Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 1228/06 REG.DEC.
N. 1577 e 2063 REG.RIC.
ANNO 2005
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta ha pronunciato la 
seguente
DECISIONE
Sui ricorsi in appello riuniti:
1) n. 1577/2005 R.G. proposto dal Comune di Melfi, in persona del Sindaco pro 
tempore, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Andrea Musenga e Laura Maceroni, ed 
elettivamente domiciliato presso lo studio degli stessi, in Roma, Viale America, 
n. 11;
CONTRO
- Nubile s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., in proprio e nella 
qualità di mandante del costituendo raggruppamento temporaneo di imprese con la 
ditta Ponticelli, rappresentata e difesa dall’Avv. Pietro Quinto, ed 
elettivamente domiciliata in Roma, presso il Dott. Alfredo Placidi, Via Cosseria 
n. 2;
e nei confronti di
- Eco 88 s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t. non costituita;
2) n. 2063/2005 R.G. proposto da Eco 88 s.r.l., in persona del legale 
rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli Avv.ti Prof. Enrico Follieri e 
Giorgio Cassotta, ed elettivamente domiciliata in Roma presso lo studio Lupis, 
al viale Mazzini, n. 6;
CONTRO
- Nubile s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., in proprio e 
nella qualità di mandante del costituendo raggruppamento temporaneo di imprese 
con la ditta Ponticelli, rappresentata e difesa dall’Avv. Pietro Quinto, ed 
elettivamente domiciliata in Roma, presso il Dott. Alfredo Placidi, Via Cosseria 
n. 2;
e nei confronti del
- Comune di Melfi, in persona del Sindaco pro tempore rappresentato e difeso 
dagli avvocati Andrea Musenga e Laura Maceroni elettivamente domiciliate presso 
gli stessi in Roma al viale America n. 11;
PER LA RIFORMA
Della sentenza resa dal T.A.R. per la Basilicata, n. 106/05, pubblicata in 
data 19 febbraio 2005. 
Visti i ricorsi in appello con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Nubile s.r.l.;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle proprie conclusioni;
Visti gli atti tutti della causa;
Nominato relatore il Consigliere Michele Corradino;
Uditi alla pubblica udienza del 7.6.2005 gli avvocati Musenga, Quinto, Lo Foco 
per delega dell’avv. Follieri; come da verbale d’udienza;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
F A T T O
Con sentenza n. 106/05 del 19 febbraio 2005 il Tribunale Amministrativo 
Regionale per la Basilicata accolse il ricorso e, in parte, la domanda 
risarcitoria con cui la Nubile s.r.l., in proprio e nella qualità di mandante 
del costituendo raggruppamento temporaneo di imprese con la ditta Ponticelli, 
aveve chiesto l’annullamento della deliberazione n. 366 del 6 agosto 2004 del 
Responsabile dei Servizi area alla cittadinanza del Comune di Melfi di 
approvazione dei verbali relativi alla procedura di gara per l’affidamento del 
servizio RSU e di aggiudicazione in via definitiva dell’appalto alla società Eco 
88 s.r.l.; della determina dello stesso Responsabile di approvazione del verbale 
di prequalifica del 21 luglio 2004; della deliberazione della G.M. di Melfi n. 
203 del 22 luglio 2004 di nomina della Commissione tecnica di gara; del bando di 
gara, del disciplinare, del capitolato e del contratto.
Gli appellanti contrastano le argomentazioni del giudice di primo grado.
Si è costituita, per resistere agli appelli, la Nubile s.r.l. 
Con memorie depositate in vista dell'udienza le parti hanno insistito nelle 
proprie conclusioni.
Alla pubblica udienza del 7.6.2005 la causa è stata chiamata e trattenuta per la 
decisione, come da verbale.
D I R I T T O
1. Va preliminarmente disposta, per evidenti motivi di connessione soggettiva ed 
oggettiva, la riunione dei giudizi, che possono essere trattati congiuntamente.
