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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione, ha pronunciato la 
seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 9169/02, proposto dall’ing. Roberto 
MASTROMATTEI, in proprio e in qualità di capogruppo di raggruppamento 
professionale, rappresentato e difeso dall’avv. Giuseppe Gallo, ed elettivamente 
domiciliato in Roma, v. Mantegazza n. 24 (presso il cav. Gardin),
contro
l’ing. Franco SPADAFORA, anche in qualità di capogruppo di raggruppamento 
professionale, rappresentato e difeso dall’avv. Pietrangelo Jaricci, ed 
elettivamente domiciliato presso il medesimo in Roma, v. Cola di Rienzo n. 52,
e nei confronti
del Comune di Rosarno, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso 
dall’avv. Alberto Panuccio, ed elettivamente domiciliato presso di lui in Roma, 
v. Sistina n. 121, 
per l’annullamento
della sentenza parziale del Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria, 
Reggio Calabria, 1° luglio 2002, n. 628, resa inter partes, nella parte in cui è 
stato accolto il ricorso proposto dall’attuale appellato, in tema di atti di 
gara per l’affidamento dell’incarico di progettazione definitiva ed esecutiva 
per la realizzazione di lavori di consolidamento e messa in sicurezza del Rione 
S.Anna.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’appellato e dell’Amministrazione 
comunale;
Visti gli atti tutti della causa;
Vista l’ordinanza n. 5045 in data 19 novembre 2002, con cui è stata accolta 
l’istanza di sospensione dell’esecuzione della sentenza di primo grado;
Visto il dispositivo della decisione in epigrafe, n. 265, pubblicato il 20 
giugno 2003;
Relatore alla pubblica udienza del 20 giugno 2003 il Consigliere Gerardo 
Mastrandrea; uditi per le parti gli avv.ti Gallo, Panuccio e Jaricci; 
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
FATTO E DIRITTO
1. Con bando pubblico per l’affidamento di incarico professionale, in data 27 
febbraio 2001, il Comune di Rosarno rendeva nota la volontà, quale stazione 
appaltante, di affidare l’incarico di redigere la progettazione definitiva ed 
esecutiva per la realizzazione di lavori di consolidamento e messa in sicurezza 
del Rione S.Anna.
Svoltasi la gara, si classificava al primo posto il raggruppamento capeggiato 
dall’ing. Mastromattei, odierno appellante, cui veniva affidato l’incarico. 
Il raggruppamento appellato, classificatosi al secondo posto, insorgeva dinanzi 
al TAR di Reggio Calabria avverso i verbali dei lavori in esito ai quali 
l’apposita Commissione di valutazione aveva collocato al primo posto il 
raggruppamento professionale di cui l’ing. Mastromattei era capogruppo, nonché, 
in particolare, le comunicazioni relative all’esito e l’atto di reiezione delle 
rimostranze formulate.
Il raggruppamento Spadafora contestava l’esito della selezione in relazione a 
carenze del raggruppamento vincitore, sia di ordine formale dell’offerta, sia 
dei requisiti tecnico-professionali previsti dal bando.
Chiedeva, altresì, il risarcimento del danno per equivalente, non essendo 
possibile l’esecuzione in forma specifica, atteso che la progettazione doveva 
essere consegnata in brevissimo tempo.
2. Il TAR adito, con la sentenza parziale impugnata, salvo disporre istruttoria 
in ordine all’istanza risarcitoria, riteneva l’impugnata aggiudicazione 
(provvisoria) illegittima, giudicando risolutivo il rilievo, di cui al punto 3a) 
del ricorso introduttivo, sulla carenza dei requisiti richiesti dal bando.
In particolare, il bando richiedeva che nel raggruppamento vi fosse “un 
ingegnere civile con specializzazione idraulica o geotecnica”.
Nessuno dei professionisti componenti il raggruppamento risultato affidatario, 
rilevava il Tribunale, aveva la suddetta specializzazione.
