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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 
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T.A.R. PUGLIA, Lecce, Sez. I - 16 dicembre 2010, n. 2870
RIFIUTI - Discarica - Atti autorizzatori - Comune - Impugnazione - 
Legittimazione - Produzione di una prova puntuale della concreta pericolosità - 
Necessità - Esclusione. La legittimazione ad agire, da parte di un Comune, 
contro gli atti autorizzatori di un impianto di discarica per rifiuti, non si 
può subordinare alla produzione di una prova puntuale della concreta 
pericolosità dell’impianto, reputandosi sufficiente la prospettazione delle 
temute ripercussioni su un territorio comunale collocato nelle immediate 
vicinanze della discarica da realizzare (Cons. Stato, sez. VI, 5 dicembre 2002, 
n. 6657). Pres. Cavallari, Est. Santini - Comune di Statte (avv. Lenoci) c. 
Provincia di Taranto (avv. Giancotti) e altro (n.c.) - TAR PUGLIA, Lecce, 
Sez. I - 16 dicembre 2010, n. 2870
RIFIUTI - Discariche - Criteri per l’individuazione delle aree idonee o meno 
alla localizzazione di impianti di smaltimento - Regioni - Art. 196 d.lgs. n. 
152/2006 - Regione Puglia - Piano di gestione - Rifiuti pericolosi - Distanza di 
2000 metri dai centri abitati - Rifiuti non pericolosi - Valutazione caso per 
caso. Spetta alle regioni, ai sensi dell’art. 196 del codice dell’ambiente, 
la definizione dei criteri per l’individuazione delle aree idonee o meno alla 
localizzazione degli impianti di smaltimento. Al riguardo il piano di gestione 
della Regione Puglia, come integrato sul punto dal decreto del commissario 
delegato n. 246 del 2006, prevede che, mentre per gli impianti di smaltimento di 
rifiuti pericolosi vige la distanza minima di 2.000 mt dai centri abitati, per 
quelli non pericolosi (anche se speciali) va invece operata, alla stessa stregua 
dei rifiuti urbani (cfr. punto 9.5 decreto citato), una valutazione caso per 
caso sulla base delle “condizioni locali di accettabilità” (all. 1 decreto 
legislativo n. 36 del 2003, pure espressamente richiamato dal suddetto piano 
regionale), non essendo previsti in proposito particolari obblighi di distanza a 
carattere generale. Pres. Cavallari, Est. Santini - Comune di Statte (avv. 
Lenoci) c. Provincia di Taranto (avv. Giancotti) e altro (n.c.) - TAR PUGLIA, 
Lecce, Sez. I - 16 dicembre 2010, n. 2870
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 02870/2010 REG.SEN.
N. 01705/2008 REG.RIC.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
Lecce - Sezione Prima
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1705 del 2008, proposto da:
Comune di Statte, rappresentato e difeso dall'avv. Maria Cristina Lenoci, con 
domicilio eletto presso Angelo Vantaggiato in Lecce, via Zanardelli n. 7;
contro
Regione Puglia, non costituita;
Provincia di Taranto, rappresentata e difesa dall'avv. Ilaria Giancotti, con 
domicilio eletto presso la Segreteria del TAR in Lecce, via F. Rubichi n. 23;
nei confronti di
Italcave Spa, rappresentata e difesa dagli avv.ti Giampaolo Sechi ed Ernesto 
Sticchi Damiani, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Lecce, 
via 95° Rgt. Fanteria n. 9;
per l'annullamento
della Determinazione del Dirigente Settore Ecologia della Regione Puglia n. 338 
del 4 giugno 2008, con la quale è stato espresso il parere favorevole di 
compatibilità ambientale per l'impianto di discarica per rifiuti speciali non 
pericolosi già in esercizio in agro di Taranto, località La Riccia - Giardinello, 
proposto dalla Italcave spa; della nota n. 14558 del 17/10/2008 a firma del 
Dirigente del Servizio Ecologia della Regione Puglia; nonché, nei limiti 
dell'interesse del ricorrente, della nota n. 12834 in data 19/9/2008 a firma del 
Dirigente del Settore Ecologia IPPC-AIA - Assessorato all'Ecologia della Regione 
Puglia; della determina del Dirigente del Settore Ecologia della Provincia di 
Taranto n. 195/2005.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di Taranto e di 
Italcave Spa;
Viste le memorie difensive rispettivamente prodotte dalle parti costituite;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 ottobre 2010 il dott. Massimo 
Santini e uditi per le parti gli Avv.ti Lenoci, Sechi e Sticchi Damiani Ernesto;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
La società Italcave gestisce da tempo una discarica nel territorio di Taranto, 
località La Riccia – Giardinello.
