Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 349/06 REG.DEC.
N. 2479 REG.RIC.
ANNO 2005 I
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso nr. 2479/2005 R.G. proposto dal Comune di Grumento Nova, in 
persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. 
Giuseppe Malta ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. Roberto 
Lombardi in Roma, Via Mazzini n. 145
CONTRO
La ditta Co.Proget. di Summa Donato, in persona del legale rappresentante pro 
tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Sandro Di Falco e ed elettivamente 
domiciliato presso lo studio di quest’ultimo in Roma, Via Cornelio Celso n. 7;
e nei confronti di
CEAT Consorzio Artigiani Tolvesi, in persona del legale rappresentante pro 
tempore, non costituito in giudizio;
per l’annullamento e la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale della Basilicata, 6 
ottobre 2004, n. 806;
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Vista la costituzione in giudizio della parte appellata;
Viste le memorie prodotte dalle parti;
Visti gli atti tutti della causa;
Alla pubblica udienza del 21 giugno 2005, relatore il Consigliere Michele 
Corradino;
Uditi, altresì, gli avvocati Malta e Carbone per delega, quest’ultimo, dell’avv. 
Di Falco come da verbale d’udienza; 
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
Con sentenza del TAR della Basilicata n. 806/2004, veniva accolto il ricorso 
(iscritto al nr. 233/2004 R.G.) proposto dalla ditta Co.Proget. di Summa Donato 
per l'annullamento della mancata aggiudicazione definitiva dei lavori di 
ristrutturazione e adeguamento del convento dei Cappuccini; del verbale di 
riesame della gara, redatto dalla commissione in data 23 aprile 2004, a mezzo 
del quale la commissione ha escluso la ricorrente in primo grado, pervenendo 
all’aggiudicazione provvisoria dei lavori a favore di una diversa impresa; di 
ogni ulteriore atto connesso, conseguente e/o consequenziale comunque lesivo 
degli interessi della ricorrente, ivi compreso il parere dell’avv. Malta 
(gravato altresì con ricorso per motivi aggiunti) trasmesso all’Amministrazione 
con nota del 10 febbraio 2004 e meramente richiamato nel provvedimento che ha 
disposto la mancata aggiudicazione definitiva dei lavori; del provvedimento 
(gravato con ricorso per motivi aggiunti) di aggiudicazione definitiva dei 
lavori ad altra impresa (CEAT); è stata, invece, respinta l’istanza per il 
risarcimento dei danni subiti e subendi dalla ricorrente di primo grado.
La sentenza è stata appellata dal Comune di Grumento Nova che contrasta le 
argomentazioni del giudice di primo grado.
La ditta Co.Proget. di Summa Donato si è costituita per resistere all’appello.
La CEAT Consorzio Artigiani Tolvesi non si è costituita in giudizio.
Alla pubblica udienza del 21 giugno 2005, il ricorso veniva trattenuto per la 
decisione.
DIRITTO
L’appello è infondato e deve essere respinto.
1. La Co.Proget. di Summa Donato ha partecipato alla gara, bandita dal Comune di 
Grumento Nova, per i lavori di ristrutturazione e adeguamento del Convento dei 
Cappuccini. La compagine sociale risultava aggiudicataria, in via provvisoria, 
della gara con il ribasso del 18,18%. Tuttavia, con il provvedimento gravato in 
primo grado l’Amministrazione ha escluso di poter procedere alla definitiva 
aggiudicazione in suo favore dell’appalto perché, in occasione della verifica 
dei requisiti relativi alla moralità professionale di cui all’art. 75 D.P.R. n. 
554 del 1999, ha ritenuto che la condanna con sentenza patteggiata del 
rappresentante della capogruppo Co.Proget per il reato di cui all’art. 51, primo 
comma, lett. a), D.L.vo 5 febbraio 1997 n. 22 (per aver raccolto e trasportato 
rifiuti di materiali inerti da demolizione edile su terreno di proprietà di 
soggetto committente di lavori edilizi) fosse ostativa all’aggiudicazione della 
gara (sentenza la cui esistenza era stata peraltro dichiarata dalla ricorrente). 
Ha conseguentemente disposto l’esclusione dell’A.T.I. Co.Proget. di Summa Donato 
dalla procedura e, sulla base della nuova media delle offerte, ha aggiudicato la 
gara alla ditta CEAT Consorzio Artigiani Tolvesi.
