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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 
1974-9562
TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. IV - 21 luglio 2009, n. 4404
DIRITTO VENATORIO E DELLA PESCA - CACCIA - Evoluzione normativa - Da diritto soggettivo di cacciare a divieto 
generale di caccia. Il panorama normativo in materia di caccia ha subito 
un’evoluzione che ha portato ad una graduale affermazione della prevalenza 
dell’interesse pubblico alla conservazione del patrimonio faunistico, 
sull’interesse privato per l’esercizio della caccia. Si è passati, in altri 
termini, dal diritto soggettivo assoluto di cacciare (di cui all’impianto 
originario del T.U. delle leggi sulla caccia, di cui al R.d. 5 giugno 1939 n.1016) 
al divieto generale di caccia, secondo l’impostazione dell’attuale normativa, 
nazionale, europea ed internazionale, salve le specifiche deroghe che la legge 
ammette per determinate specie, stabilendo, altresì, limiti di tempo, di luogo e 
di capi da abbattere. L’esercizio dell’attività venatoria è, quindi, meramente 
“consentito”, “purché non contrasti con l'esigenza di conservazione della fauna 
selvatica e non arrechi danno effettivo alle produzioni agricole” (art. 1 co. 2° 
L.n.157/1992). Pres. Leo, Est. Plantamura - B.M. e altri (avv. Romagnese) c. 
Provincia di Pavia (avv. Gorlani). T.A.R. LOMBARDIA, Milano, Sez.IV - 21/07/2009, n. 
4404
DIRITTO VENATORIO E DELLA PESCA - CACCIA - Cacciatori - Legittimazione al ricorso - Petitum - Restrizione e limitazione delle modalità di esercizio della caccia - Sussistenza. La legittimazione al ricorso dei cacciatori, come portatori di un interesse al corretto svolgimento dell'attività venatoria sussiste, non solo, quando la richiesta in esso contenuta miri ad un ampliamento delle modalità di esercizio della caccia, ma, anche quando il petitum del ricorso sia nel senso di restringere e limitare le modalità di esercizio della caccia, dal momento che la corretta gestione del patrimonio faunistico risponde anche alle esigenze degli stessi cacciatori (Cfr. T.A.R. Valle d’Aosta, 16 febbraio 2001, n. 24; TAR Friuli-Venezia Giulia 19/6/2004 n.344). Pres. Leo, Est. Plantamura - B.M. e altri (avv. Romagnese) c. Provincia di Pavia (avv. Gorlani). T.A.R. LOMBARDIA, Milano, Sez.IV - 21/07/2009, n. 4404
DIRITTO VENATORIO E DELLA PESCA - CACCIA - Cacciatori - Sezione provinciale della federazione italiana della caccia - Impugnazione della delibera di approvazione del calendario venatorio - Legittimazione sostanziale e processuale - Sussistenza. Ad una sezione provinciale della Federazione Italiana della caccia, in quanto rappresentativa degli interessi differenziati dei cacciatori residenti nella provincia e, quindi, nella relativa regione, non può essere negata né la legittimazione sostanziale, né quella processuale per impugnare la deliberazione regionale di approvazione del calendario venatorio (T.A.R. Abruzzo, 11 maggio 1990, n. 267; TAR Friuli-Venezia Giulia 19/6/2004 n.344), ovvero, non può essere ad essa negata la legittimazione per impugnare “i provvedimenti incidenti sull’esercizio dell’attività venatoria” (TAR Lombardia, Brescia, 15/6/2000 n.527; T.A.R. LAZIO, Roma, Sez. I ter - 21 gennaio 2005, n. 500). Pres. Leo, Est. Plantamura - B.M. e altri (avv. Romagnese) c. Provincia di Pavia (avv. Gorlani). T.A.R. LOMBARDIA, Milano, Sez.IV - 21/07/2009, n. 4404
N. 04404/2009 REG.SEN.
N. 02632/2008 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LOMBARDIA
(Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 2632 del 2008, proposto da:
Baldi Mario, in proprio e quale Presidente nonché legale rappresentante 
dell’Associazione Federazione Italiana della Caccia - sezione di Pavia e 
Sgorbini Carlo, in proprio e quale Presidente e legale rappresentante 
dell’Associazione Unione Italiana Cacciatori Cinghialai, sezione di Pavia, 
entrambi rappresentati e difesi dall'avv. Gionata Romagnese, con domicilio 
eletto presso il suo studio in Milano, P.zza Sant'Angelo n. 1;
contro
Provincia di Pavia, in persona del Presidente della Giunta p.t., rappresentato e 
difeso dall'avv. Innocenzo Gorlani, con domicilio eletto ex lege presso la 
segreteria del TAR Lombardia, in Milano, via del Conservatorio n.13;
nei confronti di
Azienda Faunistico-Venatorio Montecauto, in persona del legale rappresentante 
pro tempore,
Azienda Faunistico-Venatoria Arpesina, in persona del legale rappresentante pro tempore,
Azienda Faunistico-Venatoria Montebelletto, in persona del legale rappresentante 
pro tempore,
Azienda Faunistico-Venatoria Rocca de' Giorgi, in persona del legale 
rappresentante pro tempore,
Azienda Agrituristico-Venatoria Rocca de' Giorgi, in persona del legale 
rappresentante pro tempore,
Azienda Faunistico-Venatoria Camponoce, in perso in persona del legale 
rappresentante pro tempore,na del legale rappresentante pro tempore,
Azienda Faunistico-Venatoria Calghera, in persona del legale rappresentante pro tempore,
Azienda Faunistico -Venatoria Cegni, in persona del legale rappresentante pro tempore,
tutte rappresentate e difese dagli avv. Fausto Bongiorni e Graziano Dal Molin, 
con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Milano, via G. Leopardi 
n.22;
Azienda Faunistico-Venatoria S. Andrea, in persona del legale rappresentante pro tempore, n.c.;
Azienda Agrituristico-Venatoria Bonifica S. Mauro, in persona del legale 
rappresentante pro tempore, n.c.;
Azienda Faunistico - Venatoria Canavera, in persona del legale rappresentante 
pro tempore, n.c.;
Azienda Agrituristico-Venatoria Ruino, in persona del legale rappresentante pro tempore, n.c.;
Azienda Agrituristico-Venatoria Travaglino, in persona del legale rappresentante 
pro tempore, n.c.;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
- della determinazione dirigenziale n. 000971 dell’11.7.2008 della Provincia di 
Pavia, Settore Faunistico - Naturalistico, avente ad oggetto l’approvazione dei 
piani di abbattimento selettivo a scopo di controllo della specie daino e 
cinghiale, nell’Azienda Faunistico Venatoria (AFV) Monteacuto;
- della determinazione dirigenziale n. 000970 dell’11.7.2008 della Provincia di 
Pavia, Settore Faunistico - Naturalistico, avente ad oggetto l’approvazione dei 
piani di abbattimento selettivo a scopo di controllo della specie daino e 
cinghiale, nell’Azienda Faunistico Venatoria (AFV) Arpesina;
- della determinazione dirigenziale n. 000972 dell’11.7.2008 della Provincia di 
Pavia, Settore Faunistico - Naturalistico, avente ad oggetto l’approvazione dei 
piani di abbattimento selettivo a scopo di controllo della specie daino e 
cinghiale, nell’Azienda Faunistico Venatoria (AFV) Montebelletto;
- della determinazione dirigenziale n. 000969 dell’11.7.2008 della Provincia di 
Pavia, Settore Faunistico - Naturalistico, avente ad oggetto l’approvazione dei 
