Legislazione Giurisprudenza Vedi altre: Sentenze per esteso
Copyright © Ambiente Diritto.it
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE DI CASSAZIONE, penale sez. III – 31.01.2003 (ud. 11.12.2002) n. 4694   
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
III SEZIONE PENALE
composta dagli Ill.mi Signori:
Presidente Dott. Antonio Zumbo
Consigliere " Claudio Vitalone
" Vincenzo Tardino
" Claudia Squassoni
" Alfredo Maria Lombardi
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
Sul ricorso proposto da Spagnesi e altro... omissis, avverso la sentenza in data 
4.7.2000 della Corte di Appello di Torino, con la quale, in riforma di quella 
del Tribunale di Saluzzo in data 26.11.1999, vennero assolti dai reati: a) di 
cui all'art. 30 lett. d) della L. n. 157-92; b) di cui all'art. 30 lett. h) 
della L. n. 157-92, in quanto non punibili per aver agito nell'erronea 
supposizione della sussistenza della causa di giustificazione dell'adempimento 
di un dovere; nonché dal reato: c)di cui all'art: 727 c.p., perché il fatto non 
sussiste.
Visti gli atti, la sentenza denunziata ed il ricorso;
Udita in pubblica udienza la relazione del Consigliere Dott. Alfredo Maria 
Lombardi;
Udito il P.M., in persona del Sost. Procuratore Generale Dott. Antonio 
Siniscalchi, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
Udito il difensore, Avv. Vittorio Russo dell'Avvocatura Generaledello Stato, che 
ha concluso per l'accoglimento del ricorso;
Fatto
Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Torino ha assolto gli imputati 
generalizzati in epigrafe dai reati di cui all'art. 30 lett. d) e h) della L. n. 
157-92, in quanto non punibili per aver agito nell'erronea supposizione della 
sussistenza della causa di giustificazione dell'adempimento di un dovere, nonché 
dal reato di cui all'art. 727 c.p., perché il fatto non sussiste, disponendo 
altresì la eliminazione delle statuizioni in favore delle parti civili.
Le citate fattispecie criminose, che avevano determinato la pronuncia di 
condanna degli imputati in primo grado, sono state contestate ai medesimi per 
avere lo <S.>, quale direttore responsabile dell'Istituto Nazionale per la Fauna 
Selvatica con sede in Ozzano dell'Emilia, e il <G.>, quale tecnologo faunistico 
del medesimo Ente, rispettivamente disposto ed eseguito la cattura di 188 
scoiattoli grigi, mediante l'uso di mezzi di caccia vietati all'interno del 
Parco di Racconigi, nonché per avere provocato inutili sofferenze alla prole 
degli animali catturati, rimasta senza nutrimento per la uccisione delle 
nutrici.
L'azione penale ha tratto origine dall'accertamento che l'Istituto Nazionale per 
la Fauna Selvatica aveva dato attuazione nel maggio - giugno 1997, all'interno 
del Parco di Racconigi, alla sperimentazione di un progetto denominato "Eradicazione 
dello scoiattolo grigio", che prevedeva l'utilizzazione di trappole per la 
cattura dei predetti animali al fine di anestetizzarli e poi sopprimerli, in 
quanto appartenenti ad una specie estranea all'habitat europeo, introdotta in 
Italia dal Nord America nel 1948, ritenuta dannosa per le coltivazioni agricole, 
nonché per la sopravvivenza della specie autoctona europea costituita dallo 
scoiattolo rosso.
