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CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 12/02/2008, (Ud. 27/11/2007), Sentenza n. 491
APPALTI - Contratti della P.A. - Informativa antimafia - Esito negativo di un 
procedimento penale - Risoluzione del contratto - Esclusione. Un fatto che 
ha trovato smentita all'esito di un procedimento penale non può assumere 
capacità qualificatoria dal punto di vista dell'informativa antimafia e far 
scaturire la risoluzione del contratto. (C.d.S. Sez. V, 31 maggio 2007, 2828; 27 
giugno 2006, n. 4135). Pres. Marchitiello - Est. Russo - Esperia S.p.A. (Avv. 
Abbamonte) c. Azienda Ospedaliera San Martino di Genova (Avv. Alberti) ed altri 
(Annulla Tribunale Amministrativo Regionale della Liguria, Sez. 1, n. 827/2006).
CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 12/02/2008, (Ud. 27/11/2007), Sentenza n. 491 
 
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N.491/08 REG.DEC.
N. 36 REG.RIC.
ANNO 2007
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, (Quinta Sezione) ha pronunciato 
la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 36/07 proposto dalla ESPERIA S.p.A., 
rappresentata e difesa dall'avv. Andrea Abbamonte con domicilio eletto in Roma, 
Via degli Avignonesi 5;
contro
l’AZIENDA OSPEDALIERA SAN MARTINO DI GENOVA, rappresentata e difesa dall'avv. 
prof. Piergiorgio Alberti, elettivamente domiciliata in Roma, via G. Carducci n. 
4;
il MINISTERO DELL'INTERNO, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello 
Stato;
l’UFFICIO TERRITORIALE DEL GOVERNO-PREFETTURA DI NAPOLI, rappresentato e difeso 
dall'Avvocatura Generale dello Stato;
per l'annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Liguria, Sez. 1, n. 
827/2006.
Visto l'atto di appello con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio delle parti intimate;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Visto il dispositivo di decisione n. 552/07;
Alla pubblica udienza del 27 novembre 2007 relatore il Consigliere Nicola Russo;
Uditi, altresì, gli avvocati Abbamonte e Alberti; 
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
FATTO
1. Con ricorso al TAR Liguria r.g.n. 1323/05, Esperia S.p.a. impugnava la 
determinazione dell'Azienda Ospedaliera San Martino di Genova n. 3046 del 
14.11.2005 recante risoluzione del rapporto di appalto in essere per il servizio 
di pulizia delle infrastrutture ospedaliere già assegnato alla stessa Esperia 
giusta determinazione n. 2491 del 17.10.2003.
La risoluzione era motivata con richiamo alla nota della Prefettura di Napoli n. 
446/area 1 Bis del 20.10.2005 (anch'essa impugnata in uno al provvedimento di 
risoluzione) nella quale si forniva un'informativa antimafia sfavorevole, a sua 
volta giustificata con riferimento a vicende di natura penale che avevano 
coinvolto l'amministratore della Esperia.
2. L'impugnativa era affidata a cinque motivi. Con il primo motivo veniva 
censurata la incompetenza della Prefettura di Napoli, dovendo l'informativa 
provenire dalla Prefettura di Benevento ove aveva sede legale la Esperia. Con il 
secondo motivo era censurata la risoluzione del rapporto per mancanza di 
motivazione, non potendo questa esaurirsi in un mero richiamo di una informativa 
antimafia atipica. Con i restanti motivi, tra loro connessi, si contestava nel 
merito la scelta della Prefettura, prima, e della Azienda Ospedaliera, poi, 
perché il loro intervento giungeva mesi dopo che in sede penale (Tribunale del 
riesame e poi Corte di Cassazione) era stato accertato che il legale 
rappresentante di Esperia era estraneo alla ipotesi accusatoria.
Era proposta anche domanda risarcitoria.
3. Sia l'Amministrazione dell'Interno che l'Azienda Ospedaliera si costituivano 
in giudizio per difendere il loro operato. L'Amministrazione sosteneva che 
l'adozione della informativa non poteva esser messa in discussione dopo le 
vicende di carattere penale nelle quali era rimasto coinvolto l'Amministratore 
di Esperia, mentre la Azienda Ospedaliera, in primo luogo, negava l'incompetenza 
del Prefetto di Napoli (perché la richiesta era stata inviata a questo allorché 
Esperia aveva ancora sede in quel luogo) e poi insisteva per la correttezza 
della scelta della risoluzione perché tale potere, anche nel caso di informative 
atipiche, può dirsi correttamente motivato con il semplice richiamo al contenuto 
dell'informativa stessa.
4. Il ricorso veniva respinto dal TAR Liguria con sentenza n. 827/06. A parere 
del TAR, escluso il vizio di incompetenza perché il trasferimento di sede 
dell'impresa aveva avuto luogo a procedimento in corso, nessuna censura poteva 
esser mossa all'Azienda Ospedaliera poiché questa si era basata su 
un'informativa ritenuta legittima.
