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T.A.R. SICILIA, Palermo, Sez. II - 9 febbraio 2010, n. 1775
DIRITTO DELL’ENERGIA - Piano energetico ambientale regionale siciliano (PEARS) 
- Natura regolamentare - Subordinazione dei contenuti alle fonti normative di 
rango primario - Qualifica di ius superveniens rispetto alle istanze già 
presentate. Alle disposizioni del Piano Energetico Ambientale Regionale 
Siciliano (PEARS) va riconosciuta natura formalmente amministrativa, ma 
sostanzialmente normativa, vale a dire natura regolamentare. (sentenza TAR 
SICILIA, Palermo, n. 1632 del 2009). Da tale conclusione derivano due 
conseguenze: sul piano della gerarchia delle fonti, la subordinazione dei 
contenuti normativi del piano alle fonti del diritto di rango primario; sul 
piano della successione temporale della disciplina dei procedimenti 
amministrativi afferenti la materia regolata dal piano, la qualificazione del 
piano stesso come ius superveniens rispetto alle istanze già presentate. Ne 
consegue che é illegittimo lo scrutinio delle istanze di autorizzazione ex art. 
12 del d. lgs. 387/2003, presentate prima della pubblicazione nella G.U.R.S. del 
27 marzo 2009 del PEARS, secondo le regole - procedimentali o sostanziali- 
portate da detto piano. Pres. Monteleone, Est. Tulumello - Z. s.r.l. (avv. 
Comandè) c. Regione siciliana e altri (Avv. Stato) - TAR SICILIA, Palermo, 
Sez. II - 9 febbraio 2010, n. 1775
DIRITTO DELL’ENERGIA - Impianti per la produzione di energia eolica - Impatto 
territoriale - Poteri urbanistici e paesaggistici - Interesse nazionale 
all’approvvigionamento energetico da fonti non inquinanti. L’impatto 
territoriale degli impianti per la produzione di energia eolica, sicuramente 
rilevante e tale da giustificare l’esercizio dei poteri urbanistici e 
paesaggistici, non è tuttavia un elemento da considerare in via esclusiva, 
dovendo l’attività in parola tener conto altresì (e principalmente) 
dell’interesse nazionale - costituzionalmente rilevante - all’approvvigionamento 
energetico (per di più, in forme non inquinanti) (cfr. sentenze Corte 
Costituzionale nn. 364/2006, 88/2009, 166/2009 e282/2009) Pres. Monteleone, Est. 
Tulumello - Z. s.r.l. (avv. Comandè) c. Regione siciliana e altri (Avv. Stato) -
TAR SICILIA, Palermo, Sez. II - 9 febbraio 2010, n. 1775
DIRITTO DELL’ENERGIA - Regione siciliana - Mancato esercizio delle competenze 
legislative in materia -Norme regolamentari - Rapporto di non contraddizione con 
le norme statali di rango primario. Il mancato esercizio, da parte della 
Regione Siciliana, delle proprie competenze legislative (cfr. sent. TAR SICILIA, 
Palermo, n.273/2010, nella quale si è evidenziato che “La Regione Sicilia, ad 
oggi, non ha esercitato la potestà legislativa di dettaglio per il recepimento 
dei principi stabiliti dal d. lgs. n° 387 del 2003, nè per il recepimento della 
direttiva n. 2001/77/CE”) , comporta - sia per il rispetto del principio di 
legalità sostanziale, sia per il rispetto del principio di gerarchia fra le 
fonti - che le norme regolamentari da essa emanate tendenti a disciplinare 
l’estensione e le modalità delle attività amministrative propedeutiche al 
rilascio delle autorizzazioni per la realizzazione e l’esercizio di impianti di 
produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili , si pongano in rapporto di 
non contraddizione con le sovrastanti norme di rango primario (statali). Pres. 
Monteleone, Est. Tulumello - Z. s.r.l. (avv. Comandè) c. Regione siciliana e 
altri (Avv. Stato) - TAR SICILIA, Palermo, Sez. II - 9 febbraio 2010, n. 1775
DIRITTO DELL’ENERGIA - Ordinamenti regionali anche a statuto speciale - 
Assenza di normativa di esecuzione degli obblighi comunitari - Fonte legislativa 
- Natura suppletiva - L. n. 11/2005 - Parametro di legittimità degli atti 
regolamentari regionali - D. lgs. n. 387/2003 - L. n. 239/2004. Pur in 
difetto di un’espressa qualificazione del carattere cedevole delle norme del 
d.lgs. n° 387/2003 e della legge n° 239/2004 negli ordinamenti regionali anche a 
Statuto speciale privi di normativa di esecuzione degli obblighi comunitari, la 
fonte legislativa statale assume natura suppletiva ai sensi della legge n° 
11/2005 e, come tale, si applica anche per la disciplina di dettaglio, nelle 
more dell’esercizio della potestà legislativa regionale concorrente. A ciò 
consegue che il parametro di legittimità degli atti regolamentari regionali 
emanati in materia va rinvenuto nella legislazione statale dettata con il d. lgs. 
n° 387/2003 e con la legge n° 239/2004”. Pres. Monteleone, Est. Tulumello - Z. 
s.r.l. (avv. Comandè) c. Regione siciliana e altri (Avv. Stato) - TAR 
SICILIA, Palermo, Sez. II - 9 febbraio 2010, n. 1775
DIRITTO DELL’ENERGIA - Impianti di produzione di energia eolica - Regime di 
disponibilità delle aree interessate - Art. 12 d.lgs. n. 387/2003 - Art. 1 
d.P.R. 327/2001 - PEARS - Violazione della norma statale. Dal combinato 
disposto dell’art. 12 del d.lgs. n. 387/2003 e dell’art. 1 del d.P.R. 327/2001 
discende che la qualificazione legale degli impianti di produzione di energia 
eolica implica un regime della disponibilità delle relative aree incompatibile 
con quello posto dal PEARS: più in particolare, il legislatore statale, 
imprimendo a tali impianti la qualificazione di “opere di pubblica utilità 
indifferibili ed urgenti”, ha inteso consentire la loro realizzazione anche 
oltre e al di là della limitazione costituita dalla attuale disponibilità 
dell’area in capo al richiedente l’autorizzazione, scindendo chiaramente i due 
profili. La norma regionale ha invece posto l’uno quale condizione dell’altro: 
con ciò violando all’evidenza la regola posta dalla norma primaria di rango 
statale. Pres. Monteleone, Est. Tulumello - Z. s.r.l. (avv. Comandè) c. Regione 
siciliana e altri (Avv. Stato)- TAR SICILIA, Palermo, Sez. II - 9 febbraio 
2010, n. 1775
DIRITTO DELL’ENERGIA - Rapporto tra attività di produzione di energia e 
capacità della rete di trasmissione - PEARS - Istanza di autorizzazione - 
Comunicazione circa la capacità ricettiva della rete da parte del gestore - 
Requisito necessario ai fini dell’assenso - Illegittimità. Nella disciplina 
posta dalla norma statale di cui all’art. 3, c. 1 del d.lgs. n. 79/99, attuativa 
della direttiva 1996/92/CE, è la capacità della rete di trasmissione a dovere 
essere funzionale all’attività di produzione di energia, e non viceversa. Ciò 
risulta del resto sia da un dato ontologico, sia soprattutto dal preciso limite 
che la norma pone ad un eventuale rifiuto del gestore: che può essere 
legittimamente connesso soltanto al rispetto delle regole tecniche, e delle 
condizioni tecnico-economiche fissate dall’Autorità di settore (e non dal 
gestore della rete, o dalla Regione). Il punto 3 del PEARS, che subordina l’assentibilità 
dell’istanza di autorizzazione alla presentazione di una comunicazione, da parte 
del gestore della rete, circa la capacità ricettiva di quest’ultima in relazione 
all’energia prodotta dall’impianto autorizzando, invece, nel fare riferimento 
alla valutazione operata dal gestore, introduce un ulteriore limite 
all’esercizio di un’attività che invece la normativa comunitaria, e quella 
statale che l’ha attuata, vogliono espressamente essere liberalizzata.Pres. 
