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CORTE DI CASSAZIONE Civile, Sez. I, 25 febbraio 2004, (Cc. 20.10.2003) Sentenza n. 3748
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Corte di Cassazione Civile, Sez. I, 25 febbraio 2004, (Cc. 20.10.2003) 
Sentenza n. 3748 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE I CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Mario Rosario MORELLI - Presidente
- Dott. Giuseppe MARZIALE
- Cons. Relatore - Dott. Renato RORDORF
- Consigliere - Dott. Gianfranco GILARDI
- Consigliere- Dott. Salvatore DI PALMA
- ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da: ALBERTO TOTERO, elettivamente domiciliato in Roma, Via F. Corridoni,n. 23, presso l'avv. Ludovico Grassi, rappresentato e difeso da sestesso e dall'avv. Emanuele Chiocci in virtù di procura speciale in atti;
- ricorrente
-contro
PROVINCIA di MILANO, in persona del Presidente, elettivamente domiciliato in Roma, Via Boncompagni n.71, presso l'avv. Giuliano Pompa, che lo rappresenta e difende con l'avv. Luciano Fiori del Forodi Milano, in virtù di procura speciale in atti;
- controricorrente
-avverso la sentenza del Tribunale di Vigevano sez. distaccata di Abbiategrasso n. 12/01 del 18 gennaio 2001.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 20ottobre 2003 dal relatore dott. Giuseppe Marziale; Udito, per la Provincia di Milano, l'avv. G. Pompa; Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.Vincenzo Gambardella, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
- che con ricorso depositato il 3 novembre 1999 presso la Pretura di 
Abbiategrasso [successivamente Tribunale di Vigevano], il signor Alberto Totero 
proponeva opposizione avverso l'ordinanza con la quale il Presidente della 
Provincia di Milano gli aveva irrogato la sanzione amministrativa di L. 
1.025.000 per aver esercitato la caccia, nel corso dell'annata venatoria 98/99, 
in "forma" diversa da quella prescelta (vagante in zona Alpi), violando l'art. 
35, legge Regione Lombardia 16 agosto 1993, n. 26;
- che l'opponente, pur ammettendo di aver cacciato nell'Ambito Territoriale di 
Caccia Ticinese, non situato in zona Alpi, assumeva l'illegittimità 
dell'ordinanza impugnata, deducendo: 1) in via preliminare, che la contestazione 
dell'infrazione era avvenuta oltre il termine prescritto dall'art. 14, legge 26 
novembre 1981, n. 689 e che, pertanto, l'ordinanza impugnata era stata emessa 
quando la pretesa impositiva si era ormai estinta; 2) nel merito: a) che la zona 
alpina "di minor tutela", per la quale aveva esercitato la propria opzione ai 
sensi dell'art. 35, legge reg. 26/93, era priva dei requisiti per essere 
classificata come "zona alpina" e che, conseguentemente, doveva escludersi che 
l'opzione a suo tempo effettuata avesse comportato la scelta una forma di caccia 
qualitativamente diversa da quella praticata nell'A.T.C. Ticinese; b) che, 
comunque, l'art. 28 della citata legge reg. 26/93 accorda ad ogni cacciatore la 
possibilità di ottenere accesso in ambiti territoriali o comprensori alpini di 
caccia, "ulteriori" rispetto a quelli prescelti;
- che l'opposizione veniva respinta sul rilievo:
- che la Provincia era venuta a conoscenza dell'infrazione solo dopo il 17 
febbraio 1999, a seguito della restituzione del tesserino di caccia da parte 
dell'interessato e che la contestazione dell'infrazione era stata effettuata l'8 
aprile di quello stesso anno: quindi, entro il termine stabilito dal citato art. 
14, l. 689/81;
- che l'Ambito Territoriale di Caccia Ticinese era sicuramente al di fuori della 
"zona Alpi", che costituisce zona faunistica a sé stante, prescelta 
dall'opponente;
- che non era conseguentemente necessario accertare se il territorio 
classificato come zona Alpi di "minor tutela" avesse, o meno, i requisiti 
intrinseci della "zona Alpi";
- che la caccia vagante in detta zona poteva essere praticata solo "in via 
esclusiva" e che, pertanto, l'opponente, avendo optato per tale forma di caccia, 
non aveva la possibilità di praticare, in ambito regionale, forme diverse di 
caccia;
- che il Totero chiede la cassazione di detta sentenza con sei motivi di 
ricorso, illustrati con memoria;
- che la Provincia resiste.
