Copyright © Ambiente Diritto.it
Il trasporto del gas naturale in Italia.
L'analisi delle tariffe
NATURAL GAS TRANSPORT IN ITALY. 
THE ANALYSIS OF TRANSPORTATION RATES
Susanna Dorigoni(*) - Sergio Portatadino (**)
 
Abstract
Gas transport is a very wide argument. We have analyzed it taking into 
consideration the different tariff charges and our aim has been to identify the 
ideal transport charge system for the best development of the liberalized 
Italian gas market.
In this brief study we have considered three kinds of transport charge: 
postage-stamp, distance-based and entry/exit tariffs. For each of these systems 
we have evaluated the cost-reflectivity, the flexibility and the possibility of 
cross-border gas exchanges without tariff distortion. 
We have shown a number of examples to support our opinions and we have 
eventually opted for the entry/exit system, due to its capacity to enhance 
competition, to allow cross-border exchanges and to its remarkable flexibility. 
All these characteristics make the entry/exit system the best choice for the gas 
transport in Italy.
Introduzione
Il trasporto di gas è un argomento molto vasto, noi lo analizzeremo con 
particolare riferimento alle tariffe che lo regolamentano. Il nostro obiettivo 
è, infatti, quello di individuare le condizioni ottimali per un corretto 
sviluppo del mercato italiano, che vada dunque verso prospettive di maggiore 
competitività e liquidità. Per raggiungere questi due obiettivi, il regolatore 
deve prevedere tariffe di trasporto adeguate, che siano cioè trasparenti (e 
dunque non discriminatorie), che permettano al sistema di essere flessibile e 
che favoriscano (o quantomeno non ostacolino) l’interconnessione delle reti di 
trasporto dei diversi Stati europei, in ottemperanza all’obiettivo di formare un 
mercato unico europeo.
La regolamentazione del trasporto avviene infatti nell’alveo del processo di 
liberalizzazione deciso in sede comunitaria. Essa non ha stabilito un sistema 
tariffario unico per tutti i mercati, perché questi sono molto diversi tra loro 
ed un’unica regolamentazione potrebbe non adattarsi bene ad alcune situazioni 
particolari. Così, anche in rispetto del principio di sussidiarietà, la 
Commissione ha lasciato che ogni Stato membro decidesse il proprio regime 
tariffario autonomamente, sebbene essa auspichi un’armonizzazione sempre più 
convergente verso il sistema entry-exit.
Nei prossimi paragrafi prenderemo in esame le tre tipologie tariffarie 
principali (a francobollo/zonali, distance-based e entry-exit), cercando di 
capire quale sia la modalità migliore per lo sviluppo del mercato italiano del 
gas sui binari fin qui tracciati. Più che altro si tratterà di cercare la 
conferma che la modalità migliore sia quella entry-exit, poiché questa è già 
stata scelta dal regolatore italiano per il nostro mercato del gas, oltre che 
suggerita proprio dalla Commissione Europea. 
I parametri che serviranno per giudicare queste tre tipologie tariffarie 
saranno:
- Trasparenza;
- Flessibilità;
- Interoperabilità dei mercati.
1 La “trasparenza” delle tariffe di trasporto
La prima condizione che un regime tariffario deve soddisfare perché serva a 
traghettare il mercato italiano (come qualsiasi altro mercato) verso una 
condizione di effettiva competitività e liquidità è la trasparenza.
Parlando di trasparenza, oltre alla tradizionale definizione che fa riferimento 
alla formazione delle tariffe in modo chiaro, secondo principi condivisi ed 
esplicitati ex-ante, qui si fa riferimento a due principi molto importanti: la 
non discriminazione e alla c.d. “cost-reflectivity”. In realtà questi due 
concetti sono molto legati ed appaiono quasi sempre contemporaneamente, perciò è 
utile aprire un discorso comune.
