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CORTE 
DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 16/03/2010 (Ud. 03/02/2010), Sentenza n. 10381
 
CACCIA - Uccellagione e attività venatoria - Differenza - Fattispecie: 
impiego di due gabbie trappola di rete metallica - Uccellagione - 
Configurabilità - Esclusione - Artt. 3, 12, 13 e 30 c.1 lett. e) L. n.157/1992. 
Costituisce uccellagione qualsiasi sistema di cattura degli uccelli con mezzi 
fissi, di impiego non momentaneo, e comunque diversi da armi da sparo (reti, 
panie, ecc.), diretto alla cattura di un numero indiscriminato di volatili, 
mentre, costituisce esercizio venatorio ogni atto diretto alla cattura di 
singoli esemplari di fauna selvatica. L'elemento che distingue l'uccellagione, 
sempre vietata, dall'esercizio venatorio con strumenti non consentiti, è 
costituito dall'uso e dalla particolare offensività degli strumenti usati, nel 
senso che l'uccellagione è diretta alla cattura di un numero indiscriminato di 
esemplari con possibilità di colpire ogni specie di volatile e quindi anche 
quella specie per la quale la cattura non è in alcun modo consentita, mentre la 
caccia con mezzo vietato di volatili è diretta alla cattura di singoli 
esemplari. E' quindi la maggiore offensività del mezzo illecito adoperato che 
distingue le due ipotesi (cfr Cass n. 9607 del 1999; 6343 del 2006. nn 17272 e 
35630 del 2007). Nella specie, l'utilizzazione di una trappola di dimensioni 
minime (due gabbiette di rete metallica), non in grado di riarmarsi da sole per 
una successiva azione di cattura non può configurare l’esercizio 
dell’uccellagione posto che il mezzo usato non può considerarsi particolarmente 
offensivo e quindi idoneo a dar luogo a tale attività. Pres. Lupo, Est. Petti, 
Ric. Cipriani. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 16/03/2010 (Ud. 
03/02/2010), Sentenza n. 10381
      
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UDIENZA del 3.2.2010
SENTENZA N. 238
REG. GENERALE N. 30468/2009
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dai sigg. magistrati:
Dott. Ernesto Lupo                                 
presidente
Dott. Ciro Petti                                       
consigliere
Dott. Mario Gentile                                 
consigliere
Dott Margherita Marmo                           
consigliere
Dott Silvio Amoresano                            
Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
- sul ricorso proposto da Cipriani Franco, nato a Strigno il xx/xx/xxxx, avverso 
la sentenza del giudice dell'udienza preliminare presso il tribunale di Trento 
del 20 novembre del 2008;
- udita la relazione svolta dal consigliere dott. Ciro Petti;
- sentito il Procuratore generale nella persona del dott Vito D'Ambrosio, il 
quale ha concluso per il rigetto del ricorso;
- Letti il ricorso e la sentenza denunciata, osserva quanto segue:
IN FATTO
Il Giudice dell'udienza preliminare presso il tribunale di Trento condannava 
Cipriani Franco alla pena di euro 800 di ammenda, quale responsabile del reato 
di cui all'articolo 30 comma 1 lettera e ) della legge n 157 del 1992, per avere 
esercitato l'uccellagione mediante l'impiego di due gabbie trappola di rete 
metallica. Fatto commesso in Roncegno il 29 luglio del 20071.
Ricorre per cassazione l'imputato deducendo:
- l'erronea applicazione della norma poiché il fatto ascrittogli doveva essere 
inquadrato nella fattispecie di cui alla lettera h) dell'articolo 30 della legge 
n 157 del 1992 (caccia con mezzi vietati), in quanto l'uso di due semplici 
gabbie non può costituire in sistema di cattura indiscriminata come ritenuto dal 
giudice di prime cure;
- mancanza e manifesta illogicità della motivazione per avere il giudice omesso 
di indicare i motivi che lo avevano indotto a considerare le due gabbie 
strumenti idonei alla cattura indiscriminata.
Sulla base di tali censure si chiede l'annullamento della decisione impugnata.
IN DIRITTO
Il ricorso è fondato.
La legge n. 157 del 1992 distingue l'uccellagione, che a norma dell'articolo 3 è 
sempre vietata, dall'attività venatoria che è consentita se esercitata nei tempi 
e nei modi previsti dalla legge (artt. 12 e 13), ma non contiene una definizione 
precisa delle due attività. Secondo l'orientamento di questa corte, costituisce 
uccellagione qualsiasi sistema di cattura degli uccelli con mezzi fissi, di 
impiego non momentaneo, e comunque diversi da armi da sparo (reti, panie, ecc.), 
diretto alla cattura di un numero indiscriminato di volatili. Costituisce 
esercizio venatorio ogni atto diretto alla cattura di singoli esemplari di fauna 
selvatica. L'elemento che distingue l'uccellagione, sempre vietata, 
dall'esercizio venatorio con strumenti non consentiti, è costituito dall'uso e 
dalla particolare offensività degli strumenti usati, nel senso che 
l'uccellagione è diretta alla cattura di un numero indiscriminato di esemplari 
con possibilità di colpire ogni specie di volatile e quindi anche quella specie 
per la quale la cattura non è in alcun modo consentita, mentre la caccia con 
mezzo vietato di volatili è diretta alla cattura di singoli esemplari. E' quindi 
la maggiore offensività del mezzo illecito adoperato che distingue le due 
ipotesi ( cfr Cass n. 9607 del 1999; 6343 del 2006. nn 17272 e 35630 del 2007).
Nella specie, è stato accertato in punto di fatto che ci si trovava di fronte a 
due gabbiette - trappola di dimensioni minime, non in grado di riarmarsi da sole 
per una successiva azione di cattura.
Questa corte nella decisione n 35630 del 2007 ha già ritenuto che una sola 
gabbietta non possa configurare l'esercizio dell'uccellagione. La situazione non 
cambia sostanzialmente se anziché di una sola gabbietta si tratta di due 
gabbiette che non si armavano automaticamente, posto che il mezzo usato non può 
considerarsi particolarmente offensivo e quindi idoneo a dar luogo all'attività 
di uccellagione,
 
La sentenza di questa corte citata nel provvedimento impugnato non è conferente perché in quella fattispecie si trattava di reti, le quali per la loro caratteristica o per le dimensioni, possono anche dare luogo ad una cattura indiscriminata e quindi configurare il reato di uccellagione.
Alla stregua delle considerazioni svolte la sentenza impugnata va annullata con 
rinvio.
Il giudice del rinvio dovrà rivalutare il fatto applicando il principio prima 
esposto e, ove escluda l'uccellagione, ritenere la meno grave ipotesi della 
caccia con mezzi vietati, applicando la relativa sanzione, se nel frattempo il 
reato non si sarà prescritto.
P.Q.M.
La Corte
Letto l'articolo 623 c.p.p.
Annulla
La sentenza impugnata e rinvia al tribunale di Trento
Così deciso in Roma il 3 febbraio del 2010 
DEPOSITATA IN CANCELLERIA 16 MAR. 2010
		
 
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