Monteleone, Est. Tulumello - Z. s.r.l. (avv. Comandè) c. Regione siciliana e 
altri (Avv. Stato) - TAR SICILIA, Palermo, Sez. II - 9 febbraio 2010, n. 1775
DIRITTO DELL’ENERGIA - Impianti per la produzione di energia elettrica da 
fonti rinnovabili - Autorizzazione - Conferenza di servizi - Legittimazione alla 
partecipazione al procedimento - Art. 12 d.lgs. n. 387/2003 - Rinvio alle 
modalità procedimentali ex L. n. 241/90 - Partecipazione di amministrazioni non 
titolari di competenze in ordine alla materia - Illegittimità - Fattispecie: 
PEARS - Soprintendenza ai Beni Culturali e Ambientali. Il rinvio alle 
modalità procedimentali stabilite dalla legge n. 241 del 1990, di cui all’art. 
12, c. 4 del d.lgs. n. 387/2003, evidentemente anche in punto di legittimazione 
alla partecipazione al procedimento, esclude che possa introdursi con norma 
regolamentare una deroga che consenta la partecipazione di amministrazioni non 
titolari di competenze in relazione all’affare da deliberare. Sicchè è 
illegittima la norma del PEARS nella parte in cui implica la partecipazione alla 
conferenza di servizi della Soprintendenza ai Beni Culturali ed Ambientali, e la 
valutazione solo in quella sede della esistenza o meno di un titolo che ne 
giustifica l’intervento. Oltre alla diretta violazione della invocata normativa 
statale di rango primario, relativa alla disciplina del procedimento di 
autorizzazione, è peraltro evidente come un simile intervento costituirebbe 
esercizio di un potere privo - in assenza di un vincolo - di fondamento legale, 
almeno in una fattispecie di conferenza di servizi decisoria quel’è quella 
disciplinata dall’art. 12 del d. lgs 387/2003 (cui del resto la norma 
regolamentare impugnata espressamente si richiama). Pres. Monteleone, Est. 
Tulumello - Z. s.r.l. (avv. Comandè) c. Regione siciliana e altri (Avv. Stato) -
TAR SICILIA, Palermo, Sez. II - 9 febbraio 2010, n. 1775
DIRITTO DELL’ENERGIA - Misure di compensazione ex art. 1, c. 4, lett. f) L. 
n. 239/2004 - Individuazione su base regionale - Limiti - Fonte legislativa. 
Le eventuali misure di compensazione e di riequilibrio ambientale e territoriale 
(art. 1, comma 4, lettera f), della legge n. 239 del 2004), nella misura in cui 
possono essere individuate su base regionale, vanno disciplinate con legge (in 
questo senso Corte costituzionale, sentenza n. 282 del 2009), e non con atto 
amministrativo regolamentare. Pres. Monteleone, Est. Tulumello - Z. s.r.l. (avv. 
Comandè) c. Regione siciliana e altri (Avv. Stato) - TAR SICILIA, Palermo, 
Sez. II - 9 febbraio 2010, n. 1775
DIRITTO DELL’ENERGIA - Autorizzazione unica - PEARS - Garanzia assicurativa a 
tutela di un eventuale credito del gestore - Adempimento propedeutico all’esame 
dell’istanza di autorizzazione - Illegittimità. La previsione di una 
garanzia assicurativa, a tutela di un eventuale credito del gestore,di cui al 
punto 2), lett. d), della delibera approvativa del P.E.A.R.S., quale adempimento 
propedeutico all’esame dell’istanza di autorizzazione unica, non appare 
funzionale alla tutela di alcun interesse pubblico, giuridicamente ritenuto 
meritevole di tutela sulla base della disciplina del settore, e men che mai di 
un interesse di cui sia titolare l’amministrazione regionale. Pres. Monteleone, 
Est. Tulumello - Z. s.r.l. (avv. Comandè) c. Regione siciliana e altri (Avv. 
Stato) - TAR SICILIA, Palermo, Sez. II - 9 febbraio 2010, n. 1775
DIRITTO DELL’ENERGIA - Impianti di energia da fonte rinnovabile - Art. 12 
d.lgs. n. 387/2003 - Localizzazione in zona agricola - Valutazione di 
compatibilità territoriale specifica. Il punto 20) della delibera 
approvativa del P.E.A.R.S., nella parte in cui prevede che “L’autorizzazione per 
la realizzazione di impianti di energia da fonte rinnovabile su terreni agricoli 
non può essere rilasciata ove essi non siano dichiarati dalla Amministrazione 
compatibili con la valorizzazione delle produzioni agroalimentari locali e la 
tutela della biodiversità e del patrimonio culturale e del paesaggio rurale” non 
esclude che gli impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili 
vengano ubicati in zona agricola, ma si preoccupa di rendere compatibile, in 
quel caso, la localizzazione dell’impianto con peculiari esigenze legate alla 
vocazione del territorio. Non può dunque parlarsi di un contrasto con l’art. 12 
del d.lgs. n. 387/2003, né può farsi discendere dal disposto del citato art. 12, 
comma 7, l’indiscriminata possibilità di localizzare detti impianti in zona 
agricola, indipendentemente dalla valutazione di compatibilità territoriale 
specifica. Pres. Monteleone, Est. Tulumello - Z. s.r.l. (avv. Comandè) c. 
Regione siciliana e altri (Avv. Stato) - TAR SICILIA, Palermo, Sez. II - 9 
febbraio 2010, n. 1775
DIRITTO DELL’ENERGIA - Impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili 
- Previsione di una distanza minima tra impianti - Illegittimità. E’ 
illegittima la previsione di una distanza minima da osservarsi tra impianti di 
produzione di energia da fonti rinnovabili. Valgono per questo tipo di 
previsione le considerazioni che la giurisprudenza ha da tempo espresso a 
proposito della legittimità del potere regolamentare comunale in materia di 
localizzazione sul territorio di impianti elettromagnetici e stazioni radio 
base, e della finalità reale cui rispondono previsioni generalizzate di distanze 
minime particolarmente impeditive, del tutto avulse dalla concreta verifica 
dello stato dei luoghi (in questo senso, ex multis, T.A.R. Abruzzo Pescara, sez. 
I, 23 maggio 2009 , n. 375). Pres. Monteleone, Est. Tulumello - Z. s.r.l. (avv. 
Comandè) c. Regione siciliana e altri (Avv. Stato) - TAR SICILIA, Palermo, 
Sez. II - 9 febbraio 2010, n. 1775
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 01775/2010 REG.SEN.