La possibilità, infatti, che l’incumbent approfitti della propria dimensione, 
della propria esperienza, del c.d. “effetto portafoglio” e della propria 
capacità di influenzare le decisioni del regolatore per mantenere una posizione 
dominante anche sul mercato liberalizzato, è una possibilità che non va esclusa 
a priori, specialmente in un paese come l’Italia dove la regolamentazione ha 
lasciato finora molti nodi irrisolti. 
Per essere non discriminatorie, le tariffe di trasporto devono:
- Essere definite in maniera corretta e trasparente da parte di un regolatore 
super-partes che goda di credibilità tra gli operatori;
- Riconoscere i soli costi “efficienti” al TSO (Transport System Operator), che 
permettano la sostenibilità dell’attività di trasporto, ma che allo stesso tempo 
non rappresentino tutti i costi di trasporto e quindi non sia da ostacolo al 
principio dell’efficienza che prevede la minimizzazione dei costi;
- Incentivare l’utilizzo efficiente del sistema di trasporto, fornendo i giusti 
segnali circa lo stato delle infrastrutture (es.: tariffe più alte per i tratti 
più congestionati).
Per quanto riguarda il primo punto, è importante sottolineare come la maggior 
parte dei mercati europei erano precedentemente dei monopoli statali e che anche 
dopo la liberalizzazione lo Stato è presente nel capitale dell’operatore storico 
in moltissimi paesi (Italia e Francia in particolare). Ciò significa che esiste 
un palese conflitto d’interessi se chi fissa le regole è allo stesso tempo anche 
l’azionista principale dell’incumbent. Ecco perché ad esempio in Italia, le 
tariffe sono fissate sulla base di criteri stabiliti da un’Autorità creata ad 
hoc.
Più importante è il punto riguardante i costi sostenuti dal TSO che devono 
essere riconosciuti in tariffa. I costi a carico del TSO possono essere 
suddivisi in due categorie: i costi operativi e le spese in conto capitale.
I costi operativi (CO) sono rappresentati da tutte quelle spese di 
carattere generale relative al normale funzionamento dell’attività di trasporto 
di gas naturale e comprendono: i costi del personale del TSO, le spese di 
consumo corrente, quelle per il carburante delle centrali di compressione, gli 
accantonamenti (diversi dagli ammortamenti) e le perdite di rete.
Le spese in conto capitale sono invece legate all’investimento necessario 
alla messa in esercizio della infrastruttura di trasporto ed ai relativi 
ammortamenti. Questi costi sono matematicamente calcolati grazie a questa 
formula:
CC = CoE * Asset Value annuo + Ammortamento = RoC + Ammortamento
Dove:
CC = Capital charges = Spese in c/capitale;
CoE = Costo del capitale (Cost of Equity) riconosciuto sul capitale investito, 
generalmente calcolato col metodo del CAPM1 
;
RoC = Return on Capital;
Asset Value annuo = Valore residuo al netto degli ammortamenti.
A loro volta, asset value ed ammortamenti possono essere calcolati in vario 
modo: a costo storico (come nell’esempio), a costo di rimpiazzo, utilizzando 
l’ammortamento economico ecc…
Tab. 1: Calcolo delle capital charges utilizzando il metodo del costo 
storico
| Costo del capitale: 10% | |||||
| Anno | 1 | 2 | 3 | 4 | 5 | 
| Valore iniziale dell'asset | 100 | 80 | 60 | 40 | 20 | 
| Ammortamento | 20 | 20 | 20 | 20 | 20 | 
| Valore residuo dell'asset | 80 | 60 | 40 | 20 | 0 | 
| Tasso di rendimento del capitale | 10% | 10% | 10% | 10% | 10% | 
| RoC | 10 | 8 | 6 | 4 | 2 | 
| Capital Charges = (Ammortamento + RoC) | 30 | 28 | 26 | 24 | 22 | 
Fonte: Brattle, 2000.
Così i Ricavi Obiettivo (RO) che dovrebbero essere riconosciuti al TSO vengono 
calcolati come segue:
RO = CO + CC = CO + Ammortamento + RoC.
Chiaramente questa formula considera anche un giusto profitto per il TSO che 
viene incluso nel calcolo del RoC.