2. In primo luogo deve essere chiarito che erra l’appellante allorché afferma 
che il Giudice di primo grado non si è pronunciato sull’eccezione riguardante 
l’omessa impugnazione - da parte della ditta Co.Proget. di Summa Donato - della 
clausola (a dire dell’amministrazione comunale) immediatamente lesiva racchiusa 
nel disciplinare di gara. Risulta, invece, che il Giudice di primo grado, con 
percorso motivazionale immune da vizi e pienamente condivisibile, ha ritenuto 
priva di pregio l’eccezione di inammissibilità atteso che il disciplinare 
richiedeva di dichiarare, a pena di esclusione, di non trovarsi nelle condizioni 
previste dall’art. 75, primo comma, lett. a), b), c), d), e), f), g), h) D.P.R. 
n. 554/1999. Con la dichiarazione resa in data 18 dicembre 2003 la ricorrente 
affermò di non trovarsi nelle condizioni previste dall’art. 75, primo comma, 
lett. a), b), c), d), e), f), g), h) D.P.R. n. 554/1999 pur avendo riportato una 
condanna penale ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., non ritenendo che il 
reato commesso avesse inciso sull’affidabilità morale e professionale. La 
Co.Proget. non doveva quindi impugnare in parte qua il bando non essendo questo, 
a suo avviso (e a causa dell’indeterminatezza della clausola normativa in 
esame), ostativo alla partecipazione alla gara, preclusa solo alle ditte che 
avessero commesso reati incidenti sull’affidabilità morale e professionale.
3. E’ necessario, a questo punto, richiamare l’indirizzo giurisprudenziale ormai 
consolidato secondo il quale (per una recente applicazione cfr. Cons. Stato, 
sez. V, 10 gennaio 2005 n. 32) in sede di gara per l’aggiudicazione dei 
contratti con la Pubblica Amministrazione la stazione appaltante è tenuta ad 
applicare in modo incondizionato le clausole inserite nella lex specialis in 
ordine ai requisiti di partecipazione, ovvero le cause di esclusione dalla gara. 
Ed invero, solo la puntuale osservanza delle prescrizioni del bando o della 
lettera di invito, ancorchè le stesse siano ulteriori rispetto a quelle previste 
dalle leggi di settore, ma pur sempre ricollegabili in via diretta all’interesse 
pubblico da perseguire, è idonea a consentire l’uniformità di regole nei 
confronti di tutti i partecipanti alle gare per la stipula dei contratti con la 
Pubblica Amministrazione.
Invero, il formalismo che caratterizza la disciplina delle procedure di gara o 
di concorso risponde, da un lato, ad esigenze pratiche di certezza e celerità, 
dall’altro, e soprattutto, alla necessità di garantire l’imparzialità 
dell’azione amministrativa e la parità di condizioni tra i concorrenti. Soltanto 
nel varco aperto da un’equivoca formulazione della lettera di invito o del bando 
di gara può esservi spazio per un’interpretazione che consenta la più ampia 
ammissione degli aspiranti. Pertanto, l’Amministrazione è tenuta al rispetto 
della normativa alla quale si è essa stessa autovincolata, per avere emanato il 
bando di gara sulla convinzione della idoneità delle stesse prescrizioni a 
perseguire la finalità della migliore scelta possibile del contraente in 
relazione all’oggetto dell’appalto. Del resto la rigorosa previsione delle 
clausole in ordine al possesso dei requisiti per la partecipazione ai pubblici 
appalti è controbilanciata dall’interesse della stessa Pubblica Amministrazione 
a circoscrivere la gara alle sole imprese munite dei necessari presupposti 
funzionali all’esecuzione delle obbligazioni contrattuali.
Merita di essere ricordato, quanto alla gara oggetto di impugnativa, che non 
viene in rilievo il profilo della puntuale osservanza delle prescrizioni della 
lex specialis nella prospettazione offerta dall’odierno appellante. Infatti, 
come sarà fra breve precisato, anche la (doverosa) applicazione delle regole che 
disciplinano le procedure comparative di offerenti o di concorrenti richiede, a 
fronte di concetti giuridici indeterminati (quali quelli che ci occupano), 
l’esternazione della motivazione (con particolare riferimento all’iter logico - 
giuridico seguito dall’Amministrazione) che sorregge la scelta compiuta. 