2. Il Collegio può prescindere dall’esame delle eccezioni con cui, da un lato, 
il Comune appellante ritiene irricevibile la riproposizione in appello da parte 
della società resistente della domanda di risarcimento dei danni per 
equivalente, attesa la infondatezza di quest’ultima, dall’altro, la Nubile 
s.r.l. sostiene l’improcedibilità dell’appello del Comune di Melfi in quanto 
proposto avverso il solo dispositivo della sentenza impugnata, poiché la 
decisione verterebbe comunque nei medesimi termini in conseguenza del gravame 
proposto dalla Eco 88 s.r.l.
3. Gli appellanti, in conseguenza della nota, datata 19 maggio 2005, con cui la 
Ponticelli s.r.l. comunica al Comune di Melfi la revoca della propria offerta di 
partecipazione alla gara in questione presentata congiuntamente alla Nubile 
s.r.l., chiedono anzitutto che venga dichiarata la improcedibilità del ricorso 
di primo grado per sopravvenuta carenza di interesse, poiché la Nubile s.r.l., a 
questo punto, non potrebbe avere alcuna utilità dalla decisione, essendole 
preclusa l’eventualità di ottenere l’affidamento dell’appalto.
Sul punto, la società resistente osserva invece come il sopravvenuto 
disinteresse da parte della Ponticelli s.r.l. alla gestione del servizio oggetto 
della gara, peraltro dovuto al lungo tempo trascorso dal momento della 
presentazione dell’offerta, e da imputare comunque all’Amministrazione, se rende 
improcedibile la domanda di annullamento degli atti impugnati in primo grado, e 
quindi il risarcimento in forma specifica, non incide sulla richiesta di 
risarcimento per equivalente, per il mancato conseguimento dell’utile che 
sarebbe derivato dall’affidamento della gara, delle spese sostenute per la 
partecipazione e per la perdita di ulteriori opportunità di guadagno per il 
pregiudizio subito in termini di esperienza acquisita.
Il Collegio, visto che la stessa resistente riconosce il venir meno di ogni 
utilità con riferimento alla domanda di annullamento degli atti impugnati in 
primo grado, e quindi alla stessa possibilità di conseguire un risarcimento in 
forma specifica, rileva che l’oggetto del contendere risulta in realtà 
circoscritto alla verifica della sussistenza della pretesa al risarcimento del 
danno per equivalente in capo alla Nubile s.r.l.
Deriva da ciò che va dichiarata in parte qua l’improcedibilità per sopravvenuta 
carenza di interesse.
La questione del risarcimento del danno, invece, deve essere risolta sulla base 
dei principi generali che governano la responsabilità civile della pubblica 
amministrazione.
Com’è noto, per potersi attribuire un addebito di responsabilità da fatto 
illecito,sotto il profilo civilistico è necessaria la compresenza dell’elemento 
soggettivo, costituito dalla colpa o dal dolo dell’agente, e degli elementi 
oggettivi, individuati in una condotta posta in essere in violazione di una 
norma giuridica (iniure) e in un danno conseguente qualificabile come ingiusto (contra 
ius), ossia ledendo una situazione giuridica altrui, e non nell’esercizio di un 
proprio diritto, nonché un nesso eziologico che leghi il fatto come descritto al 
danno.
Per una corretta analisi del caso di specie, occorre soffermare l’indagine 
proprio su quest’ultimo fattore, ossia sulla configurazione del nesso di 
causalità nel fatto illecito. In proposito, la giurisprudenza ha affermato che 
per rinvenire il collegamento materiale tra condotta ed evento occorre 
considerare ed utilizzare gli artt. 40 e 41 del codice penale, ritenuti 
applicabili pacificamente anche in materia civile (cfr. Cass., S.U., 26 gennaio 
1971, n. 174). La soluzione scaturente dall’interpretazione di tali norme 
individua, come regola generale, sulla base della teoria della condicio sine qua 
non, che la condotta risulta causativa dell’evento dannoso qualora si accerti 
che essa ha posto in essere una condizione senza cui l’evento non si sarebbe 
verificato. E’ questo il c.d. processo di eliminazione mentale in base al quale 
la responsabilità viene meno se la simulazione dell’esclusione del fatto storico 
cui è ascritto il danno quest’ultimo non determina il venir meno del danno 
stesso.
