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TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 4 maggio 2009, n. 893
CAVE E MINIERE - VAS - Piano cave - Dir. 42/01/CE - Immediata applicabilità 
all’interno degli stati membri - Esclusione. In materia di VAS, La direttiva 
42/01/CE, per quanto riguarda la generalità degli atti di pianificazione 
territoriale quale il piano cave, non è immediatamente applicabile all’interno 
degli Stati membri. Depongono in tal senso anzitutto l’art. 3 della direttiva in 
parola, che demanda al singolo Stato membro di apprezzare se i piani e programmi 
relativi a un dato settore possano o non possano avere effetto significativo 
sull’ambiente; nello stesso senso i successivi articoli 4 e 13, che richiedono 
in modo espresso che gli Stati, per conformarsi alla direttiva, emanino norme 
proprie, e quindi adottino atti di recepimento. Pres. Petruzzelli, Est. Gambato 
Spisani - WWF Italia Ong e altri (avv. Brambilla) c. Regione Lombardia (avv.ti 
Cederle e Mento). T.A.R. 
LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 04/05/2009, n. 893
CAVE E MINIERE - Regione Lombardia - Artt. 7 e 8 L.r. n. 14/98 - Piano cave - 
Carattere provinciale - Modifiche regionali - Limiti. Le norme degli artt. 7 
e 8 comma 1 della l. r. Lombardia n. 14/98, là dove prevedono che alla proposta 
di piano cave presentata dalla Provincia sentiti i Comuni la Giunta regionale 
possa apportare “integrazioni e modifiche” da sottoporre poi al Consiglio 
regionale per l’approvazione finale, va interpretata nel senso che si possano 
apportare in modo puro e semplice solo modifiche di mero dettaglio, ovvero 
imposte dall’adeguamento ad obblighi normativi. In tutti gli altri casi, non va 
stravolto il carattere provinciale del piano, e quindi le modifiche non si 
possono inserire se non ripetendo la procedura che ha condotto alla proposta 
arrivata alla Giunta: le modifiche stesse vanno apportate al disegno generale 
della proposta adottata e su di esse devono pronunciarsi non solo i Comuni, ma 
anche tutti gli organi tecnici deputati ad esprimere il loro parere sul piano in 
parola. Pres. Petruzzelli, Est. Gambato Spisani - WWF Italia Ong e altri (avv. 
Brambilla) c. Regione Lombardia (avv.ti Cederle e Mento). T.A.R. LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 
04/05/2009, n. 893
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 00893/2009 REG.SEN.
N. 01040/2008 REG.RIC.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 1040 del 2008, proposto da:
Wwf Italia Ong - Onlus, Italia Nostra Onlus, Legambiente Onlus, rappresentati e 
difesi dall'avv. Paola Brambilla, con domicilio eletto presso T.A.R. Segreteria 
in Brescia, via Malta, 12;
 
contro
 
Regione Lombardia, rappresentato e 
difeso dagli avv. Marco Cederle, Donatella Mento, con domicilio eletto presso 
Donatella Mento in Brescia, via Cipro, 30 (Fax=030/2449770); Provincia di 
Bergamo;
 
nei confronti di
 
Isc Sas di Sonzogni Fabio e C.;
 
per l’annullamento, previa 
sospensione
 
della deliberazione 14 maggio 2008 
n°VIII/619, con la quale il Consiglio regionale della Lombardia ha approvato il 
nuovo piano cave della Provincia di Bergamo;
delle deliberazioni 14 maggio 2008 n°VIII/616, 617 e 618, con le quali il 
Consiglio regionale della Lombardia ha ricollocato quantitativi di ATE 
stralciati all’interno del predetto piano;
di tutti gli atti presupposti, conseguenti e consequenziali, in particolare:
della deliberazione 16 marzo 2004 n°16, con la quale il Consiglio provinciale di 
Bergamo ha adottato la proposta di nuovo piano cave regionale;
della deliberazione 22 dicembre 2005 n°8/1547, con la quale la Giunta regionale 
ha sottoposto al Consiglio la predetta proposta di piano;
del parere 8 novembre 2005 n°1823 del Comitato tecnico regionale;
del decreto 2 febbraio 2004 n°1330 del Dirigente della struttura regionale 
azioni per la gestione delle aree protette e difesa della biodiversità;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Regione Lombardia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16/04/2009 il dott. Francesco Gambato 
Spisani e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
 
