Legislazione Giurisprudenza Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso
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CORTE DI CASSAZIONE Sez. III Penale 26 gennaio 2004, Sentenza n. 2598
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Corte di Cassazione Sez III Penale 26 gennaio 2004, sentenza n. 2598
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri 
Magistrati: Udienza pubblica
Dott. DE MAIO Guido - Presidente - del 25/11/2003
Dott. ONORATO Pierluigi - est. Consigliere - SENTENZA
Dott. GRASSI Aldo - Consigliere - N. 1944
Dott. VANGELISTA Vittorio - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. NOVARESE Francesco - Consigliere - N. 18475/2003
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) PIZZI Antonio, nato a Casalmaiocco il 23.3.1946;
2) PADERNI MIRKO, nato a Bleggio Inferiore l'8.11.1959;
avverso la sentenza resa il 16.10.2002 dal tribunale monocratico di Lodi.
Vista la sentenza denunciata e il ricorso;
Udita la relazione svolta in udienza dal Consigliere Dott. Pierluigi Onorato;
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. 
Passacantando Guglielmo, che ha concluso chiedendo l'annullamento senza rinvio 
della sentenza, limitatamente all'art. 727 c.p. - così qualificato il fatto 
contestato - perché estinto per prescrizione.
Udito il difensore degli imputati, avv. Giampiero Mendola, in sostituzione 
dell'avv. Massimo Pellicciotta, che ha insistito nel ricorso.
Osserva:
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1 - Con sentenza del 16.10.2002 il tribunale monocratico di Lodi - ha assolto 
Antonio Pizzi e Mirko Paderni dal reato di cui agli artt. 4 e 7 legge 895/1967, 
per aver portato illegalmente in luogo pubblico tre carabine ad aria compressa, 
perché il fatto non costituisce reato (capo a) della rubrica);
- ha dichiarato i medesimi Antonio Pizzi e Mirko Paderni colpevoli del reato di 
cui agli artt. 13, 18 e 30 lett. h) legge 11.2.1992 n. 157 (capo b) della 
rubrica), per aver esercitato attività venatoria con mezzi vietati (carabina ad 
aria compressa) e su uccelli non cacciabili (piccioni) (in Codogno il 
5.11.1999), e per l'effetto li ha condannati alla pena dell'ammenda di 1.000 
euro ciascuno. In particolare, il giudice ha osservato che "mentre è possibile 
concordare con l'opinione, più volte espressa dalle autorità amministrative, 
secondo cui il piccione torraiolo o di città sia assimilabile alla fauna 
domestica", "l'opinione preferibile è che tale fauna non possa essere oggetto dì 
attività venatoria, ai sensi della legge 11.2.1992 n. 157".
2 - Gli imputati e il loro difensore hanno proposto ricorso per cassazione, 
deducendo tre motivi a sostegno.
In particolare, lamentano:
2.1 - violazione di legge penale e manifesta illogicità di motivazione, posto 
che l'attività venatoria ha per oggetto solo la fauna selvatica. Pertanto - 
secondo i ricorrenti - da una parte l'abbattimento di piccioni non integra il 
reato contestato, e dall'altra è contraddittorio ritenere i piccioni 
appartenenti alla fauna domestica ma soggetti alla legge sulla caccia n. 
157/1992;
2.2 - violazione degli artt. 5, 42 e 43 c.p. giacché comunque i cacciatori 
avevano agito in buona fede, determinata dalle plurime dichiarazioni delle 
autorità amministrative competenti, attestanti che i piccioni sono classificati 
come fauna domestica inselvatichita e che il loro abbattimento non è 
sanzionabile ai sensi della citata legge;
2.3 - violazione di legge e difetto di motivazione, laddove il giudice ha 
ritenuto che i piccioni trovati morti dai carabinieri erano stati abbattuti con 
la carabina dagli imputati. 
MOTIVI DELLA DECISIONE
3 - Il primo motivo di ricorso è giuridicamente infondato nei sensi appresso 
specificati.