4. Ciò premesso, merita di essere ricordato che l’articolo 75 (Cause di 
esclusione dalle gare di appalto per l'esecuzione di lavori pubblici) del 
Decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1999, n. 554 - Regolamento 
di attuazione della legge quadro in materia di lavori pubblici 11 febbraio 1994, 
n. 109 e successive modificazioni - prevede che (comma 1) <<sono esclusi dalla 
partecipazione alle procedure di affidamento degli appalti e delle concessioni e 
non possono stipulare i relativi contratti i soggetti: […] c) nei cui confronti 
è stata pronunciata sentenza di condanna passata in giudicato, oppure di 
applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell'articolo 444 del codice di 
procedura penale, per reati che incidono sull'affidabilità morale e 
professionale; il divieto opera se la sentenza è stata emessa nei confronti del 
titolare o del direttore tecnico se si tratta di impresa individuale; del socio 
o del direttore tecnico, se si tratta di società in nome collettivo o in 
accomandita semplice; degli amministratori muniti di potere di rappresentanza o 
del direttore tecnico se si tratta di altro tipo di società o consorzio. In ogni 
caso il divieto opera anche nei confronti dei soggetti cessati dalla carica nel 
triennio antecedente la data di pubblicazione del bando di gara, qualora 
l'impresa non dimostri di aver adottato atti o misure di completa dissociazione 
della condotta penalmente sanzionata […]>>. 
Tale disposizione, come correttamente osservato dall’Autorità per la Vigilanza 
sui lavori Pubblici nella Determinazione n. 16/23 del 5 dicembre 2001, è molto 
più articolata e complessa di quella utilizzata ai fini della qualificazione 
delle imprese, che fa riferimento soltanto ad <<inesistenza di sentenze 
definitive di condanna passate in giudicato ovvero di sentenze di applicazione 
della pena su richiesta ai sensi dell’art. 444 del codice di procedura penale a 
carico del titolare, del legale rappresentante, dell’amministratore o del 
direttore tecnico per reati che incidono sulla moralità professionale>> (art. 
17, comma 1, lett. c), del D.P.R. 34/2000). 
Questo Consesso ha di recente chiarito (Consiglio di Stato, IV, 18 maggio 2004 
n. 3185), con riferimento all’art. 12 D.L.vo 17 marzo 1995 n. 157, ma con 
argomentazioni estensibili al disposto dell’art. 75 D.P.R. n. 554/1999, che la 
lett. b) di detto art. 12 - secondo cui sono esclusi dalla partecipazione alla 
gara i concorrenti nei cui confronti sia stata emessa sentenza di condanna 
passata in giudicato ovvero sentenza di applicazione della pena su richiesta ai 
sensi dell'art. 444 cod. proc. pen., per qualsiasi reato che incide sulla loro 
moralità professionale o per delitti finanziari - per il modo in cui è 
formulata, che collega l’esclusione alla generalità delle trasgressioni che 
incidono sulla moralità professionale o ai delitti finanziari, sta a significare 
che nella considerazione del Legislatore è qualificante la commissione di reati 
di una certa natura sotto l’aspetto sostanziale, nel senso che si è voluto 
evitare l’affidamento del servizio a coloro che abbiano commesso reati lesivi 
degli stessi interessi collettivi che, nelle veste di aggiudicatari, sarebbero 
chiamati a tutelare (cfr. altresì Cons. Stato, sez. V, 27/03/2000, n. 1770). 
Orbene, la mancanza di parametri fissi e predeterminati e la genericità della 
prescrizione normativa lascia un ampio spazio di valutazione discrezionale alla 
stazione appaltante, e consente alla stessa margini di flessibilità operativa al 
fine di un equo apprezzamento delle singole concrete fattispecie, con 
considerazione di tutti gli elementi delle stesse che possono incidere sulla 
fiducia contrattuale, quali, a titolo esemplificativo, l’elemento psicologico, 
la gravità del fatto, il tempo trascorso dalla condanna, le eventuali recidive
et similia. 
