Legislazione Giurisprudenza Vedi altre: Sentenze per esteso
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Quinta Anno: 2002 ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n.10544/02 proposto dal Comune di San Giuliano 
Milanese, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Riccardo Marletta e Luigi Manzi, 
ed elettivamente domiciliato in Roma presso il secondo in Via Confalonieri n. 5;
CONTRO
Careab s.c.r.l., rappresentata e difesa dagli Avv.ti Sergio Colombo e Michele 
Pallottino, ed elettivamente domiciliata in Roma. Presso il secondo in Piazza 
Martiri di Belfiore, n. 2; 
E NEI CONFRONTI DI 
Liginvest s.p.a., non costituita; 
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Lombardia, Milano, 
Sezione III, n. 3279/02 del 31 luglio 2002;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della parte appellata;
Esaminate le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti tutti gli atti di causa;
Relatore alla pubblica udienza del 13 maggio 2003, il Consigliere Marco Lipari;
Uditi gli avv.ti Manzi e Pallottino;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
1 La sentenza appellata, in accoglimento del ricorso proposto dalla CAREAB scarl, 
ha annullato la comunicazione in data 4 luglio 2000, n. 22978, adottata dal 
comune di San Giuliano, nella parte in cui dispone l’escussione della cauzione 
provvisoria presentata dalla ricorrente.
2 Il comune contesta la decisione di primo grado.
3 L’appellata resiste al gravame.
DIRITTO
1 Il Comune di San Giuliano Milanese bandiva un’asta pubblica per l’affidamento 
dei lavori di costruzione della palestra.
2 La CAREAB, quale mandataria dell’associazione temporanea con l’impresa Aria 
s.r.l., presentava la propria offerta.
3 L’amministrazione comunale , in applicazione dell’art. 10, comma 1quatere 
dalla legge n. 109/1994, chiedeva alla CAREAB di comprovare i requisiti 
necessari per la partecipazione. Ma poiché l’impresa ometteva di produrre la 
documentazione prescritta nel termine di dieci giorni, il comune escludeva 
l’impresa e provvedeva all’escussione della cauzione.
4 Secondo il tribunale, il provvedimento è illegittimo, perché il termine di 
dieci giorni stabilito dalla legge n. 109/1994 per l’esecuzione degli 
adempimenti documentali richiesti dall’amministrazione ha carattere non 
perentorio e non assume rilievo, comunque, l’indicazione espressa in tal senso 
dal bando.
5 La tesi del tribunale non è condivisibile.
6 La giurisprudenza del Consiglio di Stato, pienamente condivisa dalla Sezione, 
si è ormai consolidata nel senso della perentorietà del termine stabilito 
dall’articolo 10, comma 1quater, della legge n. 109/1994.
7 Le acquisizioni giurisprudenziali sul punto, da cui il Collegio non ha motivo 
di discostarsi, depongono invero per la perentorietà del termine fissato dalla 
norma (IV Sezione N.1189/2003, VI Sez., 18 maggio 2001, n. 2780; V Sez., 24 
aprile 2002, n. 2207; C.G.A.R.S. 28 gennaio 2002, n. 44.).
8 Secondo tale orientamento, “è ben vero che la disposizione dell'art. 10, comma 
1 quater, non qualifica espressamente il termine come perentorio; tuttavia, la 
natura perentoria di un termine ben può desumersi da un'espressa comminatoria di 
decadenza prevista dalla specifica disposizione: e l'automaticità delle sanzioni 
per il concorrente che non abbia comprovato i requisiti richiesti entro il 
termine di dieci giorni non può che orientare per la perentorietà del termine 
medesimo. Ciò non senza rilevare che il termine che ne occupa è posto a garanzia 
del corretto e rapido svolgimento della gara; che la norma stessa prevede la 
richiesta documentale in prossimità dell'apertura delle buste contenenti le 
offerte (adempimento, questo, caratterizzato da ovvie esigenze di celerità); che 
la documentazione, per essere indicata nel bando o nella lettera d'invito, è ben 
nota al concorrente e che è quindi configurabile un onere di premunirsi in 
maniera tempestiva per l'eventualità della richiesta stessa. Va ancora osservato 
che una qualificazione del termine come meramente sollecitatorio sarebbe in ogni 
caso incompatibile con i tempi di svolgimento di una gara pubblica.
Quanto alla pretesa rilevanza della non imputabilità del ritardo, il Collegio è 
meditatamente dell'avviso che, nel silenzio della disposizione, è la stessa 
qualificazione di perentorietà del termine ad escludere la possibilità che 
rilevino le cause del ritardo medesimo.
Se un termine è perentorio, e alla sua scadenza è correlata l'automaticità della 
sanzione, non vi è scusabilità del ritardo che rilevi: un termine perentorio che 
sia soggetto a dilatazione in ragione della discrezionale valutazione delle 
cause del ritardo appare invero figura giuridica di dubbia collocazione 
nell'ordinamento, in mancanza di espressa configurazione normativa in senso 
diverso.