Da una parte è incontestabile la manifesta illogicità e illegittimità della 
motivazione, denunciata dai ricorrenti, laddove il tribunale monocratico ammette 
che il piccione torraiolo o di città sia assimilabile alla fauna domestica, ma 
contemporaneamente lo ritiene incluso nelle specie animali non cacciabili o 
catturabili. Dall'altra parte però non può essere accolta la tesi sostenuta dai 
ricorrenti, da alcune autorità amministrative competenti e da alcuni giudici di 
merito, secondo cui il piccione torraiolo esuli dall'ambito della fauna 
selvatica, che è presupposto e oggetto esclusivo della legge 11.2.1992 n. 157.
In estrema sintesi, questa tesi è fondata sui seguenti argomenti:
- l'unico appartenente alla fauna selvatica è il colombo classificato dagli 
zoologi come Columbia livia, mentre tutte le altre specie, pur derivate dal 
colombo selvatico, sono ormai addomesticate:
fra esse il colombo (o piccione) torraiolo o di città, il colombo (o piccione) 
viaggiatore, il piccione allevato per usi alimentari;
- i piccioni torraioli sono nocivi alla salute del patrimonio immobiliare, 
perché imbrattano gli edifici e i monumenti con le loro deiezioni altamente 
corrosive, sicché è ammissibile che l'uomo li catturi o li cacci per difendere 
il patrimonio immobiliare, salvo che sia integrata un'ipotesi di maltrattamento 
di animali prevista dall'art. 727 c.p.;
- i piccioni torraioli o di città non vivono in totale libertà, giacché, pur 
riproducendosi al di fuori del controllo dell'uomo, dipendono dalla presenza 
dell'uomo per l'alimentazione o il ricovero. La tesi è però giuridicamente 
infondata.
Anzitutto per la definizione della fauna selvatica non è rilevante la nocività 
dell'animale. È noto anzi che alcune specie protette della fauna selvatica sono 
nocive: si pensi al cinghiale, che reca gravi danni alle colture.
L'unico elemento giuridicamente rilevante è dato dallo stato di libertà 
naturale, atteso che secondo l'art. 2 della legge 11.2.1992 n. 157 fanno parte 
della fauna selvatica, oggetto di tutela della legge, "le specie di mammiferi e 
uccelli dei quali esistono popolazioni viventi stabilmente o temporaneamente in 
stato di libertà naturale nel territorio nazionale".
Sotto il profilo giuridico lo stato di libertà naturale coincide con una 
condizione di vita indipendente dall'uomo per quanto attiene alla riproduzione, 
alla alimentazione e al ricovero.
La fauna diventa domestica solo quando la sua condizione di vita è interamente 
governata dall'uomo in ordine ai profili riproduttivi, alimentari e abitativi. 
Sotto questo aspetto non può dirsi che il piccione torraiolo appartenga a una 
specie animale domestica, giacché - pur vivendo prevalentemente in città - si 
riproduce, si alimenta e si ricovera in modo autonomo, indipendente 
dall'intervento umano (neppure per i piccioni di Piazza S. Marco a Venezia 
l'alimentazione è totalmente dipendente dal mangime offerto dai turisti, e 
comunque questa tradizionale abitudine non li consegna al completo controllo 
dell'uomo). Ne deriva che la distinzione giuridica tra fauna selvatica e fauna 
domestica non coincide con la classificazione in uso nella scienza zoologica, 
che tendenzialmente assegna alla fauna selvatica solo la specie Columbia livia. 
Al contrario, secondo la nozione positiva adottata dal legislatore, anche il 
colombo o piccione torraiolo va incluso tra gli animali selvatici, in quanto 
"vive in stato di libertà naturale nel territorio nazionale", mentre 
appartengono alle specie domestiche o addomesticate il piccione viaggiatore e 
quello allevato per motivi alimentari o sportivi.
Contrariamente alla tesi dei ricorrenti, la nozione così delineata di fauna 
selvatica è perfettamente conforme con quella definita dalle Sezioni Unite di 
questa Corte con la sentenza n. 25 del 28.12.1994, Bettolini, rv. 199390.
4 - Anche il terzo motivo di ricorso è manifestamente infondato, giacché il 
giudice di merito ha accertato con argomenti logici congrui, incensurabili in 
questa sede, che i piccioni trovati morti dai carabinieri furono abbattuti dagli 
imputati con la carabina in loro possesso.
5 - Non è invece manifestamente infondato il secondo motivo di ricorso.