5. La sentenza n. 827/06 veniva appellata da Esperia s.p.a. che, 
sostanzialmente, riproponeva le censure originarie. Col primo motivo si rilevava 
che l'informativa rilasciata dalla Prefettura di Napoli aveva avuto come 
destinatario un soggetto che, alla data di adozione del provvedimento, non 
rientrava più nelle competenze di quell'Ufficio, sicché evidente avrebbe dovuto 
risultare il vizio di incompetenza. Col secondo motivo, diretto nei confronti 
dell'atto di risoluzione del rapporto, si ribadiva che avendo assunto a 
presupposto di tale scelta caducatoria una informativa antimafia cd. atipica, 
l'Azienda Ospedaliera avrebbe dovuto esporre le ragioni della sua scelta, noto 
essendo che in questo caso il potere di risoluzione del rapporto ha natura 
discrezionale. Col terzo motivo si evidenziava che il TAR non aveva rilevato che 
i fatti di natura penale posti a base dell'informativa prefettizia gravata, 
all'atto della sua adozione, erano inesistenti perché il Tribunale di Potenza (ord. 
4.1.2005) e la Corte di Cassazione (sent. 1639/05 del 20.4.2005) avevano 
prosciolto l'amministratore della Esperia da qualunque reato. Col quarto motivo 
si insisteva sotto altro profilo per la illegittimità della nota prefettizia e, 
con essa, della risoluzione del rapporto perché era emerso che l'informativa si 
basava unicamente sulle vicende di natura penale che avevano coinvolto 
l'amministratore di Esperia mentre queste erano state già escluse nelle 
competenti sedi. L'appellante, infine, riproponeva la domanda di risarcimento 
sia in termini di danno emergente che di lucro cessante sia in termini di 
perdita di chance e di qualificazione, oltre ad accessori.
7. Le Amministrazioni intimate si sono costituite in giudizio. Entrambe 
concludono per la conferma della sentenza di primo grado ed insistono nelle 
rispettive difese.
La causa è passata in decisione all'udienza del 27 novembre 2007 ed è stato 
pubblicato il dispositivo n. 552/07.
DIRITTO
L'appello è fondato. Va premesso che l'informativa prefettizia 446/area I Bis 
del 20.10.2005 è stata già annullata con sentenza n. 363/07 del TAR Campania, 
Sez. I, che questa Sezione ha confermato con decisione n. 2828 del 31 maggio 
2007. 
Da tale decisione il Collegio non ha motivo di discostarsi. Se è pacifico 
infatti che l'interesse pubblico al cui soddisfacimento è diretto l'insieme 
delle misure di prevenzione antimafia giustifica anche interventi basati sul 
mero sospetto e quindi privi di quell'accertamento rigoroso che il nostro 
ordinamento esige nella sede penale è, per converso, evidente che un fatto che 
ha trovato smentita all'esito di un procedimento penale non può esser richiamato 
per assumere capacità qualificatoria dal punto di vista dell'informativa 
antimafia (Sez. V, 31 maggio 2007, 2828; 27 giugno 2006, n. 4135). Il che è 
proprio quanto accade nella citata informativa, la quale a distanza di mesi 
dalla smentita in sede penale delle vicende che avevano riguardato 
l'amministratore di Esperia s.p.a., assume quelle stesse vicende quale 
presupposto per ritenere sussistente un attuale tentativo di infiltrazione 
mafiosa. 
Una volta ribadito l'annullamento dell'informativa prefettizia n. 446/2005, 
analoga sorte tocca alla determinazione con la quale l'Azienda Ospedaliera San 
Martino di Genova (n. 3046 del 14.11.2005) ha disposto la revoca del rapporto in 
essere con l'appaltratice Esperia. E' infatti nella stessa (annullata) 
informativa prefettizia che si esaurisce la motivazione della revoca del 
rapporto da parte dell'Azienda Ospedaliera. Quest'ultima, ancorché avrebbe 
dovuto, trattandosi di informativa prefettizia atipica (come è stato stabilito 
dalla sentenza confermata dalla Sezione con decisione n. 2828/07) , non ha 
invero compiuto alcuna autonoma valutazione e si è limitata all'acritico 
recepimento del punto di vista espresso nell'informativa prefettizia.
Per le anzidette, assorbenti, ragioni la sentenza gravata merita di essere 
riformata, con conseguente annullamento sia della nota prefettizia n. 446/area 1 
bis del 20.10.2005 sia della determinazione dell'Azienda Ospedaliera n. 3046 del 
14.11.2005.
Fondata dunque risulta anche la domanda risarcitoria. In ossequio a principi di 
derivazione anche comunitaria va privilegiata, ove possibile (se del caso previa 
presa d'atto della caducazione di rapporti eventualmente costituiti per 
sostituire quello revocato ad Esperia), la reintegrazione in forma specifica. 
