Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso
Copyright © Ambiente Diritto.it
T.A.R. PUGLIA, Bari sez. II, 
17/11/2005 (c.c. 14/07/2005), sentenza n. 4905
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N./REG.ORD: 4905/2005
N. REG. RIC.: 918/2005
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
Sede di Bari Sezione Seconda
composto dai Signori
GIANCARLO GIAMBARTOLOMEI PRESIDENTE 
PIETRO MOREA COMPONENTE 
GIUSEPPINA ADAMO COMPONENTE,Rel.
ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A
sul ricorso n. 918 del 2005, proposto dalla INDUSTRIA NAZIONALE EDILE 
STRADE (I.N.E.S.) S.p.A, con sede legale in Modugno (BA), sottoposta a procedura 
di concordato preventivo, in persona del legale rappresentante e liquidatore, 
arch. Vito Rossi, rappresentata e difesa, anche in virtù dell’autorizzazione 
alle liti rilasciata dagli Organi della procedura in data 27 aprile 2005, cron. 
n. 6114, dall’Avv. Vito Aurelio Pappalepore, presso il cui studio è 
elettivamente domiciliata in Bari alla via Pizzoli, 8;
C O N T R O
- la Regione Puglia, in persona del Presidente della Giunta p.t., con sede in 
Bari; 
- il Dirigente dell'Ufficio Minerario Regionale della Puglia, non costituiti;
avverso
il silenzio serbato dalla p.A. regionale di seguito all'atto di diffida e 
costituzione in mora notificato in data 28 febbraio 2005; nonché,
per l'adempimento
dell'obbligo di determinare e corrispondere l’indennizzo ai sensi dell'art. 18 
della legge reg. n. 37/1985.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
visti gli atti tutti della causa;
udita alla pubblica udienza la relazione del consigliere, dott. Giuseppina 
Adamo, e udito, altresì, l'avv. Pappalepore.
Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
1. L’Industria Nazionale Edile Strade (I.N.E.S.) S.p.A. aveva utilizzato la cava 
di calcare sita in località "Grotta S. Angelo" del comune di Bari - S. Spirito, 
di cui è proprietaria, prima in regime di denuncia di esercizio ex D.P.R. 
128/1959, poi in regime transitorio, ex art. 35 L.R.P. 37/1985, giusta istanza 
di autorizzazione presentata il 18 dicembre 1985.
Con decreto del P.G.R. Puglia n. 352/1992 era istituito il Parco Naturale "Lama 
Balice", nella cui area ricade detta cava.
Con delibera n. 7637/1994, la Regione Puglia disponeva la sospensione cautelare 
dell'attività di estrazione, “per le sopraggiunte esigenze di pubblico 
interesse”.
In tale atto, si osservava:
“Il provvedimento di cessazione dell'attività estrattive dovrà essere emesso da 
questa Giunta ai sensi del comma 1 dell'art. 18 della L.R. n. 37/85... la 
cessazione immediata della suddetta attività comporta l'insorgere di rilevanti 
problematiche relative...
2-Aspetti finanziari:
... i risvolti finanziari a carico dell'Amministrazione non sono attualmente 
quantificabili ma, considerate le dimensioni delle aziende interessate, é 
realisticamente prevedibile un onere gravoso per le finanze regionali". Perciò, 
considerando che l'attività estrattiva, per tali ragioni, non poteva cessare 
drasticamente e che comunque doveva definirsi l'esatta situazione dei luoghi, la 
Giunta sospendeva immediatamente la coltivazione della cava; imponeva alla 
società di presentare un rilievo topografico aggiornato in relazione alle 
istanze di prosecuzione delle attività estrattive entro trenta giorni; istituiva 
un gruppo di lavoro che, entro i successivi trenta giorni, doveva verificare la 
compatibilità del piano di recupero (ovvero del rimodellamento della cava, da 
utilizzare ancora in via provvisoria) con il progetto esecutivo del Parco. 
Il gruppo di lavoro, il cui funzionamento veniva prorogato, si esprimeva 
negativamente (nota del 27 novembre 1995). Il C.T.R.A.E., pur convocato più 
volte, non esprimeva alcuna posizione.
Nel frattempo, nel 1997, la società veniva sottoposta ad amministrazione 
controllata e poi ammessa alla procedura di concordato preventivo.
Dopo reiterate sollecitazioni, con sentenza della Sezione III, 23 settembre 2004 
n. 4677, questo Tribunale dichiarava l'obbligo della Regione di concludere il 
procedimento avviato con le deliberazioni di Giunta n. 7637/1994 e n. 4635/1995, 
nonché di assumere le relative determinazioni in ordine alla richiesta di 
prosecuzione dell’attività estrattiva, ex articolo 35 della legge regionale n. 