N. 01010/2009 REG.RIC.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 1010 del 2009, integrato da motivi 
aggiunti, proposto dalla Zefira S.r.l., in persona del legale rappresentante pro 
tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Carlo Comandè, con domicilio eletto 
presso il predetto difensore in Palermo, via N. Morello n.40;
contro
Regione Sicilia, Giunta regionale siciliana, Regione Sicilia Assessorato 
Industria, Regione Sicilia Assessorato Territorio ed Ambiente, Regione Sicilia 
Assessorato Territorio ed Ambiente - Dipartimento Ambiente, Servizio II Via-Vas, 
in persona dei rispettivi rappresentanti legali pro tempore, rappresentati e 
difesi dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo, presso i cui uffici, 
in Palermo, via A. De Gasperi 81, sono domiciliati per legge;
e con l'intervento di
ad adiuvandum:
Daniele Monachino e Luigi Monachino, rappresentati e difesi dall'avv. Alberto 
Cutaia, con domicilio eletto presso l’avv. Armando Buttitta in Palermo, piazza 
S. Cuore 3;
per l'annullamento, previa sospensione dell'efficacia:
quanto al ricorso introduttivo:
del D.P.R.S. del 9 marzo 2009, con il quale è stata emanata la delibera di 
Giunta Regionale n. 1 del 3 febbraio 2009, recante “Piano energetico ambientale 
regionale siciliano (P.E.A.R.S.) – Approvazione”;
della delibera di Giunta Regionale Siciliana n. 1 del 3 febbraio 2009, emanata 
con il suddetto decreto, relativamente ai seguenti punti: 2, lett. b) e d), 
nonché penultimo capoverso; 3, 4, 6, 7, 10, 20, 21;
del verbale della conferenza di Servizi del 31 marzo 2009, nella parte in cui 
non si è proceduto alla rimessione alla Giunta di Governo della decisione in 
ordine alla istanza di autorizzazione ex art. 12 d. lgs. 387/2003, presentata 
dalla società ricorrente, in attesa della valutazione circa l’applicabilità a 
tale istanza del P.E.A.R.S.;
della nota del Dirigente del Servizio V.I.A. - V.A.S. del Dipartimento Ambiente 
dell'Assessorato Regionale Territorio ed Ambiente prot. n. 24984 del 31 marzo 
2009, con la quale è stato espresso parere negativo di compatibilità ambientale;
di ogni altro atto connesso, presupposto o consequenziale;
quanto al ricorso per motivi aggiunti:
della nota prot. n. 29484 del 24 luglio 2009, con la quale l’Assessorato 
regionale Industria, Dipartimento Regionale dell’Industria e delle Miniere, ha 
richiesto alla odierna ricorrente di provvedere alla integrazione della 
documentazione relativa al progetto di impianto eolico da realizzarsi nel 
territorio di Paternò e Centuripe, in esecuzione di quanto disposto dal punto 2 
della delibera di G.R. n. 1/2009.
Visti il ricorso introduttivo, ed il connesso ricorso per motivi aggiunti, con i 
relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Regione Sicilia, Giunta regionale 
siciliana, Regione Sicilia Assessorato Industria, Regione Sicilia Assessorato 
Territorio ed Ambiente, Regione Sicilia Assessorato Territ. ed Ambiente -Dipart. 
Ambiente Serv. II Via-Vas;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 dicembre 2009 il dott. Giovanni 
Tulumello e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con il ricorso in esame, notificato il 26 maggio 2009, e depositato il 
successivo 4 giugno, la società ricorrente ha depositato i provvedimenti 
indicati in epigrafe, deducendone l’illegittimità.
Si è costituita in giudizio l’amministrazione regionale intimata, depositando 
memoria e documenti.
Con successivo ricorso per motivi aggiunti, notificato il 30 luglio 2009, e 
depositato il successivo 31 luglio, la società ricorrente ha altresì impugnato 
la nota prot. n. 29484 del 24 luglio 2009.
Con ordinanza n. 851/2009, la Sezione ha accolto la domanda di sospensione 
cautelare degli effetti dei provvedimenti impugnati.
Detto provvedimento è stato riformato in sede di appello cautelare 
dall’ordinanza del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione 
Siciliana, n. 1038/2009, con la seguente motivazione: “nella comparazione dei 
contrapposti interessi appare meritevole di prevalente considerazione il danno 
grave ed irreparabile dedotto dall’appellante amministrazione regionale, con 
riferimento all’interesse pubblico specifico affidato alle sue cure”.
In data 10 dicembre 2009 veniva depositato un atto di intervento ad adiuvandum 
dei signori Daniele Monachino e Luigi Monachino, imprenditori operanti nel 
settore della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili.
In prossimità dell’udienza di discussione sia la società ricorrente che 
l’amministrazione resistente depositavano memoria.
Il ricorso è stato definitivamente trattenuto in decisione alla pubblica udienza 
del 22 dicembre 2009.
Il presente giudizio ha ad oggetto una serie di provvedimenti relativi al 
procedimento di autorizzazione di un impianto eolico da realizzarsi da parte 
della società ricorrente nel territorio dei comuni di Paternò e Centuripe, 
avviato da un’istanza presentata alla Regione Siciliana dalla società ricorrente 
fin dall’ 11 agosto 2004.
Il ricorso introduttivo si rivolge inoltre anche contro alcune previsioni del 
Piano energetico ambientale regionale siciliano (P.E.A.R.S.), approvato con 
delibera di Giunta Regionale n. 1 del 3 febbraio 2009, in quanto ritenute 
(dall’amministrazione) applicabili alla fattispecie dedotta.
Nell’ordine logico delle questioni va dunque preliminarmente esaminata la 
censura – comune ai motivi nn. 2, 3, 4 e 13 del ricorso introduttivo, e al terzo 
motivo del ricorso per motivi aggiunti – con cui la parte ricorrente lamenta 
l’illegittima applicazione dell’impugnato P.E.A.R.S. ai procedimenti 
amministrativi avviati anteriormente alla sua entrata in vigore.
In argomento va anzitutto esaminata la questione – anch’essa dedotta nel quarto 
motivo del ricorso introduttivo – relativa alla natura giuridica del P.E.A.R.S.
Sul punto ritiene il collegio che, in applicazione dell’orientamento 
giurisprudenziale già espresso da questo Tribunale Amministrativo (sentenza n. 
1632 del 2009), alle disposizioni del P.E.A.R.S. vada riconosciuta natura 
formalmente amministrativa, ma sostanzialmente normativa, vale a dire natura 
regolamentare.
La sentenza da ultimo citata, infatti, resa in sede di impugnazione del decreto 
assessoriale n. 123 del 28 aprile 2005, avente ad oggetto “Criteri relativi ai 
progetti per la realizzazione degli impianti industriali per la produzione di 
energia mediante lo sfruttamento del vento”, ha chiarito che “Non appare invero 
discutibile che le disposizioni de quibus hanno la caratteristica della novità - 
introducendo condizioni e prescrizioni ulteriori rispetto a quelle fino a quel 
momento esistenti per il rilascio dell’autorizzazione alla realizzazione di un 
impianto eolico - della generalità e dell’astrattezza; in definitiva si 
atteggiano quali vere e proprie norme di carattere secondario.”
Avendo il Piano oggi impugnato contenuto pressoché identico – dal punto di vista 
della materia disciplinata, e delle modalità di disciplina della stessa – 
rispetto al decreto assessoriale n. 123 del 28 aprile 2005, non può che 
rinviarsi in senso adesivo alle considerazioni ora riportate, e concludere sul 
punto nel senso della natura regolamentare del Piano impugnato.
Da tale conclusione derivano due conseguenze: sul piano della gerarchia delle 
fonti, la subordinazione dei contenuti normativi del piano alle fonti del 
diritto di rango primario; sul piano della successione temporale della 
disciplina dei procedimenti amministrativi afferenti la materia regolata dal 
piano, la qualificazione del piano stesso come ius superveniens rispetto alle 
istanze già presentate.
Mentre il primo dei cennati profili incide sul giudizio di validità dei 
contenuti disciplinari introdotti dal P.E.A.R.S. (cui pure si riferiscono alcune 
delle censure proposte nel presente giudizio), il secondo opera sul piano 
diacronico, delimitando l’efficacia temporale delle nuove prescrizioni secondo 
la regola scolpita dall’artt. 10 e 11 delle preleggi (Consiglio di Stato 
adunanza generale, 6 luglio 1995 , n. 30).