Diritto
- che dei sei motivi di ricorso assume priorità, sul piano logico, il sesto, con 
il quale la sentenza impugnata viene censurata per non aver considerato che la 
contestazione dell'infrazione (effettuata il 4 maggio 1999) era avvenuta oltre 
il termine (di novanta giorni) concesso dall'art. 14, legge 26 novembre 1989 e 
che, conseguentemente, l'ordinanza-ingiunzione era stata emessa quando 
l'obbligazione di pagare la somma dovuta per l'infrazione accertata si era ormai 
estinta (art. 14, u.c., l. 689/81);
- che la tardività della contestazione è dedotta dall'opponente sul rilievo che 
l'inizio della decorrenza del termine per la contestazione dell'infrazione, 
dovesse essere individuato, anziché nel momento in cui il tesserino venatorio 
era stato restituito per i dovuti controlli (17 febbraio 1999), in quello (31 
luglio 1998) in cui gli organi dell'Ambito Territoriale di Caccia Ticinese 
avevano comunicato la sua iscrizione al competente Ufficio provinciale;
- che la censura, in tali termini formulata, è chiaramente infondata, essendo 
evidente, come correttamente osservato dal giudice del merito, che l'infrazione 
contestata poteva essere accertata dalla provincia solo dall'esame del libretto 
di caccia e che dalla data in cui quest'ultimo le era stato restituito 
dall'interessato (17 febbraio 1999) a quella in cui l'infrazione era stata 
contestata (4 maggio 1999) era decorso un lasso di tempo inferiore a quello 
concesso dall'art. 14, legge 689/81;
- che non meno infondata è la censura formulata con il primo motivo, con il 
quale il ricorrente - denunziando violazione e falsa applicazione dell'art. 14, 
sesto comma, legge 11 febbraio 1992, n. 157, in relazione all'art. 1362 c.c. - 
si duole che la sentenza impugnata non abbia considerato che l'interpretazione 
dell'atto di scelta della forma di esercizio dell'attività venatoria, operata da 
esso ricorrente ai sensi della norma denunziata (oltre che dell'art. 35, legge 
reg. Lombardia 26/93), doveva essere effettuata nel rispetto del principio 
sancito in via generale dall'art. 1362 c.c. e, quindi, tenendo conto che, la 
caccia era stata successivamente esercitata la in zona che, ancorché 
classificata come "zona alpina", per le sue caratteristiche intrinseche non 
poteva essere considerata come tale;
- che, invero, il citato art. 1362 c.c. concerne l'interpretazione dei contratti 
e tale natura non ha certamente l'atto di opzione contemplato dall'art. 14, 
sesto comma, l. 157/92 e dalle norme regionali che a tale disposizione si 
richiamano (in particolare, art. 35, legge reg. 26/93) e, d'altro canto, il 
criterio ermeneutico fondato sulla valutazione del comportamento complessivo 
delle parti, anche posteriore alla stipulazione del contratto, non è applicabile 
agli atti formali (Cass. 4 giugno 2002, n. 8080; 2 giugno 2000, n. 7416, 21 
giugno 1999, n. 6214), quale è indubbiamente l'atto in questione;
- che con il secondo, terzo e quarto motivo, tra loro connessi, il ricorrente 
ripropone censure già formulate con l'atto di opposizione, assumendo da un lato 
che la zona di "minor tutela" della provincia di Sondrio da lui prescelta era 
priva delle caratteristiche per essere riconosciuta come "zona alpina"; 
dall'altro, che la delibera in data 21 luglio 1977, con la quale il Consiglio 
regionale della Lombardia aveva classificato l'intero territorio della provincia 
di Sondrio come "zona Alpi" (ivi compresa, pertanto, quella situata a fondo 
valle, successivamente individuata come di "minor tutela"), era da ritenersi 
illegittima e comunque non più operante, a seguito dell'entrata in vigore 
dell'art. 11,l.157/72, dell'art. 38, legge reg. 31 luglio 1978, n. 47, 
successivamente abrogata, e dell'art. 27, legge reg. 26/93, i quali hanno 
stabilito precisi requisiti per la delimitazione della "zona Alpi";
- che la "zona Alpi" costituisce "zona faunistica a sé stante" (art. 27, legge 
reg. 16 agosto 1993, n. 26) e tale classificazione essa aveva già nel r.d. 5 
giugno 1939, n. 1016 (art. 5);
- che i dubbi sollevati dal ricorrente circa la legittimità della citata 
delibera consiliare del 21 luglio 1977, non hanno fondamento, posto che: a) 
detta delibera è stata a suo tempo adottata nel pieno rispetto delle competenze 
statali (la materia della caccia era, invero, ricompresa tra quelle per le quali 
le Regioni ordinarie avevano il potere dì emanare norme legislative, sia pure 
nei limiti dei principi fondamentali delle leggi dello Stato, e di esercitare le 
conseguenti funzioni amministrative: artt. 117 e 118 Cost.) e di quelle 
regionali (l'art. 2, legge reg. 3 luglio 1972, n. 16, attribuiva espressamente 