piani di abbattimento selettivo a scopo di controllo della specie daino e 
cinghiale, nell’Azienda Faunistico Venatoria (AFV) e nell’Azienda Agrituristico 
Venatoria (AATV) Rocca de’Giorgi;
- della determinazione dirigenziale n. 000974 dell’11.7.2008 della Provincia di 
Pavia, Settore Faunistico - Naturalistico, avente ad oggetto l’approvazione dei 
piani di abbattimento selettivo a scopo di controllo della specie cinghiale, 
nell’Azienda Faunistico Venatoria (AFV) Camponoce;
- della determinazione dirigenziale n. 000984 del 14.7.2008 della Provincia di 
Pavia, Settore Faunistico - Naturalistico, avente ad oggetto l’approvazione dei 
piani di abbattimento selettivo a scopo di controllo della specie daino, 
nell’Azienda Faunistico Venatoria (AFV) Bonifica S. Mauro;
- della determinazione dirigenziale n. 001081 del 29.7.2008 della Provincia di 
Pavia, Settore Faunistico - Naturalistico, avente ad oggetto l’approvazione dei 
piani di abbattimento selettivo a scopo di controllo della specie cinghiale, 
nell’Azienda Faunistico Venatoria (AFV) Ruino;
- della determinazione dirigenziale n. 001077 del 29.7.2008 della Provincia di 
Pavia, Settore Faunistico - Naturalistico, avente ad oggetto l’approvazione dei 
piani di abbattimento selettivo a scopo di controllo della specie cinghiale, 
nell’Azienda Faunistico Venatoria (AFV) Travaglino;
- della determinazione dirigenziale n. 000976 dell’11.7.2008 della Provincia di 
Pavia, Settore Faunistico - Naturalistico, avente ad oggetto l’approvazione dei 
piani di abbattimento selettivo a scopo di controllo della specie daino e 
cinghiale, nell’Azienda Faunistico Venatoria (AFV) S. Andrea;
- della determinazione dirigenziale n. 000975 dell’11.7.2008 della Provincia di 
Pavia, Settore Faunistico - Naturalistico, avente ad oggetto l’approvazione dei 
piani di abbattimento selettivo a scopo di controllo della specie cinghiale, 
nell’Azienda Faunistico Venatoria (AFV) Calghera;
- della determinazione dirigenziale n. 000973 dell’11.7.2008 della Provincia di 
Pavia, Settore Faunistico - Naturalistico, avente ad oggetto l’approvazione dei 
piani di abbattimento selettivo a scopo di controllo della specie daino e 
cinghiale, nell’Azienda Faunistico Venatoria (AFV) Canavera;
- della determinazione dirigenziale n. 000968 dell’11.7.2008 della Provincia di 
Pavia, Settore Faunistico - Naturalistico, avente ad oggetto l’approvazione dei 
piani di abbattimento selettivo a scopo di controllo della specie cinghiale, 
nell’Azienda Faunistico Venatoria (AFV) Cegni;
nonché di tutti gli atti preliminari, prodromici e susseguenti ai provvedimenti 
impugnati, compresi i pareri INFS e le relazioni di censimento degli ungulati, 
di cui i ricorrenti hanno avuto conoscenza e copia in data 10.09.2008.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Provincia di Pavia;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Azienda Faunistico-Venatoria 
Monteacuto;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Azienda Faunistico-Venatoria 
Arpesina;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Azienda Faunistico-Venatoria 
Montebelletto;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Azienda Faunistico-Venatoria Rocca 
de' Giorgi;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Azienda Agrituristico-Venatoria 
Rocca de' Giorgi;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Azienda Faunistico-Venatoria 
Camponoce;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Azienda Faunistico-Venatoria 
Calghera;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Azienda Faunistico -Venatoria 
Cegni;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 09/06/2009 la dr.ssa Concetta 
Plantamura e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
 
FATTO
 
I ricorrenti, in qualità di 
cacciatori cinghialai e di Presidenti delle sezioni pavesi, rispettivamente, 
della Federazione Italiana della Caccia - Lombardia e dell’Unione Nazionale 
Cacciatori Cinghialai (UNCC), hanno impugnato le determinazioni in epigrafe 
specificate, con cui la Provincia di Pavia ha autorizzato la caccia di selezione 
degli ungulati (cinghiali e daini) nelle AFV e AATV ivi specificate.
I ricorrenti reputano tali autorizzazioni illegittime, in quanto adottate senza 
la preventiva predisposizioni dei piani provinciali di abbattimento, basate su 
censimenti erronei, commissionati dalle stesse Aziende Faunistiche a soggetti 
privati, prive di un previo vaglio sulla praticabilità dei metodi ecologici e 
concernenti un quantitativo di capi da abbattere palesemente sproporzionato 
rispetto alla reale ed effettiva presenza di capi di fauna selvatica nel 
territorio provinciale.
Questi, in sintesi, i motivi di ricorso:
1) Violazione dell’art. 3 co. 6 - bis legge regionale 2 agosto 2004 n.17, così 
come modificato dalla legge regionale 22 febbraio 2007 n. 4.
Ciò, in quanto il co 6 bis cit, prevede che: “La caccia di selezione di cui al 
comma 6 deve effettuarsi sulla base di piani provinciali di abbattimento 
selettivi delle popolazioni di ungulati e, limitatamente ai comprensori alpini 
di caccia e agli ambiti territoriali di caccia, secondo il regolamento 
predisposto dalle province, salva la possibilità di introdurre restrizioni 
temporali in relazione alle situazioni ambientali delle diverse realtà locali”. 
La ratio della citata normativa sarebbe quella di sottoporre l’esercizio della 
facoltà di autorizzazione della caccia di selezione, anche al di fuori dei 
limiti temporali di cui alla legge 157/1992, alla condizione oggettiva e 
incontestabile che nel territorio di riferimento si riscontri una presenza 
eccessiva di capi di fauna selvatica ungulata, come tale potenzialmente 
pericolosa per l’equilibrio dell’ecosistema naturale e delle attività agricole 
produttive. Tale circostanza, però, dovrebbe essere certificata mediante la 
predisposizione di “Piani provinciali di abbattimento”, che, rappresentando il 
censimento della fauna selvatica, dovrebbero essere condotti ed eseguiti 
contemporaneamente su tutto il territorio a vocazione venatoria della provincia. 
Tale contemporaneità sarebbe necessaria proprio per evitare che il medesimo capo 
di fauna sia conteggiato più volte. Ebbene, prosegue il patrocinio ricorrente, 
nel caso in esame la cit. norma sarebbe stata violata, in quanto nei 
provvedimenti impugnati non v’è traccia di alcun Piano provinciale di 
abbattimento, mentre, il “Piano di gestione degli ungulati”, emanato dalla 
provincia per l’annata venatoria 2008/2009, non può essere considerato un valido 
sostituto del Piano provinciale di abbattimento, essendo stato predisposto dalla 
stessa società artefice dei censimenti commissionati dalle singole aziende 
private ed essendo limitato ad un pedissequo recepimento dei dati elaborati per 
i privati, parametrati alle maggiori estensioni di superficie dei territori ATC 
4 e 5.