FATTO
 
Il Piano cave della Provincia di 
Bergamo è stato adottato con deliberazione del Consiglio provinciale 16 marzo 
2004 n°16; ha ricevuto i prescritti pareri istruttori, precisamente il parere 
della Direzione regionale in tema di valutazione di incidenza con decreto 2 
febbraio 2004 n°1330; il parere della Autorità di bacino del fiume Po con atto 
18 maggio 2005 n°3009; il parere del Comitato tecnico consultivo per le attività 
estrattive con atto 8 novembre 2005 n°1823; il parere della Direzione generale 
territorio e urbanistica con atto 13 dicembre 2005 n°36132.
Il Piano, ciò fatto, è stato trasmesso alla competente commissione del Consiglio 
regionale con deliberazione della Giunta 22 dicembre 2005 n°8/1547 ed è stato 
approvato in commissione il 30 luglio 2007; è stato poi dall’aula nuovamente 
rinviato in commissione e da ultimo approvato dal Consiglio regionale con la 
deliberazione 14 maggio 2008 n°VII/619 di cui in epigrafe (doc. A ricorrente, 
copia di essa, ove gli estremi degli altri atti citati).
Avverso tale Piano come sopra formato, propongono impugnazione gli enti 
ricorrenti, con ricorso articolato in cinque censure, ulteriormente approfondite 
nella memoria 4 aprile 2009 e in ordine logico riconducibili ai seguenti cinque 
motivi:
- con il primo motivo, corrispondente alla prima censura alle pp. 3-7 del 
ricorso, deducono violazione degli artt. 4 e 13 della direttiva 2001/42/CE, 
dell’art. 15 del d. lgs. 152/2006 e dell’art. 4 della l. r. Lombardia n°12/2005, 
per esser stato il Piano in questione approvato in difetto di valutazione 
ambientale strategica (“VAS”). Affermano infatti che la normativa europea citata 
imporrebbe agli Stati membri, e quindi anche all’Italia, di sottoporre a VAS non 
solo gli atti di pianificazione predisposti con un primo atto posteriore al 21 
luglio 2004, ma anche gli atti pianificatori avviati prima di tale data, ma 
approvati, come nella specie avvenuto, dopo il 21 luglio 2006;
- con il secondo motivo, corrispondente alla seconda censura alle pp. 7- 16 del 
ricorso, deducono violazione degli artt. 6-8 della l.r. Lombardia n°14/1998, per 
avere l’Autorità regionale inserito di propria esclusiva iniziativa nel Piano in 
questione alcuni ambiti territoriali estrattivi, denominati per la precisione 
ATE o24, ATE g42, ATE 020, non previsti in alcun modo nella proposta 
provinciale. Assumono in proposito che siffatta operazione sarebbe non 
consentita dalla legge, in quanto eversiva del potere pianificatorio provinciale 
in materia, nonché delle competenze comunali, nel senso che impedirebbe a tali 
enti di formulare le loro osservazioni sulle novità così introdotte;
- con il terzo motivo, corrispondente alla prima parte delle censure terza e 
quarta, alle pp. 16- 18 e 25- 26 del ricorso, deducono ulteriore violazione 
degli artt. 6-8 della l.r. Lombardia n°14/1998, in quanto in ogni caso i nuovi 
siti estrattivi previsti sarebbero stati inseriti nel Piano senza che riguardo 
ad essi fossero stati acquisiti i prescritti pareri endoprocedimentali, anche 
quanto alla loro incidenza sui siti naturalistici di interesse comunitario della 
Provincia;
- con il quarto motivo, corrispondente alla seconda parte delle censure terza e 
quarta alle pp. 18-25 e 27-29 del ricorso, deducono eccesso di potere per 
illogicità, in quanto il Piano approvato, con riferimento ai siti estrattivi in 
origine previsti, non avrebbe tenuto conto né dei pareri non positivi espressi 
in istruttoria per taluni di essi, né delle osservazioni delle associazioni 
ambientaliste, né dell’incidenza di alcuni siti sui siti naturalistici di 
interesse comunitario, nel senso che avrebbe a priori considerato comunque 
compatibili con essi le attività estrattive;
- con il quinto motivo, corrispondente alla quinta censura alle pp. 29-31 del 
ricorso, deducono ulteriore eccesso di potere, per imprecisione degli elaborati 
di Piano, in particolare delle cartografie, che non consentirebbero di stabilire 
cosa in effetti sia stato approvato.
Si è costituita la Regione Lombardia, con atto 7 novembre 2008, nel quale chiede 
la reiezione del ricorso, ed in particolare deduce:
- in ordine al primo motivo, che la VAS non sarebbe per il Piano in questione 
dovuta, in quanto si tratterebbe di Piano di interesse soltanto locale, e quindi 
assoggettabile a tale adempimento, a norma della direttiva citata, solo per 
libera scelta dello Stato membro, non formulata in tal senso dall’Italia;
- in ordine al secondo e al terzo motivo, che comunque sarebbe nei poteri del 
Consiglio regionale modificare il Piano adottato;
- in ordine al quarto motivo, che non vi sarebbe illogicità alcuna, in quanto i 
pareri citati dalle ricorrenti sarebbero stati non senz’altro negativi, ma 
positivi con prescrizioni, e mai, con riferimento ai siti di interesse 
comunitario, avrebbero considerato un sito estrattivo radicalmente incompatibile 
con essi;
- in ordine al quinto motivo, che esso conterrebbe semplici valutazioni di 
merito.
Respinta l’istanza cautelare con ordinanza 26 novembre 2008 n°831, all’udienza 
del giorno 16 aprile 2009 la Sezione tratteneva il ricorso in decisione.
 