Determinati così i ricavi totali massimi riconoscibili al TSO, si deve ora 
procedere con il loro inserimento nella tariffa unitaria di trasporto. 
Essi verranno scomposti in costi fissi e variabili e diversamente applicati alle 
tariffe pagate dagli utenti della rete.
Il riconoscimento dei costi in tariffa deve infatti tener conto del fatto che i 
costi operativi sono sia di natura fissa che variabile, mentre le capital 
charges sono esclusivamente dei costi fissi. Una tariffa basata soltanto sul 
costo marginale di breve periodo non sarebbe adeguata, poiché non coprirebbe la 
maggior parte dei costi sostenuti dal TSO: sarebbe dunque non 
cost-reflective. La soluzione sta allora nell’applicare il costo marginale 
di lungo periodo (che considera anche i costi fissi) alla tariffa pagata da 
tutti quegli utenti della rete da cui dipende la dimensione della capacità 
installata. In sostanza dovrebbero finanziare i costi fissi soltanto gli 
operatori che acquistano capacità continua, in misura variabile con la 
capacità acquistata. Al contrario, la tariffa applicata alla capacità 
interrompibile deve tenere conto dei soli costi variabili, poiché questo 
tipo di servizio non è legato alla dimensione della capacità esistente e gli 
operatori che l’acquistano sanno di poterne usufruire solo nei momenti in cui la 
capacità della rete lo consente (cioè quando esiste spare capacity). 
Questa metodologia è certamente cost-reflective poiché assegna agli operatori 
responsabili della dimensione della capacità della rete l’onere di pagarne i 
costi fissi.
Una tariffa di trasporto deve però essere anche in grado di segnalare le 
condizioni della rete per permettere un uso efficiente della stessa. Se un 
tratto di rete è particolarmente congestionato, potrebbe risultare 
economicamente giustificabile il suo raddoppiamento, anche se esso comporterebbe 
il sostenimento di elevati costi sommersi. Esso non potrebbe essere realizzato 
se non quando la tariffa di trasporto non supererà il peso economico del 
raddoppiamento dell’infrastruttura. Se la dinamica tariffaria è 
cost-reflective è evidente che a collettività ne riceve un beneficio molto 
elevato, poiché la rete viene utilizzata in modo efficiente (per esempio, 
utilizzando magari un percorso alternativo più lungo di quello ideale, ma meno 
congestionato, fintantoché il costo del servizio non giustifica l’ampliamento 
della rete), mentre il potenziamento dell’infrastruttura viene effettuato nel 
preciso momento in cui esso diviene economicamente conveniente, limitando così 
al minimo gli sprechi.
Infine, un ulteriore incentivo ad un utilizzo efficiente della rete può venire 
dalla diversa ponderazione dei costi fissi e variabili nella tariffa applicata 
al servizio di capacità continua. Contabilmente le proporzioni dovrebbero essere 
90 a 10 (naturalmente in favore degli ingenti costi fissi), mentre, per spingere 
i TSO a trasportare più gas possibile e per non penalizzare le zone a bassi 
consumi medi, è possibile moderare questo gap e portarlo (come ha fatto 
l’AEEG in Italia) a proporzioni del tipo 70:30, se non addirittura più omogenei.
2 Le tariffe di trasporto e l’integrazione dei mercati
La regolamentazione del trasporto nazionale è importante anche per un secondo 
motivo: quello dell’integrazione (interoperabilità) dei mercati europei. Sono 
stati formulati diversi documenti a proposito: le direttive europee riguardanti 
il mercato del gas naturale (98/30/CE e 2003/55/CE), i documenti contenenti le 
proposte sulla regolamentazione del trasporto del Forum di Madrid ed una 
proposta di regolamento della Commissione Europea relativo alle condizioni di 
accesso alle reti di trasporto del gas. L’obiettivo finale è, come detto, la 
creazione di un mercato unico europeo, concorrenziale al suo interno e 
competitivo con le altre zone di libero scambio (USA ed Oriente in primis).