E va ricordato che, laddove si è ritenuto di introdurre il temperamento della 
"ipotesi eccezionale" (cfr. VI Sez. n. 2780 del 2001, cit.), non si è andati 
oltre la comprovata impossibilità, per l'impresa sottoposta a verifica, di 
produrre documentazione non rientrante nella sua disponibilità: ipotesi di 
oggettivo e assoluto impedimento che non ricorre nel caso all'esame della 
Sezione.
3. In tale quadro, l'avviso espresso dal Consiglio dell'Autorità per la 
vigilanza sui lavori pubblici  che ha ritenuto di riconoscere il beneficio 
dell'errore scusabile a favore della Simeoli con riguardo a comprovati motivi di 
salute di familiari del titolare dell'impresa  non appare idoneo a radicare 
il prospettato vizio di disparità di trattamento e contraddittorietà fra atti (id 
est, atto dell'Autorità e atto della stazione appaltante), in presenza di una 
statuizione giudiziale sulla assoluta "inescusabilità" del ritardo. Né può 
utilmente sostenersi la configurabilità di un'ipotesi di contrasto con i canoni 
di cui agli artt. 3 e 97 Cost. sotto tali profili.
Secondo l'appellante, la sanzione dell'incameramento della cauzione in favore 
della stazione appaltante non può essere comminata nell'ipotesi in cui 
l'Autorità di vigilanza valuti il ritardo incolpevole e conclude il procedimento 
con un provvedimento di archiviazione; diversamente opinando, si determinerebbe 
contraddittorietà tra atti, consistente nella diversa ratio delle sanzioni, 
l'una diretta a punire la mera inottemperanza nel termine perentorio e l'altra a 
sanzionare solo le omissioni colpevoli e fraudolente; la disparità di 
trattamento si determinerebbe fra le due Amministrazioni perché consentirebbe 
alla prima di incamerare la cauzione in ogni caso e, all'altra, di comminare la 
sanzione pecuniaria solo dopo aver valutato l'elemento psicologico del 
comportamento assunto dal concorrente: una tale interpretazione contrasterebbe 
con le norme costituzionali in precedenza indicate.
L'assunto ipotizza peraltro, sostanzialmente, una interpretazione della norma 
che contempla, da un lato, un effetto sanzionatorio automatico correlato alla 
perentorietà del termine e, dall'altro, una "scusabilità" del ritardo: con 
conseguente possibile contraddittorietà di determinazioni e disparità di 
situazioni; e solo per l'ipotesi che prevalga tale interpretazione si solleva la 
relativa questione di costituzionalità.
Senonché, nell'interpretazione accolta dal Collegio, non vi è spazio per profili 
di "scusabilità" del ritardo: il che priva in radice la tesi prospettata di uno 
dei presupposti cardine della paventata contraddittorietà e disparità e ne 
comporta la manifesta infondatezza.”
9 La Sezione condivide pienamente l’orientamento interpretativo ricordato e 
osserva che, comunque, nel caso di specie, vi è una espressa previsione in tal 
senso del bando di gara, che non risulta essere stata tempestivamente impugnata 
dalla ricorrente.
10 L’accoglimento del motivo di appello concernente il merito della decisione 
impugnata rende superfluo l’esame degli altri mezzi di gravame, concernenti l’irricevibilità 
e l’inammissibilità del ricorso di primo grado.
11 In definitiva, quindi, l'appello deve essere accolto, con il conseguente 
rigetto del ricorso di primo grado.
Le spese possono essere compensate.
