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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 
1974-9562
TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. IV - 2 settembre 2009, n. 4598
RIFIUTI - Abbandono - Ordinanza 
di smaltimento - Art. 50 d.lgs. n. 267/2000 - Art. 192 d.lgs. n. 152/2006 - 
Poteri - Esercizio congiunto - Illegittimità. E’ illegittimo l’esercizio 
congiunto dei poteri di cui all’art. 50 del d. lgs. 267/2000 e di quelli di cui 
all’art. 192 del d. lgs. 152/2006, considerato che si tratta di poteri distinti 
che hanno presupposti diversi. Pres. Leo, Est. Marzano - A. s.r.l. (avv.ti 
Razeto, Greppi e Capurro) c. Comune di Mozzate (n.c.) - T.A.R. LOMBARDIA, 
Milano, Sez. IV - 2 settembre 2009, n. 4598
RIFIUTI - Obbligo di rimozione dei rifiuti abbandonati - Art. 14 d.lgs. n. 
22/97 - Art. 192 d.lgs. n. 152/2006 - Confronto. L'art. 192, d.lg. 3 aprile 
2006 n. 192, non si limita a riprodurre il tenore dell’abrogato art. 14, d. lgs. 
5 febbraio 1997, n. 22 (cd. decreto Ronchi) con riferimento alla necessaria 
imputabilità a titolo di dolo o di colpa, per l'obbligo di rimozione dei rifiuti 
illecitamente abbandonati, ma integra l'anzidetto precetto precisando che tale 
ordine può essere adottato esclusivamente in base agli accertamenti effettuati, 
in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al 
controllo, con il palese intento di rafforzare e promuovere le esigenze di 
effettiva partecipazione dei potenziali destinatari del provvedimento allo 
specifico procedimento (Cons. Stato, sez. V, 25 agosto 2008, n. 4061). Pres. 
Leo, Est. Marzano - A. s.r.l. (avv.ti Razeto, Greppi e Capurro) c. Comune di 
Mozzate (n.c.) - T.A.R. LOMBARDIA, Milano, Sez. IV - 2 settembre 2009, n. 
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RIFIUTI - Art. 192 d.lgs. n. 152/2006 - Ordinanza di rimozione e smaltimento 
- Competenza - Sindaco. Spetta al sindaco, ai sensi dell'art. 192, comma 3, 
d. lgs. 3 aprile 2006 n. 152, norma speciale sopravvenuta rispetto all'art. 107, 
comma 5, d. lgs. 18 agosto 2000, n. 267, la competenza a disporre con ordinanza 
le operazioni necessarie per la rimozione e lo smaltimento dei rifiuti 
abbandonati (Cons. Stato, sez. V, 25 agosto 2008, n. 4061). Pres. Leo, Est. 
Marzano - A. s.r.l. (avv.ti Razeto, Greppi e Capurro) c. Comune di Mozzate (n.c.) 
- T.A.R. LOMBARDIA, Milano, Sez. IV - 2 settembre 2009, n. 4598
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - Art. 50 d.lgs. n. 267/2000 - Ordinanze con 
tingibili e urgenti - Presupposti - Pericolo concreto e attuale di danno grave e 
imminente per la salute pubblica - Attività istruttoria. Il potere di 
emanare ordinanze contingibili ed urgenti, spettante al sindaco, in qualità di 
ufficiale di governo, ai sensi dell'art. 50 comma 5, d.lgs. 18 agosto 2000, n. 
267, è correlato all'urgente necessità di dare risposta immediata a situazioni 
assolutamente eccezionali e non prevedibili e deve specificamente fondarsi, non 
già su generiche esigenze di sicurezza o di igiene o di tutela della salute 
pubblica, ma sull'esistenza concreta di "gravi pericoli" incombenti, di 
dimensioni tali da costituire una concreta ed effettiva minaccia per 
l'incolumità dei cittadini; le ordinanze contingibili ed urgenti si atteggiano, 
pertanto, come rimedi extra ordinem, da utilizzare quando non si possa ricorrere 
ai rimedi ordinari (T.A.R. Puglia, Lecce, sez. II, 8 maggio 2007, n. 1832; cfr. 
anche T.A.R. Puglia, Bari, sez. I, 13 marzo 2008, n. 593). Se, dunque, per 
l'esercizio di tale potere sindacale non si può prescindere dalla ricorrenza di 
un pericolo concreto e attuale di danno grave e imminente per la salute 
pubblica, la conseguenza è che tali provvedimenti devono normalmente essere 
preceduti da un'adeguata attività istruttoria finalizzata all'accertamento del 
predetto requisito (T.A.R. Campania, Napoli, sez. VII, 5 febbraio 2008, n. 555). 
