti.

14. Con il secondo motivo la ricorrente censura - per incompetenza, violazione di legge ed eccesso di potere - l’art. 26 delle n.t.a. del piano regolatore, che assume illegittimo nella parte in cui introduce divieti basati sul rispetto delle distanze da edifici “sensibili” e da zone urbanistiche.

15. Sul punto, già in sede cautelare si è avuta occasione di statuire che:

- non rientra nelle competenze dei Comuni la tutela sanitaria della popolazione dalle esposizioni ai campi elettromagnetici (Cons. Stato VI, 3.6.02 n. 3095, 10.2.03 n. 673, 26.8.03 n. 4841), assicurata dalla normativa statale mediante norme già improntate al principio di precauzione;

- gli impianti di potenza inferiore a 300 W non richiedono specifica regolamentazione urbanistica (art. 4, comma 7, legge regionale n. 11 del 2001);

- non possono considerarsi legittime le norme di regolamenti locali o di strumenti urbanistici (come, nella specie, l’art. 26 n.t.a.) che, con obiettivi di protezione sanitaria estesi ben oltre le specifiche ipotesi previste dalla normativa regionale di settore, prescrive in via generalizzata, per gli impianti di telefonia cellulare e similari, distanze minime (nella specie, 150 metri) da insediamenti residenziali, da edifici e attrezzature di uso collettivo, ovvero dal confine delle zone territoriali omogenee che prevedono tali destinazioni (cfr. Corte cost. 331/03; Cons. Stato IV, 14.2.05 n. 450; TAR Lazio 2^, 6.10.01 n. 8170).

16. Si è anche statuito in sede cautelare - sebbene nella vicenda in esame non sia in questione la compatibilità di detti impianti con la zona agricola - che l’art. 86, comma 3, d.lgs. 1 agosto 2003 n. 259 (codice delle comunicazioni elettroniche) assimila le infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione ad ogni effetto alle opere di urbanizzazione primaria, il che le rende compatibili anche con la destinazione agricola (cfr. Cons. Stato VI, 10.2.03 n. 673).

17. Si tratta di principi conformi a quanto la Sezione ha avuto ripetutamente occasione di ribadire (cfr. TAR Milano 2^, 11.11.08 n. 5305), in coerenza del resto con la giurisprudenza di settore.

18. Secondo la giurisprudenza ordinaria e costituzionale in materia, infatti, la tutela sanitaria della popolazione dalle emissioni elettromagnetiche - che è la finalità cui la norma in questione appare preordinata - esula dalle competenze dei comuni (cfr. Cons. Stato VI, 20.12.02 n. 7274), essendo affidata dalla legge quadro (n. 36/2001) al legislatore statale, il quale ha prescelto un criterio basato esclusivamente sui limiti di immissione delle irradiazioni nei luoghi particolarmente protetti.

19. Si discostano da tale criterio sia i divieti di localizzazione e di installazione connessi alla mera destinazione urbanistica delle aree, sia le prescrizioni di distanze minime fisse, tra impianti e abitazioni, diverse dalle distanze ordinarie previste per gli edifici (cfr. Cons. Stato VI, ord.za 15.1.02 n. 277; TAR Veneto 2^, 2.2.02 n. 347; TAR Lazio 2^ 6.10.01 n. 8170).

20. Vero è che in base all’art. 8, comma 6, della legge 22 febbraio 2001 n. 36 (legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici) “i comuni possono adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici”.

21. Per consolidata giurisprudenza, tuttavia, tale potestà regolamentare può tradursi nell’introduzione, sotto il profilo urbanistico, di regole a tutela di zone e beni di particolare pregio paesaggistico-ambientale o storico-artistico, ovvero, per quanto riguarda la minimizzazione dell’esposizione ai campi elettromagnetici, nell’individuazione di siti che per destinazione d’uso e qualità degli utenti possano essere considerati sensibili alle immissioni radioelettriche (Cons. Stato VI 3.3.07 n. 1017); ma non consente ai comuni di introdurre limitazioni e divieti generalizzati riferiti alle zone territoriali omogenee, né consente l’introduzione di distanze fisse, da osservare rispetto alle abitazioni e ai luoghi destinati alla permanenza prolungata delle persone o al centro cittadino, quando tale potere sia rivolto a disciplinare la compatibilità dei detti impianti con la tutela della salute umana al fine di prevenire i rischi derivanti dall’esposizione della popolazione a campi elettromagnetici, anziché a controllare soltanto il rispetto dei limiti delle radiofrequenze fissati dalla normativa statale e a disciplinare profili tipicamente urbanistici (cfr. Cons. Stato V, 14.2.05 n. 450, in tema di stazioni radio-base di telefonia cellulare).

22. La riconosciuta illegittimità di una norma legislativa che stabilisca una distanza minima di 75 metri dai siti sensibili [cfr. legge regionale lombarda 6.3.2002 n. 4, art. 3, comma 12, lett. a), dichiarata incostituzionale con sentenza n. 331/03] comporta d’altronde, a maggior ragione, l’illegittimità di una norma regolamentare, come quella impugnata in questa sede, che in via generalizzata e indiscriminata preveda per gli impianti in questione una distanza minima rispetto agli insediamenti residenziali ed al confine delle zone residenziali.