E’ chiaro, infatti, che la norma attribuisce, in mancanza di apposita 
specificazione delle norme incriminatici di parte speciale, un ampio margine di 
apprezzamento alle amministrazioni appaltanti, cui spetta decidere quali imprese 
escludere dalle procedure di affidamento degli appalti, in conseguenza di fatti 
costituenti reato (anche di non rilevante entità, come dimostra il richiamo 
all’istituto dell’applicazione della pena su richiesta) che siano da esse 
ritenuti indici di inaffidabilità morale o professionale; deve essere condiviso, 
infatti, il rilievo in base al quale il concetto di (im)moralità professionale 
presuppone la realizzazione di un fatto di reato idoneo a manifestare una 
radicale e sicura contraddizione coi principi deontologici della professione (Cons. 
Stato, sez. V, 01/03/2003, n. 1145; Cons. Stato, sez. V, 25/11/2002, n. 6482; 
Cons. Stato, sez. V, 18/10/2001, n. 5517, che ha ritenuto legittima la scelta 
dell'amministrazione appaltante di non escludere da una gara d'appalto il 
concorrente condannato con decreto penale per un reato contravvenzionale 
omissivo e di pericolo, a struttura normalmente colposa, quale quello previsto 
dall'art. 677 c.p. - omissioni di lavori in edifici o costruzioni che minacciano 
rovina - ove dalla condotta per la quale è stato condannato non emergano 
elementi particolarmente sintomatici di una scarsa moralità professionale).
Invero, la stessa indeterminatezza dei concetti di affidabilità morale e 
professionale a cui è legato l’effetto espulsivo comporta necessariamente 
l’esercizio, da parte dell’Amministrazione aggiudicante, di un potere 
discrezionale di valutazione dei reati ascritti agli interessati. Ciò tanto più 
se si considera che, nell’ipotesi di cui all’art. 444 c.p.p., l’applicazione 
della pena su richiesta delle parti (c.d. patteggiamento) non comporta 
necessariamente l’affermazione della responsabilità del reo. 
Nello stesso senso deve essere interpretato l’art. 24, comma 1, lett. c) della 
Direttiva 93/37/CEE il quale fa riferimento a “qualsiasi reato che incida sulla 
sua moralità professionale”.
Da ciò consegue, altresì, che non è sufficiente l'accertamento in capo al 
soggetto interessato di una condanna penale, giacché il dettato normativo 
richiede una concreta valutazione da parte dell'amministrazione rivolta alla 
verifica, attraverso un apprezzamento discrezionale che deve essere 
adeguatamente motivato, dell'incidenza della condanna sul vincolo fiduciario da 
instaurare attraverso il contratto con l’Amministrazione stessa, senza che tale 
apprezzamento possa ritenersi compiuto per implicito attraverso la semplice 
enunciazione delle fattispecie di reato alle quali si riferisce la condanna. 
Inoltre, quando si deve valutare l’affidabilità o la moralità professionale di 
un soggetto non può prescindersi anche dalla considerazione della sua 
professionalità per come nel tempo si è manifestata. Ne discende, pertanto, che 
i margini di insindacabilità attribuiti all'esercizio del potere discrezionale 
dell'amministrazione appaltante di valutare una condanna penale, ai fini 
dell'esclusione di un concorrente da una gara d'appalto, non consentono, 
comunque, al pubblico committente di prescindere dal dare contezza di avere 
effettuato la suddetta disamina e dal rendere conoscibili gli elementi posti 
alla base dell'eventuale definitiva determinazione espulsiva (Cons. Stato, sez. 
V, 28 aprile 2003, n. 2129). 
E’, peraltro, corretto sostenere che ciò debba avvenire avendo riguardo al tipo 
di rapporto che con un determinato soggetto deve essere instaurato, alla gravità 
del reato in relazione alla tipologia del rapporto ed alle condizioni che in 
concreto inducono a ritenere che un vincolo contrattuale con quel soggetto non 
debba essere costituito. Detto diversamente, l’esercizio della predetta potestà 
dev’essere motivato e, siccome la motivazione, ai sensi dell’art. 3 della Legge 
7.8.1990, n. 241, è fondata sulle risultanze dell’istruttoria, cioè su un 
accertamento di fatto concreto, dette valutazioni non andranno espresse su 
categorie astratte di reati, ma tenendo conto delle circostanze in cui un reato 
è stato commesso, per dedurne un giudizio di affidabilità o inaffidabilità. La 
norma perciò non richiede apprezzamenti assoluti del tipo “la commissione di 
tale reato è (o non è) indice di inaffidabilità morale o professionale”, ma 
un’accurata indagine sul singolo fatto, giudicato come costituente reato, su cui 
si fonderà il giudizio, richiesto all’amministrazione.