Non poteva, infatti, considerarsi equivalente il fatto che l’ing. Rocco 
Mastromattei fosse “esperto in geologia applicata”, come dallo stesso dichiarato 
nell’istanza di partecipazione alla gara e come si evinceva dal curriculum, da 
cui risultava che egli, negli anni accademici dal 1994-95 al 1997-98, era stato 
professore a contratto dell’insegnamento di geologia applicata e vincitore di un 
assegno di ricerca biennale, sempre in geologia applicata, a decorrere dal 
gennaio 2000.
3, L’ing. Mastromattei, anche come capogruppo del relativo raggruppamento 
professionale, ha interposto l’appello in trattazione avverso la prefata 
pronunzia, premettendo profili di inammissibilità del gravame di primo grado.
4. L’appellato si è costituito in giudizio per resistere all’appello, 
controdeducendo nel merito e preliminarmente eccependo l’inammissibilità dello 
stesso per difetto di interesse.
5. Si è costituita in giudizio anche l’Amministrazione comunale di Rosarno, che 
ha aderito integralmente all’appello, facendone propri tutti i motivi.
Con ordinanza della Sezione n. 5045 del 19 novembre 2002 è stata sospesa 
l’efficacia della sentenza di primo grado, con la seguente motivazione: 
“Considerato che, in disparte i profili di rito, sussistono i presupposti di 
legge per accordare la tutela cautelare richiesta, a fronte di una clausola del 
bando foriera di alcuni dubbi interpretativi e della specifica qualificazione 
professionale dell’appellante che detiene l’incarico appaltato in fase di 
svolgimento”. 
Alla pubblica udienza del 20 giugno 2003 il ricorso in appello è stato 
introitato per la decisione.
6. Il gravame, relativamente al quale non può escludersi il permanere 
dell’interesse alla decisione da parte del raggruppamento Mastromattei, anche 
per motivi di ordine morale ed a tutela, comunque, dell’interesse - anche per il 
prosieguo dell’attività - a non vedersi attribuita una gara illegittimamente, 
merita di essere accolto, sotto il preliminare profilo delle conseguenze della 
mancata specifica impugnazione dell’atto concretamente lesivo, ovvero il 
provvedimento di aggiudicazione definitiva recante la formale approvazione degli 
atti di gara.
Il raggruppamento di professionisti odierno appellato ha impugnato, infatti, in 
prime cure: la nota di comunicazione dell’esito della gara; la successiva nota 
di reiezione delle osservazioni; i verbali della Commissione di valutazione. Non 
dunque il provvedimento di aggiudicazione definitiva ed approvazione/recepimento 
dei verbali di gara per l’affidamento dell’incarico professionale in questione - 
di cui si fa cenno, tra l’altro, nelle premesse della delibera di Giunta (n. 60 
del 30 aprile 2002) recante l’approvazione definitiva del progetto redatto dal 
gruppo appellante – emesso a cura del Responsabile a cui sono stati trasmessi, 
per competenza (cfr. verbale n. 3), gli atti di gara e la relativa graduatoria.
Né può ribattersi in termini di “valutazione sostanzialistica della domanda di 
parte” in relazione ad atti formalmente non impugnati. 
Trova, così, lineare applicazione l’orientamento, condiviso dal Collegio, 
secondo cui l’aggiudicazione provvisoria della gara di appalto di opera pubblica 
ha natura di atto endoprocedimentale, inidoneo a produrre la definitiva lesione 
dell’interesse della ditta che non è risultata vincitrice (a divenire tale), 
lesione che si verifica, appunto, soltanto con l’aggiudicazione definitiva (cfr., 
tra le tante, Cons. Stato, V, 7 settembre 2001, n. 4677). 
L’aggiudicazione definitiva non è atto meramente confermativo o esecutivo, ma 
provvedimento che, anche quando recepisce in toto i risultati 
dell’aggiudicazione provvisoria, comporta comunque una nuova ed autonoma 
valutazione rispetto alla stessa, pur facendo parte della medesima sequenza 
procedimentale. Ne consegue che l’aggiudicazione definitiva necessita sempre di 
autonoma impugnazione (anche avvalendosi dell’istituto dei motivi aggiunti in 
corso di causa, proponibili, ai sensi della legge n. 205 del 2000, avverso atti 
diversi da quello originariamente gravato, soluzione da preferirsi per evidenti 
ragioni di economia processuale), anche se è già stata impugnata quella 
provvisoria.