23. Va poi considerato che la normativa regionale, come fonte di rango primario, prevale sulle norme locali, tenute ad osservarla. In base all’art. 8, primo comma, lett. a), della legge-quadro 22 febbraio 2001 n. 36 è di competenza delle regioni l'esercizio delle funzioni relative all'individuazione dei siti di trasmissione e degli impianti per telefonia mobile; compete cioè alle regioni stabilire i criteri di localizzazione degli impianti e affidare ai comuni il compito di definire, nel p.r.g. o nelle sue varianti, i siti dove localizzare o delocalizzare le antenne per la telefonia mobile, nel rispetto dei criteri di funzionamento della rete e dei servizi (cfr. Corte cost. 17.3.06 n. 103).

24. A ciò ha provveduto la legge regionale lombarda 11 maggio 2001 n. 11 (sulla protezione ambientale dall'esposizione a campi elettromagnetici indotti da impianti fissi per le telecomunicazioni e per la radiotelevisione); mentre una delibera di Giunta regionale (11 dicembre 2001 n. VII/7351) ha approvato - ai sensi dell’art. 4 comma 2 della legge citata - i criteri per l'individuazione delle aree in cui è consentita l'installazione di detti impianti e per l'installazione dei medesimi.

25. L’art. 4, comma 7, della citata legge regionale n. 11/2001 stabilisce che “viste le caratteristiche tecniche delle reti per la telefonia mobile e la natura di pubblico servizio dell'attività svolta, che motivano una diffusione capillare delle stazioni impiegate a tale scopo, gli impianti radiobase per la telefonia mobile di potenza totale ai connettori di antenna non superiore a 300 W non richiedono una specifica regolamentazione urbanistica”.

26. L’impianto in questione ha ottenuto il parere favorevole dell’ARPA (parere 5.12.2002 Dipartimento Monza) ed è pacifico che ha potenza totale inferiore a 300 W, per cui ricade nella previsione della disposizione regionale anzidetta.

27. Poiché inoltre non risulta posto “in corrispondenza” di edifici sensibili, non incorre neppure nel divieto assoluto di cui al comma 8 del citato articolo 4, che (nel testo ripristinato per effetto della sentenza 7.11.03 n. 331 della Corte costituzionale) interdice l’installazione di impianti per le telecomunicazioni e per la radiotelevisione “in corrispondenza di asili, edifici scolastici nonché strutture di accoglienza socio-assistenziali, ospedali, carceri, oratori, parco giochi, orfanotrofi e strutture similari, e relative pertinenze, che ospitano soggetti minorenni”.

28. La difesa del Comune si diffonde sul c.d. inquinamento elettromagnetico, sui rischi per la salute umana, sul principio di precauzione come criterio regolatore del conflitto di interessi tra sicurezza dell’individuo e sviluppo dell’economia; e chiede che venga rimessa alla Corte di giustizia la questione di legittimità comunitaria dell’art. 86, terzo comma, del codice delle comunicazioni elettroniche (d.lgs. 259 del 2003) sul rilievo che esso, nel qualificare le stazioni radio base di telefonia cellulare alle opere di urbanizzazione primaria, contrasterebbe con gli artt. 2 e 174 (principio di precauzione) del trattato istitutivo della Comunità europea (versione consolidata, Amsterdam 1997), essendosi il legislatore italiano arrogato il potere di comporre a modo suo il conflitto tra i due obiettivi guida del Trattato, favorendo lo sviluppo della rete di telecomuinicazioni a discapito della tutela della salute e dell’ambiente.

29. La questione è manifestamente infondata. L’assimilazione degli impianti in questione ad opere di urbanizzazione primaria non ne consente affatto l’indiscriminata installazione sul territorio, dovendo tale previsione coordinarsi con il complesso di regole ordinamentali, contenute in altre normative di settore (legge 22 febbraio 2001 n. 36, relativi provvedimenti di attuazione, ecc.), che impongono il rispetto dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità relativi alle emissioni elettromagnetiche stabiliti uniformemente a livello nazionale; e la cui osservanza è demandata all’organismo competente ad effettuare i controlli di compatibilità del progetto sotto tale profilo (cfr. art. 87, primo, terzo e quarto comma, d.lgs. 259/03 cit.).

30. In conclusione, la norma regolamentare presupposta (art. 36 n.t.a.), in quanto rivolta non già alla pianificazione urbanistica (che compete ai comuni), ma alla tutela sanitaria della popolazione (che compete allo Stato), deve ritenersi illegittima, e tale illegittimità si trasmette al diniego che ne fa applicazione.

31. Per le ragioni esposte, il ricorso va accolto, con conseguente annullamento dell’impugnato diniego e dell’art. 26 del Regolamento edilizio nella parte in cui prescrive, per gli impianti in questione, la distanza minima di 150 metri dagli insediamenti residenziali ovvero dal confine delle zone territoriali omogenee che prevedono tale destinazione. Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.


P.Q.M.


Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia accoglie il ricorso e per l’effetto annulla il diniego impugnato e, in parte qua, l’art. 26 delle n.t.a.

Condanna il Comune di Vimercate alla rifusione delle spese di causa, che si liquidano a favore della Società ricorrente nella complessiva somma di € 3.000,00 (Euro tremila), oltre IVA e CPA.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Milano, nella camera di consiglio del 25 marzo 2010, con l'intervento dei magistrati:

Mario Arosio, Presidente

Carmine Maria Spadavecchia, Consigliere, Estensore

Giovanni Zucchini, Primo Referendario


L'ESTENSORE                                                      IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 06/04/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO



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