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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006
CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, 09/07/2007 (Ud. 
9/5/2007), Sentenza n. 15334
LAVORO - Uso indebito del cellulare aziendale - Giusta causa di licenziamento - Configurabilità - Fattispecie. In tema di licenziamento, rientra nella nozione legale di giusta causa, la condotta del dipendente che abbia indebitamente usato, per fini personali, il cellulare aziendale, nella specie omettendo ogni vigilanza sull’uso fattone da parte del figlio ventenne dedito all’invio di SMS (la cui abnormità, nella quantità e nei relativi importi, riscontrabili con la normale diligenza, era stata dedotta dal lavoratore medesimo, per contestare l’intempestività della sanzione espulsiva), è tale da far venir meno il rapporto fiduciario tra datore di lavoro e lavoratore, per i profili soggettivi ed oggettivi, per essersi protratta nel tempo e per gli indebiti vantaggi conseguiti in danno del datore di lavoro (ex plurimis Cass. n. 2906 del 2005; Cass. n. 16260 del 2004; Cass. n. 5372 del 2004; Cass. sentenza n. 14507 del 29 settembre 2003; Cass. sentenza n. 6609 del 28 aprile 2003). Presidente S. Ciciretti, Relatore A. De Renzis, Ric. Garzia. CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro, 09/07/2007 (Ud. 9/5/2007), Sentenza n. 15334
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UDIENZA del 
SENTENZA N.
REG. GENERALE N.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: 
Omissis
ha pronunciato la seguente: 
sentenza  
omissis
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso, depositato il 9.7.2001, Angelo Garzia, esponeva:
di essere dipendente della Telecom Italia dal 1972 con mansioni di operaio 
tecnico con inquadramento nel 4° livello;
di essere stato licenziato dalla datrice di lavoro con lettera del 1°.2.2001, 
per avere utilizzato il cellulare di dotazione aziendale a titolo personale 
(invio di notevole quantità di messaggi). Ciò premesso, conveniva in giudizio 
l'anzidetta società per sentir dichiarare l'illegittimità del licenziamento, con 
le conseguenti statuizioni di carattere restitutorio e retributivo.
All'esito dell'istruzione il Tribunale del Lavoro di Lecce con sentenza n. 5042 
del 2003 respingeva il ricorso.
Tale decisione, appellata dal Garzia, è stata confermata dalla Corte di Appello 
di Lecce con sentenza n. 2260 del 2004.
La Corte, precisati i termini della vicenda, ha osservato che i comportamenti 
contestati, consistiti nell'indebita utilizzazione per fini personali del 
telefono cellulare di dotazione aziendale, configuravano una giusta causa di 
recesso.
La stessa Corte ha ritenuto che la contestazione fosse stata tempestiva, essendo 
decorso un lasso di tempo di poco superiore a due mesi dal perdurante 
comportamento sanzionatorio. e che il provvedimento espulsivo fosse ampiamente 
giustificato sia dalla gravità della sanzione sia dall'entità del danno.
Quanto infine alla censura fondata sulla richiesta di applicazione di sanzione 
di tipo conservativo, la Corte ha rilevato che la conformità della condotta 
contestata alla previsione prevista dal Codice Civile e legale di giusta causa 
di licenziamento comportava l'irrilevanza dell'indagine di quale dovesse essere 
la contrattazione collettiva applicabile alla fattispecie, non essendo tassativa 
l'elencazione delle ipotesi di giusta causa contenuta nei contratti collettivi.
Contro la sentenza di appello il Garzia propone ricorso per cassazione con due 
motivi.
La Telecom Italia resiste con controricorso, illustrato con memoria ex art. 378 
C.P.C.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta violazione del principio di 
immediatezza della contestazione, nonché violazione e falsa applicazione 
dell'art. 2119 Cod. Civ. e dell'art. 7-commi 1 e 2- della legge n 300 del 1970.
Il Garzia osserva in particolare che la contestazione disciplinare non poteva 
considerarsi tempestiva, essendo intervenuta a distanza di un anno dopo l'inizio 
dell'infrazione e di sei mesi dopo la sua cessazione.
Il ricorrente aggiunge che, trattandosi di addebiti rilevabili da fatturazioni 
notoriamente bimestrali, l'abnormità del numero degli SMS e dei relativi importi 
era riscontrabile con la normale diligenza.
Il Garzia osserva ancora che il ritardo nella contestazione era stato voluto 
dalla Telecom per sanzionare il comportamento di esso ricorrente e dei suoi 
colleghi secondo quanto previsto dal nuovo contratto collettivo nazionale, 
entrato in vigore solo nel mese di ottobre 2000, prevedendo il contratto del 
1996/1999 soltanto una sanzione conservativa, graduata tra il rimprovero e la 
sospensione del servizio per l'utilizzo di prodotti software di proprietà 
aziendale per finalità personali (viene richiamata sul punto la decisione della 
Corte di Appello di Roma del 3.3.2005).
Gli esposti rilievi sono privi di pregio e vanno disattesi.
La sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione del principio di 
immediatezza della contestazione, che secondo il costante indirizzo di questa 
Corte va inteso in senso relativo, non trattandosi di termine previsto a pena di 
decadenza, giacché, ricostruite le vicende, ha rilevato che la Telecom ebbe 
piena conoscenza dei fatti solo dopo le segnalazioni ricevute dalla TIM e 
procedette ad indagare sugli abusi, provvedendo alla contestazione degli 
addebiti a distanza di due soli mesi dal perdurante comportamento sanzionato.
Trattasi di valutazione congruamente motivata e fondata su ragionevoli 
argomentazioni, a cui il ricorrente oppone un diverso apprezzamento, non 
consentito in sede di legittimità.
Il profilo della proporzionalità della sanzione rispetto agli addebiti 
contestati è comune al secondo motivo e viene esaminato in prosieguo.
2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia omessa valutazione di 
circostanze determinanti, nonché motivazione illogica e contraddittoria e 
violazione dell'art. 2106 Cod. Civ.
Il ricorrente censura la sentenza impugnata, per avere, da un lato, omesso di 
rilevare che la Telecom, presentando un esposto nei confronti di Andrea Garzia, 
suo figlio, e costituendosi parte civile nei confronti di quest'ultimo aveva, 
per facta concludentia, ritenuto verosimili le giustificazioni del 
proprio dipendente, e, dall'altro lato, per avere ritenuto in modo apodittico 
che l'omessa vigilanza sull'uso del cellulare, nei confronti di un figlio 
ventenne, comportasse una così grave violazione del dovere di custodia da 
legittimare il licenziamento di un dipendente con oltre trenta anni di servizio 
mai censurati.
Il Garzia considera inoltre erronea l'impugnata decisione, per avere ritenuto 
che la conformità della condotta contestata alla previsione codicistica e legale 
di giusta causa di licenziamento comportasse l'irrilevanza dell'indagine circa 
l'applicabilità alla fattispecie della contrattazione collettiva, in 
considerazione della non tassatività delle ipotesi di giusta causa contenute nei 
contratti collettivi.
Al contrario, aggiunge il Garzia nel caso di specie l'indagine, ritenuta 
irrilevante dal giudice di appello, non avrebbe potuto essere omessa, proprio 
perché il contratto collettivo del 1996/1999 prevedeva al massimo la sospensione 
dal servizio e dalla retribuzione per dieci giorni e non la sanzione espulsiva e 
soltanto il nuovo contratto collettivo sanzionava con il licenziamento il 
comportamento contestato al dipendente.
La valutazione obiettiva della proporzionalità tra infrazione e sanzione, 
conclude il ricorrente, s'imponeva anche in relazione all'art. 2106 Cod. Civ., 
tenendosi conto, oltre che dell'esistenza di infrazioni disciplinari, anche 
dell'intensità di una condotta dolosa.
Anche il secondo motivo non é fondato.
Sul punto va precisato che, secondo costante orientamento dì questa Corte, 
l'elencazione delle ipotesi di giusta causa di licenziamento contenuta nei 
contratti collettivi, al contrario che per le sanzioni disciplinari con effetto 
conservativo, ha valenza meramente esemplificativa e non esclude, perciò, la 
sussistenza della giusta causa per un grave inadempimento o per altro grave 
comportamento del lavoratore, contrario alle norme della comune etica o del 
comune vivere civile, alla sola condizione che tale grave inadempimento o tale 
grave comportamento, con apprezzamento di fatto del giudice di merito non 
sindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, abbia fatto venir 
meno il rapporto fiduciario tra datore di lavoro e lavoratore (ex plurimis 
Cass. n. 2906 del 2005; Cass. n. 16260 del 2004; Cass. n. 5372 del 2004).
Orbene, nel caso di specie la Corte territoriale, nel recepire il richiamato 
orientamento giurisprudenziale, ha valutato la condotta contestata al lavoratore 
sulla base della nozione legale di giusta causa di licenziamento ex art. 2119 
Cod. Civ. e non sulla base delle ipotesi elencate dalla contrattazione 
collettiva.
Il giudice di appello sulla base di tale indirizzo correttamente ha ricostruito 
la condotta la condotta del Garzia in tutti i suoi profili (soggettivo ed 
oggettivo) evidenziandone l'illiceità e la gravità anche in relazione all'art. 
2106 Cod. Civ., nonché l'entità del danno, sicché l'addebito mosso (utilizzo del 
telefono cellulare aziendale per fini personali) era tale da far venir meno la 
fiducia del datore di lavoro nell'operato del dipendente (in tal senso ex 
plurimis Cass. sentenza n. 14507 del 29 settembre 2003; Cass. sentenza n. 
6609 del 28 aprile 2003).
Corretta e logica é anche la motivazione della sentenza impugnata circa la 
proporzionalità ed adeguatezza della misura del licenziamento, in relazione ai 
profili evidenziati in ordine alla condotta del dipendente, protrattasi nel 
tempo, e agli indebiti vantaggi conseguiti dal dipendente in danno della datrice 
di lavoro.
 
3. In conclusione il ricorso è destituito di fondamento e va rigettato.
Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e si liquidano come 
da dispositivo.
P Q M
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, che liquida in 
€ 29,00, oltre € 2000/00 per onorari, IVA, CPA e spese generali.
Così deciso in Roma addì 9 maggio 2007
Il Consigliere relatore estensore
Depositato in cancelleria il 9 LUG. 2007
 
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