Ne consegue che l’amministrazione regionale illegittimamente ha scrutinato le 
istanze di autorizzazione ex art. 12 del d. lgs. 387/2003, presentate prima 
della pubblicazione nella G.U.R.S. del 27 marzo 2009 del Piano impugnato, 
secondo le regole – procedimentali o sostanziali- portate da detto piano.
Va peraltro aggiunto che – come dedotto dalla parte ricorrente – il profilo di 
illegittimità in proposito è duplice, per quelle istanze che, alla data di 
entrata in vigore del P.E.A.R.S., erano state presentate da più di centottanta 
giorni.
In questa seconda ipotesi, infatti, ricorrente nel caso di specie, già il fatto 
della mancata pronuncia sull’istanza di autorizzazione entro il termine finale 
stabilito dalla norma primaria, configura una forma di illegittimità lesiva 
delle posizioni d’interesse dei soggetti che hanno presentato l’istanza di 
autorizzazione, come in più occasioni ricordato anche da questa Sezione (da 
ultimo con le sentenze n. 1539 e n. 1691 del 2009).
All’inadempimento dell’amministrazione, consistito nel non aver esitato una 
istanza di autorizzazione entro il termine previsto, si aggiunge nel caso in 
esame la pretesa della stessa amministrazione di assoggettare alle nuove norme 
regolamentari, in violazione dell’art. 11 delle preleggi, fattispecie 
autorizzatorie che risultano tuttora non definite proprio in conseguenza di 
detto inadempimento (e per le quali, dunque, un problema di applicazione del 
P.E.A.R.S. non si sarebbe posto ove l’amministrazione avesse rispettato il 
citato art. 12 del d. lgs. 387/2003).
La vicenda dedotta nel presente giudizio è, sul punto, particolarmente 
emblematica, dal momento che l’istanza della società ricorrente è stata assunta 
al protocollo dell’Assessorato regionale Territorio ed Ambiente con il n. 53259 
dell’11 agosto 2004.
Dalla superiore conclusione discende anzitutto la fondatezza del secondo motivo 
del ricorso introduttivo, che censura la nota del Dirigente del Servizio V.I.A. 
- V.A.S. del Dipartimento Ambiente dell'Assessorato Regionale Territorio ed 
Ambiente prot. n. 24984 del 31 marzo 2009, con la quale è stato espresso parere 
negativo di compatibilità ambientale, per incompatibilità del progetto con le 
previsioni del nuovo P.E.A.R.S.
Detta nota va pertanto annullata perché illegittima, rimanendo assorbito il 
primo motivo, rivolto contro il medesimo provvedimento, ma per altro profilo di 
illegittimità.
Analogamente, in accoglimento del terzo motivo del ricorso per motivi aggiunti, 
va annullata la nota prot. n. 29484 del 24 luglio 2009, dell’Assessorato 
regionale Industria, Dipartimento Regionale dell’Industria e delle Miniere, 
anche in questo caso con assorbimento degli altri motivi proposti contro il 
medesimo provvedimento, ma per altri profili di illegittimità.
Allo stesso modo va annullato il punto 2), penultimo capoverso della delibera 
approvativa del P.E.A.R.S., impugnata con il terzo motivo del ricorso 
introduttivo, per violazione dell’art. 12 del d. lgs. 387/2003, laddove dispone 
che la documentazione prevista dallo stesso art. 2 vada “prodotta anche per 
istanze per le quali siano in corso o indette le Conferenze di Servizi che non 
abbiano assunto le determinazioni conclusive alla data di adozione del presente 
provvedimento”: l’unitarietà del procedimento di rilascio dell’autorizzazione 
prevista dal citato art. 12 non consente infatti di ritenere legittima 
l’individuazione come discrimen temporale dell’ambito applicativo della nuova 
disciplina l’avvenuta convocazione o meno della conferenza di servizi, altro 
essendo il profilo considerato dirimente dalla norma di rango primario (il già 
ricordato rispetto del termine di centottanta giorni).
Residuano a questo punto le censure proposte dalla società ricorrente contro 
alcune disposizioni del P.E.A.R.S.
Appare tuttavia al collegio come preliminare, la questione della permanenza in 
capo alla parte ricorrente dell’interesse a coltivare tali censure, dopo che 
l’annullamento dei provvedimenti sopra richiamati comporta l’inapplicabilità 
dello stesso P.E.A.R.S. all’istanza dalla stessa presentata nel 2004.
Va in proposito rammentato che – come risulta dagli atti - la società ricorrente 
opera nel settore della produzione di energia mediante fonti rinnovabili nel 
territorio della Regione Siciliana, e che il piano di cui si discute ha, per le 
considerazioni sopra esposte, natura regolamentare.
Circa l’interesse ad impugnare l’atto regolamentare indipendentemente dall’atto 
applicativo, la giurisprudenza, anche di recente, ha affermato il principio per 
cui nel caso in cui un atto di natura regolamentare contenga delle disposizioni 
impositive di precisi obblighi o divieti, le quali si pongano pertanto come 
immediatamente precettive e direttamente lesive della posizione di tutti i 
soggetti interessati, costoro hanno non solo la facoltà di impugnarlo 
autonomamente rispetto all’atto applicativo (a quel punto, meramente 
consequenziale), ma anche uno specifico onere in tal senso, posto che l’assetto 
d’interessi censurato in quanto illegittimo, e lamentato in quanto lesivo, è 
direttamente posto dalla norma regolamentare (in questo senso, da ultimo, 
Consiglio di Stato, sez. V, decisione 7 ottobre 2009 n. 6165 ).
Avuto riguardo a tale principio, e al contenuto di parte delle norme del 
P.E.A.R.S. censurate (che sarà illustrato in sede di esame di ciascuna specifica 
censura), ritiene il collegio che la società ricorrente mantenga l’interesse 
allo scrutinio della legittimità di tali norme pur a seguito dell’accoglimento 
della censura precedentemente esaminata: quanto meno sotto il profilo della 
stretta connessione fra l’attività imprenditoriale dalla stessa esercitata e 
l’incisiva conformazione del diritto d’iniziativa economica – in subiecta 
materia - portata dalle disposizioni regolamentari impugnate (ad eccezione di 
singole e specifiche norme regolamentari, per le quali detto interesse – come si 
dirà – non sussiste, in ragione del contenuto delle norme medesime).
In via di prima approssimazione, può dirsi che sicuramente producono un 
immediato effetto lesivo le disposizioni regolamentari:
che sul piano formale, possono qualificarsi come autosufficienti dal punto di 
vista applicativo, perché non necessitano della intermediazione – per la 
produzione dell’effetto giuridico ritenuto lesivo – di un ulteriore atto;
che sul piano sostanziale, risultano direttamente conformative della posizione 
giuridica dei soggetti richiedenti l’autorizzazione, in quanto lo spazio di 
discrezionalità lasciato all’amministrazione per la loro applicazione non 
comporta la possibilità di operare significative scelte decisionali in merito al 
rilascio o meno dell’autorizzazione medesima, in considerazione dell’estensione 
dello spazio di predeterminazione della successiva attività amministrativa.
Tali sono, esemplificativamente, le disposizioni regolamentari che disciplinano 
la documentazione da produrre a corredo dell’istanza di autorizzazione unica, 
nonché quelle che disciplinano il procedimento di localizzazione degli impianti 
autorizzabili.
Prima di passare all’esame analitico di tali censure, va affrontata una 
questione in qualche modo pregiudiziale e comune alle stesse: quella del riparto 
di competenze fra lo Stato e la Regione Siciliana nella materia in questione.