al Consiglio regionale il potere di determinare i confini della "zona Alpi"); b) 
che, in base a tali disposizioni la determinazione dei confini della "zona Alpi" 
era rimessa interamente alla valutazione discrezionale dell'autorità 
amministrativa competente; c) che il Consiglio regionale, pur dando atto che il 
territorio della provincia di Sondrio situato a fondo valle non presentava "le 
caratteristiche ambientali, vegetali e faunistiche della zona Alpi propriamente 
detta", ha ritenuto opportuna l'inclusione di tale territorio in detta zona, "al 
fine di assicurare una miglior protezione della tipica fauna alpina presente nei 
territori sovrastanti, dai quali è costretta a scendere a valle a causa delle 
avversità, specialmente nei mesi invernali");
- che, contrariamente a quel che mostra di ritenere il ricorrente, la successiva 
attribuzione del potere di delimitare i confini della "zona Alpi" alla Giunta 
(anziché al Consiglio) regionale (art. 38, primo e secondo comma, legge reg. 31 
luglio 1978, n. 47; art. 27, primo e secondo comma, legge reg. 16 agosto 1993, 
n. 26) non ha avuto alcuna incidenza sulla validità della deliberazione in 
esame, dal momento che la validità degli atti giuridici deve essere verificata 
sulla base dei principi e delle norme vigenti nel momento in cui sono posti in 
essere (Cass. 28 marzo 2002, n. 4490; e già 27 ottobre 1995, n. 11196; 21 
febbraio 1995, n. 1877), salvo (ma non è questo il caso di specie) che le nuove 
norme abbiano efficacia retroattiva;
- che deve altresì escludersi che detta delibera sia divenuta invalida, o 
comunque inoperante, per il fatto che con le norme sopra indicate il legislatore 
abbia successivamente circoscritto l'ampiezza delle possibilità di scelta 
dell'autorità amministrativa, introducendo uno specifico criterio per 
l'individuazione del territorio della "zona Alpi" ("consistente presenza della 
tipica fauna e vegetazione alpina": art. 38, primo comma, I. 47/78; art. 27, 
legge reg. 26/93), in quanto: a) l'inclusione dell'intero territorio della 
provincia di Sondrio in zona Alpi venne deliberata dal Consiglio regionale 
proprio al fine di assicurare una miglior tutela della "fauna alpina", costretta 
a scendere a valle "a causa delle avversità atmosferiche, specie nei mesi 
invernali" (e, quindi, pur sempre in una prospettiva di salvaguardia delle 
caratteristiche tipiche della zona Alpi); b) una nuova determinazione dei 
confini della zona alpina avrebbe dovuto (eventualmente) essere operata, secondo 
quanto stabilito dalle nuove norme (art. 2, regolamento regionale 10 giugno 
1980, n. 2, in relazione all'art. 38, terzo comma, legge reg. 47/78, cit.), solo 
in un secondo momento e, come riconosciuto dallo stesso ricorrente (memoria, 
pag. 2), non e stata ancora predisposta;
- che la stessa legge regionale prevedeva e prevede la possibilità di 
distinguere, nell'ambito della zona Alpi zone di maggiore e di minor tutela 
(art. 38, quarto comma, legge reg. 48/78, ora abrogata; art. 27, quinto comma, 
legge reg. 26/93, così come riformulato dall'art. 1, legge regionale 8 maggio 
2002, 7);
- che tale possibilità, contrariamente a quanto affermato dal ricorrente, doveva 
ritenersi concessa anche dal testo originario del citato art. 27, quinto comma, 
legge reg. 26/93, vigente quando (annata venatoria 1998/1999) è stato commesso 
l'illecito contestato, posto che detta disposizione prevedeva la possibilità di 
emanare disposizioni limitative per la caccia vagante in zona Alpi "anche in 
forme differenziate";
- che deve, in conclusione, affermarsi che l'opzione a suo tempo effettuata dal 
Totero riguardava un territorio da considerarsi, a tutti gli effetti, come 
rientrante in zona Alpi", perché cosi a suo tempo classificato dall'autorità 
amministrativa competente con una determinazione da ritenersi, per quanto si è 
detto, pienamente valida ed operante nel momento l'infrazione contestata è stata 
commessa;
- che con il quinto motivo, il ricorrente - denunziando violazione e falsa 
applicazione dell'art. 14, quinto comma, l.157/92, nonché omessa motivazione - 
censura la sentenza impugnata per non aver considerato che ogni cacciatore può 
avere accesso in un "ulteriore" territorio di caccia, "anche in divergenza" 
dalla opzione esercitata ex art. 12 della stessa legge e che, pertanto, il suo 
comportamento non poteva essere ritenuto illegittimo;
- che la possibilità di ottenere accesso in un "secondo" territorio di caccia, 
diverso da quello di residenza (art 14, quinto comma, I. 157/92; art 28, settimo 
comma, legge reg. 26/93) deve essere coordinata con quanto stabilito dall'art. 