La sentenza impugnata ha condiviso, con riferimento alla violazione delle 
disposizioni della legge sulla caccia, le valutazioni del giudice di primo grado 
in ordine alla illiceità della condotta posta in essere dagli imputati ed ha, 
però, affermato la non punibilità dei medesimi per avere operato in buona fede, 
incolpevolmente, nel convincimento di adempiere ad un dovere del proprio 
ufficio, mentre ha totalmente escluso l'esistenza di prove che la eliminazione 
di scoiattoli femmine abbia provocato la morte della prole. In particolare la 
sentenza ha affermato in punto di diritto che la ratio della legge n. 157-92 non 
può essere limitata alla esclusiva funzione di strumento di regolamentazione 
della attività venatoria, lecita o di frodo che sia, in quanto detta legge 
appresta una tutela più generale per la salvaguardia della fauna selvatica, la 
cui appartenenza è attribuita dalla medesima legge al patrimonio indisponibile 
dello Stato, di talché essa rientra tra i beni che non possono essere sottratti 
alla loro destinazione, ai sensi dell'art. 828 c.c., se non nei modi stabiliti 
dalle leggi che li riguardano. Si è osservato inoltre che tra i compiti, che il 
combinato disposto di cui agli art. 4 e 7 della legge n. 157-92 attribuisce 
all'Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica, rientra - contrariamente a quanto 
affermato dal giudice di primo grado - anche la cattura e la eventuale 
soppressione di animali selvatici per esigenze di, ricerca e di studio, ma che 
non rientra certamente nelle competenze dell'Ente, quale organo di studio, di 
ricerca e di sperimentazione sulla fauna selvatica, deliberare e porre in 
esecuzione la distruzione di una specie ad essa appartenente in un'area del 
territorio nazionale. Si è osservato, altresì, che nel caso in esame non vi è 
stata un'espressa autorizzazione all'esecuzione del programma di eradicazione 
dello scoiattolo grigio da parte dell'ente Regione competente e che, però, il 
consenso ricevuto dalle associazioni ambientaliste di maggiore diffusione e la 
concessione di mezzi per attuare il programma da parte degli enti locali, hanno 
ingenerato negli imputati l'incolpevole convincimento di operare 
nell'adempimento di un dovere di istituto.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso l'Avvocatura Generale dello Stato, che 
aveva assunto la difesa degli imputati ai sensi dell'art. 44 del R.D. n. 
1611-1933. Al procedimento è stato riunito quello n. 45229-2000, avente ad 
oggetto l'appello proposto dagli imputati avverso la sentenza di primo grado, 
erroneamente trasmesso a questa Corte da quella territoriale.
Diritto
Con un unico motivo di gravame i ricorrenti denunciano la violazione ed errata 
applicazione degli art. 4, 7, 19 e 30 della L. n. 157-92, la violazione della 
Convenzione di Berna, approvata con L. 5.8.1981 n. 503, la violazione della 
Convenzione di Rio De Janeiro sulla Diversità Biologica, nonché la mancanza o 
manifesta illogicità della motivazione della sentenza impugnata.
La difesa dei ricorrenti deduce che tra i compiti dell'Istituto Nazionale per la 
Fauna Selvatica vi e quello della conservazione delle specie faunistiche, ma che 
la sentenza impugnata ha erroneamente ritenuto tale funzione incompatibile con 
la eradicazione di una specie non autoctona da una determinata area geografica. 
Si osserva, in contrario, che la nozione di "conservazione" deve essere definita 
alla luce dei principi che si rinvengono nelle citate convenzioni internazionali 
e che, ai sensi dell'art. 2 della Convenzione di Berna, costituisce 
"conservazione" "mantenere o adattare le popolazioni di flora e fauna selvatica 
a livelli che corrispondono alle esigenze ecologiche, scientifiche e culturali"; 
che l'art. 11 della stessa convenzione incoraggia la reintroduzione di specie di 
flora e fauna indigene ed il rigoroso controllo delle specie alloctone. Si 
osserva, poi, che ancora più esplicitamente la Convenzione di Rio attribuisce al 
concetto di conservazione "il prevenire l'introduzione, controllare o eradicare 
quelle specie alloctone che minacciano gli ecosistemi gli habitat o le specie". 