Dalla stessa sentenza impugnata risulta infatti che molte autorità 
amministrative si erano espresse nel senso che i piccioni torraioli non 
rientrano nella fauna selvatica e che il loro abbattimento non costituisve 
attività venatoria, sicché il giudice di merito doveva accertare se gli imputati 
avevano agito in buona fede, conoscendo i pareri espressi dalle suddette 
autorità e facendo così affidamento nella legittimità della loro condotta.
Peraltro, ai sensi dell'art. 129 c.p.p., va immediatamente dichiarata la 
estinzione dei reati di caccia abusiva contestati agli imputati, perché ormai 
prescritti. Essendo stati commessi il 5.11.1999, il periodo prescrizionale è 
infatti maturato in data 5.11.2002, non essendosi verificata nessuna utile 
sospensione processuale. 
P.Q.M.
la Corte suprema di Cassazione annulla senza rinvio la sentenza impugnata 
limitatamente ai reati di cui alla legge 157/1992 (capo b) della rubrica), 
perché estinti per prescrizione.
Così deciso in Roma, il 25 novembre 2003.
Depositato in Cancelleria il 26 gennaio 2004
1)
Caccia - Attività venatoria - Colombo o piccione torraiolo - Animali 
selvatici. In tema di attività venatoria, il colombo o piccione torraiolo va 
incluso tra gli animali selvatici in quanto vive in stato di libertà naturale 
nel territorio nazionale, sicché ne è vietata la caccia o la cattura. Pres: De Maio G. Est: Onorato P. Imputato: 
Pizzi. P.M. Passacantando G. (Conf.) CORTE DI 
CASSAZIONE Sez.III Penale, del 26 gennaio 2004 (Ud. 25/11/2003) Rv. 
228555 Sentenza n. 2598
2) Caccia - Distinzione giuridica tra fauna selvatica e fauna domestica - Fauna selvatica - Nozione - Nocività dell'animale - Irrilevanza - Art. 2 L. n.157/1992 - Fauna domestica - Nozione - Fattispecie. Per la definizione della fauna selvatica non è rilevante la nocività dell'animale. È noto anzi che alcune specie protette della fauna selvatica sono nocive: si pensi al cinghiale, che reca gravi danni alle colture. L'unico elemento giuridicamente rilevante è dato dallo stato di libertà naturale, atteso che secondo l'art. 2 della legge 11.2.1992 n. 157 fanno parte della fauna selvatica, oggetto di tutela della legge, "le specie di mammiferi e uccelli dei quali esistono popolazioni viventi stabilmente o temporaneamente in stato di libertà naturale nel territorio nazionale". Sotto il profilo giuridico lo stato di libertà naturale coincide con una condizione di vita indipendente dall'uomo per quanto attiene alla riproduzione, alla alimentazione e al ricovero. La fauna diventa domestica solo quando la sua condizione di vita è interamente governata dall'uomo in ordine ai profili riproduttivi, alimentari e abitativi. Sotto questo aspetto non può dirsi che il piccione torraiolo appartenga a una specie animale domestica, giacché - pur vivendo prevalentemente in città - si riproduce, si alimenta e si ricovera in modo autonomo, indipendente dall'intervento umano (neppure per i piccioni di Piazza S. Marco a Venezia l'alimentazione è totalmente dipendente dal mangime offerto dai turisti, e comunque questa tradizionale abitudine non li consegna al completo controllo dell'uomo). Ne deriva che la distinzione giuridica tra fauna selvatica e fauna domestica non coincide con la classificazione in uso nella scienza zoologica, che tendenzialmente assegna alla fauna selvatica solo la specie Columbia livia. Al contrario, secondo la nozione positiva adottata dal legislatore, anche il colombo o piccione torraiolo va incluso tra gli animali selvatici, in quanto "vive in stato di libertà naturale nel territorio nazionale", mentre appartengono alle specie domestiche o addomesticate il piccione viaggiatore e quello allevato per motivi alimentari o sportivi. (Conforme Cass. Sezioni Unite sentenza n. 25 del 28.12.1994, Bettolini, rv. 199390). Pres: De Maio G. Est: Onorato P. Imputato: Pizzi. P.M. Passacantando G. (Conf.) CORTE DI CASSAZIONE Sez.III Penale, del 26 gennaio 2004 (Ud. 25/11/2003), Sentenza n. 2598
 
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