Per giungere all’integrazione dei mercati, la Commissione Europea, oltre a 
coordinare i processi di graduale apertura del mercato verso tutti i potenziali 
utenti, promuove l’interconnessione delle reti di trasporto, tenendo ovviamente 
presente le differenze strutturali dei vari mercati europei. I due principi 
(liberalizzazione e interconnessione) sono certamente interdipendenti poiché non 
è possibile pervenire all’integrazione dei mercati se essi non presentano un 
grado omogeneo di competitività (che dipende a sua volte dalla non 
discriminazione nella formulazione delle condizioni di accesso al mercato), 
mentre un buon livello di integrazione non può che favorire un’ulteriore 
incremento della competizione nei vari mercati nazionali.
Su questo punto, vogliamo infine ricordare che l’integrazione dei mercati non 
significa necessariamente applicare la stessa tipologia tariffaria a tutti i 
mercati nazionali: le diverse reti di trasporto possono infatti presupporre 
l’applicazione di tipologie differenti e tuttavia in grado di raggiungere 
ugualmente (ed anzi, in alcune realtà, più efficacemente) i due obiettivi 
principali di cui sopra.
Dal rispetto dei principi di trasparenza, flessibilità e di integrazione dei 
mercati, si ha poi anche lo stimolo alla creazione di un mercato secondario di 
capacità di trasporto realmente efficiente, altro strumento indispensabile per 
raggiungere gli obiettivi di competitività e liquidità per l’intero mercato 
italiano del gas naturale. Questo perché l’applicazione della giusta tipologia 
di tariffa, che corrisponda ai costi sottostanti i servizi, ha come conseguenza 
quella di stimolare (o almeno di non ostacolare) il trasporto di gas sulla rete 
e lo scambio di diritti di capacità, mentre l’interconnessione dei mercati 
permette ad operatori stranieri di essere attivi anche sul mercato italiano e 
contribuire allo sviluppo della concorrenza e dunque alla creazione di quel 
mercato di breve periodo che abbiamo individuato come condizione essenziale per 
l’effettivo compimento della liberalizzazione del mercato del gas naturale.
Purtroppo, però, in Europa assistiamo ancora al c.d. fenomeno del pancaking, 
cioè della sovrapposizione di tariffe diverse ogni volta che siamo in presenza 
di uno scambio transfrontaliero, questo perché la Commissione Europea non è 
stata ancora in grado di istituire regole comuni. 
Il pancaking è un potenziale ostacolo per la maggior parte degli scambi 
transfrontalieri, soprattutto se vogliamo giungere ad un trading hub 
situato in Italia, ma di respiro europeo.
Vogliamo ora analizzare le varie tipologie di tariffe, valutandole in 
particolare secondo il loro grado di trasparenza ed in base alla loro capacità 
di facilitare gli scambi cross-border. Dedicheremo, invece, un paragrafo 
a parte riguardo alla flessibilità insita in ognuna delle tre tipologie 
tariffarie.
Le principali tipologie sono:
- Tariffa a francobollo/zonale;
- Tariffa “distance-based”;
- Tariffa entry-exit.
3 La tariffa a francobollo e la tariffa zonale
La tariffa a francobollo è così chiamata poiché ricalca lo schema tariffario 
vigente per il sistema postale: consiste, infatti, nell’applicare un 
corrispettivo di capacità fisso, invariabile ed indipendente dalla distanza, a 
tutti gli utenti della rete di trasporto, senza rilevare la distanza percorsa 
dal gas naturale o il tipo di percorso seguito. Perciò, a titolo di esempio, 
applicando questo modello il trasporto di un’unità di gas naturale da Milano a 
Roma costerà esattamente come il trasporto della stessa unità da Milano a Monza 
e sarà sempre pari a X euro per unità di gas trasportato.
Questo modello è scarsamente cost-reflective: è evidente anche 
dall’esempio appena fatto che il costo del servizio non è mai lo stesso, non 
importa quanto piccola sia la rete a cui questa metodologia viene applicata. 