37/1985, con eventuale corresponsione del relativo indennizzo, anche ai sensi 
dell'articolo 18 della medesima legge.
Con determina del Dirigente dell'Ufficio Minerario Regionale della Puglia n. 36 
del 2 dicembre 2004, l’autorizzazione alla prosecuzione dei lavori per la 
coltivazione della cava veniva denegata, ma senza nulla specificare in ordine al 
previsto indennizzo.
Con sentenza della Sezione III, 25 marzo 2005 n. 1330, proprio in relazione alla 
domanda di accertamento del diritto alla corresponsione dell'indennizzo, ex art. 
18 L.R. 37/85, il TAR dichiarava la sua inammissibilità, “non essendo consentite 
azioni dichiarative di diritti patrimoniali in assenza della preventiva 
richiesta (e negativa risposta) di pagamento del debito (richiesta che, 
evidentemente, assume giuridica rilevanza solo se avanzata dopo l'emanazione del 
diniego di autorizzazione, da cui in tesi dipende l'equivalente effetto di 
revoca della precedente attività e di nascita del diritto all'indennizzo)”.
Con ricorso notificato il 3 giugno 2005, l’Industria Nazionale Edile Strade (I.N.E.S.) 
S.p.A. ha allora domandato che sia dichiarato illegittimo il silenzio serbato 
dall’Autorità regionale a seguito dell'atto di diffida e costituzione in mora, 
notificato il 28 febbraio 2005, con cui viene nuovamente richiesta la 
liquidazione dell’indennizzo, a conclusione del procedimento, avviato con la 
richiesta presentata il 18 dicembre 1985 dalla società deducente per ottenere il 
rilascio dell’autorizzazione, ex art. 35, comma primo, della legge reg. n. 
37/1985 e parzialmente definito con il rigetto della medesima istanza, di cui 
alla determina n. 36/2004.
2. Sussistono nella specie i presupposti stabiliti dall’art. 2 della legge n. 
205/2000, per sanzionare l’inerzia dell’Amministrazione regionale, giacché 
questa é titolare del potere, il cui esercizio é stato sollecitato; il soggetto 
istante é titolare di una posizione qualificata che legittima l’istanza ed é 
stato attivato il procedimento di formazione del silenzio mediante notifica di 
apposita diffida con assegnazione di un termine.
Pertanto, poiché, come già anticipato dalla Sezione III (sentenza 23 settembre 
2004 n. 4677), sussiste l'obbligo dell’Amministrazione di provvedere, una volta 
denegata l’autorizzazione, ex art. 35, comma primo, della legge reg. n. 37/1985, 
sull’eventuale corresponsione del relativo indennizzo ex articolo 18 della 
medesima legge, va senz’altro ordinato alla Regione Puglia la conclusione del 
procedimento con l’adozione del motivato atto finale, che, nel caso di 
accoglimento dell’istanza attorea, determinerà il detto indennizzo, esplicitando 
le modalità di applicazione dei criteri indicati dall’articolo 18 e tenendo 
conto delle stime elaborate dal ricorrente. Il tutto nel termine di giorni 
centoventi dalla comunicazione della presente decisione.
Devesi aggiungere che, com’è noto, l’art. 2 della legge 7 agosto 1990 n. 241 è 
stato modificato dalla legge 14 maggio 2005 n. 80 (conversione in legge, con 
modificazioni, del D.L. 14 marzo 2005 n. 35); in base alla novellata norma, in 
caso di ricorso avverso il silenzio dell'amministrazione, ai sensi dell'articolo 
21-bis della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, ”Il giudice amministrativo può 
conoscere della fondatezza dell'istanza”. Stante la sua natura processuale, essa 
è immediatamente applicabile (T.A.R. Liguria, sez.I, 17 giugno 2005, n. 922). 
In concreto, tale applicazione deve però tener conto del contenuto dell’atto 
introduttivo del giudizio (notificato il 3 giugno 2005), che, nella domanda e 
nelle argomentazioni, è modulato in relazione alle istanze precedenti e alla 
diffida, notificata il 28 febbraio 2005, e, in sostanza, tenendo conto della 
disposizione dell’art. 21 bis, come interpretata dal Consiglio di Stato (A.P., 9 
gennaio 2002 n. 1). Di conseguenza, un’eventuale pronuncia sulla fondatezza 
della pretesa sarebbe irrispettosa del diritto di difesa di cui all'art. 24 
della Costituzione.