La memoria dell’Avvocatura dello Stato in più punti sottolinea la competenza 
legislativa esclusiva della Regione in materia di paesaggio, facendone 
discendere la legittimità – in punto di riparto di attribuzioni - dell’esercizio 
delle competenze (regolamentari) oggetto del presente giudizio.
Sul piano della identificazione degli interessi pubblici che vengono in 
considerazione in questa materia, occorre muovere dall’esame della sentenza n. 
364 del 2006 della Corte costituzionale, che ha precisato che la normativa 
relativa alle procedure autorizzative in materia di impianti di energia eolica 
dev’essere ricondotta alla materia “produzione, trasporto e distribuzione 
nazionale dell’energia”, di cui al terzo comma dell’art. 117 Cost., con ciò 
ponendo in evidenza come la stessa incide primariamente sull’interesse della 
collettività alla produzione energetica, e rifiutando la prospettazione proposta 
dalla Regione resistente, secondo la quale il riferimento costituzionale 
primario sarebbe stato da individuare nelle materie della “tutela dell’ambiente” 
e del “governo del territorio”.
L’impatto territoriale degli impianti per la produzione di energia eolica, 
sicuramente rilevante e tale da giustificare l’esercizio dei poteri urbanistici 
e paesaggistici, non è tuttavia un elemento da considerare in via esclusiva, 
dovendo l’attività in parola tener conto altresì (e principalmente) 
dell’interesse nazionale – costituzionalmente rilevante - all’approvvigionamento 
energetico (per di più, in forme non inquinanti).
Di questa esigenza la giurisprudenza amministrativa si era già fatta carico, 
rilevando come “Nel caso in esame, si tratta di realizzare, con una cospicua 
spesa, una importante opera pubblica volta a incrementare la produzione 
energetica anche con fonti rinnovabili. Sussistono quindi i presupposti affinché 
in base al principio di proporzionalità, si affermi la necessità, elusa dal 
provvedimento sindacale, della precisa indicazione delle ragioni ostative al 
rilascio della autorizzazione paesaggistica, al fine appunto di eliminare 
sproporzioni fra la tutela dei vincoli e la finalità di pubblico interesse 
sotteso alla produzione ed utilizzazione dell'energia elettrica, rientrante, 
quest'ultima, nei servizi di pubblica utilità ed il cui potenziamento 
costituisce obiettivo specifico dell'amministrazione di settore” (T.A.R. 
Campania Napoli, sez. I, 22 giugno 2001, n. 2883).
La Corte costituzionale ha poi ribadito che in questa materia si intrecciano sia 
le competenze relative alla produzione, trasporto e distribuzione dell’energia, 
sia quelle relative alla tutela della concorrenza, nella sentenza n. 88 del 
2009, resa sul giudizio di legittimità costituzionale, in via principale, 
dell'articolo 2, comma 158, lettere a) e c) e comma 165 della legge 24 dicembre 
2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale 
dello Stato – legge finanziaria 2008).
Nella sentenza n. 166 del 2009, la Corte costituzionale ha rimarcato la 
rilevanza di questa materia anche in relazione alla tutela dell’ambiente e del 
paesaggio.
Da ultimo la Corte costituzionale, nella sentenza n. 282 del 2009, ha chiarito 
che “L’energia prodotta da impianti eolici e fotovoltaici è ascrivibile al 
novero delle fonti rinnovabili, come si evince dalla lettura dell’art. 2 della 
direttiva n. 2001/77/CE e dell’art. 2, comma 1, lettera a), del decreto 
legislativo n. 387 del 2003. La normativa internazionale, quella comunitaria e 
quella nazionale manifestano un favor per le fonti energetiche rinnovabili, nel 
senso di porre le condizioni per una adeguata diffusione dei relativi impianti. 
In particolare, in ambito europeo una disciplina così orientata è rinvenibile 
nella citata direttiva n. 2001/77/CE e in quella più recente del 23 aprile 2009, 
n. 2009/28/CE (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla promozione 
dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva 
abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE), che ha confermato questa 
impostazione di fondo. In ambito nazionale, la normativa comunitaria è stata 
recepita dal decreto legislativo n. 387 del 2003, il cui art. 12 enuncia, come 
riconosciuto da questa Corte, i princìpi fondamentali in materia (così la 
sentenza n. 364 del 2006). Ulteriori princìpi fondamentali sono stati fissati, 
anche in questo ambito, dalla legge n. 239 del 2004 che ha realizzato «il 
riordino dell’intero settore energetico, mediante una legislazione di cornice» 
(sentenza n. 383 del 2005)”.
E’ pertanto evidente come l’innegabile coinvolgimento in questa materia degli 
interessi pubblici in materia paesaggistica non produce, secondo la richiamata 
giurisprudenza costituzionale, l’effetto di attrarre nell’orbita delle 
competenze paesaggistiche le attribuzioni relative alla materia medesima.
In ogni caso, ciò che appare troncante è il rilievo che tale disputa, su cui 
molto hanno insistito le parti sia nelle difese scritte che in quelle orali, 
rischia di risolversi in una questione puramente teorica, dal momento che il 
mancato esercizio, da parte regionale, delle competenze legislative rivendicate 
comporta – sia per il rispetto del principio di legalità sostanziale, sia per il 
rispetto del principio di gerarchia fra le fonti – che le norme regolamentari da 
essa emanate tendenti a disciplinare l’estensione e le modalità delle attività 
amministrative propedeutiche al rilascio delle autorizzazioni di che trattasi, 
si pongano in rapporto di non contraddizione con le sovrastanti norme di rango 
primario (statali), alla stregua delle quali va pertanto condotto lo scrutinio 
della legittimità delle disposizioni regolamentari censurate.
Come infatti già affermato da questa Sezione nella sentenza n. 273 dell’11 
gennaio 2010 (relativa ad un ricorso trattato nella medesima udienza pubblica in 
cui è stato discusso e deciso il presente giudizio), “La Regione Sicilia, ad 
oggi, non ha esercitato la potestà legislativa di dettaglio per il recepimento 
dei principi stabiliti dal d. lgs. n° 387 del 2003, nè per il recepimento della 
direttiva n. 2001/77/CE”.
Sempre in tale sentenza, si è altresì ulteriormente precisato che “La 
giurisprudenza ha evidenziato il fondamento costituzionale del potere suppletivo 
del legislatore statale a fronte dell’inerzia di Regioni, anche a Statuto 
speciale, nel recepimento di norme comunitarie (Corte Cost. n° 126 del 24 aprile 
1996; Corte Cost. n° 425 del 10 novembre 1999; Cons. Stato, Adunanza Generale n° 
2 del 25 febbraio 2002). Tale fondamento, esplicitato, per effetto della legge 
costituzionale 18 ottobre 2001 n° 3, dal primo comma dell’art. 117 Cost., è 
causalmente riconducibile alla responsabilità sovranazionale e internazionale, 
che fa capo integralmente e unitariamente allo Stato-persona per le carenze nel 
rispetto dei relativi impegni. In particolare, l’Adunanza Generale del Consiglio 
di Stato n° 2 del 25 febbraio 2002 ha ritenuto che:
“- all'attuazione delle direttive comunitarie nelle materie attribuite alle 
Regioni o alle Province autonome in via esclusiva o concorrente, siano 
competenti le Regioni e le Province autonome;
- ove le Regioni non abbiano provveduto, sussista il potere dovere dello Stato, 
al fine di rispettare i vincoli comunitari, di attuare, attraverso proprie fonti 
normative, tali direttive;
- le norme poste dallo Stato in via sostitutiva siano applicabili solo 
nell'ambito dei territori delle Regioni e Province autonome che non abbiano 
provveduto e siano cedevoli, divengano cioè inapplicabili, qualora le Regioni o 
le Province esercitino il potere loro proprio di attuazione della direttiva, nel 
territorio di tali Regioni o Province; (...).