12, quinto comma, l. st. 157/92, e dall'art. 35, primo comma, l. reg. 26/93, i 
quali sanciscono il principio dell'esclusività della forma di caccia prescelta;
- che deve quindi escludersi che colui che, come il ricorrente, abbia a suo 
tempo optato per la caccia vagante in zona Alpi, possa praticare l'esercizio 
venatorio anche in un ambito territoriale di caccia, in quanto ciò implicherebbe 
l'esercizio della caccia in forma diversa da quella prescelta;
- che anche tale censura è, pertanto, infondata;
- che il ricorso deve essere quindi rigettato in ogni sua parte;
- che, anche in considerazione della novità delle questioni affrontate, 
ricorrono giusti motivi di compensazione delle spese di questa ulteriore fase di 
giudizio.
P.Q.M
La Corte di cassazione rigetta il ricorso e compensa le spese.
Così deciso, in Roma, nella camera di consiglio del 20 ottobre 2003.
DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 25 FEB. 2004
1) Caccia - Esercizio dell'attività venatoria - Atto di opzione ex art. 12 e 14, legge n. 157/1992 - Leggi regionali - Natura non contrattuale - Inapplicabilità art. 1362, c.c. - Inapplicabilità criterio ermeneutico. L'atto di opzione di cui all’art. 12 e 14, legge n. 157 del 1992 e dalle norme regionali che a tale disposizione si richiamano (in specie, art. 35, legge reg. 26/93) per l’esercizio di una delle forme di caccia previste da dette norme non ha natura contrattuale e, quindi, ad esso non è applicabile l'art. 1362, c.c., che concerne l'interpretazione dei contratti, trattandosi, d'altro canto, di atto soggetto ad obblighi di forma, risulta inapplicabile agli atti formali (Cass. 4 giugno 2002, n. 8080; 2 giugno 2000, n. 7416, 21 giugno 1999, n. 6214) il criterio ermeneutico, in quanto nell'identificazione della volontà della parte può tenersi conto della condotta successiva alla formazione dell'atto. CORTE DI CASSAZIONE Civile, Sez. I, 25 febbraio 2004, (Cc. 20.10.2003) Sentenza n. 3748
2) Caccia - Attività venatoria - Accesso in un ambito territoriale di caccia diverso da quello di residenza - Principio di esclusività - Opzione caccia vagante in "zona Alpi” - Esclusione esercizio venatorio in un ambito territoriale di caccia - Artt. 12, e14 cc. 5 l. n. 157/92; Art. 35, c.1, l. reg. Lombardia n. 26/93. L’ottenimento dell'accesso in un ambito territoriale di caccia diverso da quello di residenza, ex art. 14, comma 5, legge n. 157 del 1992, va coordinato con il principio di esclusività stabilito dall'art. 12, comma 5, di detta legge e dall'art. 35, comma 1, legge regione Lombardia n. 26 del 1993, e quindi deve escludersi che il cacciatore il quale abbia optato per l'esercizio della caccia vagante in "zona Alpi", possa praticare l'esercizio venatorio anche in un ambito territoriale di caccia. CORTE DI CASSAZIONE Civile, Sez. I, 25 febbraio 2004, (Cc. 20.10.2003) Sentenza n. 3748
3) Caccia - Legittimità giuridica degli atti - Principi e disposizioni vigenti - Verifica e applicabilità - Fattispecie: Classificazione di un intero territorio come "zona Alpi" - Legittimità. La legittimità degli atti giuridici va accertata sulla base dei principi e delle disposizioni vigenti al tempo della loro formazione, salvo che le norme successivamente emanate abbiano efficacia retroattiva. In specie, in materia di disciplina della caccia, la delibera del 21 luglio 1977, con la quale il Consiglio regionale della Lombardia, allo scopo di rafforzare la tutela della tipica fauna alpina, ha classificato l'intero territorio della provincia di Sondrio come "zona Alpi" non può ritenersi viziata da invalidità sopravvenuta, per il fatto che le norme successivamente emanate hanno attribuito alla Giunta regionale il potere di delimitare detta zona, introducendo criteri più restrittivi per la sua identificazione. CORTE DI CASSAZIONE Civile, Sez. I, 25 febbraio 2004, (Cc. 20.10.2003) Sentenza n. 3748
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