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CORTE 
DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 24/03/2010 (Ud. 11/02/2010), Sentenza n. 11256
 
DIRITTO DELLE ACQUE - Scarico di reflui senza autorizzazione provenienti da 
attività d’allevamento di bestiame (suini) - Spandimento di reflui zootecnici, 
utilizzabili a scopo agronomico, in assenza della prescritta autorizzazione - 
Art. 59, c.11 ter, D. Lgs. n. 152/1999, come sostituito dall'art. 137, c. 14, D. 
Lgs n. 152/2006. In materia d'inquinamento, anche a seguito della 
depenalizzazione della condotta di scarico senza autorizzazione di reflui 
provenienti da attività d'allevamento del bestiame per effetto delle modifiche 
introdotte dal D. L.vo 16 gennaio 2008 n. 4 all'art. 101, comma settimo lett. 
b), del D. L.vo 3 aprile 2006 n. 152, l'utilizzazione agronomica dei reflui 
medesimi, al di fuori dei casi o dei limiti consentiti, continua ad integrare il 
reato previsto dall'art. 137, comma quattordicesimo, del D. L.vo 152 del 2006. 
(sez. III, 2.7.2008 n. 26532, Calderone). Sicché, il più grave trattamento 
sanzionatorio comminato per l'ipotesi di utilizzazione agronomica degli 
effluenti di allevamento, al di fuori dei casi e delle procedure previste, è 
evidentemente dettato dalla considerazione, da parte del legislatore, della 
maggiore pericolosità dell'impiego, nella produzione di sostanze alimentari, di 
materiali potenzialmente nocivi se utilizzati al di fuori delle prescrizioni 
imposte. La deroga, peraltro, trova piena rispondenza nella clausola di salvezza 
"salvo che il fatto costituisca reato" prevista dall'art. 137, comma terzo, del 
medesimo decreto legislativo, che punisce con sanzione amministrativa 
l'effettuazione o il mantenimento di uno scarico senza l'osservanza delle 
prescrizioni indicate nel provvedimento di autorizzazione. (Conferma sentenza 
dell’11.7.2008 del Tribunale di Crema) Pres. Onorato, Est. Lombardi, Ric. 
Premoli. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 24/03/2010 (Ud. 11/02/2010), 
Sentenza n. 11256
      
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UDIENZA del 11.2.2010
SENTENZA N.301
REG. GENERALE N. 43662/2008
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill.mi 
Signori:
Presidente  Dott. Pier Luigi Onorato
Consigliere    "    Claudia Squassoni
                         