Tale previsione del potere sostitutivo (id est, il quinto comma dell’art. 117 
Cost.) rende espressa una norma riconducibile agli articoli 11 e 117, primo 
comma, della Costituzione e, cioè, al generale potere dovere dello Stato di 
rispettare i vincoli comunitari per i quali è responsabile unitariamente”.
Nel caso di specie, in ossequio ai principi costituzionali enucleati dalla 
giurisprudenza appena richiamata, deve ritenersi che, pur in difetto di 
un’espressa qualificazione del carattere cedevole delle norme del d.lgs. n° 
387/2003 e della legge n° 239/2004 negli ordinamenti regionali anche a Statuto 
speciale privi di normativa di esecuzione degli obblighi comunitari, la fonte 
legislativa statale assuma natura suppletiva ai sensi della legge n° 11/2005 e, 
come tale, si applichi anche per la disciplina di dettaglio, nelle more 
dell’esercizio della potestà legislativa regionale concorrente. A ciò consegue 
che il parametro di legittimità degli atti impugnati con l’odierno ricorso va 
rinvenuto nella legislazione statale dettata con il d. lgs. n° 387/2003 e con la 
legge n° 239/2004”.
Date le superiori premesse di metodo, vanno allora analiticamente esaminate le 
singole censure proposte.
Con il quarto motivo del ricorso introduttivo la società ricorrente contesta la 
legittimità del punto 2 lett. b) del Piano, nella parte in cui subordina il 
rilascio dell’autorizzazione unica alla produzione di “documentazione attestante 
la disponibilità giuridica dell’area di impianto in capo al richiedente”.
La censura deduce, tra l’altro, la violazione dell’art. 12 del d. lgs 387/2003, 
e dell’art. 1 del T.U. in materia di espropriazioni, approvato con d.P.R. 
327/2001”.
La censura è fondata.
L’art. 12, primo comma, del d.lgs. 387/2003, stabilisce che “Le opere per la 
realizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, nonché le opere 
connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio 
degli stessi impianti, autorizzate ai sensi del comma 3, sono di pubblica 
utilità ed indifferibili ed urgenti”.
A sua volta, l’art. 1 del d.P.R. 327/2001 prevede che il potere espropriativo 
disciplinato dallo stesso T.U. può essere esercitato – sul piano soggettivo - 
anche “a favore di privati”, e – sul piano oggettivo – anche con riguardo a 
“beni immobili o (…) diritti relativi ad immobili per l'esecuzione di opere 
pubbliche o di pubblica utilità”.
Dal combinato disposto delle due disposizioni ora richiamate discende che la 
qualificazione legale degli impianti di produzione di energia eolica implica un 
regime della disponibilità delle relative aree incompatibile con quello posto 
dalla norma regolamentare regionale impugnata: più in particolare, il 
legislatore statale, imprimendo a tali impianti la qualificazione di “opere di 
pubblica utilità indifferibili ed urgenti”, ha inteso consentire la loro 
realizzazione anche oltre e al di là della limitazione costituita dalla attuale 
disponibilità dell’area in capo al richiedente l’autorizzazione, scindendo 
chiaramente i due profili.
La norma regionale ha invece posto l’uno quale condizione dell’altro: con ciò 
violando all’evidenza la regola posta dalla norma primaria di rango statale.
La censura è dunque fondata e va accolta.
Con il quinto motivo del ricorso introduttivo la società ricorrente contesta la 
legittimità del punto 3 del Piano, che subordina l’assentibilità dell’istanza 
alla presentazione di una comunicazione, da parte del gestore della rete, circa 
la capacità ricettiva di quest’ultima in relazione all’energia prodotta 
dall’impianto autorizzando.
La censura deduce, tra l’altro, la violazione dell’art. 3, comma 1, del d. lgs. 
16 marzo 1999, n. 79.
La censura è fondata.
Come recentemente chiarito, il d.lgs. n. 79/1999, in attuazione della direttiva 
1996/92/CE, “ha recepito i principi di liberalizzazione ed apertura del mercato 
dell’energia, disponendo che le attività di produzione, importazione, 
esportazione, acquisto e vendita di energia elettrica sono libere, nel rispetto 
dei soli obblighi di servizio pubblico (art. 1); le attività di trasmissione, 
dispacciamento e distribuzione sono invece svolte in regime di concessione, 
sotto la vigilanza dell’Autorità di settore (artt. 3 e ss. e 9 del decreto)” 
(Consiglio di Stato, sez. III, parere 14 ottobre 2008, n. 2849/08).
L’art. 3, comma 1, del d. lgs. 16 marzo 1999, n. 79, in particolare, stabilisce 
che “Il gestore della rete di trasmissione nazionale (….) ha l'obbligo di 
connettere alla rete di trasmissione nazionale tutti i soggetti che ne facciano 
richiesta, senza compromettere la continuità del servizio e purché siano 
rispettate le regole tecniche di cui al comma 6 del presente articolo e le 
condizioni tecnico-economiche di accesso e di interconnessione fissate 
dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas. L'eventuale rifiuto di accesso 
alla rete deve essere debitamente motivato dal gestore. Il gestore della rete di 
trasmissione nazionale fornisce ai soggetti responsabili della gestione di ogni 
altra rete dell'Unione europea interconnessa con la rete di trasmissione 
nazionale informazioni sufficienti per garantire il funzionamento sicuro ed 
efficiente, lo sviluppo coordinato e l'interoperabilità delle reti 
interconnesse”.
E’ pertanto evidente nella disciplina posta dalla norma statale di rango 
primario, attuativa della direttiva comunitaria, che è la capacità della rete di 
trasmissione a dovere essere funzionale all’attività di produzione di energia, e 
non viceversa.
Ciò risulta del resto sia da un dato ontologico, sia soprattutto dal preciso 
limite che la norma pone ad un eventuale rifiuto del gestore: che può essere 
legittimamente connesso soltanto al rispetto delle regole tecniche, e delle 
condizioni tecnico-economiche fissate dall’Autorità di settore (e non dal 
gestore della rete, o dalla Regione).
La disposizione impugnata, invece, nel fare riferimento alla valutazione operata 
dal gestore circa la compatibilità della capacità ricettiva della rete rispetto 
alla energia prodotta dall’impianto autorizzando, introduce un ulteriore limite 
– peraltro generico: potendo un eventuale giudizio di incompatibilità fra le 
variabili suddette essere legato alle più svariate circostanze – all’esercizio 
di un’attività che invece la normativa comunitaria, e quella statale che l’ha 
attuata, vogliono espressamente essere liberalizzata.
Anche questa censura è quindi fondata, e come tale dev’essere accolta.
Con il sesto motivo del ricorso introduttivo si contesta la legittimità del 
punto 4) della delibera approvativa del P.E.A.R.S., nella parte in cui prevede 
che le Soprintendenze ai Beni Culturali ed Ambientali “comunicano in sede di 
Conferenze dei Servizi, indette ai sensi dell’art. 12 del D. Lgs. n. 387/2003, 
se le aree oggetto delle istanze di rilascio di autorizzazione per impianti da 
fonte rinnovabile siano sottoposte a vincolo o interessate da avvio di 
procedimento per l’apposizione di vincoli, al fine di tutelare compiutamente il 
bene paesaggio e il bene ambiente, nonché di salvaguardare il talento visuale di 
monumenti e beni culturali, ambientali paesistici”.
La censura contesta la violazione dell’art. 12 del d. lgs. 387/2003, e degli 
artt. 146 e 152 del d. lgs. 42/2006.
La censura è fondata.