Pres. Leo, Est. Marzano - A. s.r.l. (avv.ti Razeto, Greppi e Capurro) c. Comune 
di Mozzate (n.c.) - T.A.R. LOMBARDIA, Milano, Sez. IV - 2 settembre 2009, n. 
4598
RIFIUTI - Art. 192 d.lgs. n. 152/2006 - Ordine di smaltimento - Mancata 
comunicazione di avvio del procedimento - Illegittimità. È illegittimo un 
ordine di smaltimento di rifiuti emanato ai sensi dell'art. 192 d.lgs. 3 aprile 
2006 n. 152, nei confronti del proprietario dell'area, senza che a quest'ultimo 
sia stata inviata da parte dell'Amministrazione formale comunicazione dell'avvio 
del procedimento, adempimento obbligatorio dovendosi ritenere recessive, nella 
specifica materia, le regole di cui agli art. 7 e 21octies L. 7 agosto 1990 n. 
241 (Cons. Stato, sez. V, 25 agosto 2008, n. 4061). Pres. Leo, Est. Marzano - A. 
s.r.l. (avv.ti Razeto, Greppi e Capurro) c. Comune di Mozzate (n.c.) - T.A.R. 
LOMBARDIA, Milano, Sez. IV - 2 settembre 2009, n. 4598
RIFIUTI - Art. 192 d.lgs. n. 152/2006 - Responsabilità solidale del 
proprietario dell’area interessata dai rifiuti con l’autore materiale della 
trasgressione - Limiti. L’art. 192, comma 3, del d. lgs. 3 aprile 2006, n. 
152, sancisce la responsabilità solidale del proprietario o del titolare di 
diritti reali o personali di godimento sull'area interessata dalla presenza di 
rifiuti abbandonati, rispetto all'autore materiale della trasgressione, nel solo 
caso in cui la violazione possa essergli ascritta a titolo di dolo o colpa. 
Siffatto sistema sanzionatorio esclude la configurabilità di ipotesi di 
responsabilità oggettiva o di posizione, tale cioè da poter chiamare il 
proprietario del sito che ospita rifiuti abbandonati, per ciò solo, a 
risponderne indipendentemente dalla concreta verifica, da parte della Pubblica 
amministrazione, di una condotta anche semplicemente agevolatrice del fatto 
illecito del terzo. Pres. Leo, Est. Marzano - A. s.r.l. (avv.ti Razeto, Greppi e 
Capurro) c. Comune di Mozzate (n.c.) - T.A.R. LOMBARDIA, Milano, Sez. IV - 2 
settembre 2009, n. 4598
 
N. 04598/2009 REG.SEN.
N. 02194/2006 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LOMBARDIA
(Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2194 del 2006, proposto da:
Azienda Agricola “Cascina del Poggio s.r.l.”, in persona del legale 
rappresentante pro – tempore sig. Pravettoni Gualtiero, rappresentata e difesa 
dagli avv.ti Giorgio Razeto, Giuseppe Greppi e Patrizia Capurro, con domicilio 
eletto presso quest’ultima in Milano, piazza Cinque Giornate 5;
contro
il Comune di Mozzate, non costituito in giudizio;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
- dell’ordinanza contingibile ed urgente n. 28 del 6 giugno 2006 con cui il 
Sindaco di Mozzate ha ingiunto alla ricorrente di produrre la documentazione ivi 
indicata, presumibilmente ai sensi del Titolo V del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 
e relativi allegati e di rimuovere entro 60 giorni il sottofondo della pista da 
trotto;
- di ogni altro atto presupposto, conseguente e connesso.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore il referendario dott.ssa Laura Marzano;
Uditi, nell'udienza pubblica del giorno 2 luglio 2009, i difensori delle parti 
come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
 
FATTO
Oggetto di gravame è un’ordinanza del Sindaco di Mozzate con cui, fra l’altro, 
si ordina alla ricorrente di procedere, entro 60 giorni dalla notifica, alla 
rimozione del sottofondo della pista da trotto, composto da sabbia mista a 
granulato plastico, identificato come rifiuto speciale pericoloso, nonché allo 
smaltimento di quest’ultimo presso un impianto autorizzato, secondo quanto 
previsto dall’art. 182 d. lgs. 3 aprile 2006, n. 152.
Tale ordinanza, adottata con i poteri di cui all’art. 50 del d. lgs. 267/2000 e 
di cui al d. lgs. 152/2006, si fonda su un verbale del Comando Carabinieri per 
la Tutela dell’Ambiente, Nucleo Operativo Ecologico di Brescia n. 1/27-6, 
pervenuto al Comune il 14 febbraio 2006, relativo al traffico e alla gestione 
illecita di rifiuti da parte della ditta “Com. Steel s.p.a.” di Cernusco d’Adda, 
la quale ha venduto a varie aziende, tra cui l’Azienda Agricola “Cascina del 
Poggio”, materiale prodotto dalla macinazione di cavi elettrici, definito 
“granulato plastico”. Ulteriori atti presupposti sono: il verbale dell’A.R.P.A. 