2) violazione degli artt.41 della legge regionale Lombardia n.26/1993 e 19, 
comma 2°, della legge n.157/1992, eccesso di potere, sviamento.
Ciò, in quanto la normativa citata subordina la facoltà di abbattimento 
selettivo alla preventiva verifica di inefficacia dei metodi di contenimento 
“ecologici” (così, l’art. 19, nel senso che: “Tale controllo, esercitato 
selettivamente, viene praticato di norma mediante l'utilizzo di metodi ecologici 
su parere dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica. Qualora l'Istituto 
verifichi l'inefficacia dei predetti metodi, le regioni possono autorizzare 
piani di abbattimento” e, quanto all’art. 41, nel senso che: “Il controllo, 
esercitato selettivamente, viene praticato, di norma, mediante l'utilizzo di 
metodi ecologici, su parere dell'istituto nazionale per la fauna selvatica; 
qualora l'istituto verifichi l'inefficacia dei predetti metodi le province 
predispongono piani di abbattimento”). Ne deriva che, secondo gli esponenti, i 
provvedimenti gravati sarebbero viziati da eccesso di potere per sviamento, 
poiché la provincia ha autorizzato il prelievo selettivo degli ungulati senza 
procedere preventivamente all’adozione dei previsti piani provinciali di 
abbattimento e senza applicare preventivamente alcun metodo di contenimento cd. 
ecologico. Quanto ai pareri dell’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica (INFS), 
va rilevato come essi presentino autonomi profili di illegittimità, recando 
l’approvazione dei piani di prelievo del cinghiale come forma di attività 
venatoria, nonostante la contraria interpretazione fornita sul punto dalla 
giurisprudenza costituzionale. Quanto ai piani di prelievo dei daini, essi 
vengono giustificati sulla scorta di una non provata competizione con la specie 
cervidi autoctoni, per contro del tutto assente sul territorio provinciale e 
della conformità al Piano faunistico venatorio provinciale che, per vero, 
censisce la presenza di soli 2 capi di daino su tutto il territorio libero 
dell’ATC. Quanto ai metodi ecologici, l’istituto, senza verificarne in concreto 
l’efficacia, li considera, sulla base di un illegittimo giudizio a priori, 
inadatti al raggiungimento dello scopo.
3) violazione dell’art. 16 legge n. 157/1992, atteso che, dalla documentazione 
prodotta in giudizio, si evince il sospetto che le A.F.V. e/o A.A.T.V. 
controinteressate perseguano un fine di lucro dalla pratica dell’abbattimento 
selettivo. Gli stessi censimenti commissionati a pagamento da dette aziende a 
soggetto privato dimostrerebbero l’interesse economico sottostante la vicenda 
qui contestata, poiché, si tratta di censimenti effettuati mediante semplice 
avvistamento e conteggio delle impronte, soltanto sui territori delle aziende 
commissionanti, in presenza di mangiatoie di foraggiamento posizionate in punti 
di passaggio, praticato non in contemporanea su tutto il territorio provinciale, 
ma “a macchia di leopardo”, rispetto a fauna “errante” (in grado di percorrere 
spostamenti anche di 30 km giornalieri). L’erroneità dei dati derivanti da tale 
modus operandi emergerebbe chiaramente dal confronto tra i dati censiti in 4 
delle aziende private ricorrenti e quelli riferibili ai liberi territori degli 
ATC, presenti nel Piano di gestione degli ungulati 2008/2009.
Si è costituita la provincia di Pavia, controdeducendo alle censure avversarie e 
sollevando un serie di eccezioni preliminari, ovvero:
1) L’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione a 
ricorrere in capo ai ricorrenti, sia in qualità di cacciatori cinghialai, che 
come Presidenti delle sezioni provinciali dell’Associazione Federazione Italiana 
della Caccia e dell’Associazione Unione Nazionale Cacciatori Cinghialai, poiché, 
trattandosi di associazioni a struttura nazionale, la loro rappresentanza 
competerebbe soltanto ai presidenti a livello nazionale e non alle articolazioni 
territoriali, che non possono ritenersi munite di autonoma legittimazione 
processuale, neppure per l’impugnazione di un provvedimento ad efficacia 
territorialmente limitata. D’altro canto, prosegue parte resistente, la difesa 
ricorrente adduce come motivo d’impugnazione la tutela dell’ecosistema naturale 
e delle risorse ambientali, così evidenziando una valenza generale degli atti 
gravati, slegata dallo specifico contesto provinciale.
2) L’eccezione di inammissibilità del ricorso per mancata impugnazione dell’atto 
presupposto, ovvero, del Piano Faunistico Venatorio e di miglioramento 
ambientale 2006-2010, che disciplina puntualmente la gestione faunistico 
venatoria provinciale con riferimento alle singole specie di ungulati.
3) L’eccezione di inammissibilità del ricorso sotto il profilo del cumulo 
soggettivo dei resistenti, poiché la specificità e peculiarità dei singoli piani 
di prelievo impugnati, impedisce di ravvisare tra gli stessi quella connessione 
oggettiva necessaria per giustificare un’azione nei confronti di più soggetti, 
che non avrebbero, pertanto, potuto essere convenuti tutti nel medesimo 
giudizio.
Si sono costituite 8 delle 13 aziende faunistiche intimate, contro deducendo 
alle censure avversarie e sollevando anch’esse l’eccezione di inammissibilità 
del ricorso per difetto di legittimazione attiva dei ricorrenti.
Con ordinanza n.295 del 16.12.2008 la sezione ha disposto incombenti istruttori 
a carico dei ricorrenti, rinviando la causa per il merito all’udienza del 9 
giugno 2009 e respingendo, nel frattempo, la domanda incidentale di sospensione 
per difetto di periculum.
Alla pubblica udienza del 9 giugno 2009 la causa è stata trattenuta dal Collegio 
per la decisione.
 
DIRITTO
 
Prima di esaminare le questioni 
preliminari, il Collegio ritiene opportuno premettere alcune considerazioni di 
carattere generale sulla normativa vigente in subjecta materia.
Trattasi, infatti, di panorama normativo che ha subito un’interessante 
evoluzione, che ha portato ad una graduale affermazione della prevalenza 
dell’interesse pubblico alla conservazione del patrimonio faunistico, 
sull’interesse privato per l’esercizio della caccia.
Tale conclusione trova piena conferma, sia, nella legge 11 febbraio 1992 n.157 
(Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo 
venatorio), che, nella giurisprudenza costituzionale (cfr. sentenze nn.1002/1988, 
35/1995, 169/1999, 536/2002), oltre a rivelarsi coerente al contesto normativo 
europeo ed internazionale, che si propone di garantire il sistema ecologico nel 
suo complesso (cfr., in particolare, direttive 79/409/CEE del Consiglio del 2 
aprile 1979, 85/411/CEE della Commissione del 25 luglio 1985 e 91/244/CEE della 
Commissione del 6 marzo 1991, con i relativi allegati, concernenti la 
conservazione degli uccelli selvatici, la Convenzione di Parigi del 18 ottobre 
1950, resa esecutiva con legge 24 novembre 1978, n. 812 e la Convenzione di 
Berna del 19 settembre 1979, resa esecutiva con legge 5 agosto 1981, n. 503).