Si osserva inoltre, sul piano normativo, che successive raccomandazioni del 
Consiglio d'Europa hanno fatto obbligo all'Italia di porre m essere un programma 
nazionale di controllo per eradicare lo scoiattolo grigio. Si deduce, quindi, 
che nella nozione di conservazione della fauna selvatica rientra, alla luce 
delle citate disposizioni, l'attività di controllo, inteso come controllo 
numerico delle popolazioni della fauna selvatica, e che una delle modalità di 
conservazione della fauna locale e proprio l'eradicazione delle specie 
alloctone, incompatibili con la prima. Pertanto - si afferma - le azioni volte 
ad eradicare le specie alloctone sono coerenti con i principi fondanti della L. 
n. 157-92 e rientrano tra i compiti dell'Istituto Nazionale per la Fauna 
Selvatica. Si deduce, infine, che la sentenza impugnata ha, in ogni caso, 
riconosciuto la possibilità per l'Ente di provvedere alla cattura e soppressione 
di specie protette dalla L. n. 157-92, a fini di studio e sperimentazione, ed 
ha, però, illogicamente escluso la sussistenza di tale finalità nei fatti di cui 
alla contestazione sulla base di una valutazione quantitativa che si palesa 
incoerente con la delimitazione dell'area geografica in cui è stata posta in 
essere razione dell'ente. Si deduce, infine, che una sperimentazione tecnico 
scientifica non può farsi rientrare nella nozione di attività venatoria vietata 
dalla L. n. 157-92 e che l'attività della quale è stata ravvisata l'illiceità è 
riconducibile allo Stato, sia pure attraverso l'operato dei funzionari dell'INFS.
Il ricorso non è fondato.
Osserva preliminarmente la Corte che l'impugnazione deve ritenersi ammissibile, 
ai sensi dell'art. 568, quarto comma, c.p.p., pur avendo ad oggetto una sentenza 
di proscioglimento degli imputati, ravvisandosi un interesse dei medesimi ad 
ottenere una pronuncia di assoluzione con formula diversa, sia in considerazione 
della loro qualità di pubblici funzionari, il cui operato può pertanto essere 
soggetto ad ulteriore sindacato da parte della pubblica amministrazione cui 
appartengono, sia in considerazione della obiettiva esigenza di vedere definiti 
i limiti della liceità del loro operato. Ciò precisato, deve rilevarsi che le 
argomentazioni ed i rilievi ermeneutici addotti dai ricorrenti a sostegno della 
impugnazione si palesano inidonei a scalfire l'impianto giuridico e l'esattezza 
dei rilievi interpretativi su cui e fondata la sentenza della Corte 
territoriale.
Si deve in primo luogo osservare che il riferimento alle disposizioni contenute 
nelle Convenzioni internazionali di Berna, approvata con L. 5.8.1981 n. 503, e 
di Rio De Janeiro sulla Diversità Biologica, approvata con L. 14.2.1994 n. 124, 
non modifica i termini del quadro normativo cui deve farsi riferimento ai fini 
della decisione.
Le Convenzioni citate, invero, - come peraltro rilevato dai giudici di merito - 
hanno quali parti contraenti gli Stati che le hanno sottoscritte.
Solo gli Stati Nazionali, pertanto, e non i singoli cittadini o Enti diversi, 
sono destinatari degli obblighi derivanti dalle clausole dei predetti accordi 
internazionali, essendo tenuti a non adottare provvedimenti che siano in 
contrasto con le Convenzioni e ad emettere gli atti normativi, che ne 
costituiscono attuazione.
Analoga considerazione vale in ordine al riferimento dei ricorrenti alla 
Raccomandazione n. 78 del Consiglio d'Europa sulla conservazione dello 
scoiattolo rosso in Italia, dovendosi peraltro rilevare che detta 
Raccomandazione e successiva (2.12.1999) ai fatti di cui alla contestazione.
La liceità di tali fatti, pertanto, deve essere valutata esclusivamente alla 
luce delle disposizioni della n. 157-92, nel cui quadro normativo, peraltro, in 
effetti trovano attuazione anche le prescrizioni delle Convenzioni 
Internazionali citate, di talché neppure potrebbe ritenersi inadempiente lo 
Stato italiano rispetto alle prescrizioni delle medesime.