In adiacenza ad essa è stata tra l’altro concepita una piattaforma 
polifunzionale di selezione ed inertizzazione dei rifiuti.
Per quanto riguarda la discarica, si tratta di un’area suddivisa in due lotti 
(di cui il primo avrebbe esaurito la propria capienza). In particolare, da 
quanto si apprende dalla documentazione e dalle memorie versate in atti, la 
discarica sarebbe stata autorizzata per una volumetria pari, in un primo tempo, 
ad oltre un milione cento mila metri cubi (cfr. delibera provinciale n. 33 del 
22 febbraio 2004), e poi, in un secondo tempo, ad oltre 3 milioni 200 mila metri 
cubi (cfr. preambolo provvedimento VIA in data 4 giugno 2008, pag. 16508 del 
BURP n. 146 in data 19 settembre 2008).
Con istanza presentata in data 23 marzo 2006, la stessa ditta ha chiesto alla 
Regione Puglia di modificare la suddetta volumetria, passando in particolare 
dagli oltre 3 milioni 200 mila metri cubi già autorizzati ad oltre 6 milioni 200 
mila metri cubi; ciò in quanto vi sarebbe stato un errore materiale nella 
approvazione del progetto originario.
A tale riguardo gli enti competenti, anche previo parere del Ministero 
dell’ambiente, hanno ritenuto di adeguare sì il suddetto dato volumetrico ma 
soltanto attraverso l’instaurazione di una ulteriore procedura autorizzatoria, 
ricomprendente sia la valutazione di impatto ambientale (VIA) sugli aspetti 
localizzativi, sia l’autorizzazione integrata ambientale (AIA) sugli aspetti 
gestionali a valle dell’impianto.
Si apriva dunque un nuovo procedimento di valutazione di impatto ambientale 
(VIA), cui partecipavano anche il Comune di Statte (il cui territorio è prossimo 
al sito ove è collocata la discarica) ed il Comune di Taranto: questi due enti 
esprimevano parere negativo in ordine al suddetto ampliamento volumetrico.
Veniva poi formalmente adottato, in data 4 giugno 2008, il provvedimento 
favorevole di compatibilità ambientale.
In data 30 luglio 2008, in occasione dell’avvio del procedimento AIA da 
innestare a valle di quello VIA, il Comune di Statte e quello di Taranto 
ribadivano la propria posizione negativa in ordine all’ampliamento del suddetto 
impianto, manifestando in particolare riserve sulle distanze dal centro abitato 
e sulla produzione di percolato.
Dinanzi a tali posizioni, il dirigente del settore ecologia della Regione 
richiedeva al Comitato regionale VIA, in data 16 settembre 2008, una nuova 
valutazione in vista della “adozione di eventuali provvedimenti di autotutela”. 
Tale proposta veniva in sostanza condivisa, in data 24 settembre 2008, anche dal 
dirigente dell’Ufficio VAS della Regione. Nel frattempo veniva richiesto 
all’ARPA di procedere ad un approfondimento sulla questione percolato. Il 
successivo 30 settembre il dirigente ecologia sospendeva il provvedimento VIA 
del 4 giugno 2008, in attesa che il comitato si potesse nuovamente esprimere,in 
funzione di riesame,sulle proprie valutazioni di compatibilità ambientale.
Dopo l’adozione di un nuovo parere da parte del comitato, il quale confermava 
mediante diffuse argomentazioni le valutazioni già operate con riferimento a 
distanze e percolato, il dirigente del settore ecologia, in data 17 ottobre 
2008, affermava che non vi fossero, “in conclusione, ragioni per riconsiderare 
il parere già reso”. Veniva dunque confermata la validità del provvedimento 
favorevole di VIA del 4 giugno 2008.