Lombardia, Dipartimento di Bergamo, del 15 dicembre 2005 che ha analizzato un 
campione del suddetto materiale, prelevato presso la ditta che lo 
commercializza, e ne ha accertato la natura di rifiuto speciale pericoloso; la 
nota tecnica del 3 aprile 2006 con cui l’A.R.P.A. Lombardia, Dipartimento di 
Como, ha richiesto ai sindaci di vari Comuni, tra cui il Comune di Mozzate, 
l’emissione di ordinanze dal contenuto di tenore identico a quello dell’atto 
impugnato; il verbale di un sopralluogo effettuato da tecnici comunali presso la 
ditta ricorrente il 30 maggio 2006 in cui si riferisce dell’effettiva presenza 
del granulato plastico in n loco, come fondo della pista da trotto.
Avverso l’ordinanza in discorso, notificata il 12 giugno 2006, è insorta la 
ricorrente con il ricorso in epigrafe, notificato il 19 luglio 2006 e depositato 
il 30 agosto successivo.
Alla camera di consiglio del 7 settembre 2006, tenutasi dinanzi la II Sezione, 
la ricorrente ha rinunciato alla domanda cautelare, tuttavia, con successiva 
istanza notificata il 9 gennaio 2007, ha riproposto l’istanza di sospensione 
degli effetti dell’atto impugnato.
Con ordinanza n. 168 del 31 gennaio 2007 la II Sezione ha accolto l’istanza 
cautelare apprezzando sia la carenza di istruttoria in sede procedimentale, sia 
l’illegittimo esercizio di poteri ordinatori contrastanti e fondanti su 
presupposti affatto diversi della cui sussistenza era dato dubitare.
In vista dell’udienza di discussione la ricorrente ha prodotto ulteriori 
documenti e ribadito le proprie tesi difensive con breve memoria.
Il Comune intimato non si è costituito in giudizio.
Alla pubblica udienza del 2 luglio 2009 la causa è stata trattenuta in 
decisione.
DIRITTO
1. Il ricorso è articolato nei seguenti undici motivi.
I) Violazione dell’art. 50 del d. lgs. 18 agosto 2000, n. 267, degli artt. 192, 
240 comma 1, lett. b) e d), e 244 del d. lgs. 3 aprile 2006, n. 152; eccesso di 
potere per perplessità e contraddittorietà dell’atto in ordine al potere 
esercitato, per difetto di motivazione. La ricorrente sostiene che il richiamo a 
discipline differenti e tra loro contrastanti impedisce al destinatario 
dell’atto di conoscere quale dei poteri sia stato in concreto esercitato e vizia 
l’atto per perplessità; inoltre l’ordinanza contingibile ed urgente è un rimedio 
residuale ed atipico utilizzabile soltanto laddove la legge non contempli un 
rimedio tipico, come, nel caso di specie, lascia presumere il richiamo al codice 
dell’ambiente.
II) Violazione degli artt. 183, comma 1, lett. a), 184, comma 5, 192, 240, comma 
1, lett. b) e d) e 244 del d. lgs. 3 aprile 2006, n. 152; eccesso di potere per 
travisamento dei fatti, carenza di istruttoria e difetto di motivazione. La 
ricorrente osserva che la disciplina del codice dell’ambiente, richiamata 
genericamente nell’ordinanza impugnata, postula innanzitutto che si tratti di un 
“rifiuto”, tale dovendosi intendere quello di cui un soggetto intenda disfarsi, 
si disfi o abbia l’obbligo di disfarsi; nel caso di specie il granulato plastico 
viene utilizzato, quindi non è qualificabile come rifiuto né è annoverabile tra 
i rifiuti di cui vi sia l’obbligo di disfarsi atteso che tale obbligo sussiste 
soltanto per i rifiuti pericolosi elencati nell’art. 184, comma 5, del d. lgs. 
152/2006 o in altra apposita norma di legge. Di conseguenza non ricorre 
l’ipotesi dell’abbandono o deposito incontrollato di rifiuti, né l’ipotesi di un 
sito potenzialmente inquinato per il quale sia necessaria la caratterizzazione 
analitica, stante il mancato superamento dei valori di concentrazione soglia di 
contaminazione. Infine non si tratta di rifiuto perché il granulato plastico 
deriva da attività di recupero che lo ha trasformato in materia prima 
secondaria.