Se l’aggiudicazione provvisoria è stata impugnata immediatamente e 
autonomamente, la parte ha perciò l'onere di impugnare, in un secondo momento, 
pure l’aggiudicazione definitiva sopravvenuta, la quale non rappresenta 
conseguenza inevitabile della prima, pena, si badi bene, l’improcedibilità del 
primo ricorso (Cons. Stato, VI, 16 novembre 2000 n. 6128 , 11 febbraio 2002, n. 
785 e 22 ottobre 2002, n. 5813; V, 3 aprile 2001, n. 1998 e 21 giugno 2002, n. 
3404).
7. Pertanto, dalla pacifica circostanza della mancata esplicita impugnazione 
dell’atto di aggiudicazione definitiva, deriva, in accoglimento dell’appello, la 
declaratoria di improcedibilità del ricorso introduttivo, con conseguente 
annullamento della sentenza impugnata.
Ogni altra questione resta assorbita.
Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del doppio grado 
di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente 
pronunciando sull’appello in epigrafe, lo accoglie e per l’effetto dichiara 
improcedibile il ricorso di primo grado proposto dal raggruppamento appellato, 
annullando senza rinvio la sentenza impugnata.
Spese processuali compensate tra le parti, con riferimento ad entrambi i gradi 
di giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, il 20 giugno 2003, dal Consiglio di Stato in sede 
giurisdizionale (Sezione Quinta), in camera di consiglio, con l’intervento dei 
seguenti Magistrati:
Alfonso Quaranta Presidente
Corrado Allegretta Consigliere
Paolo Buonvino Consigliere 
Francesco D’Ottavi Consigliere 
Gerardo Mastrandrea Consigliere est.
L’ESTENSORE                     
IL PRESIDENTE                             
IL SEGRETARIO                                
Il Dirigente
f.to Gerardo Mastrandrea            
f.to Alfonso Quaranta                       
f.to Francesco Cutrupi                       
f.to Antonio Natale
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 30 Ottobre 2003
(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)
 
1) Appalti - aggiudicazione provvisoria della gara di appalto di opera pubblica - natura - impugnazione - atto endoprocedimentale - aggiudicazione definitiva - natura - l’aggiudicazione definitiva necessita sempre di autonoma impugnazione - improcedibilità del primo ricorso. L’aggiudicazione provvisoria della gara di appalto di opera pubblica ha natura di atto endoprocedimentale, inidoneo a produrre la definitiva lesione dell’interesse della ditta che non è risultata vincitrice (a divenire tale), lesione che si verifica, appunto, soltanto con l’aggiudicazione definitiva (cfr., tra le tante, Cons. Stato, V, 7 settembre 2001, n. 4677). L’aggiudicazione definitiva non è atto meramente confermativo o esecutivo, ma provvedimento che, anche quando recepisce in toto i risultati dell’aggiudicazione provvisoria, comporta comunque una nuova ed autonoma valutazione rispetto alla stessa, pur facendo parte della medesima sequenza procedimentale. Ne consegue che l’aggiudicazione definitiva necessita sempre di autonoma impugnazione (anche avvalendosi dell’istituto dei motivi aggiunti in corso di causa, proponibili, ai sensi della legge n. 205 del 2000, avverso atti diversi da quello originariamente gravato, soluzione da preferirsi per evidenti ragioni di economia processuale), anche se è già stata impugnata quella provvisoria. Se l’aggiudicazione provvisoria è stata impugnata immediatamente e autonomamente, la parte ha perciò l'onere di impugnare, in un secondo momento, pure l’aggiudicazione definitiva sopravvenuta, la quale non rappresenta conseguenza inevitabile della prima, pena, si badi bene, l’improcedibilità del primo ricorso (Cons. Stato, VI, 16 novembre 2000 n. 6128, 11 febbraio 2002, n. 785 e 22 ottobre 2002, n. 5813; V, 3 aprile 2001, n. 1998 e 21 giugno 2002, n. 3404). Consiglio di Stato, Sez. V, 30 ottobre 2003, sentenza n. 6762
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