Si è passati, quindi, dal diritto soggettivo assoluto di cacciare (di cui 
all’impianto originario del T.U. delle leggi sulla caccia, di cui al R.d. 5 
giugno 1939 n.1016) al divieto generale di caccia, secondo l’impostazione 
dell’attuale normativa, nazionale, europea ed internazionale, salve le 
specifiche deroghe che la legge ammette per determinate specie, stabilendo, 
altresì, limiti di tempo, di luogo e di capi da abbattere.
Il fine pubblico primario e prevalente perseguito dal legislatore nazionale 
(anche in attuazione di obblighi comunitari e internazionali) consiste nella 
protezione della fauna, definita “patrimonio indisponibile dello Stato” (art. 1, 
co.1°, L.n.157/1992; cfr. al riguardo Corte Cost. 27 ottobre 1988 n. 1002 e 14 
maggio 1999 n. 169 che, in relazione all’appartenenza della fauna selvatica al 
patrimonio dello Stato, parla di sistema ispirato alla preminente finalità della 
tutela della fauna e di affievolimento del tradizionale “diritto di caccia”, che 
viene subordinato all’istanza prevalente della conservazione del patrimonio 
faunistico e della salvaguardia della produzione agricola, nell’ambito di un 
regime di caccia programmata per tutto il territorio nazionale).
L’esercizio dell’attività venatoria è, quindi, meramente “consentito”, “purché 
non contrasti con l'esigenza di conservazione della fauna selvatica e non 
arrechi danno effettivo alle produzioni agricole” (art. 1 co. 2° L.cit.). 
Consegue da ciò che - come già affermato in giurisprudenza (cfr. TAR Abruzzo, 
L’Aquila, 18/10/2004 n.1138, che richiama Cons. Stato sez.VI 24/3/2003 n. 1653) 
- in materia di caccia non si può più parlare di “diritti soggettivi” in quanto, 
essendo stato il principio della “libertà di caccia” sostituito da quello della 
“caccia controllata e programmata” (cfr. art. 14 L.n.157/1992), la posizione dei 
privati non può che essere di interesse legittimo.
La programmazione, peraltro, si svolge su due livelli, regionale e provinciale 
ed è basata su una pianificazione agro-silvo-pastorale che permette una gestione 
differenziata del territorio.
E, così, le province predispongono (art. 10 co.7°), articolandoli per 
comprensori omogenei, i piani faunistico-venatori, che comprendono (co.8° art. 
cit.): “a) le oasi di protezione, destinate al rifugio, alla riproduzione ed 
alla sosta della fauna selvatica; b) le zone di ripopolamento e cattura, 
destinate alla riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale ed alla 
cattura della stessa per l'immissione sul territorio in tempi e condizioni utili 
all'ambientamento fino alla ricostituzione e alla stabilizzazione della densità 
faunistica ottimale per il territorio; c) i centri pubblici di riproduzione 
della fauna selvatica allo stato naturale, ai fini di ricostituzione delle 
popolazioni autoctone; d) i centri privati di riproduzione di fauna selvatica 
allo stato naturale, organizzati in forma di azienda agricola singola, 
consortile o cooperativa, ove è vietato l'esercizio dell'attività venatoria ed è 
consentito il prelievo di animali allevati appartenenti a specie cacciabili da 
parte del titolare dell'impresa agricola, di dipendenti della stessa e di 
persone nominativamente indicate; e) le zone e i periodi per l'addestramento, 
l'allenamento e le gare di cani anche su fauna selvatica naturale o con 
l'abbattimento di fauna di allevamento appartenente a specie cacciabili, la cui 
gestione può essere affidata ad associazioni venatorie e cinofile ovvero ad 
imprenditori agricoli singoli o associati; f) i criteri per la determinazione 
del risarcimento in favore dei conduttori dei fondi rustici per i danni arrecati 
dalla fauna selvatica alle produzioni agricole e alle opere approntate su fondi 
vincolati per gli scopi di cui alle lettere a), b), e c); g) i criteri per la 
corresponsione degli incentivi in favore dei proprietari o conduttori dei fondi 
rustici, singoli o associati, che si impegnino alla tutela ed al ripristino 
degli habitat naturali e all'incremento della fauna selvatica nelle zone di cui 
alle lettere a) e b); h) l'identificazione delle zone in cui sono collocabili 
gli appostamenti fissi.”.
Quanto alle Regioni, esse attuano la pianificazione faunistico-venatoria 
mediante il coordinamento dei piani provinciali di cui al cit. comma 7°, secondo 
criteri dei quali l'Istituto nazionale per la fauna selvatica (INFS) garantisce 
la omogeneità e la congruenza, esercitando i poteri sostitutivi nel caso di 
inerzia delle Province.
Il piano faunistico-venatorio regionale, poi, determina i criteri per la 
individuazione dei territori da destinare alla costituzione di aziende 
faunistico-venatorie, di aziende agri-turistico-venatorie e di centri privati di 
riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale.
Sempre di spettanza regionale è, ancora, la ripartizione del territorio 
agro-silvo-pastorale destinato alla caccia programmata in ambiti territoriali di 
caccia (A.T.C.), di dimensioni subprovinciali, possibilmente omogenei e 
delimitati da confini naturali. Altro parametro di programmazione è l'indice di 
densità venatoria (IDV), che rappresenta il rapporto tra il numero dei 
cacciatori e l’estensione del territorio agro-silvo-pastorale.
Sulla base di norme regionali, poi, ogni cacciatore, previa domanda 
all'amministrazione competente, ha diritto all'accesso in un ambito territoriale 
di caccia o in un comprensorio alpino compreso nella regione in cui risiede e 
può aver accesso ad altri ambiti o ad altri comprensori anche compresi in una 
diversa regione, previo consenso dei relativi organi di gestione.
Il regolamento di attuazione del piano faunistico-venatorio deve prevedere, tra 
l'altro, le modalità di prima costituzione degli organi direttivi degli ambiti 
territoriali di caccia e dei comprensori alpini, la loro durata in carica nonché 
le norme relative alla loro prima elezione e ai successivi rinnovi. Le regioni 
provvedono ad eventuali modifiche o revisioni del piano faunistico-venatorio e 
del regolamento di attuazione con periodicità quinquennale.
Ancora, per quel che qui rileva, è previsto che le regioni, su richiesta degli 
interessati e sentito l'Istituto nazionale per la fauna selvatica, entro i 
limiti del 15 per cento del proprio territorio agro-silvo-pastorale, possono 
autorizzare, regolamentandola, l'istituzione di aziende faunistico-venatorie (A.F.V.), 
senza fini di lucro, soggette a tassa di concessione regionale, per prevalenti 
finalità naturalistiche e faunistiche; “dette concessioni devono essere 
corredate di programmi di conservazione e di ripristino ambientale al fine di 
garantire l'obiettivo naturalistico e faunistico. In tali aziende la caccia è 
consentita nelle giornate indicate dal calendario venatorio secondo i piani di 
assestamento e di abbattimento. In ogni caso, nelle aziende faunistico-venatorie 
non è consentito immettere o liberare fauna selvatica posteriormente alla data 
del 31 agosto”(art. 16 L.cit.).