III) Violazione degli artt. 183, comma 1, lett. a), 184, comma 5, 192, 240, 
comma 1, lett. b) e d) e 244 del d. lgs. 152/2006; eccesso di potere per 
travisamento dei fatti, carenza di istruttoria e difetto di motivazione. Si 
evidenzia che l’atto impugnato è stato adottato senza che sia stata accertata 
effettivamente la pericolosità del materiale o la potenziale contaminazione del 
sito ma, al contrario, basandosi su rilevi effettuati presso la venditrice il 20 
ottobre 2005, quindi a distanza di un anno e mezzo dall’ultimo acquisto e di 
oltre due anni e mezzo dal primo acquisto compiuto dalla ricorrente, in altri 
termini sulla base di analisi effettuate su materiale completamente diverso; 
inoltre non è dimostrato che il materiale presente presso la ricorrente superi i 
valori di concentrazione previsti dalla legge e sia come tale qualificabile 
rifiuto pericoloso, né è dimostrabile con il sistema adoperato 
dall’amministrazione atteso che il granulato è ivi mescolato a sabbia, mentre 
presso la Com. Steel s.p.a., giaceva “puro” in quanto accatastato per la 
vendita. Tant’è che nella relazione relativa ai rilievi effettuati dall’A.R.P.A. 
di Asti presso altri due allevamenti, sulle cui piste è stato utilizzato lo 
stesso granulato acquistato dalla Com. Steel s.p.a., si conclude che trattasi 
quanto meno di “rifiuto speciale non pericoloso”.
IV) Violazione degli artt. 183, comma 1, lett. a), 184, comma 5, 192, 240, comma 
1, lett. b) e d) e 244 del d. lgs. 152/2006; eccesso di potere per travisamento 
dei fatti, carenza di istruttoria e difetto di motivazione. La relazione dell’A.R.P.A. 
di Asti e le relazioni tecniche di parte prodotte da altre aziende in giudizi 
identici hanno dimostrato che non si tratta di rifiuto, tanto memo di rifiuto 
pericoloso, anche perché è proprio la trasformazione eseguita presso la Com. 
Steel s.p.a. che rende il prodotto con caratteristiche merceologiche comparabili 
a quelle del prodotto vergine e, pertanto, legittimamente commercializzabili; in 
ogni caso resta il dato della mancanza di qualunque istruttoria presso la 
ricorrente, al fine di accertare l’eventuale superamento dei valori soglia di 
concentrazione e, quindi, della pericolosità del materiale ivi presente.
V) Violazione degli artt. 139, 240 e 244 d. lgs. 152/2006; eccesso di potere per 
travisamento dei fatti, contraddittorietà, illogicità manifesta, carenza di 
istruttoria e difetto di motivazione. La totale assenza di istruttoria si desume 
anche dal fatto che è la stessa ordinanza impugnata ad ingiungere una serie di 
attività, finalizzate all’accertamento della potenziale pericolosità, che invece 
spetterebbero all’amministrazione ai sensi dell’art. 244 del codice 
dell’ambiente.
VI) Violazione dell’art. 50 d. lgs. 267/2000, dell’art. 3 L. 241/90; eccesso di 
potere per difetto di motivazione e carenza istruttoria. La ricorrente opina 
che, se l’ordinanza impugnata dovesse essere intesa quale contingibile ed 
urgente ai sensi dell’art. 50 T.U.E.L., la carenza istruttoria sarebbe ancora 
più macroscopica mancando ogni dimostrazione della situazione di pericolo e 
della sua immediatezza.
VII) Violazione dell’art. 192 del d. lgs. 152/2006; eccesso di potere per 
travisamento dei fatti, carenza di istruttoria, difetto di motivazione con 
riferimento alla valutazione dell’elemento soggettivo della colpa. In subordine 
la ricorrente osserva che, anche a voler considerare il granulato plastico come 
rifiuto, difetterebbe il presupposto di cui all’art. 192 del codice 
dell’ambiente, secondo cui l’ordinanza può essere diretta al proprietario 
dell’area solo quando questi sia imputabile a titolo di dolo o di colpa, laddove 
l’utilizzo di detto materiale è avvenuto da parte della ricorrente in perfetta 
buona fede; buona fede che si desume proprio dal rapporto del 14 febbraio 2006 
del Comando Carabinieri N.O.E. di Brescia in cui si afferma che il ridetto 
materiale è stato fornito come materia prima secondaria, quindi proveniente da 
operazioni di recupero conformi agli artt. 31 e 33 del d. lgs. 22/97, e che la 
Com. Steel s.p.a. ha falsificato la dicitura di granulato plastico.
VIII) Violazione dell’art. 244, comma 2, d. lgs. 152/2006; eccesso di potere per 
travisamento dei fatti, contraddittorietà, illogicità manifesta, carenza di 
istruttoria, difetto di motivazione. La documentazione, secondo la ricorrente, 
dimostra che l’unica destinataria di provvedimenti sanzionatori poteva essere la 
Com. Steel s.p.a..