DIRITTO
 
Il ricorso è in parte fondato e va 
conseguentemente accolto, per le ragioni e nei limiti di cui appresso.
1. In primo luogo, il ricorso va d’ufficio dichiarato inammissibile per difetto 
di interesse in quanto rivolto avverso la deliberazione 22 dicembre 2005 
n°8/1547 della Giunta regionale della Lombardia, il parere 8 novembre 2005 
n°1823 del Comitato tecnico regionale e il decreto 2 febbraio 2004 n°1330 del 
Dirigente della struttura regionale azioni per la gestione delle aree protette e 
difesa della biodiversità: si tratta, all’evidenza, di atti interni al 
procedimento di formazione del piano impugnato, che non sono dotati di autonoma 
attitudine lesiva e rilevano in questa sede in tanto in quanto recepiti nel loro 
contenuto dagli atti finali. Dalla loro impugnativa in quanto tali - in altri 
termini- il ricorrente non ricava alcuna concreta utilità.
2. Nel merito, è infondato il primo motivo di ricorso, relativo alla asserita 
necessità di sottoporre il piano per cui è causa a V.A.S. in forza della 
direttiva comunitaria 42/01/CE, altrettanto asseritamente ritenuta autoesecutive. 
E’ sufficiente rilevare, anche sulla scorta di precedente giurisprudenza, e in 
particolare di TAR Campania Napoli sez. IV 7 maggio 2008 n°3550, che la 
direttiva in questione, per quanto riguarda la generalità degli atti di 
pianificazione territoriale come quello di cui si discute, non è immediatamente 
applicabile all’interno degli Stati membri. Depongono in tal senso anzitutto 
l’art. 3 della direttiva in parola, che demanda al singolo Stato membro di 
apprezzare se i piani e programmi relativi a un dato settore possano o non 
possano avere effetto significativo sull’ambiente; nello stesso senso i 
successivi articoli 4 e 13, che richiedono in modo espresso che gli Stati, per 
conformarsi alla direttiva, emanino norme proprie, e quindi adottino atti di 
recepimento.
3. Sono viceversa fondati i motivi secondo e terzo, che vanno trattati 
congiuntamente perché all’evidenza connessi, riguardando la violazione degli 
artt. 7 e ss. della l. r. Lombardia n°14/1998. La legge in questione, è 
necessario premetterlo per chiarezza, disciplina il piano delle cave come piano 
“provinciale”, ovvero demanda a detto ente la sua formazione, sentiti gli enti 
minori che il suo territorio compongono, ovvero i Comuni; la legge stessa quindi 
non va interpretata, almeno fin quando sia possibile evitarlo, nel senso di 
svuotare dette competenze, e in particolare di accentrare la formazione del 
piano al superiore livello regionale. Tale risultato, oltretutto, sarebbe 
contrario al principio costituzionale di sussidiarietà verticale, là dove esso 
impone di allocare le competenze -anche in via interpretativa: v. C.d.S. sez. VI 
28 giugno 2007 n°3792 e TAR Puglia Lecce 8 febbraio 2005 n°404- presso gli enti 
locali di livello il più possibile vicino al cittadino, e quindi di evitare non 
necessarie ingerenze degli enti di livello superiore, in primo luogo lo Stato, 
ma anche la Regione.
4. Ciò premesso, le norme degli artt. 7 e 8 comma 1 della l. r. 14/98, là dove 
prevedono che alla proposta presentata dalla Provincia sentiti i Comuni la 
Giunta regionale possa apportare “integrazioni e modifiche” da sottoporre poi al 
Consiglio regionale per l’approvazione finale, va interpretata nel senso che si 