Nell'ipotesi in cui ciò non sia possibile le Amministrazioni intimate saranno 
tenute in solido al risarcimento per equivalente. Da questo punto di vista va 
anzitutto precisato che l'importo della commessa da assumere a base del calcolo 
dell'entità del risarcimento va identificato nell' (intero) importo del 
contratto per il terzo anno di servizio più il solo 80% dell'importo degli 
ulteriori tre anni previsti sia in sede di gara che dal contratto: a tale 
decurtazione equitativa il Collegio ritiene di poter pervenire tenuto conto del 
dato che la prosecuzione del rapporto per il triennio in questione, pur non 
essendo tecnicamente vincolata, era legata al verificarsi di presupposti che la 
rendevano pressoché scontata (id est, mantenimento del prezzo pattuito tre anni 
prima).
Così individuato l'ammontare della commessa non eseguita, si può passare alla 
liquidazione delle diverse voci di pregiudizio. La prima voce consiste nel danno 
emergente, costituito dalle spese e dai costi sostenuti per la preparazione 
dell'offerta e per la partecipazione alla procedura. A questo titolo il Collegio 
ritiene equo fissare un risarcimento pari al 2% del valore dell'appalto, 
beninteso come sopra quantificato. Al danno emergente si aggiunge il danno per 
lucro cessante, che la giurisprudenza ha ormai pacificamente individuato nel 10% 
del valore dell'appalto (anche in questo caso come sopra quantificato). Come 
stabilito dalla Sezione, con precedente cui il Collegio ritiene di dover dare 
adesione, va poi riconosciuto un importo pari al 3% del valore dell'appalto 
(sempre come sopra quantificato) a titolo di perdita di chance, legata alla 
impossibilità di far valere, nelle future contrattazioni, il requisito economico 
pari al valore dell'appalto non eseguito (Sez. V, 23 ottobre 2007, n. 5592). Ai 
fini dell'integrale ristoro della sfera patrimoniale va, da ultimo, riconosciuto 
un ulteriore importo, equitativamente individuato nel 3% del valore 
dell'appalto, per il mancato ammortamento di attrezzature e macchinari. Sulle 
somme così liquidate, poiché si tratta di debito di valore, va progressivamente 
effettuata la rivalutazione e poi occorre applicare gli interessi dalla data 
della risoluzione fino al deposito della presente sentenza. Dalla data di 
deposito e fino al soddisfo, trattandosi ora di debito di valuta, dovranno 
essere corrisposti i soli interessi legali.
Va inoltre risarcito, a prescindere dalla esecuzione in forma specifica, anche 
il cd. danno esistenziale. Sul punto il Collegio ritiene di poter condividere 
l'orientamento espresso dalla Corte di Cassazione con la sentenza 4 giugno 2007, 
n. 12929, dove si chiarisce che il diritto all'immagine, concretizzantesi nella 
considerazione che un soggetto ha di sé e nella reputazione di cui gode, non può 
essere considerato appannaggio esclusivo della persona fisica e va anzi 
riconosciuto anche alle persone giuridiche. Tale diritto, traente fondamento 
dalla previsione dell'art. 2 Cost., è nella specie menomato sia dall'informativa 
del 20.10.2005, la quale risulta irragionevolmente adottata senza alcun 
riferimento alle opposte valutazioni provenienti dalla sede penale, che dalla 
revoca dell'appalto, che su quell'informativa si è appiattita.
Per la relativa quantificazione, il Collegio ritiene di dover far uso 
dell'istituto di cui all'art. 35, secondo comma, del d.lgs. 80/98, demandando 
alle Amministrazioni appellate di formulare nel termine di 180 giorni una 
proposta di risarcimento che tenga conto delle conseguenze pregiudizievoli che 
un'informativa prefettizia negativa nonché la revoca di un appalto regolarmente 
aggiudicato sono suscettibili di arrecare alla sfera giuridica di un'impresa, 
dal punto di vista della sua esistenza e della sua capacità di operare sul 
mercato. Trattandosi di debito di valore, le somme individuate, previamente 
rivalutate, dovranno essere maggiorate degli interessi legali.
Le spese del doppio grado, vista la peculiarità della vicenda, possono essere 
compensate.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta , accoglie 
l’appello e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, annulla i 
provvedimenti impugnati in primo grado.
Condanna le Amministrazioni appellate, in solido tra loro, al risarcimento dei 
danni in favore dell’appellante, come specificato in motivazione.
Spese del doppio grado compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del 27 Novembre 2007 con 
l’intervento dei Sigg.ri:
Pres. Claudio Marchitiello 
Cons. Marco Lipari 
Cons. Aniello Cerreto 
Cons. Nicola Russo Est. 
Cons. Giancarlo Giambartolomei 
L’ESTENSORE                                             
IL PRESIDENTE
F.to Nicola Russo F.to                                  
Claudio Marchitiello
IL SEGRETARIO
F.to Agatina Maria Vilardo
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 12/02/2008
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
P. IL DIRIGENTE
F.to Livia Patroni Griffi
 
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