A tale regola che la dottrina e la giurisprudenza civilistica hanno mutuato dal 
diritto penale, è stato inserito un importante correttivo, desunto dall’art. 41, 
2° comma, c.p., per cui il rapporto di causalità si ritiene escluso per il 
sopravvenire di un fatto che, pur non agendo del tutto indipendentemente dalla 
condotta del soggetto della cui responsabilità si controverte, giacchè 
altrimenti darebbe luogo ad una serie causale autonoma, si pone come fattore 
interruttivo della catena causale, in grado, cioè, di deviare lo sviluppo 
normale di quest’ultima. In altri termini, secondo il principio della causalità 
efficiente di cui al capoverso dell’art. 41 c.p., la causa che abbia le 
caratteristiche della prossimità e sopravvenienza rispetto alle altre cause e 
sia sufficiente da sola a produrre l’evento, elimina il nesso eziologico tra 
questo e le altre cause antecedenti, facendole scadere al rango di mere 
occasioni (cfr. Cass. Civ., 7 ottobre 1987, n. 7467).
Dall’applicazione al caso di specie del correttivo previsto dall’art. 41 c.p., 2 
° comma, il Collegio trae gli elementi per la definizione della questione.
Infatti, anche condividendo il giudizio con cui il giudice di primo grado ha 
ritenuto sussistente l’elemento della colpa in capo al Comune di Melfi, in ogni 
caso tale comportamento colposo non costituirebbe l’evento causativo del danno 
lamentato dalla odierna resistente, poiché quest’ultimo, determinato, sotto 
varie forme, dalla circostanza di non potere più ottenere l’aggiudicazione del 
servizio oggetto della gara, non deriva dalla violazione delle regole della 
procedura che l’Amministrazione si era prefissate, eventualmente accertata 
all’esito definitivo del presente giudizio, ma dal fatto che la ditta Ponticelli 
s.r.l. ha rinunciato all’espletamento del servizio. Tale circostanza è idonea ad 
assumere il già evidenziato ruolo di fattore sopravvenuto che interrompe il 
nesso causale rispetto alla condotta dell’Amministrazione.
Peraltro le medesime considerazioni sono già state espresse dalla giurisprudenza 
di questo Consiglio che, in un caso analogo, ha rilevato che il rapporto di 
causalità che deve a questo fine sussistere tra il provvedimento illegittimo e 
il danno patrimoniale risulta interrotto per effetto del verificarsi di una 
serie causale autonoma, appunto la manifestazione della volontà di una società 
componente un raggruppamento di imprese di non avere più interesse in ordine 
all’aggiudicazione dell’appalto, che impedisce di ottenere l’annullamento della 
stessa ad un altro soggetto e di conseguire l’utilità cui aspirava il ricorrente 
non aggiudicatario. Il danno patrimoniale a questo titolo dedotto dall’impresa 
non rinunciante dell’ATI è ascrivibile non già all’Amministrazione appaltante, 
ma al soggetto che, avendo dichiarato di non avere più interesse 
all’aggiudicazione, ha autonomamente concorso al prodursi dell’evento dannoso 
conseguente alla mancata aggiudicazione (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 14 marzo 
2005, n. 1047). Mentre in detta decisione, il Consiglio, nel negare il 
risarcimento del danno per equivalente per l’interesse positivo, relativo al 
mancato guadagno per un quantum corrispondente al valore dell’appalto, lo ha 
ritenuto comunque spettante nei limiti dello stretto interesse negativo, e per 
la perdita di ulteriori opportunità di guadagno, il Collegio ritiene invece che 
le sopra estese considerazioni in ordine alla interruzione del nesso di 
causalità debbano riguardare nel suo complesso il giudizio di responsabilità 
della p.a., che va escluso con riferimento a qualunque forma e voce di un danno 
che trova nella causa sopravvenuta del comportamento della Ponticelli s.r.l. il 
proprio presupposto causale. In altri termini, proprio la non riconducibilità 
alla condotta dell’Amministrazione dell’evento dannoso conseguito dalla 
ricorrente di primo grado esclude il riconoscimento del risarcimento del danno 
per equivalente, sia con riguardo all’interesse positivo che a quello negativo, 
che non può non trovare fondamento in un accertamento positivo della 
responsabilità dell’amministrazione aggiudicatrice avulso da un condizionamento 
eziologico diretto con il danno subito. 