Maria Lombardi
                         
Giovanni Amoroso
                         
Guicla I. Mulliri
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
- Sul ricorso proposto da Premoli Emilio, n. a Grumello Cremonese ed Uniti il xx/xx/xxxx, 
avverso la sentenza in data 11.7.2008 del Tribunale di Crema, con la quale venne 
condannato alla pena di € 7.700,00 di ammenda, quale colpevole del reato di cui 
all'art. 59, comma 11 ter, del D. Lgs n. 152/1999.
- Visti gli atti, la sentenza denunziata ed il ricorso;
- Udita in pubblica udienza la relazione del Consigliere Dott. Alfredo Maria 
Lombardi;
- Udito il P.M., in persona del Sost. Procuratore Generale Dott. Francesco 
Salzano, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con la sentenza impugnata il Tribunale di Crema ha affermato la colpevolezza di 
Premoli Emilio in ordine al reato di cui all'art. 59, comma 11 ter, del D. Lgs. 
n. 152/1999, come sostituito dall'art. 137, comma 14, del D. Lgs n. 152/2006, a 
lui ascritto perché, nella qualità di proprietario e legale rappresentante 
dell'allevamento suinicolo S. Luigi, effettuava lo spandimento di reflui 
zootecnici, utilizzabili a scopo agronomico, in assenza della prescritta 
autorizzazione ed, in particolare, spargendoli su terreni di sua proprietà per i 
quali non era stato autorizzato e su altri terreni di proprietà di tali 
Cremascoli Davide, Bongioli Francesco e dell'azienda agricola Arcadia.
Il giudice di merito ha accertato, sulla base delle deposizioni testimoniali, la 
effettività del versamento dei reflui zootecnici, cosi come descritto in 
contestazione, in violazione di quanto stabilito dal piano di utilizzazione 
agronomica, e la responsabilità dell'imputato in considerazione della sua 
qualità di legale rappresentante dell'azienda agricola e del fatto che egli si 
occupava materialmente della gestione dell'allevamento dei suini.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso l'imputato, che la denuncia per carenza 
e manifesta illogicità della motivazione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con un unico mezzo di annullamento il ricorrente deduce che il giudice di merito 
ha apoditticamente attribuito la responsabilità della violazione al Premoli 
Emilio, senza tener conto del fatto che contitolare dell'azienda agricola era 
anche il fratello Premoli Sergio con identici poteri.
Denuncia altresì illogicità della motivazione ed il travisamento delle 
risultanze processuali in ordine alla determinazione del trattamento 
sanzionatorio, risultando dalla documentazione prodotta che il Premoli aveva 
provveduto a risanare l'intera area oggetto del versamento dei reflui e non solo 
di quella di sua proprietà, come indicato in sentenza; inoltre che gli è stato 
attribuito erroneamente un precedente della stessa indole, ritenuto ostativo 
alla concessione delle attenuanti generiche, mentre il precedente riguarda una 
violazione in materia alimentare.
Il ricorso non è fondato.
Preliminarmente osserva in punto di diritto la Corte che ai sensi dell'art. 101, 
comma 7, del D. Lgs n. 152/2006, come modificato dall'art. 2, comma 8, del D. 
Lgs 16.1.2008 n. 4: "Salvo quanto previsto dall'art. 112, ai fini della 
disciplina degli scarichi e delle autorizzazioni, sono assimilate alle acque 
reflue domestiche le acque reflue: b) provenienti da imprese dedite 
all'allevamento del bestiame".
In particolare il D. Lgs n. 4/2008 ha eliminato le limitazioni contenute nel 
testo originario affinché gli effluenti di allevamento potessero essere 
equiparati alle acque reflue domestiche.
La intervenuta modifica normativa, pertanto, ha sostanzialmente capovolto la 
disciplina cui sono soggette le acque provenienti da imprese dedite 
all'allevamento del bestiame, poiché, mentre in precedenza le stesse dovevano 
essere considerate normalmente reflui industriali, ai fini della disciplina 
degli scarichi, e solo eccezionalmente erano sottratte al corrispondente regime 
sanzionatorio, in presenza delle condizioni indicate dalla norma e, cioè, 
l'effettiva utilizzazione agronomica e la connessione con un terreno agricolo di 
dimensioni adeguate, attualmente, a seguito della abrogazione delle indicate 
limitazioni, l'equiparazione dei reflui provenienti da aziende dedite 
all'allevamento del bestiame alle acque reflue domestiche, ai fini della 
disciplina degli scarichi e del relativo trattamento sanzionatorio, è divenuta 
la regola.
Ai sensi dell'art. 137, comma 14, del medesimo decreto legislativo, però, 
l'utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, di acque di 
vegetazione dei frantoi oleari, nonché di acque reflue provenienti da aziende 
agricole e piccole aziende agroalimentari di cui all'art. 112, al di fuori dei 
casi e delle procedure ivi previste, conserva tuttora rilevanza penale.
Sul punto è stato già affermato da questa Suprema Corte che, anche a seguito 
della depenalizzazione della condotta di scarico senza autorizzazione di reflui 
provenienti da attività d'allevamento del bestiame per effetto delle modifiche 
introdotte dal D. L.vo 16 gennaio 2008 n. 4 all'art. 101, comma settimo lett. 
b), del D. L.vo 3 aprile 2006 n. 152, l'utilizzazione agronomica dei reflui 
medesimi, al di fuori dei casi o dei limiti consentiti, continua ad integrare il 
reato previsto dall'art. 137, comma quattordicesimo, del D. L.vo 152 del 2006. 
(sez. III, 2.7.2008 n. 26532, Calderone, RV 240552).
Il più grave trattamento sanzionatorio comminato per l'ipotesi di utilizzazione 
agronomica degli effluenti di allevamento, al di fuori dei casi e delle 
procedure previste, è evidentemente dettato dalla considerazione, da parte del 
legislatore, della maggiore pericolosità dell'impiego, nella produzione di 
sostanze alimentari, di materiali potenzialmente nocivi se utilizzati al di 
fuori delle prescrizioni imposte.
La deroga, peraltro, trova piena rispondenza nella clausola di salvezza "salvo 
che il fatto costituisca reato" prevista dall'art. 137, comma terzo, del 
medesimo decreto legislativo, che punisce con sanzione amministrativa 
l'effettuazione o il mantenimento di uno scarico senza l'osservanza delle 
prescrizioni indicate nel provvedimento di autorizzazione.
Il fatto ascritto all'imputato, pertanto, è tuttora previsto dalla legge come 
reato.
Inoltre l'affermazione della colpevolezza del Premoli ed il trattamento 
sanzionatorio inflitto si sottraggono alle censure del ricorrente.
L'accertamento della responsabilità personale dell'imputato ha formato oggetto 
di motivazione adeguata ed immune da vizi logici mediante la indicazione degli 
elementi di prova su cui è fondato. In ordine al trattamento sanzionatorio il 
giudice di merito ha accertato il carattere parziale dell'intervento 
dell'imputato volto a eliminare le conseguenze dannose della propria condotta ed 
ha commisurato la pena alla gravità del fatto ed alla personalità del Premoli 
con adeguata motivazione.
Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.
Ai sensi dell'art. 616 c.p.p. segue la condanna del ricorrente al pagamento 
delle spese processuali.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese 
processuali. 
Così deciso in Roma nella pubblica 
udienza del 11.2.2010.
DEPOSITATA IN CANCELLERIA il 24 MAR. 2010
		
 
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