In ordine ai suddetti provvedimenti veniva proposto gravame, in sintesi, per i 
seguenti motivi:
1) violazione del principio di precauzione e difetto di istruttoria, nella parte 
in cui l’amministrazione non avrebbe consentito una adeguata partecipazione del 
Comune di Statte all’interno del procedimento VIA, né avrebbe puntualmente 
operato una adeguata stima dei fabbisogni a livello regionale, onde valutare 
l’effettiva necessità di allocare una nuova discarica in una Regione in cui 
risulterebbe in calo la produzione di rifiuti speciali non pericolosi. In 
sintesi, le competenti autorità non avrebbero individuato il fabbisogno reale di 
smaltimento a livello regionale, né avrebbero preso adeguatamente in 
considerazione altre modalità di smaltimento, quali il recupero di materia e 
quello energetico;
2) difetto di istruttoria ed erronea presupposizione dei fatti, laddove non 
sarebbe stato considerato che il centro abitato di Statte è situato ad una 
distanza inferiore a quella consentita dalla vigente normativa;
3) difetto di istruttoria nella parte in cui non ci si sarebbe avveduti che la 
discrasia tra volumetria già autorizzata (oltre 3 milioni 200 mila metri cubi) e 
volumetria da autorizzare con il provvedimento impugnato (oltre 6 milioni 200 
mila) non potrebbe giammai corrispondere ad un semplice “errore del calcolo 
della volumetria”;
4) violazione del decreto legislativo n. 36 del 2003 nella parte in cui non 
sarebbero stati forniti specifici elementi in ordine al sistema di 
impermeabilizzazione del sito (in particolare, spessore del telo e protezione 
della guaina);
5) erroneità dei presupposti, illogicità e difetto di istruttoria nella parte 
del provvedimento in cui si ritiene che, all’aumento della quantità di rifiuti 
da conferire nello stesso sito, la produzione di percolato giornaliero non 
aumenti. Difetto si istruttoria anche nella parte in cui non si è atteso il 
rilascio del parere richiesto all’ARPA, per l’appunto, sulla questione 
percolato;
6) difetto di istruttoria nella parte in cui non sarebbero stati opportunamente 
valutati taluni effetti sull’ambiente (incremento del traffico ed aumento delle 
emissioni odorigene e pulverulenti).
Si costituiva in giudizio la Provincia di Taranto e la società contro 
interessata, entrambi per chiedere il rigetto del gravame. Quest’ultima 
sollevava in particolare eccezione di: a) irricevibilità, in ordine alla 
determinazione provinciale n. 195 del 2005, con la quale si approvava il piano 
di adeguamento dell’impianto, in quanto tardivamente impugnata; b) 
inammissibilità, in relazione alla nota del dirigente settore ecologia in data 
19 settembre 2008, in quanto atto endoprocedimentale privo di effetto lesivo; c) 
difetto di legittimazione ad agire e di interesse al ricorso in capo al Comune 
di Statte, il quale non avrebbe fornito adeguata dimostrazione, al di là del 
requisito della vicinitas, circa la prova del pregiudizio concretamente subito 
dalla collettività di riferimento territoriale a seguito dell’ampliamento 
volumetrico di cui si controverte.
Con ordinanze n. 467 del 3 giugno 2009 e n. 134 del 7 luglio 2010 veniva 
rigettata, in sostanza per mancanza del periculum, la tutela cautelare in più 
tempi richiesta.
In data 7 aprile 2010 parte ricorrente depositava inoltre consulenza tecnica di 
parte con la quale si faceva tra l’altro presente che: a) non sarebbe stato 
rispettato il limite volumetrico autorizzato in prima battuta (oltre un milione 
cento mila metri cubi), né gli enti che hanno successivamente partecipato agli 
ulteriori passaggi autorizzativi avrebbero mai rilevato tale discrasia, anche 
soltanto in sede di controllo; b) in sede di VIA non sarebbero stati rispettati 
i parametri relativi alla qualità dell’aria, anche con riferimento alla 
concentrazione di sostanze contaminanti nei prodotti agricoli, né sarebbe stata 
operata una valutazione sul controllo periodico della qualità dell’acqua; c) 
sempre in ordine alla VIA, non sarebbero state prese in considerazione 
alternative progettuali rispetto a quella prospettata, né sarebbe stata eseguita 
la valutazione di incidenza, trattandosi di zona caratterizzata da habitat 
naturali; d) con il provvedimento AIA sarebbe stato in sostanza consentito lo 
smaltimento di alcuni rifiuti pericolosi, non altrimenti conferibili nella 
discarica in questione.