possano apportare in modo puro e semplice solo modifiche di mero dettaglio, 
ovvero imposte dall’adeguamento ad obblighi normativi. In tutti gli altri casi, 
non va stravolto il carattere provinciale del piano, e quindi le modifiche non 
si possono inserire se non ripetendo la procedura che ha condotto alla proposta 
arrivata alla Giunta: le modifiche stesse vanno apportate al disegno generale 
della proposta adottata e su di esse devono pronunciarsi non solo i Comuni, ma 
anche tutti gli organi tecnici deputati ad esprimere il loro parere sul piano in 
parola: in tal senso, con riguardo esplicito al coinvolgimento dei Comuni, C. d. 
S. sez. VI 6 giugno 2008 n°2743.
5. Il Collegio condivide poi l’insegnamento della decisione citata, per la quale 
si tratta di adempimenti che rivestono valore non formale, ma sostanziale. In 
termini logici, la pianificazione dell’uso di un dato territorio, nella specie 
dell’uso estrattivo, di per sé suscettibile ove non correttamente governato di 
produrre guasti anche notevoli all’ambiente, va operata considerando il 
territorio in questione come un tutto unitario, e non a caso ogni piano cave 
prende le mosse dalla determinazione di un fabbisogno complessivo di materiali. 
E’ quindi impossibile, in via generale, alterare una proposta di piano redatta 
secondo certi criteri aggiungendo puramente e semplicemente nuovi ambiti, dei 
quali non si sia calcolata l’incidenza non solo sulla località interessata, ma 
anche sull’assetto complessivo del sistema.
6. Nella specie, il piano impugnato risulta non rispettoso delle norme così 
ricostruite, in quanto, come è pacifico in causa, l’autorità regionale ha 
inserito di propria esclusiva iniziativa nello stesso alcuni ambiti territoriali 
estrattivi, quelli denominati ATE o24, ATE g42, ATE 020 di cui si è detto in 
premesse e che non erano previsti in alcun modo nella proposta provinciale, né 
avevano ricevuto un parere dai Comuni o dagli organi tecnici a ciò deputati. Gli 
atti di adozione, modifica e approvazione del piano vanno quindi annullati, nel 
senso che, ove si intendano inserire nel piano i nuovi siti di cui si è detto, 
essi andranno previsti sin dall’inizio nell’assetto della proposta, e dovranno 
ricevere come siti singoli e come parti del tutto i pareri che la legge 
prescrive, anche con riferimento all’incidenza sui siti naturalistici.
7. E’ invece infondato il quarto motivo di ricorso, in quanto muove da una 
premessa errata, ovvero che con riferimento ai siti estrattivi previsti sin 
dalla prima redazione del piano gli organi tecnici avrebbero espresso pareri 
negativi senza che di ciò si sia tenuto conto nel piano stesso. Va infatti 
replicato, condividendo sul punto quanto rilevato dalla difesa regionale, che i 
pareri citati sono non negativi, ma positivi con prescrizioni, ovvero in altre 
parole affermano che il sito estrattivo può esistere, a certe condizioni che poi 
il piano recepisce. In tal modo, ad avviso del Collegio, il piano stesso tiene 
conto per la tutela dell’ambiente anche delle osservazioni critiche 
dell’associazione ricorrente, nel senso che nelle sue previsioni non contiene 
alcuna delle manifeste illogicità che sole lo renderebbero sindacabile in questa 
sede.
8. E’invece parzialmente fondato il quinto motivo di ricorso, che affianca 