Sempre le Regioni possono autorizzare, regolamentandola, l'istituzione di 
aziende agri-turistico-venatorie (A.A.T.V.), ai fini di impresa agricola, 
soggette a tassa di concessione regionale, nelle quali sono consentiti 
l'immissione e l'abbattimento per tutta la stagione venatoria di fauna selvatica 
di allevamento.
Alle Regioni spetta, infine, un importante ruolo in tema di “controllo della 
fauna selvatica” , potendo vietare o ridurre per periodi prestabiliti la caccia 
a determinate specie di fauna selvatica, “per importanti e motivate ragioni 
connesse alla consistenza faunistica o per sopravvenute particolari condizioni 
ambientali, stagionali o climatiche o per malattie o altre calamità” (art. 19 co.1°). 
Le stesse, inoltre, provvedono al controllo delle specie di fauna selvatica 
anche nelle zone vietate alla caccia, “per la migliore gestione del patrimonio 
zootecnico, per la tutela del suolo, per motivi sanitari, per la selezione 
biologica, per la tutela del patrimonio storico-artistico, per la tutela delle 
produzioni zoo-agro-forestali ed ittiche. Tale controllo, esercitato 
selettivamente, viene praticato di norma mediante l'utilizzo di metodi ecologici 
su parere dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica. Qualora l'Istituto 
verifichi l'inefficacia dei predetti metodi, le regioni possono autorizzare 
piani di abbattimento.” (co.2° art. cit.).
Come di recente sottolineato dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 392/2005), 
l’abbattimento di fauna nociva disciplinato dalla norma da ultimo citata non può 
essere considerato come attività svolta per fini venatori. Tale disciplina, 
infatti, rappresenta “il frutto di un’attenta ponderazione per evitare che la 
tutela degli interessi perseguiti con i piani di abbattimento trasmodi nella 
compromissione della sopravvivenza di alcune specie faunistiche ancorché 
nocive”.
In Lombardia, la legge regionale 16-8-1993 n. 26, recante “Norme per la 
protezione della fauna selvatica e per la tutela dell'equilibrio ambientale e 
disciplina dell'attività venatoria”, ha disciplinato con apposita norma (art. 
41) il controllo della fauna selvatica, stabilendo che siano le Province a 
provvedere al suddetto controllo, praticato di norma mediante l’utilizzo di 
metodi ecologici, su parere dell’INFS e che, “qualora l'istituto verifichi 
l'inefficacia dei predetti metodi le province predispongono piani di 
abbattimento” (comma così sostituito dall'art. 2, comma 2 della L.R. 6 marzo 
2002, n. 4).
Con legge 2.12.2005 n.258, di conversione in legge del D.L.n.203/2005, all’art. 
11 quaterdecies, comma 5°, è stata introdotta la previsione per cui: “Le regioni 
e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentito il parere dell'Istituto 
nazionale per la fauna selvatica o, se istituti, degli istituti regionali, 
possono, sulla base di adeguati piani di abbattimento selettivi, distinti per 
sesso e classi di età, regolamentare il prelievo di selezione degli ungulati 
appartenenti alle specie cacciabili anche al di fuori dei periodi e degli orari 
di cui alla legge 11 febbraio 1992, n. 157.”.
A sua volta, la legge regionale 2 agosto 2004, n. 17, recante il “Calendario 
venatorio regionale” ha previsto all’art. 3 (come sostituito dall'art. 1, comma 
1, della L.R. 22 febbraio 2007, n. 4), per quel che qui rileva, che: 
“6.Limitatamente alle specie di ungulati, le province, sentito l'INFS, possono 
autorizzare la caccia di selezione nei periodi di seguito indicati: …
c) dal 1° giugno al 31 gennaio per la caccia al cinghiale.
6-bis. La caccia di selezione di cui al comma 6 deve effettuarsi sulla base di 
piani provinciali di abbattimento selettivi delle popolazioni di ungulati e, 
limitatamente ai comprensori alpini di caccia e agli ambiti territoriali di 
caccia, secondo il regolamento predisposto dalle province, salva la possibilità 
di introdurre restrizioni temporali in relazione alle situazioni ambientali 
delle diverse realtà locali.
7. Nelle aziende faunistico-venatorie i piani di assestamento presentati dal 
concessionario sono autorizzati dalla provincia.”
QUESTIONI PRELIMINARI.
Sulla prima eccezione.
Tenuto conto del suesposto contesto normativo, rilevante in subjecta materia, il 
Collegio ritiene che non possa negarsi la legittimazione ad agire in capo agli 
odierni ricorrenti, sia in veste di cacciatori, che come Presidenti delle 
rispettive associazioni di categoria.
Si tratta, infatti, di soggetti rispetto ai quali sono individuabili tutti i 
noti fattori di legittimazione al ricorso e, cioè, la posizione differenziata 
rispetto agli altri consociati; il pregiudizio concretamente subito; il 
vantaggio sperato dall’accoglimento del ricorso.
E, di vero, avendo riguardo alle finalità proprie degli abbattimenti selettivi 
di cui si tratta, non v’è dubbio che i cacciatori abbiano una posizione 
differenziata all’impugnazione, in relazione agli effetti riflessi promananti 
dagli atti autorizzativi qui impugnati.
Detti atti, come poc’anzi riferito, autorizzando l’abbattimento (secondo gli 
esponenti irragionevole) della fauna selvatica all’interno delle A.F.V. e delle 
A.A.T.V. controinteressate, provocherebbe una contrazione delle quantità degli 
stessi capi, cacciabili nelle restanti aree provinciali di caccia, ricomprese 
negli ambiti territoriali di caccia (A.T.C.) di riferimento degli odierni 
ricorrenti e/o dei cacciatori rappresentati dalle cit. associazioni .
D’altro canto, con riferimento alla categoria dei cacciatori, la giurisprudenza 
è incline a ritenere - con orientamento condiviso dal Collegio - che la loro 
legittimazione al ricorso, come portatori di un interesse al corretto 
svolgimento dell'attività venatoria sussista, non solo, quando la richiesta in 
esso contenuta miri ad un ampliamento delle modalità di esercizio della caccia, 
ma, anche quando il petitum del ricorso sia nel senso di restringere e 
limitare le modalità di esercizio della caccia, dal momento che la corretta 
gestione del patrimonio faunistico risponde anche alle esigenze degli stessi 
cacciatori (Cfr. T.A.R. Valle d’Aosta, 16 febbraio 2001, n. 24; TAR 
Friuli-Venezia Giulia 19/6/2004 n.344).
In buona sostanza, la giurisprudenza ha esteso ai cacciatori, quella tutela già 
accordata secondo un risalente indirizzo agli appartenenti a determinate 
categorie di soggetti, in relazione a provvedimenti lesivi della loro sfera 
giuridica. L’esempio classico è quello dei commercianti, che subiscono la 
concorrenza di un altro esercente, legittimati a contestare in sede 
giurisdizionale le licenze rilasciate a terzi (ancorché, a rigore, non 
direttamente ed immediatamente pregiudizievoli della loro posizione giuridica: 
cfr., ex multis, T.A.R. Campania, 17 novembre 1999, n. 2972; T.A.R. Toscana sez. 