Alla pubblica udienza del 6 ottobre 2010 le parti rassegnavano le proprie 
rispettive conclusioni ed il ricorso veniva infine trattenuto in decisione.
 
DIRITTO
1. In via preliminare, va respinta l’eccezione riguardante il difetto di 
legittimazione attiva in capo al Comune di Statte.
E ciò dal momento che, al di là della indiscussa presenza del requisito della 
vicinitas, la difesa della suddetta amministrazione ha sufficientemente allegato 
– quale ente esponenziale della comunità locale direttamente esposta ai 
potenziali effetti negativi rivenienti dall’attivazione dell’impianto – taluni 
effetti nocivi che, in termini di salubrità dell’ambiente e dunque di salute, 
deriverebbero da numerosi difetti di progettazione e di istruttoria.
Secondo la giurisprudenza dominante, infatti, detta legittimazione non si può 
subordinare alla produzione di una prova puntuale della concreta pericolosità 
dell’impianto, reputandosi sufficiente la prospettazione delle temute 
ripercussioni su un territorio comunale collocato nelle immediate vicinanze 
della centrale da realizzare (Cons. Stato, sez. VI, 5 dicembre 2002, n. 6657).
Ne deriva che, avendo il comune ricorrente evidenziato, oltre alla vicinanza del 
proprio territorio rispetto al sito oggetto dell’intervento, anche un serio 
pregiudizio in ordine alla protezione dell’ambiente ed alla tutela della salute 
della collettività di cui è soggetto esponenziale, sussistono nella specie tutti 
i requisiti per configurare una posizione differenziata che senz’altro lo 
legittima ad agire in questa sede.
2. Ancora in via preliminare osserva il collegio che, con riferimento alla 
relazione tecnica depositata in data 7 aprile 2010: a) viene confuso, in primo 
luogo, il dato dei rifiuti conferibili (aspetto questo da ricondurre al 
contenuto in senso stretto delle autorizzazioni amministrative) con quello dei 
rifiuti sino ad ora in concreto conferiti (secondo parte ricorrente in 
violazione delle prescrizioni contenute negli originari provvedimenti 
autorizzatori), aspetto questo da ascrivere invece ad una omessa attività di 
controllo che, in quanto tale – o perlomeno nei termini di cui si è detto – non 
può formare tuttavia oggetto di sindacato in questa sede: in altre parole, 
occorre distinguere tra attività giuridica ed attività materiale, non potendosi 
discutere nella specie circa il rispetto delle prescrizioni contenute negli 
originari provvedimenti autorizzatori, quanto piuttosto sulla idoneità 
dell’impianto di cui si controverte, sul piano ambientale (VIA) e gestionale 
(AIA), ad ospitare o meno una certa quantità (supplementare) di rifiuti speciali 
non pericolosi; b) si deducono, in secondo luogo, motivi nuovi ed in alcun modo 
riconducibili a quelli già formulati in sede di ricorso introduttivo, come tali 
radicalmente inammissibili.
3. Ritiene poi il collegio di poter prescindere dalle ulteriori eccezioni di 
rito (in particolare, la irricevibilità concernente la determinazione 
provinciale n. 195 del 2005 e la inammissibilità relativa alla nota del 
dirigente settore ecologia in data 19 settembre 2008), stante in ogni caso 
l’infondatezza nel merito del presente ricorso per le ragioni di seguito 
indicate.
4. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, oltre ad una generica violazione 
del principio di precauzione in quanto tale inammissibile, una carenza di 
istruttoria nel momento in cui non sarebbe stato adeguatamente coinvolto nel 
procedimento VIA il Comune di Statte, né sarebbe stato stimato l’effettivo 
fabbisogno di smaltimento, né sarebbero stati presi in considerazione ulteriori 
e preferibili forme di smaltimento, quali il recupero di materia e quello 
energetico.
Osserva in primo luogo il collegio che, in disparte ogni considerazione circa la 
facoltatività di avviare una istruttoria pubblica ai sensi dell’art. 24, comma 
6, del codice dell’ambiente, il Comune di Statte ha pur sempre avuto, al 
contrario di quanto affermato da parte ricorrente, idonee occasioni per prendere 
parte al suddetto procedimento (si vedano al riguardo tutti gli interventi 
comunali richiamati nel preambolo della determinazione VIA impugnata, interventi 
il cui contenuto viene peraltro considerato nella parte motivazionale del 
provvedimento stesso, con particolare riguardo alla questione “percolato”).