Orbene, si deve in primo luogo affermare che la L. 11.2.1992 n. 157, come 
evidenzia la stessa intestazione - Norme per la protezione della fauna selvatica 
omeoterma e per il prelievo venatorio - e precipuamente rivolta ad apprestare le 
più ampie forme di tutela della fauna selvatica, nell'ambito di una normativa 
che, trattando esaustivamente la materia, disciplina anche l'attività venatoria, 
quale mezzo consentito di cattura e di abbattimento delle specie protette nei 
limiti imposti dalla stessa legge.
Esattamente è stato rilevato m proposito dai giudici di merito che la fauna 
selvatica, in quanto appartenente, ai sensi dell'art. 2 della L. n. 157-92, al 
patrimonio indisponibile dello Stato, può essere sottratta alla propria 
destinazione naturale solo nei limiti e con le modalità previste dalla legge che 
disciplina detta materia.
Va aggiunto, inoltre, che i termini "cacciare ed "esercizio venatorio" adoperati 
dalla legge sono riferibili a qualsiasi attività che comporti l'apprensione o 
l'abbattimento di esemplari della fauna selvatica, di talché non si ravvisano 
dati interpretativi per sottrarre al rigore della medesima legge determinati 
settori di intervento o il perseguimento di finalità particolari.
Passando, quindi, all'esame delle disposizioni di cui si afferma l'errata 
interpretazione da parte dei giudici di merito, va osservato che l'art. 7, comma 
terzo, della L. n. 157-92 attribuisce all'Istituto Nazionale per la Fauna 
Selvatica i compiti: "di censire il patrimonio ambientale costituito dalla fauna 
selvatica, di studiarne lo stato, l'evoluzione ed i rapporti con le altre 
componenti ambientali, di elaborare progetti di intervento ricostitutivo o 
migliorativo sia delle comunità animali sia degli ambienti al fine della 
riqualificazione faunistica del territorio nazionale, di effettuare e di 
coordinare l'attività di inanellamento a scopo scientifico sull'intero 
territorio italiano, di collaborare con gli organismi stranieri ed in 
particolare con quelli dei Paesi della Comunità economica europea aventi 
analoghi compiti e finalità, di collaborare con le università e gli altri 
organismi di ricerca nazionali, di controllare e valutare gli interventi 
faunistici operati dalle regioni e dalle province autonome, di esprimere i 
pareri tecnico - scientifici richiesti dallo Stato, dalle regioni e dalle 
province autonome".
L'art. 4 della medesima legge attribuisce inoltre all'I.N.F.S. il compito di 
organizzare e coordinare sull'intero territorio nazionale l'attività di cattura 
"temporanea" degli uccelli finalizzata al loro inanellamento.
I compiti di controllo della fauna selvatica sono, invece attribuiti alle 
Regioni dall'art. 19 della L. n. 157-92, il cui secondo comma testualmente 
dispone: "Le regioni, per la migliore gestione del patrimonio zootecnico, per la 
tutela del suolo, per motivi sanitari, per la selezione biologica, per la tutela 
del patrimonio storico - artistico, per la tutela delle produzioni zoo - agro - 
forestali ed ittiche, provvedono al controllo delle specie di fauna selvatica 
anche nelle zone vietate alla caccia. Tale controllo, esercitato selettivamente, 
viene praticato di norma mediante l'utilizzo di metodi ecologici su parere 
dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica. Qualora l'Istituto verifichi 
l'inefficacia dei predetti metodi, le regioni possono autorizzare piani di 
abbattimento. Tali piani devono essere attuati dalle guardie venatorie 
dipendenti dalle amministrazioni provinciali. Queste ultime potranno altresì 
avvalersi dei proprietari o conduttori dei fondi sui quali si attuano i piani 
medesimi, purché muniti di licenza per l'esercizio venatorio nonché delle 
guardie forestali e delle guardie comunali munite di licenza per l'esercizio 
venatorio".
