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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 
1974-9562
TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. I - 6 luglio 2009, n. 3733
RIFIUTI - Attività di recupero - Inibitoria ex art. 216 c. 4 d.lgs. n. 
152/2006 - Contrasto con le norme tecniche e con le norme vigenti a tutela della 
salute dell’uomo e dell’ambiente - Compatibilità urbanistica - Rilevanza - 
Fondamento. L’inibitoria dell’attività di recupero di rifiuti ex art. 216, 
c. 4 d.lgs. n. 152/2006 può intervenire non solo nel caso di inosservanza delle 
norme tecniche sulle quantità ed i tipi di rifiuti recuperabili, ma anche 
nell’ipotesi di contrasto dell’attività di recupero dei rifiuti con le norme 
vigenti in materia di tutela della salute dell’uomo e dell’ambiente, come si 
evince dal combinato disposto dell’art. 216, comma 2, lett. a), del d.lgs. n. 
152/2006 e dell’art. 1, comma 3, del d.m. 5 febbraio 1998. La compatibilità 
urbanistica dell’impianto, benché non espressamente contemplata dalle prefate 
disposizioni, non può non costituire presupposto per il legittimo esercizio 
dell’attività di recupero dei rifiuti, atteso che deve essere qualificato 
sicuramente pericoloso per la preservazione dell’ambiente circostante un 
impianto che, sebbene rispetti le specifiche tecniche del caso, si ponga in 
dissonanza con la destinazione urbanistica dell’area. Tale interpretazione è 
l’unica possibile per rendere coerente la procedura semplificata di cui agli 
artt. 214 e ss. del d.lgs. n. 152/2006 con quella ordinaria di cui al precedente 
art. 208, nel quale si fa espresso riferimento all’esigenza di documentare la 
conformità del progetto (di impianto) alla normativa urbanistica ed alla 
valutazione, in sede di conferenza di servizi, della compatibilità dello stesso 
“con le esigenze ambientali e territoriali”. Tale giudizio di compatibilità, 
attenendo all’attività concretamente esercitata ed all’impianto condotto, deve 
essere ripetuto ogni cinque anni in occasione del rinnovo della comunicazione di 
avvio, e deve assumere come parametro la disciplina urbanistica in vigore, 
prescindendo dall’eventuale conformità alla normativa urbanistica applicabile al 
momento del primitivo insediamento, nonché dal titolo edilizio rilasciato 
illo tempore per la realizzazione del manufatto. Pres. Guida, Est. 
Guarracino - S.A. (avv.ti Militerni e Militerni) c. Provincia di Napoli (avv.ti 
Scetta e Cristiano) e Comune di Napoli (avv.ti Tarallo, Accattatis Chalons d’Oranges, 
Andreottola, Carpentieri, Crimaldi, Cuomo, Furnari, Pizza, Pulcini, Ricci e 
Romano). 
T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. I - 06/07/2009, n. 3733
 
N. 03733/2009 REG.SEN.
N. 05008/2008 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente 
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 5008 del 2008, integrato da motivi 
aggiunti, proposto da:
Ditta individuale Solombrini Antonio, in persona del titolare pro tempore 
sig. Solombrini Antonio, rappresentata e difesa dagli avvocati Lucio Militerni e 
Gianluca Militerni, presso il cui studio elettivamente domicilia in Napoli, via 
G. Orsini n. 40;
contro
- Provincia di Napoli, in persona del presidente pro tempore della giunta 
provinciale, rappresentato e difeso dagli avvocati Luciano Scetta e Giuseppe 
Cristiano, con domicilio eletto in Napoli, piazza Matteotti n. 1;
- Comune di Napoli, in persona del legale rappresentante pro tempore, 
rappresentato e difeso dagli Avv.ti Giuseppe Tarallo, Barbara Accattatis Chalons 
d’Oranges, Antonio Andreottola, Eleonora Carpentieri, Bruno Crimaldi, Annalisa 
Cuomo, Anna Ivana Furnari, Giacomo Pizza, Anna Pulcini, Bruno Ricci e Gabriele 
Romano, ed elettivamente domiciliato in Napoli alla Piazza Municipio - Palazzo 
San Giacomo presso l’Avvocatura Municipale;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
quanto al ricorso introduttivo: del provvedimento prot n. 70040 X7 del 24.7.2008 
della Provincia di Napoli, con il quale la ricorrente è stata diffidata dalla 
prosecuzione dell'attività di recupero dei rifiuti non pericolosi, di cui alla 
comunicazione di rinnovo dell'attività presso l'impianto sito in Napoli alla via 
Arenaccia 153, con conseguente cancellazione della posizione n. 173 A dal 
Registro delle Imprese, ai sensi e per gli effetti degli artt. 214 e 216 del 
d.lgs. 152/2006, come modificato dal d.lgs. 4/2008; nonché di tutti gli altri 
atti preordinati, connessi e consequenziali;
quanto al ricorso per motivi aggiunti: della determinazione dirigenziale prot. 