In ogni caso, si consideri che la nota del 31 luglio 2008 della stessa 
amministrazione comunale ha addirittura innescato un procedimento di riesame 
della determinazione VIA del 4 giugno 2008, motivo questo che induce a ritenere 
che l’amministrazione regionale, quand’anche avesse omesso, nella fase 
procedimentale propedeutica alla adozione della suddetta determinazione VIA, di 
porre adeguatamente il Comune nelle condizioni di esprimersi, ha comunque 
adempiuto a tale obbligo ex post, mediante apertura del procedimento di riesame 
e, soprattutto, mediante approfondita rivalutazione in quella stessa sede delle 
obiezioni sollevate dallo stesso ente locale con riferimento alle questioni 
delle distanze e della produzione di percolato.
In secondo luogo, la censura appare generica nella parte in cui, contravvenendo 
al principio processuale dell’onere del principio di prova, non è stata allegata 
una descrizione sufficientemente circostanziata e precisa delle condizioni di 
mercato dei rifiuti speciali nella Regione Puglia (essendosi in proposito 
limitata, parte ricorrente, ad illustrare cifre di carattere estremamente 
generale, come quantità di RSNP prodotti e numero di impianti esistenti). Né, 
parimenti, è stata indicata la presenza di impianti di altro genere (es. 
inceneritori) anche soltanto potenzialmente idonei a soddisfare la suddetta 
domanda, avendo il comune circoscritto il proprio intervento difensivo, a ben 
vedere, alla mera trasposizione di note enunciazioni di principio, ossia ad 
affermazioni basate sulla semplice lettura del dato normativo di riferimento 
(es. artt. 181-182 codice ambiente).
In conclusione i motivi di gravame sopra specificati debbono essere rigettati
5. Con il secondo motivo si lamenta la violazione della normativa in tema di 
distanze tra impianti di smaltimento rifiuti e centro abitato.
Vale al riguardo quanto affermato dal Comitato VIA in sede di riesame.
Ed infatti spetta alle regioni, ai sensi dell’art. 196 del codice dell’ambiente, 
la definizione dei criteri per l’individuazione delle aree idonee o meno alla 
localizzazione degli impianti di smaltimento. Al riguardo il piano di gestione 
della Regione Puglia, come integrato sul punto dal decreto del commissario 
delegato n. 246 del 2006, prevede che, mentre per gli impianti di smaltimento di 
rifiuti pericolosi vige la distanza minima di 2.000 mt, per quelli non 
pericolosi (anche se speciali come quelli di specie) va invece operata, alla 
stessa stregua dei rifiuti urbani (cfr. punto 9.5 decreto citato), una 
valutazione caso per caso sulla base delle “condizioni locali di accettabilità” 
(all. 1 decreto legislativo n. 36 del 2003, pure espressamente richiamato dal 
suddetto piano regionale), non essendo previsti in proposito particolari 
obblighi di distanza a carattere generale.
Per tali ragioni la specifica censura non può trovare accoglimento, essendosi 
limitata parte ricorrente a contestare il rispetto delle distanze sulla base di 
parametri nella specie inapplicabili.
6. Quanto al terzo motivo di gravame, ogni considerazione circa la manchevolezza 
emersa in sede di originaria autorizzazione sulla effettiva capienza della 
discarica è stata superata, nella specie, mediante l’avvio di una nuova 
procedura autorizzativa che, funditus, ha nuovamente valutato la compatibilità 
ambientale dell’impianto sulla base della più ampia volumetria che si intende 
sfruttare.
La censura deve dunque essere respinta dal momento che l’amministrazione non ha 
proceduto, come pure inizialmente richiesto dalla ditta contro interessata, alla 
mera correzione del dato volumetrico, ma ha invece instaurato una autonoma ed 
ulteriore procedura diretta, sul piano ambientale (VIA) e su quello gestionale 
(AIA), ad accertare l’effettiva idoneità dell’impianto ad accogliere un diverso 
quantitativo di rifiuti.
7. Con la quarta censura si lamenta la violazione del decreto legislativo n. 36 
del 2003 in ordine alle modalità di impermeabilizzazione del sito.