I, 8 maggio 1989, n. 335).
Quanto alla legittimazione delle sezioni provinciali delle citate associazioni, 
il Collegio, sulla base delle previsioni statutarie depositate agli atti di 
causa, ritiene sussistere, sia, la rappresentanza legale delle sezioni 
provinciali delle associazioni da parte dei rispettivi Presidenti, che, la 
legittimatio ad causam da parte delle associazioni medesime.
Su tale ultimo aspetto, va chiarito come la Federazione Italiana della Caccia 
sia associazione riconosciuta per legge e composta dalle singole associazioni 
regionali “federate”, le cui sezioni provinciali (cfr. Statuto Federcaccia 
Lombardia art. 13) “svolgono, nel territorio di loro giurisdizione, i compiti 
connessi ai fini istituzionali della Federazione Italiana della Caccia e della 
Federcaccia Lombardia” godendo di “autonomia patrimoniale, gestionale, 
amministrativa, contabile, fiscale, di bilancio, limitatamente alle attività 
previste dalla legge 11 febbraio 1992 n.157, per le associazioni venatorie” 
(art. 22 Statuto cit.).
Ritiene, pertanto, il Collegio che detta associazione sia legittimata ad 
impugnare i provvedimenti in epigrafe specificati, in quanto atti di rilievo 
provinciale che, come sarà meglio chiarito nel prosieguo, riverberano i propri 
effetti direttamente sul territorio della provincia di Pavia, in cui si radicano 
anche le predette associazioni.
Non rileva, in tal senso, la considerazione di parte resistente, secondo cui le 
tematiche coinvolte dai provvedimenti impugnati sarebbero di interesse generale 
e non locale, atteso che, se è vero che i valori salvaguardati dalla legge 
nazionale hanno una valenza estesa all’intero territorio nazionale (se non, 
addirittura, all’intero pianeta, com’è, per l’appunto, per la salvaguardia 
dell’ecosistema), è altresì incontestabile - avendo riguardo anche alle censure 
mosse con l’odierno ricorso - che gli atti gravati riverberino i propri effetti, 
diretti e riflessi, in ambito locale, consentendo così una sufficiente 
localizzazione e, quindi, differenziazione, agli interessi pregiudicati dagli 
atti stessi.
In tal senso, è utile richiamare anche la giurisprudenza, laddove afferma che: 
“ad una sezione provinciale della Federazione Italiana della caccia, in quanto 
rappresentativa degli interessi differenziati dei cacciatori residenti nella 
provincia e, quindi, nella relativa regione, non può essere negata né la 
legittimazione sostanziale, né quella processuale per impugnare la deliberazione 
regionale di approvazione del calendario venatorio” (T.A.R. Abruzzi, 11 maggio 
1990, n. 267; TAR Friuli-Venezia Giulia 19/6/2004 n.344), ovvero, non può essere 
ad essa negata la legittimazione per impugnare “i provvedimenti incidenti 
sull’esercizio dell’attività venatoria” (TAR Lombardia, Brescia, 15/6/2000 n.527; 
T.A.R. LAZIO, Roma, Sez. I ter - 21 gennaio 2005, n. 500).
Quanto all’Unione Nazionale Cacciatori Cinghialai, trattasi di associazione 
settoriale della Federcaccia (cfr. artt. 1.1 Statuto U.N.C.C. sez. provinciale 
di Pavia, 4 Statuto Federcaccia Nazionale) costituita per potenziare le azioni 
della Federcaccia sezione di Pavia nell’ambito delle finalità elencate dall’art. 
2 dello Statuto U.N.C.C. cit..
Le eccezioni riportate sub n.1 debbono, pertanto, essere disattese.
Sulla seconda eccezione.
Quanto all’eccezione di inammissibilità del ricorso per mancata impugnazione 
dell’atto presupposto, ovvero, del Piano Faunistico Venatorio e di miglioramento 
ambientale 2006-2010, il Collegio osserva quanto segue.
L’eccezione non merita accoglimento, salvo che per gli aspetti che verranno 
meglio evidenziati trattando dei motivi di ricorso nn.2 e 3.
Il Piano Faunistico Venatorio per la Provincia di Pavia 2006-2010, approvato con 
deliberazione del Consiglio provinciale del 22.3.2006, detta, in relazione agli 
“ungulati”, una disciplina per molti aspetti immediatamente precettiva, che 
viene richiamata dalle determinazioni provinciali qui gravate a proposito delle 
“modalità di prelievo” (per il cinghiale) e degli “operatori coinvolti” (per il 
daino). Per tali aspetti, dunque, le determinazioni gravate rivelano una portata 
meramente attuativa rispetto al suddetto atto presupposto. Sennonché, le censure 
avanzate dai ricorrenti nei confronti delle determinazioni sopra specificate, 
non concernono le parti dei suddetti provvedimenti in cui si dà mera attuazione 
alle disposizioni del P.F.V. cit., ma attengono, essenzialmente, alla mancata 
adozione dei piani di abbattimento, quale atto presupposto dei singoli piani di 
prelievo qui impugnati, ovvero, alla mancata verifica della praticabilità dei 
metodi ecologici o, infine, allo scopo perseguito dalle aziende contro 
interessate.
L’eccezione in esame, pertanto, salvo che per taluni aspetti marginali, che 
verranno meglio chiariti nel prosieguo, non merita accoglimento.
Sulla terza eccezione.
Sulla eccezione di inammissibilità del ricorso sotto il profilo del cumulo 
soggettivo dei resistenti il Collegio osserva quanto segue.
La connessione fra i provvedimenti impugnati e, quindi, la legittimazione delle 
aziende contro interessate è evidente, se si ha riguardo ai motivi di ricorso, 
come poc’anzi succintamente riassunti.
Tutti i provvedimenti qui gravati, del resto, sono stati adottati sotto forma di 
piani di prelievo in funzione di controllo della specie ungulati dalla provincia 
di Pavia, sulla base di un analogo iter procedurale e, pertanto, sono tutti 
accomunati, nella prospettazione dei ricorrenti, dai vizi di legittimità 
descritti nei motivi di ricorso.
Sussiste, pertanto, tra provvedimenti impugnati quella connessione oggettiva 
che, come rilevato dal patrocinio ricorrente, dev’essere valorizzata per 
soddisfare l’esigenza di economia dei giudizi, ma, altresì, per aumentare le 
possibilità di conoscenza completa, da parte del giudice, della situazione di 
fatto e di diritto ed evitare il pericolo della contraddittorietà di giudicati.
Sono, quindi, ravvisabili i presupposti del litisconsorzio facoltativo di cui 
all’art. 103 c.p.c., sia, in quanto tra le “cause che si propongono esiste 
connessione per l'oggetto o per il titolo dal quale dipendono” sia, perché “la 
decisione dipende, totalmente o parzialmente, dalla risoluzione di identiche 
questioni”.
Dalla connessione oggettiva degli atti impugnati consegue la piena ammissibilità 
della evocazione in giudizio delle aziende destinatarie dei ridetti atti.