In tale senso già si era pronunciata la giurisprudenza, sia pure con riferimento 
alla normativa pregressa di analogo tenore (art. 13 l. 8 agosto 1977 n. 584, 
modificato dall'art. 27 l. 3 gennaio 1978 n. 1), affermando la necessità, ai 
fini dell'esclusione da una gara di appalto, di una discrezionale valutazione 
dell'Amministrazione, insindacabile in sede giudiziale se non mediante la 
dimostrazione della sussistenza di vizi logici ovvero dell'erronea 
rappresentazione dei fatti, in ordine alla rilevanza di una condanna penale, 
subita dall’imprenditore partecipante alla gara stessa (Cons. Stato, sez. VI, 30 
gennaio 1998, n. 125).
Ne consegue che, nel caso di specie e come correttamente rilevato dal giudice di 
primo grado, l’amministrazione appellante (alla quale era demandato il compito 
di apprezzare se eventuali condanne potessero implicare un vulnus alla moralità 
professionale del soggetto partecipante alla gara), oltre ad indicare la 
condanna subita dal legale rappresentante della società ricorrente in primo 
grado, avrebbe dovuto, esercitando il ridetto potere discrezionale conferitole 
dalla legge, espressamente valutare l’incidenza in concreto della condanna 
medesima sul piano dell’affidamento morale e professionale dell’impresa 
interessata (attraverso la disamina di alcuni rilevanti connotati concreti della 
fattispecie penale chiamata in causa) e solo nel caso di un esito negativo di 
tale esame, procedere all’esclusione della società.
In considerazione dei tratti distintivi della fattispecie in esame, dunque, non 
risulta legittima l’esclusione senza che sia stata data adeguata contezza di un 
(previo prudente) apprezzamento delle ragioni che, nel concreto, precludevano 
l'eventuale affidamento del servizio in ragione del precedente penale. 
5. La sentenza gravata merita conferma anche nella parte in cui ha rigettato 
l’istanza risarcitoria proposta dalla ricorrente in primo grado e riproposta in 
sede d’appello.
Il Giudice di primo grado osservò correttamente che non era in quel momento 
prevedibile l’esito del riesame della posizione della concorrente da parte della 
stazione appaltante.
Inoltre, costituisce ius receptum il principio secondo il quale la domanda 
risarcitoria non sostenuta dalle allegazioni necessarie all'accertamento della 
responsabilità dell'amministrazione risulta proposta in modo generico e, quindi, 
va respinta; grava, infatti, sul danneggiato l'onere di provare, ai sensi 
dell'art. 2697 c.c., tutti gli elementi costitutivi della domanda di 
risarcimento del danno per fatto illecito (Cons. Stato, Sez. V, 25/01/2002, n. 
416; Cons. Stato, Sez. V, 06/08/2001, n. 4239; Cons. Stato, Sez.V, 19 Aprile 
2005, n. 1792). Invero, il risarcimento del danno non è una conseguenza 
automatica dell'annullamento giurisdizionale ma richiede la positiva verifica di 
tutti i requisiti previsti dalla legge: oltre alla lesione della situazione 
soggettiva d'interesse tutelata dall'ordinamento, è indispensabile che sia 
accertata la colpa dell'amministrazione, e l'esistenza di un danno al patrimonio 
e che sussista un nesso causale tra la condotta lesiva ed il danno subito.
Nel caso in esame, la richiesta risarcitoria non è stata giustificata nè 
accompagnata da elementi probatori dell’indicazione del danno asseritamente 
subito: la mancanza della necessaria dimostrazione del danno non consente, 
dunque, di accogliere la domanda.
Per le ragioni esposte il ricorso deve quindi essere respinto con la conseguente 
conferma della sentenza impugnata.
Sussistono giusti motivi per compensare le spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione V) rigetta l’appello in 
epigrafe e per l’effetto conferma la sentenza impugnata.