PER QUESTI MOTIVI
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, accoglie 
l'appello, compensando le spese;
per l'effetto, in riforma dell'impugnata sentenza, respinge il ricorso di primo 
grado;
ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 13 maggio 2003, con 
l'intervento dei signori:
EMIDIO FRASCIONE  Presidente
GIUSEPPE FARINA  Consigliere
PAOLO BUONVINO  Consigliere
MARCO LIPARI  Consigliere Estensore
MARZIO BRANCA  Consigliere
L'ESTENSORE                   
IL PRESIDENTE                     
IL SEGRETARIO                      
IL DIRIGENTE
F.to Marco Lipari                
F.to Emidio Frascione              
F.to Antonietta Fancello            
F.to Antonio Natale
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 21 ottobre 2003
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
 
1) Appalti - svolgimento della gara pubblica - l’escussione della cauzione provvisoria - articolo 10, comma 1-quater, della legge n. 109/1994 - perentorietà del termine - bando - lettera d'invito - la richiesta documentale in prossimità dell'apertura delle buste contenenti le offerte - il beneficio dell'errore scusabile - ipotesi eccezionale - la sanzione dell'incameramento della cauzione in favore della stazione appaltante - ipotesi in cui l'Autorità di vigilanza valuti il ritardo incolpevole. La giurisprudenza del Consiglio di Stato, pienamente condivisa dalla Sezione, si è ormai consolidata nel senso della perentorietà del termine stabilito dall’articolo 10, comma 1-quater, della legge n. 109/1994. Le acquisizioni giurisprudenziali sul punto, da cui il Collegio non ha motivo di discostarsi, depongono invero per la perentorietà del termine fissato dalla norma (IV Sezione N.1189/2003, VI Sez., 18 mag-gio 2001, n. 2780; V Sez., 24 aprile 2002, n. 2207; C.G.A.R.S. 28 gen-naio 2002, n. 44.). Secondo tale orientamento, “è ben vero che la disposizione dell'art. 10, comma 1 quater, non qualifica espressamente il termine come perentorio; tuttavia, la natura perentoria di un termine ben può desumersi da un'espressa comminatoria di decadenza prevista dalla specifica disposizione: e l'automaticità delle sanzioni per il concorrente che non abbia comprovato i requisiti richiesti entro il termine di dieci giorni non può che orientare per la perentorietà del termine medesimo. Ciò non senza rilevare che il termine che ne occupa è posto a garanzia del corretto e rapido svolgimento della gara; che la norma stessa prevede la richiesta documentale in prossimità dell'apertura delle buste contenenti le offerte (adempimento, questo, caratterizzato da ovvie esi-genze di celerità); che la documentazione, per essere indicata nel bando o nella lettera d'invito, è ben nota al concorrente e che è quindi configurabile un onere di premunirsi in maniera tempestiva per l'eventualità della richiesta stessa. Va ancora osservato che una qualificazione del termine come meramente sollecitatorio sarebbe in ogni caso incompatibile con i tempi di svolgimento di una gara pubblica. Quanto alla pretesa rilevanza della non imputabilità del ritardo, il Collegio è meditatamente dell'avviso che, nel silenzio della disposizione, è la stessa qualificazione di perentorietà del termine ad escludere la possibilità che rilevino le cause del ritardo medesimo. Se un termine è perentorio, e alla sua scadenza è correlata l'automaticità della sanzione, non vi è scusabilità del ritardo che rilevi: un termine perentorio che sia soggetto a dilatazione in ragione della discrezionale valutazione delle cause del ritardo appare invero figura giuridica di dubbia collocazione nell'ordinamento, in mancanza di espressa configurazione normativa in senso diverso. E va ricordato che, laddove si è ritenuto di introdurre il temperamento della "ipotesi eccezionale" (cfr. VI Sez. n. 2780 del 2001, cit.), non si è andati oltre la comprovata impossibilità, per l'impresa sottoposta a verifica, di produrre documentazione non rientrante nella sua disponibilità: ipotesi di oggettivo e assoluto impedimento che non ri-corre nel caso all'esame della Sezione. In tale quadro, l'avviso espresso dal Consiglio dell'Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici - che ha ritenuto di riconoscere il beneficio dell'errore scusabile a favore della Simeoli con riguardo a comprovati motivi di salute di familiari del titolare dell'impresa - non appare idoneo a radicare il prospettato vizio di disparità di trattamento e contraddittorietà fra atti (id est, atto dell'Autorità e atto della stazione appaltante), in presenza di una statuizione giudiziale sulla assoluta "inescusabilità" del ritardo. Né può utilmente sostenersi la configurabilità di un'ipotesi di contrasto con i canoni di cui agli artt. 3 e 97 Cost. sotto tali profili. Secondo l'appellante, la sanzione dell'incameramento della cauzione in favore della stazione appaltante non può essere comminata nell'ipotesi in cui l'Autorità di vigilanza valuti il ritardo incolpevole e conclude il procedimento con un provvedimento di archiviazione; diversamente opinando, si determinerebbe contraddittorietà tra atti, consistente nella diversa ratio delle sanzioni, l'una diretta a punire la mera inottemperanza nel termine perentorio e l'altra a sanzionare solo le omissioni colpevoli e fraudolente; la disparità di trattamento si determinerebbe fra le due Amministrazioni perché consentirebbe alla prima di incamerare la cauzione in ogni caso e, all'altra, di comminare la sanzione pecuniaria solo dopo aver valutato l'elemento psicologico del comportamento assunto dal concorrente: una tale interpretazione contrasterebbe con le norme costituzionali in precedenza indicate. L'assunto ipotizza peraltro, sostanzialmente, una interpretazione della norma che contempla, da un lato, un effetto sanzionatorio automatico correlato alla perentorietà del termine e, dall'altro, una "scusabilità" del ritardo: con conseguente possibile contraddittorietà di determinazioni e disparità di situazioni; e solo per l'ipotesi che prevalga tale interpretazione si solleva la relativa questione di costituzionalità. Senonché, nell'interpretazione accolta dal Collegio, non vi è spazio per profili di "scusabilità" del ritardo: il che priva in radice la tesi prospettata di uno dei presupposti cardine della paventata contraddittorietà e disparità e ne comporta la manifesta infondatezza.” Consiglio di Stato - Sezione V, 21 Ottobre 2003, Sentenza n. 6528
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