Emerge, quindi, evidente dalla lettura delle disposizioni riportate che il 
potere deliberante in materia di controllo della fauna selvatica, nella cui 
nozione rientra la previsione dell'abbattimento selettivo di specie nocive o la 
adozione di misure atte a determinare la riduzione numerica di alcune
specie in favore di altre incompatibili con le prime e ritenute meritevoli di 
maggiore tutela, è attribuito in via esclusiva alle Regioni.
All'Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica sono attribuite, invece, 
esclusivamente funzioni di studio e di consulenza dell'Ente Regione o dello 
Stato o degli altri organismi ed enti cui sono attribuiti compiti in qualche 
modo correlati con la disciplina della tutela della fauna selvatica.
Orbene, alla luce dei rilievi che precedono, ed essendo stato accertato in punto 
di fatto che, nel caso in esame, non è stata adottata alcuna delibera dalla 
Regione competente per territorio, che prevedesse l'abbattimento della fauna 
selvatica di cui si tratta, si deve affermare che l'attività posta in essere 
dagli imputati, diretta alla cattura e successiva eliminazione di numerosi 
esemplari di scoiattolo grigio, rientra nella nozione di caccia, secondo la 
definizione della L. n. 157-92, e risulta sanzionata penalmente, ai sensi 
dell'art. 30 lett. d) ed h), per inosservanza degli specifici divieti, di cui 
alla contestazione, imposti dalla medesima legge.
Peraltro, va conclusivamente rilevato che la natura stessa del programma di 
eradicazione dello scoiattolo grigio e la rilevante portata della sua attuazione 
esclude categoricamente che al fatto accertato possa essere attribuita la natura 
di attività di sperimentazione, rientrando, invece, nel concetto di controllo 
della fauna, che è di competenza della Regione.
Del tutto inconferente è, infine, il rilievo in ordine alla natura statale 
dell'Ente cui appartengono gli imputati, non essendo riconducibili all'Ente 
stesso comportamenti che esorbitano dalle competenze ad esso attribuite dalla 
legge.
Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato.
Ai sensi dell'art. 616 c.p.p. al rigetto dell'impugnazione segue a carico dei 
ricorrenti l'onere del pagamento delle spese processuali.
P.Q.M
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti <S. M.> e <G. P.>al 
pagamento in solido delle spese del procedimento.
Così deciso in Roma nella pubblica udienza del 11.12.2002.
DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 31 GEN. 2003.
 
1) Caccia e pesca – Fauna selvatica in generale - Controllo della fauna selvatica - Abbattimento selettivo di specie nocive – Potere – Regione – art. 19 L.157/92. Il controllo della fauna selvatica, ai sensi degli artt. 7 e 19 della Legge 11 febbraio 1992 n.157, nella cui nozione rientra la previsione dell’abbattimento selettivo di specie nocive o l’adozione di misure atte a determinare la riduzione numerica di alcune specie in favore di altre incompatibili con le prime e ritenute meritevoli di maggiore tutela, è attribuito in via esclusiva alle Regioni. Ric. SPAGNESI - CORTE DI CASSAZIONE, penale sez. III – 31 gennaio 2003 (ud. 11 dicembre 2002) n. 4694
2) Caccia e pesca – Fauna selvatica in generale – Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica – Attribuzioni e compiti – art.7 L.157/92 - abbattimento o eradicazione di una specie ritenuta nociva – divieto – autorizzazione – necessità. All’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica sono attribuite - art. 7 Legge 11 febbraio 1992 n.157 - esclusivamente funzioni di studio e di consulenza dell’Ente Regione o dello Stato o degli altri organismi ed enti cui sono attribuiti compiti in qualche modo correlati con la disciplina della tutela della fauna selvatica. (Nella specie, la Corte ha ritenuto che non rientra tra i compiti dell’I.N.F.S. l’abbattimento o l’eradicazione di una specie ritenuta nociva (scoiattolo grigio del nord America) in mancanza di una specifica delibera della Regione competente per territorio). Ric. SPAGNESI - CORTE DI CASSAZIONE, penale sez. III – 31 gennaio 2003 (ud. 11 dicembre 2002) n. 4694
Per ulteriori approfondimenti ed altre massime vedi il canale: Giurisprudenza