Compensa le spese
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, palazzo Spada, sede del Consiglio di Stato, nella camera di 
consiglio del 21 giugno 2005, con l'intervento dei sigg.ri
Raffaele Iannotta presidente,
Giuseppe Farina consigliere,
Corrado Allegretta consigliere,
Claudio Marchitiello consigliere,
Michele Corradino consigliere estensore,
L'ESTENSORE                                        
IL PRESIDENTE
f.to Michele Corradino                               
f.to Raffaele Iannotta
IL SEGRETARIO
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
IL 31 GENNAIO 2006
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL DIRIGENTE
f.to Antonio Natale
 
1) Appalti - Accertamento della responsabilità dell'amministrazione - Lesione della situazione soggettiva d'interesse tutelata dall'ordinamento - Necessità - Domanda risarcitoria. Costituisce ius receptum il principio secondo il quale la domanda risarcitoria non sostenuta dalle allegazioni necessarie all'accertamento della responsabilità dell'amministrazione risulta proposta in modo generico e, quindi, va respinta; grava, infatti, sul danneggiato l'onere di provare, ai sensi dell'art. 2697 c.c., tutti gli elementi costitutivi della domanda di risarcimento del danno per fatto illecito (Cons. Stato, Sez. V, 25/01/2002, n. 416; Cons. Stato, Sez. V, 06/08/2001, n. 4239; Cons. Stato, Sez.V, 19 aprile 2005, n. 1792). Invero, il risarcimento del danno non è una conseguenza automatica dell'annullamento giurisdizionale ma richiede la positiva verifica di tutti i requisiti previsti dalla legge oltre alla lesione della situazione soggettiva d'interesse tutelata dall'ordinamento, è indispensabile che sia accertata la colpa dell'amministrazione, e l'esistenza di un danno al patrimonio e che sussista un nesso causale tra la condotta lesiva ed il danno subito. Pres. Iannotta - Est. Corradino - Comune di Grumento Nova (avv. Malta) c. Ditta Co.Proget. di Summa Donato (avv. Di Falco) e altri (conferma TAR Basilicata, 6 ottobre 2004, n. 806). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 31/01/2006 (c.c. 21/06/2005), Sentenza n. 349
2) Appalti - Gara d'appalto - Valutazione dell'affidabilità dei partecipanti - Esercizio del potere discrezionale dell'amministrazione appaltante - Sussiste - Motivazione adeguata - Necessità. In materia di appalti, quando si deve valutare l'affidabilità o la moralità professionale di un soggetto non può prescindersi anche dalla considerazione della sua professionalità per come nel tempo si è manifestata. Ne discende, che i margini di insindacabilità attribuiti all'esercizio del potere discrezionale dell'amministrazione appaltante di valutare una condanna penale, ai fini dell'esclusione di un concorrente da una gara d'appalto, non consentono, comunque, al pubblico committente di prescindere dal dare contezza di avere effettuato la suddetta disamina e dal rendere conoscibili gli elementi posti alla base dell'eventuale definitiva determinazione espulsiva (Cons. Stato, sez. V, 28 aprile 2003, n. 2129). Cons. Stato Sez. V, 31/01/2006, n. 349). Sicché, il dettato normativo (art 75 del D.P.R. n. 554 del 1999) richiede una concreta valutazione da parte dell'amministrazione rivolta alla verifica, attraverso un apprezzamento discrezionale che deve essere adeguatamente motivato, dell'incidenza della condanna sul vincolo fiduciario da instaurare attraverso il contratto con l'Amministrazione stessa, senza che tale apprezzamento possa ritenersi compiuto per implicito attraverso la semplice enunciazione delle fattispecie di reato alle quali si riferisce la condanna. Pres. Iannotta - Est. Corradino - Comune di Grumento Nova (avv. Malta) c. Ditta Co.Proget. di Summa Donato (avv. Di Falco) e altri (conferma TAR Basilicata, 6 ottobre 2004, n. 806). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 31/01/2006 (c.c. 21/06/2005), Sentenza n. 349
