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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CORTE 
DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 23/02/2010 (Ud. 27/01/2010), Sentenza n. 
7114
 
DIRITTO URBANISTICO - BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Vincolo archeologico - 
Oggetto di tutela normativa e titoli autorizzatori - Inizio e termine dei lavori 
entro cinque anni - Decadenza - Nuova autorizzazione - Necessità - Art. 142, 
lett. m), D.Lgs. n. 42/2004 già art. 146, 10 c., lett. m) D.Lgs. n. 490/1999 - 
L. n. 1089/1939 - L. n. 431/1985 - L. n. 1089/1939 - T.U. n. 380/2001. 
L'interesse archeologico, dopo la legge n. 431/1985, costituisce oggetto di due 
tipi di tutela ai quali si correlano due distinti titoli autorizzatori: quello 
riferito al patrimonio storico-artistico (di cui alla legge n. 1089/1939) e 
quello paesistico, riguardanti ambiti che non si sovrappongono, per la diversità 
dell'oggetto materiale oltre che delle dimensioni spaziali. In ogni caso, dopo 
il rilascio dell'autorizzazione paesaggistica, l'intervento deve essere avviato 
e portato a compimento in un arco temporale di cinque anni, decorso il quale - a 
norma dell'art. 16 del R.D. 3.6.1940, n. 1357 (disposizione da ritenersi ancora 
vigente ai sensi dell'art. 158 del Digs. n. 42/2004) - il provvedimento medesimo 
cessa di avere efficacia e l'esecuzione dei progettati lavori deve essere 
sottoposta a nuova autorizzazione. Pres. Fiale, Est. Fiale, Ric. Viola ed altro.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 23/02/2010 (Ud. 27/01/2010), Sentenza 
n. 7114
DIRITTO URBANISTICO - Decadenza del permesso di costruire per decorso del 
termine di inizio o di ultimazione dei lavori - Nozione di "inizio dei lavori” - 
Art. 15, 2° c., T.U. n. 380/2001. Ai sensi dell'art. 15, 2° comma, del T.U. 
n. 380/2001, i lavori devono ritenersi "iniziati" quando consistano nel 
concentramento di mezzi e di uomini, cioè nell'impianto del cantiere, 
nell'innalzamento di elementi portanti, nella elevazione di muri e nella 
esecuzione di scavi coordinati al gettito delle fondazioni del costruendo 
edificio. Sicché, va salvaguardata, l'esigenza di evitare che il termine 
prescritto possa essere eluso con ricorso ad interventi fittizi e simbolici. I 
soli lavori di sbancamento - non accompagnati dalla compiuta organizzazione del 
cantiere e da altri indizi idonei a confermare l'effettivo intendimento del 
titolare del permesso di costruire di addivenire al compimento dell'opera 
assentata, attraverso un concreto, continuativo e durevole impiego di risorse 
finanziarie e materiali - non possono ritenersi idonei a dare dimostrazione 
dell'esistenza dei presupposti indispensabili per configurare un effettivo 
inizio dei lavori. Pres. Fiale, Est. Fiale, Ric. Viola ed altro. CORTE DI 
CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 23/02/2010 (Ud. 27/01/2010), Sentenza n. 7114
DIRITTO URBANISTICO - Nuovo permesso di costruire susseguente alla decadenza 
di altro già assentito - Vincolo dell'amministrazione comunale - Esclusione - 
Esamina delle condizioni di fatto e di diritto esistenti al momento della 
presentazione - Necessità - T.U. n. 380/2001. In sede di rilascio di nuovo 
permesso susseguente alla decadenza di altro già assentito, l'amministrazione 
comunale non può ritenersi vincolata da quello precedentemente dato, poiché si 
trova di fronte ad una istanza del tutto nuova, da esaminare in relazione alle 
condizioni di fatto e di diritto esistenti al momento della presentazione [, C. 
Stato, Sez. IV, ordinanza cautelare 25.2.2005, n. 966]. Pres. Fiale, Est. Fiale, 
Ric. Viola ed altro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 23/02/2010 (Ud. 