censure apodittiche, e non condivisibili come tali, a censure specifiche, che 
vanno valutate e accolte. La ricorrente sostiene anzitutto che il piano nel suo 
complesso, quindi a prescindere dai nuovi siti inseriti, non potrebbe nemmeno 
essere considerato tale, per una presunta non chiarezza dei suoi elaborati 
tecnici, della quale però non precisa in alcun modo i caratteri. La censura come 
tale è come si è detto apodittica e non può essere accolta: premesso che una 
cartografia richiede senza dubbio conoscenze tecniche per essere letta e 
interpretata in modo corretto, la censura non precisa come e dove in base a tali 
conoscenze tecniche gli elaborati risulterebbero redatti in modo erroneo. Alla 
censura generica se ne affianca però una specifica, che riguarda anzitutto i 
nuovi ambiti ATE g42, ATE 020, per i quali effettivamente la scheda tecnica è in 
sostanza lasciata in bianco, né ciò stupisce data l’acclarata omissione 
dell’iter procedimentale necessario per inserirli. La censura specifica riguarda 
poi l’ambito ATEg36, nel quale in effetti la cartografia non è chiara, nel senso 
che non si comprende se il giacimento inglobi o no anche case di abitazione, 
dato che nella mappa compaiono segni interpretabili come tali, riguarda ancora 
l’ATE g40, in cui la scheda sembra effettivamente monca di alcune indicazioni; 
riguarda anche l’ATEc21, dato che l’asserita individuazione dell’ambito 
estrattivo in zona di dissesto idrogeologico, che appare in quanto tale 
illogica, non è stata contestata dalla controparte, riguarda infine l’ambito 
Rg20, una cava di recupero che però, come non è contestato, mantiene le stesse 
volumetrie dell’ATE ivi previsto dal piano previgente, e quindi non si comprende 
in che senso si possa classificare di recupero. Il piano va quindi annullato 
anche in parte qua, nel senso che l’amministrazione, nel riconsiderare le 
fattispecie indicate, dovrà chiarire i citati punti del loro assetto con una 
corretta e completa istruttoria.
9. La complessità delle questioni trattate e la parziale soccombenza sono giusto 
motivo per compensare le spese.
 
P.Q.M.
 
il Tribunale Amministrativo 
Regionale per la Lombardia, Sezione staccata di Brescia, definitivamente 
pronunciando, accoglie parzialmente il ricorso e per l’effetto così provvede:
a) dichiara inammissibile il ricorso quanto alla deliberazione 22 dicembre 2005 
n°8/1547 della Giunta regionale della Lombardia, al parere 8 novembre 2005 
n°1823 del Comitato tecnico regionale e al decreto 2 febbraio 2004 n°1330 del 
Dirigente della struttura regionale azioni per la gestione delle aree protette e 
difesa della biodiversità;
b) annulla ai sensi di cui in motivazione le deliberazioni 14 maggio 2008 n°VIII/616, 
617, 618 e 619 del Consiglio regionale della Lombardia e 16 marzo 2004 n°16 del 
Consiglio provinciale di Bergamo;
c) compensa per intero le spese fra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 16/04/2009 con 
l'intervento dei Magistrati:
Giuseppe Petruzzelli, Presidente
Mario Mosconi, Consigliere
Francesco Gambato Spisani, Primo Referendario, Estensore
IL PRESIDENTE 
L'ESTENSORE 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 04/05/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
		
		
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