L’art. 12, comma 3, del citato d. lgs. 387/2003 stabilisce che l’autorizzazione 
unica è rilasciata “nel rispetto delle normative vigenti in materia di tutela 
dell'ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico, che 
costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico”.
Il successivo comma 4 specifica poi che “L'autorizzazione di cui al comma 3 è 
rilasciata a seguito di un procedimento unico, al quale partecipano tutte le 
Amministrazioni interessate, svolto nel rispetto dei princìpi di semplificazione 
e con le modalità stabilite dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive 
modificazioni e integrazioni”.
Il rinvio alle modalità procedimentali stabilite dalla legge n. 241 del 1990, 
evidentemente anche in punto di legittimazione alla partecipazione al 
procedimento, esclude che possa introdursi con norma regolamentare una deroga 
che consenta la partecipazione di amministrazioni non titolari di competenze in 
relazione all’affare da deliberare.
La disposizione impugnata, infatti, per la sua formulazione implica la 
necessaria partecipazione al procedimento delle Soprintendenze, e la valutazione 
solo in quella sede della esistenza o meno di un titolo che ne giustifica 
l’intervento.
A nulla vale, in contrario, sostenere – come ha fatto in sede di discussione 
orale l’Avvocatura dello Stato – che in caso di verifica negativa della 
rilevanza paesistico-ambientale la Conferenza prosegue senza l’intervento del 
rappresentante della Soprintendenza.
Tale evenienza, peraltro non prevista dalla disposizione impugnata, non 
salverebbe comunque l’illegittimità della previsione di un allargamento non 
giustificato del novero dei soggetti partecipanti.
Oltre alla diretta violazione della invocata normativa statale di rango 
primario, relativa alla disciplina del procedimento di autorizzazione, è 
peraltro evidente come un simile intervento costituirebbe esercizio di un potere 
privo – in assenza di un vincolo - di fondamento legale, almeno in una 
fattispecie di conferenza di servizi decisoria quel’è quella disciplinata 
dall’art. 12 del d. lgs 387/2003 (cui del resto la norma regolamentare impugnata 
espressamente si richiama).
Anche questa censura è pertanto fondata, e come tale dev’essere accolta.
Con il settimo motivo del ricorso introduttivo la società ricorrente contesta la 
legittimità dei punti 6 e 7 della delibera approvativa del P.E.A.R.S., nella 
parte in cui prevede misure di mitigazione ambientale e di compensazione, senza 
stabilire “i criteri di applicazione di siffatte misure idonei a far si che le 
stesse garantiscano effettivamente il riequilibrio ambientale e territoriale 
delle aree interessate dalla realizzazione degli impianti da autorizzare”.
Si deduce la violazione dell’art. 12, comma 6, del d.lgs. 387/2003, nonché della 
legge 239/2004.
La censura è fondata.
Le misure di mitigazione non sono previste dall’art. 12 del d.lgs. 387/2003; le 
misure di compensazione sono dallo stesso (comma 6) espressamente vietate.
L’art. 12, comma 6, del decreto legislativo n. 387 del 2003, stabilisce infatti 
che «l’autorizzazione non può essere subordinata né prevedere misure di 
compensazione a favore delle regioni e delle province».
Va peraltro tenuto presente che secondo l’art. 1, comma 4, lettera f), della 
legge n. 239 del 2004, ai fini dell’adeguato equilibrio territoriale nella 
localizzazione delle infrastrutture energetiche, nei limiti consentiti dalle 
caratteristiche fisiche e geografiche delle singole regioni, anche il 
legislatore regionale può prevedere «eventuali misure di compensazione e di 
riequilibrio ambientale e territoriale qualora esigenze connesse agli indirizzi 
strategici nazionali richiedano concentrazioni territoriali di attività, 
impianti e infrastrutture ad elevato impatto territoriale».
La Corte costituzionale, con la sentenza n. 383 del 2005, ha dichiarato 
l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 4, lettera f), della legge n. 
239 del 2004 limitatamente alle parole «con esclusione degli impianti alimentati 
da fonti rinnovabili».
In proposito la stessa Corte costituzionale ha da ultimo chiarito (sentenza n. 
282 del 2009) che “Per effetto di tale pronuncia, anche al legislatore regionale 
è stata estesa la facoltà di introdurre misure di compensazione nella disciplina 
delle fonti rinnovabili di energia, peraltro a condizione che i beneficiari 
delle predette misure non siano né le Regioni, né le Province eventualmente 
delegate”.
La censura è dunque fondata, non avendo in radice l’amministrazione regionale un 
simile potere regolamentare, che è pertanto privo di base normativa.
Appare in ogni caso assorbente il rilievo che simili misure, nella misura in cui 
possono essere individuate su base regionale, vadano disciplinate con legge (in 
questo senso Corte costituzionale, sentenza n. 282 del 2009), e non con atto 
amministrativo regolamentare.
Anche questa censura è dunque fondata, e come tale dev’essere accolta.
Con l’ottavo motivo del ricorso introduttivo, la società ricorrente censura – 
per violazione dell’art. 117, comma 2, lett. l) Cost., nonché per eccesso di 
potere per irragionevolezza ed illogicità manifesta – il punto 2), lett. d), 
della delibera approvativa del P.E.A.R.S., nella parte in cui richiede che 
l’istanza di autorizzazione venga corredata da una “dichiarazione di primaria 
Compagnia di Assicurazione della disponibilità alla copertura assicurativa dei 
rischi di mancata erogazione del servizio di fornitura di energia elettrica 
all’ente gestore di rete”.
La censura non è fondata in relazione alla pretesa violazione del limite 
costituzionale del diritto privato: tale limite, che anzitutto opera per la 
competenza legislativa regionale e non per quella amministrativa, correttamente 
inteso attiene alla impossibilità di frazionare su base geografica la disciplina 
legale dei rapporti civilistici.
Altra cosa – qui ricorrente – è invece la previsione, con un atto amministrativo 
generale o con un atto amministrativo regolamentare, dell’impegno a 
sottoscrivere un contratto di garanzia, la cui disciplina rimane assoggettata 
alla normativa statale di diritto comune (senza alcuna violazione dell’art. 117, 
comma 2, lett. l), Cost.).
Questo profilo di censura, del resto, se fosse fondato, dovrebbe coerentemente 
condurre alla illegittimità di tutti i bandi di gara che prevedono la stipula di 
un contratto di garanzia (bancaria o assicurativa), ancorché tale contratto 
rimanga disciplinato dalla legge statale.
Fondato è invece il secondo profilo di censura, relativo alla legittimità (e 
prima ancora alla esistenza) del potere di imporre la stipula di un simile 
contratto quale adempimento propedeutico all’esame dell’istanza di 
autorizzazione unica.
I rapporti fra produttore e gestore di energia sono oggetto di una disciplina 
pubblicistica che prevede precisi poteri di regolazione dell’Autorità per 
l’energia elettrica ed il gas.
Vero è che accanto al (o a causa del) mancato rispetto di tale normativa 
pubblicistica, può ipotizzarsi una violazione degli obblighi gravanti sui due 
soggetti, rilevante in punto di riparazione patrimoniale: ma la previsione di 
una garanzia assicurativa, a tutela di un eventuale credito del gestore, non 
appare funzionale alla tutela di alcun interesse pubblico, giuridicamente 
ritenuto meritevole di tutela sulla base della disciplina del settore, e men che 
mai di un interesse di cui sia titolare l’amministrazione regionale.
La censura, dunque, è per questa parte fondata, e va accolta.