27/01/2010), Sentenza n. 7114
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Sequestro preventivo - Periculum in mora 
- Fondamento - Fattispecie. In tema di sequestro preventivo, il "periculum 
in mora" va inteso in senso oggettivo come probabilità di danno futuro in 
conseguenza dell'effettiva disponibilità materiale o giuridica della cosa, che 
può derivare non solo dalla potenzialità della res oggetto del 
provvedimento cautelare di recare una lesione all'interesse protetto dalla norma 
penale, ma anche dalla semplice possibilità di contribuire al perfezionamento 
del reato, lasciando ovviamente alla sede di merito la possibilità dì escluderlo 
in base alle successive risultanze. Nella specie, i fabbricati al momento del 
sequestro, non erano ultimati in tutte le loro parti, comprese le rifiniture 
esterne ed interne, mentre i lavori sono stati proseguiti anche con violazione 
dei sigilli. Tanto ha illustrato, ad evidenza, la sussistenza del pericolo 
attuale della libera disponibilità degli immobili e del volontario aggravamento 
dell'offesa ai beni protetti dalla norme giuridiche violate. Pres. Fiale, Est. 
Fiale, Ric. Viola ed altro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 23/02/2010 
(Ud. 27/01/2010), Sentenza n. 7114
      
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UDIENZA del 27.01.2010
SENTENZA N. 147
REG. GENERALE N. 31501/2009
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill.mi Sigg,ri Magistrati: 
Dott. ALDO FIALE                                    
- Rel. Presidente
Dott. AGOSTINO CORDOVA                     
- Consigliere
Dott. LUIGI. MARINI                                  
- Consigliere
Dott. GIULIO SARNO                                
- Consigliere
Dott. SANTI GAllARA                                
- Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) VIOLA GIUSEPPE N. IL xx/xx/xxxx
2) BRUNETTI LUANA N. IL xx/xx/xxxx
- avverso l'ordinanza n. 113/2009 TRIB. LIBERTA' di ROMA, del 16/04/2009
- sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALDO FIALE; 
- sentite le conclusioni del PG .Dott. 
Giocchino Izzo, il quale ha chiesto il rigetto del ricorso;
- Uditi i difensori Avv.: Stefano Giorgio, il quale ha concluso chiedendo 
l'accoglimento del ricorso.
 
FATTO E DIRITTO
Il Tribunale di Roma, con ordinanza del 16.4.2009, rigettava l'appello proposto 
nell'interesse di Viola Giuseppe e Brunetti Luana avverso il provvedimento 
12.12.2008 con cui il G.I.P. del Tribunale di Civitavecchia aveva respinto la 
richiesta di revoca del sequestro preventivo di tre unità immobiliari (ciascuna 
delle dimensioni di circa 110 mq.) site in territorio agricolo del Comune di 
Cerveteri.
La misura cautelare reale risulta disposta, sul presupposto che l'area 
interessata dall'intervento edilizio sia assoggettata anche a vincolo 
paesaggistico, in relazione agli ipotizzati reati di cui agli artt. 44, lett. 
c), D.P.R. n. 380/2001 e 181 D.Lgs. n. 42/2004, per inizio dei lavori oltre il 
termine di un anno fissato nel permesso di costruire e prosecuzione degli stessi 
dopo la decadenza di detto titolo abilitativo, intervenuta il 25.6.2005.
Gli indagati avevano chiesto la revoca di detta misura, evidenziando che 
l'autorità comunale "il 19.11.2008 aveva emesso decreto di archiviazione della 
procedura amministrativa riguardante il movimento di terreno intorno ai tre 
fabbricati per la realizzazione di due aree porticate".
Il G.I.P., a sua volta, aveva rigettato l'istanza, rilevando che l'archiviazione 
amministrativa, indicata come elemento di favore dai richiedenti, non riguardava 
gli abusi per cui si procede, bensì "una violazione diversa e di minore entità" 
rilevata dalla polizia giudiziaria. Aveva evidenziato, altresì, la permanente 
attualità di un concreto "periculum in mora", tenuto anche conto che i 
richiedenti medesimi erano stati denunziati, in data 11.4.2008, per violazione 
dei sigilli con prosecuzione delle opere abusive.