La censura è infondata in punto di fatto, dato che lo studio di impatto 
ambientale, elaborato in occasione del piano di adeguamento e poi approvato con 
determinazione provinciale n. 195 del 2005, reca puntuale dimostrazione circa il 
rispetto delle specifiche tecniche stabilite, con riferimento a strato di 
argilla e spessore del telo in HDPE, dal decreto legislativo n. 36 del 2003.
Ad analoghe conclusioni si perviene anche mediante semplice lettura della 
relazione tecnica allegata alla domanda di AIA del 28 febbraio 2007.
8. Con la quinta censura si lamenta che, sulla base di quanto riportato nella 
determinazione VIA, all’incremento della quantità di rifiuti da conferire nello 
stesso sito la produzione di percolato giornaliero non aumenti. Sostiene il 
ricorrente che tale assunto sia palesemente erroneo.
La censura non considera tuttavia che, al di là della quantità di percolato 
prodotto, dietro specifica prescrizione del Comitato regionale VIA il 
provvedimento n. 338 del 4 giugno 2008 ha stabilito “che venga asportato 
quotidianamente il percolato e trasportato presso impianti all’uopo 
autorizzati”.
Con ciò si vuole dire che gli organi regionali, al di là delle analisi 
scientifiche formulate, hanno inteso risolvere il problema del percolato 
mediante la sua quotidiana asportazione, con conseguente eliminazione alla fonte 
di qualsivoglia influenza che la predetta sostanza è in grado di determinare 
sulle matrici ambientali interessate: il che rende irrilevante stabilire quale 
sia la effettiva quantità di percolato prodotta in seguito all’autorizzato 
ampliamento volumetrico.
La specifica censura risulta dunque superata dalla circostanza che, quand’anche 
fosse esatta la tesi di parte ricorrente circa la quantità prodotta di 
percolato, il provvedimento regionale impugnato avrebbe in ogni caso previsto 
modalità ben precise onde affrontare con successo la suddetta problematica.
Tuttavia, siffatte modalità non hanno formato oggetto di specifica doglianza in 
questa sede, né è stata mossa obiezione alcuna sulla capacità del relativo 
sistema di asportazione di funzionare in modo corretto ed efficace. Aspetti 
questi che, invece, avrebbero dovuto essere adeguatamente posti in evidenza 
qualora si fosse inteso contestare l’operato in parte qua della amministrazione 
regionale.
Le considerazioni di cui sopra si estendono anche alla parte della censura con 
cui si lamenta la mancata attesa del parere ARPA (2 febbraio 2009) prima di 
procedere alla adozione del provvedimento VIA (4 giugno 2008): la necessità 
stessa del parere, che ha avuto pur sempre ad oggetto la quantità prodotta di 
percolato, risulta infatti esclusa dalla prescrizione adottata, che non riguarda 
l’idoneità della barriera creata al fine di trattenere il percolato, ma elimina, 
prescrivendo la sua rimozione, ogni influenza del percolato stesso 
sull’ambiente.
Per tali ragioni la censura in esame deve essere rigettata in quanto formulata 
in modo incompleto.
9. Con la sesta ed ultima censura si lamenta la mancata valutazione degli 
effetti sull’ambiente in termini di sostanze pulverulenti e odorigene.
Anche tale censura è infondata in punto di fatto, dato che, come si evince dalla 
documentazione versata in atti, su richiesta del comitato regionale VIA del 5 
marzo 2008 la società controinteressata ha presentato specifica analisi costi 
benefici, nello stesso mese di marzo 2008, contenente uno studio circa l’impatto 
sul traffico, nonché sull’inquinamento da gas di scarico e da emissioni di 
sostanze odorigene e di polveri dai rifiuti trasportati.
Né sul punto parte ricorrente ha mosso obiezione alcuna in termini di manifesta 
irragionevolezza o di palese illogicità circa le valutazioni operate al riguardo 
dall’amministrazione regionale.
Nel complesso, la censura non può dunque trovare accoglimento.
10. In conclusione il ricorso è infondato e deve essere rigettato.
Sussistono in ogni caso giusti motivi, data la complessità della questione 
trattata, per compensare integralmente tra le parto le spese del presente 
giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce - Sezione Prima
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 6 ottobre 2010 con 
l'intervento dei magistrati:
Antonio Cavallari, Presidente
Carlo Dibello, Primo Referendario
Massimo Santini, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE 
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 16/12/2010
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 
		
		
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