3) Appalti - Gara d'appalto - Fatti costituenti reato - Discrezionalità Amministrativa - Precedente penale -Esclusione dalla gara - Legittimità - Obbligo di motivazione. In atto di gara l’amministrazione appaltante ha un ampio margine di discrezionalità in merito alle cause di esclusione in conseguenza di fatti costituenti reato, in quanto l’assenza di parametri fissi e predeterminati e la genericità della prescrizione normativa (art 75 del D.P.R. n. 554 del 1999) consente alla stessa margini di flessibilità operativa al fine di un equo apprezzamento delle singole concrete fattispecie, in considerazione di tutti gli elementi delle stesse che possono incidere sulla fiducia contrattuale, quali, l'elemento psicologico, la gravità del fatto, il tempo trascorso dalla condanna e le eventuali recidive. Tuttavia, è illegittima l'esclusione da una gara d'appalto senza che sia stata data adeguata contezza da parte della stazione appaltante di un previo prudente apprezzamento delle ragioni che, nel concreto, hanno portato all'esclusione dell'affidamento del servizio a causa di un precedente penale. (Cons. Stato, sez. V, 28 aprile 2003, n. 2129). Pres. Iannotta - Est. Corradino - Comune di Grumento Nova (avv. Malta) c. Ditta Co.Proget. di Summa Donato (avv. Di Falco) e altri (conferma TAR Basilicata, 6 ottobre 2004, n. 806). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 31/01/2006 (c.c. 21/06/2005), Sentenza n. 349
4) Appalti - Condanna passata in giudicato ovvero sentenza di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell'art. 444 cod. proc. pen. - Esclusione dalla partecipazione alla gara - Legittimità. Con riferimento all’art. 12 D.L.vo 17 marzo 1995 n. 157, (Consiglio di Stato, IV, 18 maggio 2004 n. 3185), ma con argomentazioni estensibili al disposto dell’art. 75 D.P.R. n. 554/1999, che la lett. b) di detto art. 12 - secondo cui sono esclusi dalla partecipazione alla gara i concorrenti nei cui confronti sia stata emessa sentenza di condanna passata in giudicato ovvero sentenza di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell'art. 444 cod. proc. pen., per qualsiasi reato che incide sulla loro moralità professionale o per delitti finanziari - per il modo in cui è formulata, che collega l’esclusione alla generalità delle trasgressioni che incidono sulla moralità professionale o ai delitti finanziari, sta a significare che nella considerazione del Legislatore è qualificante la commissione di reati di una certa natura sotto l’aspetto sostanziale, nel senso che si è voluto evitare l’affidamento del servizio a coloro che abbiano commesso reati lesivi degli stessi interessi collettivi che, nelle veste di aggiudicatari, sarebbero chiamati a tutelare (cfr. altresì Cons. Stato, sez. V, 27/03/2000, n. 1770). Pres. Iannotta - Est. Corradino - Comune di Grumento Nova (avv. Malta) c. Ditta Co.Proget. di Summa Donato (avv. Di Falco) e altri (conferma TAR Basilicata, 6 ottobre 2004, n. 806). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 31/01/2006 (c.c. 21/06/2005), Sentenza n. 349
5) Appalti - Esclusione dalla gara - Concetto di "immoralità professionale". Il concetto di "immoralità professionale" presuppone la realizzazione di un fatto di reato idoneo a manifestare una radicale e sicura contraddizione coi principi deontologici della professione (Cons. Stato, sez. V, 01/03/2003, n. 1145; Cons. Stato, sez. V, 25/11/2002, n. 6482; Cons. Stato, sez. V, 18/10/2001, n. 5517. Pres. Iannotta - Est. Corradino - Comune di Grumento Nova (avv. Malta) c. Ditta Co.Proget. di Summa Donato (avv. Di Falco) e altri (conferma TAR Basilicata, 6 ottobre 2004, n. 806). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 31/01/2006 (c.c. 21/06/2005), Sentenza n. 349
6) Appalti - Sussistenza di vizi logici - Erronea rappresentazione dei fatti - Rilevanza di una condanna penale - Esclusione dalla gara di appalto - Dimostrazione in sede giudiziale - Necessità. E' necessaria, ai fini dell'esclusione da una gara di appalto, di una discrezionale valutazione dell'Amministrazione, insindacabile in sede giudiziale, la dimostrazione della sussistenza di vizi logici ovvero dell'erronea rappresentazione dei fatti, in ordine alla rilevanza di una condanna penale, subita dall’imprenditore partecipante alla gara stessa (Cons. Stato, sez. VI, 30 gennaio 1998, n. 125). Pres. Iannotta - Est. Corradino - Comune di Grumento Nova (avv. Malta) c. Ditta Co.Proget. di Summa Donato (avv. Di Falco) e altri (conferma TAR Basilicata, 6 ottobre 2004, n. 806). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 31/01/2006 (c.c. 21/06/2005), Sentenza n. 349
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