Avverso l'ordinanza del Tribunale ha proposto ricorso il difensore degli 
indagati, per violazione di legge, eccependo che:
a) l'area interessata dall'edificazione non sarebbe sottoposta ad alcun vincolo 
paesistico e per quei lavori edilizi, comunque, era stato rilasciato nulla-osta 
3.8.2001 della Soprintendenza archeologica dell'Etruria meridionale;
b) l'intervenuta archiviazione amministrativa escluderebbe ogni profilo di 
illiceità penale dell'intervento;
c) il Tribunale avrebbe ritenuto il mancato inizio dei lavori entro l'anno per 
effetto di una erronea valutazione degli elementi di prova ed in particolare 
della documentazione fotografica prodotta dalla difesa: nella fattispecie, 
infatti, il permesso di costruire era stato rilasciato il 12 giugno 2002 e 
nell'acquisita fotografia aerea del luglio 2002 sarebbero "ben visibili gli 
sbancamenti di terreno proprio in corrispondenza dei tre manufatti ... 
evidentemente prodromici all'imminente edificazione". Le tre costruzioni, 
inoltre, al 16 novembre 2006 erano accatastate e vennero acquistate dai 
ricorrenti con atto notarile del 23 gennaio 2007;
d) non potrebbe ravvisarsi "periculum in mora' a fronte di costruzioni 
ormai ultimate ed inidonee a cagionare aggravamento del c.d. carico urbanistico.
**********
Il ricorso deve essere rigettato, poiché infondato.
1. Quanto all'accertamento di fatto riguardante il mancato inizio dei 
lavori entro l'anno dal rilascio del titolo abilitativo, deve rilevarsi che:
- L'art. 15, 2° comma, del T.U. n. 380/2001 sancisce la decadenza del permesso 
di costruire per decorso del termine di inizio o di ultimazione dei lavori.
La legge non precisa la nozione di "inizio dei lavori': tale nozione, però, 
secondo l'interpretazione giurisprudenziale costante, deve intendersi riferita a 
concreti lavori edilizi.
In questa prospettiva i lavori debbono ritenersi "iniziati" quando consistano 
nel concentramento di mezzi e di uomini, cioè nell'impianto del cantiere, 
nell'innalzamento di elementi portanti, nella elevazione di muri e nella 
esecuzione di scavi coordinati al gettito delle fondazioni del costruendo 
edificio.
Va salvaguardata, infatti, l'esigenza di evitare che il termine prescritto possa 
essere eluso con ricorso ad interventi fittizi e simbolici.
I soli lavori di sbancamento - non accompagnati dalla compiuta organizzazione 
del cantiere e da altri indizi idonei a confermare l'effettivo intendimento del 
titolare del permesso di costruire di addivenire al compimento dell'opera 
assentata, attraverso un concreto, continuativo e durevole impiego di risorse 
finanziarie e materiali - non possono ritenersi idonei a dare dimostrazione 
dell'esistenza dei presupposti indispensabili per configurare un effettivo 
inizio dei lavori.
Nella fattispecie in esame non risulta, in particolare, quanto alle 
argomentazioni difensive riguardanti le fotografie aeree del luglio 2002, che 
gli scavi che i ricorrenti ritengono in esse individuabili possano qualificarsi 
come scavi di fondazione, caratterizzati da quel "cospicuo movimento di terra, 
anche in profondità, idoneo a contenere la platea di fondazione".
L'epoca di accatastamento dei manufatti (16.11.2006) è assolutamente irrilevante 
ai fini dell'individuazione della data inizio dei lavori ed è altresì di gran 
lunga successiva a quella fissata per l'ultimazione degli stessi (25.6.2005).
2. Corrette devono ritenersi 
le argomentazioni svolte dal Tribunale circa la insussistenza di un rapporto di 
pregiudizialità fra l'accertamento amministrativo sul quale si fondava la 
richiesta di dissequestro degli indagati ed il giudizio penale, trattandosi di 
procedure aventi "oggetto assai diverso fra loro", tenuto conto che la procedura 
amministrativamente archiviata riguarda solo una parte dell'abuso, limitata alle 
opere di sbancamento per la realizzazione di due aree porticate e non anche il 
complesso delle tre edificazioni.
3. Alla stregua di quanto può dedursi dalla stessa formulazione del ricorso in 
esame, la zona territoriale in oggetto appare assoggettata a vincolo 
paesaggistico ai sensi dell'art. 142, lett. m), del D.Lgs. n. 42/2004 [già art. 