gen. n. 138 determinazione n. 11232 del 26.9.2008, emessa dalla Provincia di 
Napoli, con la quale è stata vietata alla ricorrente la continuazione 
dell'attività di recupero e messa in riserva dei rifiuti non pericolosi presso 
l'impianto sito in Napoli alla via Arenaccia 135, con conseguente cancellazione 
della posizione n. 173 A dal Registro delle Imprese, ai sensi e per gli effetti 
degli artt. 214 e 216 del d.lgs. 152/2006, come modificato dal d.lgs. 4/2008; 
nonché di tutti gli altri atti preordinati, connessi e consequenziali
Visto il ricorso con i relativi allegati, integrato da motivi aggiunti;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione Provinciale di 
Napoli;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Napoli;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Data per letta nell'udienza pubblica del giorno 10 giugno 2009 la relazione del 
dott. Francesco Guarracino e uditi i difensori delle parti come specificato nel 
verbale di udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
 
FATTO
 
Con ricorso notificato il 17-22 
settembre 2008 e depositato il 6 ottobre 2008 la ditta individuale Solombrini 
Antonio ha impugnato la nota prot. gen. 70040 del 24 luglio 2008 della Direzione 
amministrativa ambiente della Provincia di Napoli recante “diffida al prosieguo 
dell’attività di recupero dei rifiuti non pericolosi di cui alla comunicazione 
di rinnovo dell’attività prot. 52404 del 04/06/2008 integrata con la 
documentazione del 14/07/08, assunta al prot. n. 66809 del 14/07/08”, nonché 
comunicazione di avvio del procedimento di divieto di prosecuzione dell’attività 
di recupero di rifiuti non pericolosi e cancellazione dall’apposito registro 
delle imprese di cui all’art. 216 d.lgs. 152/06.
Con motivi aggiunti, notificati il 30-31 ottobre 2008 e depositati il 6 novembre 
2008, ha impugnato la determinazione dirigenziale n. 11232 del 26 settembre 
2008, prot. gen. n. 138, della medesima Direzione amministrativa ambiente della 
Provincia di Napoli, con cui le è stata vietata la continuazione dell’attività 
di recupero e messa in riserva dei rifiuti non pericolosi presso il predetto 
impianto, ne è stata disposta la cancellazione della posizione n. 173 A 
dell’apposito registro delle imprese e le è stato ordinato di conferire 
immediatamente a ditta autorizzata i rifiuti ancora presenti nell’impianto.
Di tali atti la ricorrente ha chiesto l’annullamento previa sospensione 
cautelare, con risarcimento dei danni e vittoria di spese, diritti ed onorari di 
giudizio.
La Provincia di Napoli ha resistito ai ricorsi con memoria.
Il Comune di Napoli si è costituito in giudizio e con successiva memoria ha 
eccepito il suo difetto di legittimazione passiva.
Con ordinanza n. 3128 del 3 dicembre 2008 la domanda cautelare è stata accolta.
In vista dell’udienza di discussione la ricorrente ha prodotto una memoria 
illustrativa.
Alla pubblica udienza del 10 giugno 2009 la causa è stata trattenuta in 
decisione.