L’eccezione si rivela, pertanto, priva di pregio.
NEL MERITO
Sul primo motivo di ricorso.
Gli esponenti censurano le determinazioni provinciali di approvazione dei piani 
di prelievo a scopo di controllo del cinghiale e/o del daino citate in epigrafe, 
poiché le stesse sarebbero state redatte senza osservare il disposto normativo, 
che richiede la previa predisposizione dei Piani provinciali di abbattimento 
selettivo, che ne possano oggettivamente certificare la necessità.
Il motivo è fondato, nei limiti di seguito esposti.
I Piani di Gestione degli ungulati predisposti dalla Provincia di Pavia per 
l’annata venatoria 2008/2009, in relazione agli A.T.C. Pavia 4 e 5, versati in 
atti dalla stessa parte ricorrente, non possono essere ricondotti nell’ambito 
della previsione di cui all’art.3 co 6 bis più volte citato. Trattasi, infatti, 
di strumenti previsti allo scopo di disciplinare la gestione faunistico 
venatoria degli ungulati, che denotano una finalità ben diversa da quella 
propria del controllo, inteso come intervento diretto a prevenire l’effetto 
negativo della specie nei confronti delle attività agro-silvo-forestali.
La diversità delle due tipologie di piano emerge con evidenza dallo stesso 
Regolamento provinciale per la gestione faunistico venatoria del cinghiale, di 
cui alla d.C.P.n. 28804/2007, che disciplina distintamente le due tipologie, in 
corrispondenza delle diverse finalità ad essi assegnate:
e, così, l’art. 2 prevede, quanto al territorio dell’Oltrepò “vocazionale alla 
specie”, come “azione di base” per il perseguimento di vari obiettivi (fra cui 
quello di consentire un utilizzo venatorio sostenibile delle popolazioni di 
cinghiale), l’”elaborazione di piani di gestione faunistico-venatoria del 
cinghiale per le singole ZOCC”.
Da essi, invece, vengono tenuti distinti i piani che debbono essere predisposti 
per realizzare il “controllo” di cui all’art. 14 del Regolamento, autorizzato 
dalla Provincia con le modalità di cui all’art. 41 della L.R.26/1993. Proprio la 
norma da ultimo richiamata richiede, per il controllo selettivo, il previo 
esperimento dei metodi ecologici e - in caso di inefficacia dei predetti metodi 
- la predisposizione da parte delle province dei “piani di abbattimento”, 
richiamati anche dalla L.R. 17/2004 come presupposto per l’autorizzazione della 
caccia di selezione.
Ebbene, i Piani di Gestione degli ungulati predisposti dalla Provincia di Pavia 
per l’annata venatoria 2008/2009, in relazione agli A.T.C. Pavia 4 e 5, 
risultano per lo più riconducibili alle indicazioni contenute nell’art. 4 del 
cit. regolamento a proposito dei Piani di gestione faunistico venatoria del 
cinghiale, che non ai piani di abbattimento di cui al cit. art. 14.
Non si tratta, soltanto, di una questione terminologica, atteso che, i piani di 
abbattimento presentano, come già detto, presupposti e finalità proprie, diverse 
dai piani di gestione faunistico venatoria. I primi, infatti, debbono anzitutto 
rivelare quali siano le situazioni particolari, fra quelle menzionate all’art. 
41, co.3°, L.R. cit., che giustifichino la pratica del controllo. Ciò, ben si 
spiega tenuto conto che è proprio la pregnanza delle suddette situazioni che 
giustifica la deroga ai modi e/o ai tempi di attuazione del prelievo. L’art. 14 
del regolamento in precedenza cit. indica come finalità del controllo del 
cinghiale nel territorio non vocazionale alla specie quella di evitare l’effetto 
negativo esercitato nei confronti delle attività agricolo - forestali, 
aggiungendo che “tale controllo potrà essere autorizzato anche nelle zone del 
territorio provinciale rientranti nelle aree vocate al cinghiale … qualora si 
verifichi localmente una sua presenza o entità incompatibile con le attività 
agricole”.
Ebbene, non soltanto, i piani impugnati sono stati approvati prescindendo dalla 
previa adozione dei piani di abbattimento, ma, in conseguenza di ciò, da essi 
non è dato inferire l’esistenza dei summenzionati presupposti legittimanti il 
controllo medesimo.
L’anomalia della vicenda emerge chiaramente anche da alcune delle determinazioni 
impugnate (cfr. le nn. 1077 e 1081 del 29.7.2008), in cui lo stesso dirigente dà 
atto della necessità di realizzare una pianificazione più ampia, per valutare la 
reale consistenza della popolazione sul territorio, tenendo conto che “le 
caratteristiche di mobilità della specie e la capacità di incremento numerico 
delle popolazioni … impongono di pianificare la gestione ad una scala 
territoriale più ampia e di calibrare gli interventi opportuni in modo coerente 
e sinergico in tutti gli istituti faunistici interessati dalla presenza della 
specie e delle problematiche ad essa legate”.
Sennonché, proprio tale valutazione d’insieme o “sinergica” delle diverse realtà 
presenti nel territorio provinciale, necessaria, sia, per definire correttamente 
e compiutamente i presupposti legittimanti il prelievo a scopo di controllo, 
che, per fissarne in modo coerente gli obiettivi da raggiungere e le azioni da 
intraprendere, rappresenta la ratio dei piani di abbattimento, richiamati dalla 
normativa sopra citata.
D’altra parte, le determinazioni provinciali qui gravate sono state adottate, 
non soltanto, senza la previa predisposizione dei piani di abbattimento, ma, 
senza neppure tenere conto dei Piani di gestione degli ungulati, atteso che, 
quanto ai piani di prelievo per le AA.FF.VV. Monteacuto e Arpesina, risulta agli 
atti che le relazioni di censimento degli ungulati per l’anno 2008, per le due 
AA.FF.VV. cit., sono state ricevute dalla Provincia il 27 maggio 2008, mentre, 
per le AA.FF.VV. Montebelletto e Rocca de’ Giorgi le relazioni con i risultati 
dei censimenti risultano trasmesse alla Provincia il 23 maggio 2008; il parere 
favorevole dell’INFS reca per tutte e 4 le aziende cit. la data del 12 giugno 
2008, con prot. di ricevimento della Provincia di Pavia del 16/6/2008.
Per le restanti aziende, dalle determinazioni impugnate si ricava che la data di 
richiesta del parere è, per tutte, il 29.5.2008 (salvo per l’AFV Travaglino e 
per l’AATV Ruino, per le quali la richiesta del parere è del 9.7.2008) ed il 
parere dell’INFS è del 16.06.2008 per le AAFFVV Cegni e S. Andrea, del 9.7.2008 
per l’AATV Bonifica San Mauro, dell’ 1.07.2008 per l’AFV Camponoce, del 
18.7.2008 per l’AATV Ruino, del 7.07.2008 per l’AFV Calghera, del 4.07.2008 per 
l’AFV Canavera, del 18.07.2008 per l’AATV Travaglino.
Le determinazioni provinciali di approvazione dei piani di prelievo a scopo di 
controllo, recano, infine, quasi per tutte le aziende, la data del 7.7.2008, 
salvo che per l’azienda Ruino, per la quale la determina ha data 28.7.2008 e per 
l’azienda Travaglino, che reca la data 22.7.2008.