IX) Violazione dell’art. 244, comma 2, d. lgs. 152/2006; eccesso di potere per 
incompetenza del Comune e per difetto di motivazione. La competenza ad emettere 
le ordinanze in materia di bonifica dei siti è della Provincia e non del Comune, 
ai sensi della nuova disciplina introdotta dalla parte quarta del d. lgs. 
152/2006, entrata in vigore il 29 aprile 2006 e, pertanto, applicabile all’atto 
impugnato poiché adottato successivamente a tale data.
X) Violazione dell’art. 107 d. lgs. 267/2000; eccesso di potere per incompetenza 
del Sindaco. Qualora l’ordinanza impugnata venga riguardata come esercizio dei 
poteri di cui al testo unico degli enti locali, vi sarebbe, comunque, 
incompetenza del Sindaco atteso che, non trattandosi di atto di indirizzo 
politico esso, ai sensi dell’art. 107 d. lgs. 267/2000, rientra nella competenza 
dei dirigenti.
XI) Violazione degli artt. 7, 8 e 10 L. 241/90. L’ordinanza impugnata è 
illegittima anche per l’omessa comunicazione di avvio del procedimento, in 
assenza di ragioni di urgenza, laddove la partecipazione della ricorrente al 
procedimento avrebbe potuto condurre all’adozione di un diverso provvedimento; 
peraltro neanche sussistevano le ragioni di urgenza poste alla base delle 
ordinanze di cui all’art. 50 T.U.E.L. visto che l’atto impugnato è stato 
adottato dopo quasi quattro mesi dalla ricezione del rapporto del N.O.E. di 
Brescia che classificava il materiale come rifiuto speciale pericoloso.
2. Il ricorso è fondato e merita accoglimento.
Ragioni di ordine logico inducono ad esaminare congiuntamente i motivi di 
ricorso e in un ordine diverso da quello prospettato dalla ricorrente.
2.1. Innanzitutto coglie nel segno la censura contenuta nel primo motivo di 
ricorso.
Come già osservato dalla II Sezione in sede cautelare, appare illegittimo 
l’esercizio congiunto dei poteri di cui all’art. 50 del d. lgs. 267/2000 e di 
quelli di cui al d. lgs. 152/2006, considerato che si tratta di poteri distinti 
che hanno presupposti diversi.
A tale proposito, giova richiamare l'orientamento della giurisprudenza secondo 
cui la mera indicazione nel preambolo e nello stesso corpo del provvedimento 
amministrativo di una serie di disposizioni di legge senza la specificazione 
delle norme di riferimento, non implica la illegittimità dell'atto solo qualora 
la formulazione letterale delle ragioni, l'esposizione del fatto e il contenuto 
del dispositivo siano sufficientemente chiari ad individuare in concreto il 
potere esercitato (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 7 luglio 2008, n. 3351; T.A.R. 
Campania, Napoli, sez. VII, 5 febbraio 2008, n. 554). Nel caso di specie il 
potere esercitato non è pacificamente desumibile dall’atto impugnato tant’è che 
la ricorrente ha dovuto argomentare le sue difese sulla base di presumibili 
intenzioni dell’amministrazione, svolte in via alternativa per l’eventualità che 
l’atto impugnato debba qualificarsi come ordinanza contingibile e urgente ai 
sensi dell’art. 50 T.U.E.L. ovvero come ordinanza di rimozione, avvio a recupero 
o smaltimento di rifiuti abbandonati e ripristino dello stato dei luoghi ai 
sensi dell’art. 192, comma 3, del d. lgs. 3 aprile 2006, n. 152, ovvero ancora 
come ordinanza preordinata alla bonifica di siti contaminati, qualora i livelli 
di contaminazione siano superiori ai valori di concentrazione soglia di 
contaminazione, ai sensi dell’art. 244, comma 2, dello stesso d. lgs. 3 aprile 
2006, n. 152.
2.2. La prima questione che il Collegio, pertanto, ritiene debba essere risolta 
è quella della esatta qualificazione del provvedimento impugnato e ciò in quanto 
i motivi di ricorso sono sostanzialmente riconducibili: alla totale assenza di 
attività istruttoria che dimostri sia l’esistenza di una situazione di pericolo 
tale da giustificare l’adozione di un’ordinanza contingibile ed urgente, sia la 
qualificabilità come rifiuto, per di più pericoloso, del granulato plastico 
utilizzato dalla ricorrente per il fondo della pista da trotto; alla circostanza 
che destinatario del provvedimento non poteva essere il proprietario dell'area 
in mancanza dell’elemento soggettivo della colpevolezza e che l'atto avrebbe 
dovuto essere adottato dal Dirigente e non dal Sindaco ovvero dalla Provincia 
ove qualificabile come ordine di bonifica di sito inquinato; alla mancata 
comunicazione di avvio del procedimento, in assenza di ragioni di urgenza.