 
DIRITTO
 
1. - E’ controversa in giudizio la 
legittimità di due atti emanati dalla Provincia di Napoli - Direzione 
amministrativa ambiente nei confronti della ditta individuale Solombrini 
Antonio, il primo (nota prot. gen. 70040 del 24 luglio 2008), oggetto del 
ricorso introduttivo, con cui la ditta è stata diffidata dal proseguire 
l’attività di recupero e messa in riserva di rifiuti non pericolosi espletata in 
Napoli, via Arenaccia 153 (recte: 135), avvertendola al contempo dell’avvio del 
procedimento di divieto di prosecuzione dell’attività e di cancellazione 
dall’apposito registro delle imprese, il secondo (d.d. n. 11232 del 26 settembre 
2008), oggetto dei motivi aggiunti, con cui all’esito del predetto procedimento 
le è stata vietata la continuazione dell'attività, disposta la cancellazione 
della sua posizione nell’apposito registro delle imprese ex art. 216 d.lgs. 
152/06 ed impostole di conferire immediatamente a ditta autorizzata i rifiuti 
ancora presenti nell’impianto.
In particolare, con la nota prot. gen. 70040 del 24 luglio 2008 
l’amministrazione provinciale ha diffidato la ricorrente dal prosieguo 
dell’attività di recupero dei rifiuti, in quanto la documentazione prodotta 
dalla ditta in occasione del rinnovo ex art. 216., co. 5, d.lgs. 152/06 della 
comunicazione di inizio attività era risultata «carente di 1. Certificato di 
compatibilità urbanistica con l’indicazione dell’inesistenza dei vincoli 
idrogeologici e con relativa attestazione che l’impianto di recupero non 
contrasta con le norme e gli strumenti urbanistici del Comune competente per 
territorio in quanto il CDU del 3 luglio 2008 allegata alla vs nota del 
14/07/08, assunta al prot. N. 66809 del 14/07/08, non risulta conforme a quanto 
richiesto».
La determinazione dirigenziale n. 11232 del 26 settembre 2008, conclusiva del 
procedimento, le ha vietato la prosecuzione dell’attività di recupero e messa in 
riserva di rifiuti non pericolosi e ne ha disposto la cancellazione 
dall’apposito registro delle imprese, sia per «mancato rispetto delle norme 
urbanistiche in quanto l’impianto di recupero dei rifiuti risulta non 
compatibile con lo strumento urbanistico del Comune di Napoli come da nota n. 
761/M del 25/07/2008 sopra richiamata», sia per «mancato possesso dei requisiti 
tecnici di cui al D.Lgs. 152/06 e al D.M. 05/02/98».
Riferisce in particolare il provvedimento impugnato che la negativa valutazione 
di compatibilità urbanistica della attività di recupero di rifiuti non 
pericolosi svolta dalla ditta odierna ricorrente presso l’impianto sito in via 
Arenaccia n. 135, foglio 19 p.lla 89 N.C.E.U., espressa dal Comune di Napoli 
nella predetta nota n. 761/M del 25 luglio 2008, poggia sulla classificazione 
dell’immobile, in base alla specifica disciplina di cui alla parte seconda delle 
Nta, come “Unità edilizia di base otto - novecentesca originaria o di 
ristrutturazione a corte (art. 86 delle Nta)”.