Ora, poiché i due Piani di Gestione degli ungulati recano la data “luglio 2008”, 
successiva alla predisposizione dei singoli piani di prelievo suindicati, è 
evidente come gli stessi siano stati redatti prescindendo anche dai piani di 
gestione cit., come del resto è ulteriormente dimostrato dalla circostanza che 
nei ridetti piani di prelievo non si fa affatto menzione dei piani di gestione.
Ne consegue che tali piani, slegati da una previa pianificazione più ampia della 
specie in questione, che ne evidenzi - secondo quanto suesposto, i presupposti 
legittimanti, l’impatto negativo con le attività antropiche e la non 
fronteggiabilità attraverso il ricorso ai metodi ecologici - risultano adottati 
in violazione dell’art. 3 co. 6 e 6-bis legge regionale 17/2004 e ss.m. e i..
Nei suesposti limiti il primo motivo di ricorso si rivela, quindi, fondato.
Sul secondo motivo di ricorso.
Le dodici determinazioni impugnate, non soltanto, come già visto a proposito del 
precedente motivo, non sarebbero state precedute dai piani di abbattimento, ma, 
secondo il patrocinio ricorrente, non sarebbero neppure state precedute dalla 
preventiva verifica della inefficacia dei metodi ecologici. Lo stesso INFS, 
infatti, lungi dal verificare l’inefficacia in concreto dei predetti metodi, 
avrebbe emesso un giudizio a priori sulla loro inefficacia, decretando così 
l’illegittimità, sia, dei pareri, che, delle determinazioni conseguenti, per 
violazione degli artt. 41 L.R. cit. e 19 co.2 L.N.157/1992.
Il motivo è fondato, nei limiti di seguito esposti.
Analizzando i pareri dell’INFS annessi alle singole determinazioni impugnate, 
emerge come, per un gruppo consistente di casi (AFV Monte acuto, Arpesina, Rocca 
de’ Giorgi, Montebelletto, Cegni e S. Andrea), il parere in questione è 
identicamente espresso nei seguenti termini: “…questo istituto esprime parere 
favorevole per quanto attiene le dimensioni e la struttura dei piani di prelievo 
in oggetto, da realizzarsi come prelievo venatorio (cinghiale) o controllo 
numerico della popolazione (daino) ai sensi della normativa vigente e degli 
strumenti di programmazione approvati a livello provinciale”.
Ebbene, la previsione di un prelievo venatorio del cinghiale mal si concilia con 
l’autorizzazione del prelievo in funzione di controllo, ai sensi dell’art. 41 
L.R. cit., richiamato nelle determinazioni impugnate. Lo stesso art. 14 del 
Regolamento provinciale, più sopra richiamato, chiarisce le diversità fra il 
“controllo” ed il “prelievo venatorio”, per cui quest’ultimo non può essere 
autorizzato con i tempi e le modalità del primo.
Quanto ai metodi ecologici, è necessario operare una differenziazione fra il 
cinghiale e il daino, poiché, mentre per quest’ultimo, in quanto specie 
alloctona potenzialmente interferente con il capriolo e con il cervo, è lo 
stesso P.F.V. cit. a denotare un’intrinseca inefficacia dei suddetti metodi (dal 
momento che si prevede che la gestione del daino deve essere improntata ad una 
eradicazione dal territorio provinciale esterno alla zona appenninica e ad un 
controllo della popolazione appenninica al fine di evitarne un ampliamento al di 
fuori dell’areale attuale o potenziale), lo stesso non può dirsi per il 
cinghiale, in quanto specie autoctona.
Ne consegue che, in relazione alle censure riguardanti la specie daino, il 
motivo in esame si riveli inammissibile, stante la mancata impugnazione 
dell’atto presupposto immediatamente lesivo, di cui al P.F.V. cit..
Quanto al cinghiale, invece, va ribadito come, sia i pareri dell’INFS poco sopra 
richiamati, che i piani di prelievo impugnati, omettono del tutto ogni 
considerazione in ordine alla sperimentata inefficacia dei metodi ecologi, per 
contro richiesti per il controllo in questione dagli artt. 41 e 19 cit..
Analogamente è a dirsi quanto ai pareri resi per i piani di prelievo delle 
AAFFVV Canavera, Camponoce e Calghera e per l’AATV Bonifica S.Mauro che, pur 
nella loro maggiore specificità, tacciono del tutto sulla questione dei metodi 
ecologici.
Discorso diverso impone, il parere rilasciato per le AATV Travaglino e Ruino, 
dove l’INFS si sofferma ad evidenziare una serie di suggerimenti per la futura 
pianificazione provinciale e, almeno nei riguardi del piano di prelievo per 
l’azienda Travaglino, dà atto dell’inefficacia delle misure di prevenzione dei 
danni (dissuasori acustici e recinzioni elettrificate) adottate e della presenza 
di colture di pregio suscettibili di danneggiamento da parte della specie 
cinghiale.
Ne deriva che, salvo che per tale ultima determinazione, per le restanti 
sussiste la lamentata illegittimità, per la mancata verifica dell’inefficacia 
del ridetti metodi.
Nei suesposti sensi e limiti anche il secondo motivo di ricorso si appalesa, in 
parte, fondato e, per il resto, inammissibile.
Sul terzo motivo di ricorso.
Le circostanze evidenziate dai ricorrenti, a proposito della collocazione di 
mangiatoie, di forme di pubblicità su riviste di settore e di conferimento di 
incarico a società privata per la redazione dei censimenti, non rivelano affatto 
quella univocità, che sembrano cogliere i ricorrenti, nel senso della 
dimostrazione del fine di lucro perseguito dalle aziende faunistiche contro 
interessate.
D’altra parte, la metodologia da seguire per l’esecuzione dei censimenti risulta 
dettagliatamente indicata nel cit. P.F.V. per cui, per la parte concernente tali 
aspetti, il suesposto motivo si rivela inammissibile, vertendo su disposizioni 
meramente attuative di atto presupposto non impugnato.
Per le suestese considerazioni, l’ultimo motivo di ricorso si rivela, in parte, 
infondato e, per il resto, inammissibile.
In conclusione, il ricorso in epigrafe indicato dev’essere accolto nei sensi e 
nei limiti di cui in motivazione, con conseguente annullamento degli atti 
impugnati.
Quanto alle spese di lite, in ordine ad esse il Collegio, in considerazione 
della novità e della complessità delle questioni coinvolte, ritiene sussistano 
giusti motivi per disporne la compensazione fra tutte le parti costituite.
 
P.Q.M.
 
Il Tribunale Amministrativo 
Regionale della Lombardia, Sezione IV^, accoglie il ricorso in epigrafe indicato 
nei sensi e nei limiti di cui in motivazione e, per l’effetto, annulla gli atti 
impugnati.
Compensa le spese fra le parti costituite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 09/06/2009 con 
l'intervento dei Magistrati:
Adriano Leo, Presidente
Laura Marzano, Referendario
Concetta Plantamura, Referendario, Estensore
IL PRESIDENTE 
L'ESTENSORE 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 21/07/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
		
		
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