Dalle premesse del provvedimento impugnato sembrerebbe che il Comune abbia 
voluto costruire un provvedimento di natura complessa, avendo richiamato sia 
l'art. 50 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, sia, genericamente, il 
decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.
Tale ipotesi, tuttavia, non convince.
In realtà il provvedimento deve essere qualificato come provvedimento volto alla 
rimozione di rifiuti ai sensi delle disposizioni contenute nella parte quarta 
del d. lgs. 3 aprile 2006, n. 152, non essendo possibile la qualificazione del 
ridetto provvedimento come atto complesso contenente anche un’ordinanza 
contingibile ed urgente in difetto di uno dei presupposti fondamentali del 
potere di ordinanza, cioè di una situazione di eccezionalità che non sia 
fronteggiabile con gli strumenti giuridici ordinari previsti dall'ordinamento.
La fattispecie in esame appare chiaramente riconducibile alla previsione di cui 
all’art. 192 del d. lgs. 152/2006.
L'art. 192, d.lg. 3 aprile 2006 n. 192, non si limita a riprodurre il tenore 
dell’abrogato art. 14, d. lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 (cd. decreto Ronchi) con 
riferimento alla necessaria imputabilità a titolo di dolo o di colpa, per 
l'obbligo di rimozione dei rifiuti illecitamente abbandonati, ma integra 
l'anzidetto precetto precisando che tale ordine può essere adottato 
esclusivamente in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i 
soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo, con il palese intento 
di rafforzare e promuovere le esigenze di effettiva partecipazione dei 
potenziali destinatari del provvedimento allo specifico procedimento (Cons. 
Stato, sez. V, 25 agosto 2008, n. 4061).
In merito alla titolarità del potere va precisato che spetta al sindaco, ai 
sensi dell'art. 192, comma 3, d. lgs. 3 aprile 2006 n. 152, norma speciale 
sopravvenuta rispetto all'art. 107, comma 5, d. lgs. 18 agosto 2000, n. 267, la 
competenza a disporre con ordinanza le operazioni necessarie per la rimozione e 
lo smaltimento dei rifiuti abbandonati (Cons. Stato, sez. V, 25 agosto 2008, n. 
4061).
Non è pertanto condivisibile la censura contenuta nel decimo motivo di ricorso 
che vorrebbe attribuita ai dirigenti la competenza de qua in ragione della 
natura di fonte legislativa rinforzata delle norme contenute nel Testo unico 
degli Enti Locali.
Che l'ordinanza impugnata debba ricondursi nella fattispecie astratta di cui 
all’art. 192 cit. è confermato dalla circostanza che essa non menziona neppure 
una situazione di particolare pericolo per la sanità e l'igiene pubblica da 
fronteggiarsi con mezzi extra ordinem ma si limita ad elencare una serie di 
prescrizioni a carico della azienda destinataria, sostanzialmente afferenti la 
procedura di caratterizzazione dell’area, senza tuttavia specificare alcun 
profilo di urgenza dell'intervento di ripristino imposto alla ricorrente.
Né a tale conclusione può essere di ostacolo il richiamo espresso, contenuto 
nell’atto impugnato, all’art. 50 del d. lgs. 18 agosto 2000, n. 267, a tenore 
del quale (comma 5) le ordinanze contingibili e urgenti sono adottate dal 
sindaco, quale rappresentante della comunità locale “in caso di emergenze 
sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale”.
In proposito va richiamato il costante orientamento giurisprudenziale per cui il 
potere di emanare ordinanze contingibili ed urgenti, spettante al sindaco, in 
qualità di ufficiale di governo, ai sensi dell'art. 50 comma 5, d.lgs. 18 agosto 
2000, n. 267, è correlato all'urgente necessità di dare risposta immediata a 
situazioni assolutamente eccezionali e non prevedibili e deve specificamente 
fondarsi, non già su generiche esigenze di sicurezza o di igiene o di tutela 
della salute pubblica, ma sull'esistenza concreta di "gravi pericoli" 
incombenti, di dimensioni tali da costituire una concreta ed effettiva minaccia 
per l'incolumità dei cittadini; le ordinanze contingibili ed urgenti si 
atteggiano, pertanto, come rimedi extra ordinem, da utilizzare quando non si 
possa ricorrere ai rimedi ordinari (T.A.R. Puglia, Lecce, sez. II, 8 maggio 
2007, n. 1832; cfr. anche T.A.R. Puglia, Bari, sez. I, 13 marzo 2008, n. 593).