2. - La ditta ricorrente ha impugnato i predetti provvedimenti con plurime 
censure di violazione di legge ed eccesso di potere, dolendosi, da un lato, 
della mancata comunicazione di avvio del procedimento e dell’omesso invito a 
ripristinare in conformità alla legge le condizioni di esercizio dell’attività, 
prima di vietarne la prosecuzione, e, dall’altro, sostenendo che la normativa 
urbanistica ed edilizia del Comune di Napoli consentirebbe nell’area de qua lo 
svolgimento di attività di tipo manifatturiero artigianale o produttiva 
artigianale diretta alla trasformazione di beni ed alla produzione di servizi, 
laddove appunto tale sarebbe quella di essa ricorrente, che nell’anno 2003 aveva 
ottenuto il nulla osta comunale, poi negato nel 2008; soggiunge che 
l’incompatibilità urbanistica dell’attività di recupero non rientrerebbe, 
comunque, tra i presupposti per la legittima adozione di provvedimenti 
inibitori, che il certificato di destinazione urbanistica rilasciato dal Comune 
di Napoli il 3 luglio 2008 esprimerebbe, seppur implicitamente, parere 
favorevole alla svolgimento della attività de qua e che, in ogni caso, le norme 
tecniche di attuazione della variante di piano regolatore non avrebbero il 
potere di inibire attività lecite, da tempo legittimamente insediate sul 
territorio, osservando, infine, che le zonizzazioni del piano regolatore 
disciplinano l’espansione dell’abitato, ma non precludono l’installazione di 
opere che nulla hanno a che vedere con la localizzazione della residenza della 
popolazione.
4. - Può prescindersi dallo scrutinio delle eccezioni di rito formulate dalle 
amministrazioni resistenti, giacché le doglianze della ricorrente e l’intero 
impianto argomentativo su cui poggiano non meritano di essere condivisi.
La comunicazione di avvio del procedimento era contenuta nella nota di diffida 
prot. n. 70040 del 24 luglio 2008, che non doveva essere preceduta, a sua volta, 
da alcuna comunicazione di avvio attesa la sua funzione spiccatamente cautelare 
(arg. ex art. 7, comma 2, della legge n. 241/1990).
Vero è che, ai sensi dell’art. 216, comma 4, del d.lgs. n. 152/2006, 
l’amministrazione provinciale dovrebbe consentire alle ditte interessate di 
conformare la loro attività alla normativa vigente entro un dato termine e 
secondo prescrizioni prefissate; nella fattispecie in esame, tuttavia, non 
ricorre la doverosità di tale passaggio, che si riconnette a situazioni di 
irregolarità sanabili con l’intervento del privato. Invero, è arduo ipotizzare 
che con la gravata diffida potessero essere fornite alla ricorrente direttive 
sul come rendere compatibile, dal punto di vista urbanistico, l’attività 
esercitata, dal momento che l’incompatibilità urbanistica non può che comportare 
lo spostamento dell’intera attività in altro luogo con l’avvio di nuovi 
impianti, senza alcuna possibilità per la ditta interessata di eliminare di sua 
iniziativa la rilevata difformità rispetto alla disciplina di piano.
Neppure è ravvisabile alcun difetto di motivazione nel provvedimento n. 133 del 
26 settembre 2008, congruamente motivato con il richiamo al contenuto della 
negativa certificazione di compatibilità urbanistica rilasciata dal Comune di 
Napoli con nota prot. gen. n. 761/M del 25 luglio 2008, con cui 
l’amministrazione comunale rende ragione del superamento del precedente parere 
favorevole, il che vale ad escludere anche la contraddittorietà e illogicità 
dell’operato della Provincia denunciate dalla ricorrente invocando il 
certificato di destinazione urbanistica del 3 luglio 2008.
La disciplina urbanistica applicabile alla zona di insediamento dell’impianto 
condotto dalla ricorrente, ed in particolare l’art. 86 delle Nta, contempla la 
possibilità che possano essere esercitate attività artigianali, purché limitate 
a quelle di produzione di beni artistici od a quelle di servizio (da intendere 
come le attività artigianali di minor impatto urbanistico, finalizzate al 
soddisfacimento dei bisogni essenziali della comunità residenziale), tra cui 
sicuramente non rientra quella di recupero dei rifiuti. Infatti questa, pur 
essendo disimpegnata dalla ricorrente in modo artigianale, prevede l’utilizzo di 
impianti assimilati per legge a quelli di tipo industriale (vd. art. 214, comma 
8, del d.lgs. n. 152/2006), per i quali è di per sé inconfigurabile ogni 
riconducibilità alla categoria dell’artigianato “di servizio”.