Alle medesime conclusioni il collegio ritiene di dover giungere per quanto 
riguarda la censura dedotta con il successivo (nono) motivo del ricorso 
introduttivo, con cui si lamenta l’illegittimità – per eccesso di potere per 
irragionevolezza ed illogicità manifesta, nonché per indeterminatezza – del 
punto 10), ultimo capoverso, della delibera approvativa del P.E.A.R.S., che 
prevede l’obbligo della prestazione di “idonee garanzie a favore della Regione” 
per l’ipotesi (contemplata dalla rubrica del citato punto 10) di inefficacia 
dell’autorizzazione.
In questo caso appare assorbente la censura di eccesso di potere per 
indeterminatezza, non essendo affatto chiaro da tale formulazione:
in cosa debba consistere la garanzia da prestare;
rispetto a quel parametro debba compiersi il giudizio di idoneità della garanzia 
da prestare;
quale pregiudizio regionale la garanzia dovrebbe coprire od evitare.
Queste censure sono pertanto fondate, nei sensi appena esposti, e vanno quindi 
accolte.
Con il decimo motivo del ricorso introduttivo, la società ricorrente censura – 
per violazione dell’art. 41, comma 1, Cost., e per violazione del principio di 
tutela della concorrenza – il punto 12) della delibera approvativa del 
P.E.A.R.S., che stabilisce: “la regione promuove la stipula di accordi 
procedimentali e provvedi mentali, ex l. 241/90, con i soggetti gestori e 
realizzatori degli impianti, per la disciplina della riconversione delle 
centrali termoelettriche”.
La censura è così argomentata: “La disposizione su calendata, invero, laddove 
intesa nel senso di limitare la stipulazione di tali accordi con i soli soggetti 
gestori o realizzatori delle centrali termoelettriche, risulterebbe illegittima 
in quanto costituirebbe un canale preferenziale che consentirebbe a tali 
soggetti di adivenire all’autorizzazione unica in tempi più brevi rispetto agli 
altri operatori del settore e ciò in aperta violazione del principio sancito a 
livello comunitario di tutela del diritto alla concorrenza”.
La censura – in applicazione del criterio giurisprudenziale in precedenza 
richiamato - è inammissibile per carenza d’interesse attuale a gravare una 
disposizione regolamentare che, come del resto evidenziato dalla stessa 
argomentazione in chiave dubitativa ed eventuale del mezzo, può assumere una 
rilevanza lesiva solo a seguito dell’emanazione di un atto applicativo che 
produca l’effetto – non automaticamente riconducibile alla formulazione della 
disposizione stessa – lamentato dalla società ricorrente.
Considerazioni di identico tenore valgono per l’undicesimo motivo del ricorso 
introduttivo, che va pertanto dichiarato inammissibile, con il quale si impugna 
il punto 16 della delibera approvativa del P.E.A.R.S., per effetto del quale la 
Regione “si riserva di individuare, anche con separati provvedimenti, le aree 
impegnate da una forte concentrazione territoriale di impianti di produzione di 
energia da fonte eolica nelle quali il rilascio di nuove autorizzazioni sarà 
consentito solo subordinatamente alla previa dismissione di quelli preesistenti 
e non in esercizio”.
Anche in questo caso la necessaria intermediazione, per la produzione 
dell’effetto lesivo, dell’atto applicativo, impedisce di configurare un 
interesse attuale all’impugnazione della clausola regolamentare.
Con il dodicesimo motivo del ricorso introduttivo, la società ricorrente 
contesta la legittimità del punto 20) della delibera approvativa del P.E.A.R.S., 
nella parte in cui prevede che “L’autorizzazione per la realizzazione di 
impianti di energia da fonte rinnovabile su terreni agricoli non può essere 
rilasciata ove essi non siano dichiarati dalla Amministrazione compatibili con 
la valorizzazione delle produzioni agroalimentari locali e la tutela della 
biodiversità e del patrimonio culturale e del paesaggio rurale”.
La disposizione viene censurata per violazione dell’art. 12, comma 7, del d. lgs. 
387/2003, che stabilisce che gli impianti in questione possono essere ubicati 
anche in zone classificate come agricole dai vigenti piani urbanistici.
La censura è infondata, in quanto le due previsioni hanno un oggetto non 
sovrapponibile: in particolare, la disposizione regolamentare impugnata non 
esclude che gli impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili 
vengano ubicati in zona agricola, ma si preoccupa di rendere compatibile, in 
quel caso, la localizzazione dell’impianto con peculiari esigenze legate alla 
vocazione del territorio.
Non può dunque parlarsi di una contrasto fra le due disposizioni: né può farsi 
discendere dal disposto del citato art. 12, comma 7, come pretenderebbe la 
società ricorrente, l’indiscriminata possibilità di localizzare detti impianti 
in zona agricola, indipendentemente dalla valutazione di compatibilità 
territoriale specifica.
Altra questione – qui non rilevante – è poi quella dell’eventuale cattivo 
esercizio di detto potere di valutazione: laddove l’amministrazione non motivi 
adeguatamente e correttamente sulla presenza di fattori ostativi alla 
localizzazione, riconducibili alla fattispecie in questione (vicenda che potrà 
rilevare in sede di scrutinio di un ipotetico diniego motivato con riferimento 
alle esigenze di tutela di cui all’impugnato art. 20).
Con il tredicesimo motivo del ricorso introduttivo, la società ricorrente 
lamenta infine l’illegittimità del punto 21 della delibera approvativa del 
P.E.A.R.S., secondo cui “Gli impianti di produzione di energia da fonti 
rinnovabili di potenza superiore a 10 Mw, devono essere realizzati ad una 
distanza l’uno dall’altro non inferiore a 10 km. O, comunque, a distanza 
congrua, sulla base di adeguata motivazione”.
Vengono dedotti i vizi di eccesso di potere per illogicità manifesta e per 
disparità di trattamento, nonché di violazione e falsa applicazione dell’art. 
12, comma 7, del d. lgs. 387/2003.
La censura di eccesso di potere appare fondata sotto entrambi i profili.
La distanza minima stabilita – cui corrisponde un evidente vincolo – non risulta 
ancorata ad alcun plausibile parametro tecnico o scientifico.
In più, la previsione generalizzata di tale misura per siti anche molto diversi 
fra loro, porta inevitabilmente al trattamento eguale di situazioni diverse.
La norma è in realtà funzionale ad interessi solo in parte coincidenti con 
quelli legittimanti l’esercizio del potere regolamentare in esame.
Valgono per questo tipo di previsione le considerazioni che la giurisprudenza ha 
da tempo espresso a proposito della legittimità del potere regolamentare 
comunale in materia di localizzazione sul territorio di impianti 
elettromagnetici e stazioni radio base, e della finalità reale cui rispondono 
previsioni generalizzate di distanze minime particolarmente impeditive, del 
tutto avulse dalla concreta verifica dello stato dei luoghi (in questo senso, ex 
multis, T.A.R. Abruzzo Pescara, sez. I, 23 maggio 2009 , n. 375).
Questa censura è dunque fondata.
Il ricorso dev’essere pertanto accolto, nei sensi e nei limiti di cui alle 
motivazioni fin qui esposte.
Sussistono giusti motivi, avuto riguardo alla novità di alcune delle questioni 
dedotte, ed all’accoglimento solo parziale del ricorso, per compensare fra le 
parti le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Sicilia, sez. II, definitivamente 
pronunciando, accoglie in parte il ricorso in epigrafe, nei limiti di cui in 
motivazione, e per l’effetto annulla entro tali limiti i provvedimenti 
impugnati.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 22 dicembre 2009 con 
l'intervento dei Magistrati:
Nicolo' Monteleone, Presidente
Giovanni Tulumello, Primo Referendario, Estensore
Maria Barbara Cavallo, Referendario
L'ESTENSORE 
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 09/02/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
 
		
		
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