Né, d’altra parte, può affermarsi che il comportamento della Ponticelli s.r.l., 
che ha giustificato la rinuncia con il ritardo intercorso nello svolgimento 
delle procedure di gara, sia stato a sua volta cagionato dalla condotta colposa 
e ostruzionistica posta in essere dal Comune di Melfi che avrebbe proposto il 
ricorso in appello oggetto del presente giudizio al solo scopo di ritardare la 
definizione della procedura, e non si sarebbe inoltre attivato immediatamente 
nel proseguimento di quest’ultima dopo la pronuncia di primo grado e il rigetto 
dell’istanza cautelare in appello.
Anche in tale evenienza, invero, non risulta configurabile alcun giudizio di 
responsabilità in capo all’Amministrazione, posto che, al di là della 
circostanza che dopo il rigetto della sospensiva avverso la sentenza di primo 
grado il Comune ha immediatamente proceduto alla verifica dei requisiti 
dichiarati dal costituendo raggruppamento, ed anzi proprio a seguito di tale 
attività della p.a. la Ponticelli s.r.l. ha esternato la volontà di revoca, non 
può essere configurata come illecita una condotta, vale a dire la proposizione 
dell’appello, che trova radice nell’esercizio del diritto di difesa, 
costituzionalmente garantito. Infatti, pur in assenza di una esplicita 
previsione in tal senso nel codice civile, non è in dubbio che l’esercizio di un 
diritto costituisca un necessario presupposto per un giudizio di esclusione 
dell’ingiustizia del danno, risultando evidente anche in questo caso l’influsso 
del sistema della responsabilità penale, che inserisce l’esercizio di un diritto 
all’interno delle cause di giustificazione.
Alla luce delle suesposte considerazioni, in accoglimento degli appelli proposti 
ed in riforma della sentenza gravata, va dichiarata in parte l’improcedibilità 
per sopravvenuta carenza di interesse del ricorso di primo grado, che va 
rigettato per la restante parte relativa alla richiesta di risarcimento del 
danno per equivalente.
5. Sussistono, comunque, giusti motivi per compensare tra le parti le spese di 
entrambi i gradi di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione V), previa riunione, 
pronunciando sugli appelli in epigrafe, li accoglie e, per l’effetto, in riforma 
della sentenza impugnata, dichiara in parte improcedibile per sopravvenuta 
carenza di interesse il ricorso di primo grado, rigettandolo per il resto.
Compensa le spese di giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, palazzo Spada, sede del Consiglio di Stato, nella camera di 
consiglio del 7.6.2005 e 14.12.2005 con l'intervento dei sigg.ri
Raffaele Iannotta Presidente,
Paolo Buonvino Consigliere,
Cesare Lamberti Consigliere,
Goffredo Zaccardi Consigliere,
Michele Corradino Consigliere estensore.