146, 10 comma, lett. m) del D.Lgs. n. 490/1999], trattandosi di "zona di 
interesse archeologico già individuata".
In tale categoria legislativa il particolare aspetto meritevole di protezione 
non risiede nell'elemento morfologico, bensì in quello ubicazionale, in quanto 
l'ambito territoriale viene connotato come meritevole di tutela paesistica, 
indipendentemente da un intrinseco pregio paesistico o morfologico, per la 
relazione spaziale con particolari presenze di rilievo archeologico, sicché il 
tipo di zona in questione è protetto per l'attitudine che il suo profilo 
presenta alla conservazione del contesto di giacenza del patrimonio archeologico 
in esso localizzato.
Si tratta di una tutela distinta da quella di cui alla legge 1.6.1939, n. 1089, 
avendo ad oggetto non già i beni riconosciuti di interesse archeologico ma 
piuttosto il territorio nel 
quale essi insistono. L'interesse archeologico, infatti, dopo la legge n. 
431/1985, costituisce oggetto di due tipi di tutela ai quali si correlano due 
distinti titoli autorizzatori: quello riferito al patrimonio storico-artistico 
(di cui alla legge n. 1089/1939) e quello paesistico, riguardanti ambiti che non 
si sovrappongono, per la diversità dell'oggetto materiale oltre che delle 
dimensioni spaziali.
Nella fattispecie in esame non risulta rilasciata autorizzazione paesaggistica 
(ma soltanto nulla-osta della Soprintendenza archeologica) ed in proposito 
appare opportuno altresì ricordare che, in ogni caso, dopo il rilascio 
dell'autorizzazione paesaggistica, l'intervento deve essere avviato e portato a 
compimento in un arco temporale di cinque anni,
decorso il quale - a norma dell'art. 16 del R.D. 3.6.1940, n. 1357 (disposizione 
da ritenersi ancora vigente ai sensi dell'art. 158 del Digs. n. 42/2004) - il 
provvedimento medesimo cessa di avere efficacia e l'esecuzione dei progettati 
lavori deve essere sottoposta a nuova autorizzazione.
4. In tema di sequestro preventivo, il "periculum in mora" va inteso in senso 
oggettivo come probabilità di danno futuro in conseguenza dell'effettiva 
disponibilità materiale o giuridica della cosa, che può derivare non solo dalla 
potenzialità della res oggetto del provvedimento cautelare di recare una lesione 
all'interesse protetto dalla norma penale, ma anche dalla semplice possibilità 
di contribuire al perfezionamento del reato, lasciando ovviamente alla sede di 
merito la possibilità dì escluderlo in base alle successive risultanze.
Nella fattispecie in esame non risulta che i tre fabbricati, al momento del 
sequestro, fossero ultimati in tutte le loro parti, comprese le rifiniture 
esterne ed interne e, secondo la non contestata impostazione accusatoria, i 
lavori sono stati proseguiti anche con violazione dei sigilli.
Tanto illustra, ad evidenza, la sussistenza del pericolo attuale della libera 
disponibilità degli immobili e del volontario aggravamento dell'offesa ai beni 
protetti dalla norme giuridiche violate.
Né assume alcun rilievo la circostanza che un titolo abilitativo sia stato 
comunque in precedenza rilasciato, allorché si consideri che l'amministrazione 
comunale, in sede di rilascio di nuovo permesso susseguente alla decadenza di 
altro già assentito, non può ritenersi vincolata da quello precedentemente dato, 
poiché si trova di fronte ad una istanza del tutto nuova, da esaminare in 
relazione alle condizioni di fatto e di diritto esistenti al momento della 
presentazione [vedi pure, sul punto, C. Stato, Sez. IV, ordinanza cautelare 
25.2.2005, n. 966].
5. Al rigetto del ricorso segue la condanna di ciascun ricorrente al pagamento 
delle spese del procedimento.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione,
visti gli arti. 127 e 325 c.p.p.,
rigetta il ricorso e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese 
processuali.
Così deciso in ROMA, nella camera di 
consiglio del 27.1.2010
DEPOSITATA IN CANCELLERIA il 23/02/2010
		
 
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