Se, dunque, per l'esercizio di tale potere sindacale non si può prescindere 
dalla ricorrenza di un pericolo concreto e attuale di danno grave e imminente 
per la salute pubblica, la conseguenza è che tali provvedimenti devono 
normalmente essere preceduti da un'adeguata attività istruttoria finalizzata 
all'accertamento del predetto requisito (T.A.R. Campania, Napoli, sez. VII, 5 
febbraio 2008, n. 555).
Nel caso di specie, dal contenuto dell’atto impugnato, non è dato ricavare né la 
sussistenza di un grave pericolo per l’incolumità dei cittadini, né di una 
situazione eccezionale e imprevedibile che minacci la tutela dell’igiene o della 
salute pubblica, né vi è traccia di una possibile attività istruttoria dalla 
quale ricavare che sia stato accertato il suddetto pericolo. Ne consegue che 
difettano in toto i presupposti per il legittimo ricorso al potere extra ordinem 
di cui all’art. 50 T.U.E.L..
Le conclusioni che precedono portano a ritenere fondati e meritevoli di 
accoglimento il sesto e l’undicesimo motivo di ricorso: con quest’ultimo, 
infatti, si deduce l’illegittimità dell’atto per mancata comunicazione di avvio 
del procedimento in assenza di particolari ragioni di urgenza che ne 
giustifichino l’omissione ai sensi dell’art. 7, comma 1, della L. 7 agosto 1990, 
n. 241.
Costituisce ius receptum che l'obbligo della comunicazione di avvio del 
procedimento ha la finalità di consentire, per il tramite dell'instaurazione di 
un contraddittorio con il destinatario dell'atto, una efficace tutela delle 
ragioni di questi già nell'ambito del procedimento amministrativo e 
contestualmente di fornire all'amministrazione elementi di conoscenza utili 
all'esercizio del suo potere discrezionale (Cons. Stato, sez. V, 4 marzo 2008, 
n. 880). Né può trovare applicazione, in difetto di documentazione probatoria 
sul punto, il disposto dell'art. 21octies, comma 2, della legge n. 241 del 1990, 
non essendo possibile affermare a priori che l'eventuale apporto procedimentale 
della Società ricorrente sarebbe stato certamente inidoneo ad influire 
sull'esito del procedimento, con specifico riguardo sia alla qualificazione del 
prodotto come rifiuto pericoloso sia alla eventuale responsabilità della 
proprietaria dell’area a titolo di dolo o colpa.
È infatti illegittimo un ordine di smaltimento di rifiuti emanato ai sensi 
dell'art. 192 d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152, nei confronti del proprietario 
dell'area, senza che a quest'ultimo sia stata inviata da parte 
dell'Amministrazione formale comunicazione dell'avvio del procedimento, 
adempimento obbligatorio dovendosi ritenere recessive, nella specifica materia, 
le regole di cui agli art. 7 e 21octies L. 7 agosto 1990 n. 241 (Cons. Stato, 
sez. V, 25 agosto 2008, n. 4061).
Nel caso di specie, appare evidente che la comunicazione di avvio del 
procedimento non avrebbe rappresentato l’adempimento di un obbligo meramente 
formale in quanto la partecipazione della ricorrente avrebbe consentito 
all’amministrazione di adottare certamente un provvedimento formalmente e 
sostanzialmente differente.
2.3. Con riferimento all’ulteriore ed ultimo sostanziale profilo di censura, 
afferente la totale mancanza di istruttoria in forza della quale potersi 
affermare essere in presenza di un “rifiuto”, che lo stesso sia “pericoloso” e 
che, in conseguenza, l’ordine di ripristino possa essere impartito al 
proprietario dell’area, va innanzitutto richiamato il dubbio, espresso dalla II 
Sezione nell’ordinanza di sospensione, circa la sussistenza dell’elemento 
soggettivo a carico dell’azienda ricorrente.
In proposito giova rammentare che la disposizione normativa cui appare 
riconducibile il provvedimento impugnato, l’art. 192, comma 3, del d. lgs. 3 
aprile 2006, n. 152, sancisce la responsabilità solidale del proprietario o del 
titolare di diritti reali o personali di godimento sull'area interessata dalla 
presenza di rifiuti abbandonati, rispetto all'autore materiale della 
trasgressione, nel solo caso in cui la violazione possa essergli ascritta a 
titolo di dolo o colpa.
Siffatto sistema sanzionatorio esclude la configurabilità di ipotesi di 
responsabilità oggettiva o di posizione, tale cioè da poter chiamare il 
proprietario del sito che ospita rifiuti abbandonati, per ciò solo, a 
risponderne indipendentemente dalla concreta verifica, da parte della Pubblica 
amministrazione, di una condotta anche semplicemente agevolatrice del fatto 
illecito del terzo.