L'ESTENSORE                                           
IL PRESIDENTE                                                         
IL SEGRETARIO
       f.to Michele Corradino                                  
f.to Raffaele Iannotta                                                    
f.to Agatina Maria Vilardo
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
L’ 8 marzo 2006
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL DIRIGENTE
f.to Antonio Natale
 
1) Appalti - Addebito di responsabilità da fatto illecito - Profilo civilistico - Colpa o dal dolo dell’agente – Elementi - Nesso eziologico. Per potersi attribuire un addebito di responsabilità da fatto illecito, sotto il profilo civilistico è necessaria la compresenza dell’elemento soggettivo, costituito dalla colpa o dal dolo dell’agente, e degli elementi oggettivi, individuati in una condotta posta in essere in violazione di una norma giuridica (iniure) e in un danno conseguente qualificabile come ingiusto (contra ius), ossia ledendo una situazione giuridica altrui, e non nell’esercizio di un proprio diritto, nonché un nesso eziologico che leghi il fatto come descritto al danno. Pres. Iannotta - Est. Corradino - Comune di Melfi (Avv.ti Musenga e Maceroni) c. Nubile s.r.l. (avv. Quinto) (riforma T.A.R. per la Basilicata, n. 106/05, pubblicata in data 19/02/2005). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 08/03/2006, Sentenza n. 1228
2) Appalti - Responsabilità - Condotta causativa dell’evento dannoso - Collegamento materiale tra condotta ed evento - Rapporto di causalità - Fattore interruttivo della catena causale. Per rinvenire il collegamento materiale tra condotta ed evento occorre considerare ed utilizzare gli artt. 40 e 41 del codice penale, ritenuti applicabili pacificamente anche in materia civile (cfr. Cass., S.U., 26 gennaio 1971, n. 174). La soluzione scaturente dall’interpretazione di tali norme individua, come regola generale, sulla base della teoria della condicio sine qua non, che la condotta risulta causativa dell’evento dannoso qualora si accerti che essa ha posto in essere una condizione senza cui l’evento non si sarebbe verificato. E’ questo il c.d. processo di eliminazione mentale in base al quale la responsabilità viene meno se la simulazione dell’esclusione del fatto storico cui è ascritto il danno quest’ultimo non determina il venir meno del danno stesso. A tale regola che la dottrina e la giurisprudenza civilistica hanno mutuato dal diritto penale, è stato inserito un importante correttivo, desunto dall’art. 41, 2° comma, c.p., per cui il rapporto di causalità si ritiene escluso per il sopravvenire di un fatto che, pur non agendo del tutto indipendentemente dalla condotta del soggetto della cui responsabilità si controverte, giacchè altrimenti darebbe luogo ad una serie causale autonoma, si pone come fattore interruttivo della catena causale, in grado, cioè, di deviare lo sviluppo normale di quest’ultima. In altri termini, secondo il principio della causalità efficiente di cui al capoverso dell’art. 41 c.p., la causa che abbia le caratteristiche della prossimità e sopravvenienza rispetto alle altre cause e sia sufficiente da sola a produrre l’evento, elimina il nesso eziologico tra questo e le altre cause antecedenti, facendole scadere al rango di mere occasioni (cfr. Cass. Civ., 7 ottobre 1987, n. 7467). Pres. Iannotta - Est. Corradino - Comune di Melfi (Avv.ti Musenga e Maceroni) c. Nubile s.r.l. (avv. Quinto) (riforma T.A.R. per la Basilicata, n. 106/05, pubblicata in data 19/02/2005). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 08/03/2006, Sentenza n. 1228
3) Appalti - Aggiudicazione dell'appalto - A.T.I. - Mancata aggiudicazione - Responsabilità della P.A. - Provvedimento illegittimo e danno patrimoniale - Nesso di causalità. Il rapporto di causalità che deve sussistere tra il provvedimento illegittimo e il danno patrimoniale si deve considerare interrotto nell'ipotesi di una serie causale autonoma, quale la manifestazione della volontà di una società componente un raggruppamento di imprese di non avere più interesse in ordine all'aggiudicazione dell'appalto, che impedisce di ottenere l'annullamento della stessa ad un altro soggetto e di conseguire l'utilità cui aspirava il ricorrente non aggiudicatario. Il danno patrimoniale a questo titolo dedotto dall’impresa non rinunciante dell’ATI è ascrivibile non già all’Amministrazione appaltante, ma al soggetto che, avendo dichiarato di non avere più interesse all’aggiudicazione, ha autonomamente concorso al prodursi dell’evento dannoso conseguente alla mancata aggiudicazione (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 14 marzo 2005, n. 1047). Pres. Iannotta - Est. Corradino - Comune di Melfi (Avv.ti Musenga e Maceroni) c. Nubile s.r.l. (avv. Quinto) (riforma T.A.R. per la Basilicata, n. 106/05, pubblicata in data 19/02/2005). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 08/03/2006, Sentenza n. 1228
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