In ogni caso, poiché il legislatore non ha modificato la procedura di cui 
all’art. 21 bis, la locuzione “può conoscere della fondatezza dell'istanza” deve 
essere interpretata nel senso che ciò è in effetti consentito quando i profili 
di discrezionalità dell’atto da emanare siano ristretti e, in generale, non 
siano necessari accertamenti, anche tecnici, e valutazioni di una certa 
complessità; altrimenti, una pronuncia sul silenzio, che affrontasse sempre 
(senza i limiti indicati) il nodo della fondatezza della pretesa, risulterebbe 
del tutto inconciliabile con il rito assai concretato, delineato dall’art. 21 
bis, evidentemente inadatto a tale scopo (similmente: Tar Toscana, sez. I, 20 
giugno 2005 n. 3044).
La complessità della questione della spettanza dell’indennità prevista dalla 
legislazione regionale, come dedotta, si presenta incompatibile con la struttura 
dello specifico processo; sicché la pronuncia non può che decidere 
esclusivamente sull’obbligo formale a provvedere. 
Le spese di giudizio seguono la soccombenza.
P.Q.M.
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE per la PUGLIA Sede di Bari - Sezione II, 
accoglie il ricorso in epigrafe e, per l’effetto,
a) dichiara illegittimo il silenzio mantenuto dalla Regione Puglia sull’istanza 
formulata dalla società ricorrente con l’atto di diffida notificato il 28 
febbraio 2005; 
b) dichiara l’obbligo della Regione Puglia di provvedere sulla predetta istanza, 
come da motivazione; 
c) ordina che venga provveduto entro 120 gg. dalla rituale comunicazione e/o 
notifica della presente sentenza;
d) condanna la Regione Puglia al pagamento in favore della ricorrente delle 
spese di giudizio che liquida in € 3.000,00 più IVA e CAP, come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Bari, nella Camera di Consiglio del 14 luglio 2005.
GIANCARLO GIAMBARTOLOMEI - Presidente 
GIUSEPPINA ADAMO - relatore ed estensore
Pubblicata mediante deposito
in Segreteria il 17 novembre 2005
(Art. 55, Legge 27 aprile 1982 n.186)
 
Pubblica amministrazione - 
Accesso ai documenti - Silenzio della P.A. - Fondatezza della pretesa - Verifica 
- Giudice amministrativo - Competenza, condizioni e limiti - Disciplina 
applicabile - L. n. 241/1990 - L. n. 80/2005 - D.L. n. 35/2005. In materia 
di accesso ai documenti, l’art. 2 della legge 7 agosto 1990 n. 241 modificato 
dalla legge 14 maggio 2005 n. 80 (conversione in legge, con modificazioni, del 
D.L. 14 marzo 2005 n. 35), prevede, in caso di ricorso avverso il silenzio 
dell'amministrazione, ai sensi dell'articolo 21-bis della legge 6 dicembre 1971, 
n. 1034, che: ”Il giudice amministrativo può conoscere della fondatezza 
dell'istanza”. Inoltre, stante la sua natura processuale, essa è immediatamente 
applicabile (T.A.R. Liguria, sez.I, 17 giugno 2005, n. 922). In concreto, tale 
applicazione deve però tener conto del contenuto dell’atto introduttivo del 
giudizio e, della disposizione dell’art. 21 bis, come interpretata dal Consiglio 
di Stato (A.P., 9 gennaio 2002 n. 1). Di conseguenza, un’eventuale pronuncia 
sulla fondatezza della pretesa sarebbe irrispettosa del diritto di difesa di cui 
all'art. 24 della Costituzione. In ogni caso, poiché il legislatore non ha 
modificato la procedura di cui all’art. 21 bis, la locuzione “può conoscere 
della fondatezza dell'istanza” deve essere interpretata nel senso che ciò è in 
effetti consentito quando i profili di discrezionalità dell’atto da emanare 
siano ristretti e, in generale, non siano necessari accertamenti, anche tecnici, 
e valutazioni di una certa complessità; altrimenti, una pronuncia sul silenzio, 
che affrontasse sempre (senza i limiti indicati) il nodo della fondatezza della 
pretesa, risulterebbe del tutto inconciliabile con il rito assai concretato, 
delineato dall’art. 21 bis, evidentemente inadatto a tale scopo (similmente: Tar 
Toscana, sez. I, 20 giugno 2005 n. 3044). Pres. GIAMBARTOLOMEI - Rel. ADAMO - 
Industria Nazionale Edile Strade (I.N.E.S.) (avv. Vito Pappalepore) c. Regione 
Puglia e Dirigente dell'Ufficio Minerario Regionale della Puglia (n.c.). TAR 
PUGLIA, Bari sez. II, 17/11/2005 (c.c. 14/07/2005), sentenza n. 4905
 
Per ulteriori approfondimenti ed altre massime vedi il canale: Giurisprudenza
| 
			 
  |