Nella fattispecie all’esame del Collegio, la Società ricorrente si è limitata ad 
acquistare dalla Com. Steel s.p.a., a più riprese negli anni 2003 - 2004, 
quantità di un prodotto da questa commercializzato come “granulato di plastica”, 
regolarmente fatturato e descritto come “materia prima secondaria” ricavata da 
attività di recupero di cui agli artt. 31 e 33 del d. lgs. 22/97.
Ne discende, pertanto, che non sia ascrivibile alcuna responsabilità alla 
Società proprietaria della pista di trotto, per il cui fondo è stato utilizzato 
detto materiale, nella produzione dell’ipotetico e indimostrato stato di 
pericolo ambientale, dovendosi viceversa presumere, con un ragionevole margine 
di attendibilità, che unica responsabile sia la società che ha commercializzato 
il prodotto ponendolo in vendita e in distribuzione presso le numerose aziende 
agricole interessate dalla stessa vicenda per cui è causa. Pertanto la 
ricorrente non può essere ritenuta, neanche in via solidale, responsabile non 
essendo dimostrato né dimostrabile che con la propria condotta abbia neppure 
agevolato il fatto illecito del terzo.
Ai sensi dell'art. 192, d. lgs. n. 152 del 2006, per ascrivere la responsabilità 
della condotta di abbandono di rifiuti al proprietario del suolo, appare 
necessaria, quanto meno, la dimostrazione da parte dell'amministrazione di un 
atteggiamento colposo del proprietario medesimo (T.A.R. Lombardia, Milano, sez. 
IV, 16 gennaio 2009, n. 164).
Il provvedimento impugnato, d'altra parte, non rende ragione dei congrui 
accertamenti che l'Amministrazione procedente avrebbe dovuto farsi carico di 
svolgere per poter addossare alla Società proprietaria del sito l'obbligo di 
rimozione del materiale, qualificato come rifiuto, presente nel suo terreno, 
essendosi limitata ad attribuire la responsabilità alla Società ricorrente sulla 
sola base di accertamenti inerenti da una parte alla sola titolarità del terreno 
in esame e, dall’altra parte, inerenti campioni di prodotto prelevati presso la 
società venditrice a distanza di oltre un anno e mezzo dall’ultimo acquisto 
fattone dalla ricorrente.
In proposito il Collegio condivide quanto già affermato dal Tribunale in altra 
vicenda analoga, per cui gli accertamenti tecnici dell’A.R.P.A. di Bergamo, 
richiamati nell’impugnata ordinanza, risultano effettuati sul materiale prodotto 
dalla Com. Steel s.p.a. di Calusco d’Adda (Bg), e non sul materiale utilizzato 
per la pista per cavalli; non risulta infatti che l’A.R.P.A. abbia effettuato 
alcun sopralluogo preventivo presso l’azienda ricorrente al fine di accertare la 
presenza del rifiuto e la corrispondenza dello stesso a quanto rinvenuto presso 
la venditrice, soprattutto in termini di superamento dei valori soglia di 
concentrazione stabiliti dalla legge. Resta dubbio, pertanto, che il materiale 
impiegato sia qualificabile come rifiuto ed abbia le caratteristiche di rifiuto 
speciale pericoloso, mancando un accertamento tecnico volto ad appurare, in 
primo luogo, la natura inquinante del granulato plastico effettivamente 
utilizzato per la pista e, in secondo luogo, il superamento dei valori che in 
ipotesi imporrebbe - ai sensi dell’art. 239, comma 2, lettera a), del decreto 
legislativo n. 152/06 - di procedere alla caratterizzazione dell’area in 
funzione di eventuali interventi di bonifica e ripristino ambientale (cfr. 
T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 29 marzo 2007, n. 1318).
Ciò porta a concludere per la fondatezza dei restanti motivi di ricorso sotto il 
profilo del difetto di istruttoria.
3. In ragione delle suesposte considerazioni il ricorso deve accolto con 
annullamento dell'atto impugnato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Milano, Quarta Sezione, 
definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie e, per 
l’effetto, annulla l’atto impugnato.
Condanna il Comune di Mozzate, in persona del Sindaco pro – tempore, alla 
rifusione, in favore della ricorrente, di spese e competenze del giudizio che 
liquida in complessivi € 3.000,00 (tremila), compreso il rimborso del contributo 
unificato, oltre oneri previdenziali e fiscali come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 2 luglio 2009 con 
l'intervento dei Magistrati:
Adriano Leo, Presidente
Giovanni Zucchini, Primo Referendario
Laura Marzano, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE 
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 02/09/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
 
		
		
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