L’interesse pubblico perseguito dai gravati provvedimenti è (già) consacrato 
nella norma attributiva del potere (art. 216, comma 4, del d.lgs. n. 152/2006) e 
consiste nell’inibitoria di attività le quali, pur predisposte per il 
soddisfacimento dell’interesse pubblico finale al riciclo dei rifiuti, siano in 
concreto svolte in modo da arrecare pericolo per la salute dell’uomo e/o 
pregiudizio all’ambiente.
Il Collegio, pur consapevole di un orientamento di segno contrario, ritiene che 
l’inibitoria in esame possa intervenire non solo nel caso di inosservanza delle 
norme tecniche sulle quantità ed i tipi di rifiuti recuperabili, ma anche 
nell’ipotesi di contrasto dell’attività di recupero dei rifiuti con le norme 
vigenti in materia di tutela della salute dell’uomo e dell’ambiente, come si 
evince dal combinato disposto dell’art. 216, comma 2, lett. a), del d.lgs. n. 
152/2006 e dell’art. 1, comma 3, del d.m. 5 febbraio 1998. Orbene, la 
compatibilità urbanistica dell’impianto, benché non espressamente contemplata 
dalle prefate disposizioni, non può non costituire presupposto per il legittimo 
esercizio dell’attività di recupero dei rifiuti, atteso che deve essere 
qualificato sicuramente pericoloso per la preservazione dell’ambiente 
circostante un impianto che, sebbene rispetti le specifiche tecniche del caso, 
si ponga in dissonanza con la destinazione urbanistica dell’area. Tale 
interpretazione, d’altronde, è l’unica possibile per rendere coerente la 
procedura semplificata di cui agli artt. 214 e ss. del d.lgs. n. 152/2006 con 
quella ordinaria di cui al precedente art. 208, nel quale si fa espresso 
riferimento all’esigenza di documentare la conformità del progetto (di impianto) 
alla normativa urbanistica ed alla valutazione, in sede di conferenza di 
servizi, della compatibilità dello stesso “con le esigenze ambientali e 
territoriali”.
Tra l’altro, tale giudizio di compatibilità, attenendo all’attività 
concretamente esercitata ed all’impianto condotto, deve essere ripetuto ogni 
cinque anni in occasione del rinnovo della comunicazione di avvio, e deve 
assumere come parametro la disciplina urbanistica in vigore, prescindendo 
dall’eventuale conformità alla normativa urbanistica applicabile al momento del 
primitivo insediamento, nonché dal titolo edilizio rilasciato illo tempore 
per la realizzazione del manufatto. Ne discende che le Nta potevano consentire 
lo svolgimento di attività consolidatesi nel tempo, ormai incompatibili con il 
nuovo quadro pianificatorio, solo mediante una puntuale prescrizione in tal 
senso, che nel caso di specie non è dato rinvenire e la cui mancanza andava 
sindacata mediante l’impugnazione della variante urbanistica.
La precedente iscrizione della ricorrente nell’apposito registro delle imprese, 
risalente al 2003, era basata su un parere di compatibilità urbanistica reso 
prima dell’approvazione regionale della variante urbanistica, in regime di 
applicazione delle misure di salvaguardia, quindi in un contesto normativo 
affatto diverso da quello caratterizzante la successiva certificazione di 
denegata compatibilità del 2008. Pertanto, perde consistenza ogni denuncia di 
contraddittorietà dei provvedimenti impugnati.
5. - In conclusione, resistendo i provvedimenti impugnati alle censure 
prospettate, i ricorsi debbono essere respinti.
Parimenti da respingere è la connessa domanda risarcitoria, non essendosi 
profilata l’ingiustizia dei danni asseritamente subiti.
La peculiarità delle questioni trattate giustifica la compensazione delle spese 
di giudizio tra le parti.
 
P.Q.M.
 
Il Tribunale Amministrativo 
Regionale della Campania, sezione prima, respinge il ricorso ed i motivi 
aggiunti indicati in epigrafe. -
Spese compensate. ---
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 10 giugno 2009 con 
l'intervento dei Magistrati:
Antonio Guida, Presidente
Paolo Corciulo, Consigliere
Francesco Guarracino, Primo Referendario, Estensore
IL PRESIDENTE 
L'ESTENSORE 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 06/07/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
		
		
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