Secondariamente, questa metodologia non fornisce un segnale di prezzo circa 
l’uso efficiente della rete, dunque siamo lontani dagli standard di trasparenza 
minimi richiesti dalla nostra analisi. Infine la tariffa a francobollo è 
soggetta alle distorsioni dovute dal fenomeno del pancaking, dunque è 
discriminatoria per quanto concerne gli scambi cross-border.
Fig. 1: Transazione cross-border
 

 
Fonte: Brattle, 2000.
Con riferimento alla figura 1, possiamo infatti dimostrare che la tariffa a 
francobollo è distorsiva per gli scambi transfrontalieri. Nell’esempio abbiamo 
un utente della rete posto in C1 che può approvvigionarsi 
alternativamente dall’operatore nazionale e trasportare dunque il gas dalla 
fonte posta in G1 o da un fornitore straniero posto in G2, 
nel paese B. La lunghezza dei due percorsi è identica, ma quello che porterebbe 
il gas dal paese B deve necessariamente attraversare la frontiera. 
Se anche nel solo paese A vigesse la tariffa a francobollo, il fornitore posto 
in G2 sarebbe discriminato perché, mentre a trasportare il gas 
partendo da G1 l’utente pagherebbe solo la tariffa a francobollo TA, 
se il gas fosse trasportato da G2 l’utente dovrebbe pagare 
interamente la tariffa TA più quella vigente nel paese B (TB), 
qualunque essa sia. Di conseguenza, a parità di costo del gas, l’utente in C1 
sceglierebbe di approvvigionarsi dal fornitore posto in G1 poiché il 
trasporto, sebbene la distanza percorsa sia la stessa, costerebbe di meno. Ciò 
darebbe luogo ad una mancanza di cost-reflectivity e dunque ad una 
discriminazione del fornitore straniero posto in G2, con un’evidente 
distorsione degli scambi cross-border2, 
che verrebbero dunque penalizzati.
E’ evidente che l’unico modo per rendere accettabile questa tipologia tariffaria 
è l’istituzione, da parte dei paesi A e B, di una camera di compensazione che 
renda il trasporto da G1 e G2 indifferente ad un utente 
posto in C1. 
Tuttavia, questa tariffa ha anche alcuni pregi, in particolare il fatto di 
essere di semplice applicazione e di permettere l’utilizzo del servizio anche a 
quegli utenti che altrimenti sarebbero gravati di costi troppo elevati3. 
E’, in sostanza, un sistema che permette un rapido sviluppo della metanizzazione 
di un mercato emergente, non a caso in Europa è adottato solo da Grecia e 
Portogallo, proprio per l’immaturità del loro mercato.
Le tariffe zonali sono molto simili a quella a francobollo: si tratta della 
divisione di un territorio in zone e dell’applicazione di una tariffa a 
francobollo per ognuna delle zone ottenute. E’ chiaro che questa tipologia 
presenta gli stessi svantaggi di quella a francobollo, edulcorati in minima 
parte dall’applicazione di più tariffe a francobollo, che rendono questo regime 
più aderente ai costi sottostanti di quello a francobollo, tuttavia non in 
maniera secondo noi sufficiente per essere adottati in mercati già metanizzati e 
complessi come quello italiano. 
4 La tariffa distance-based
Questo tipo di tariffa è utilizzato con efficacia in presenza di reti poco 
magliate, molto lineari e dove il flusso di gas è decisamente unidirezionale. La 
tariffa distance-based ha il pregio di non ostacolare gli scambi 
cross-border, in quanto ciò che conta ai fini del calcolo dell’importo da pagare 
è solo la distanza che il gas deve percorrere4.
Questo tipo di tariffa pone, però, seri problemi di trasparenza, poiché 
discrimina potenziali nuovi entranti su un mercato liberalizzato dove è presente 
un incumbent. Osserviamo l’esempio seguente:
Fig. 2: Tariffa distance-based. Periodo 1

 
Fonte: Brattle, 2002.
Nell’esempio formulato dal Brattle Group, si suppone che il costo del trasporto 
sia proporzionale alla distanza percorsa, in questo caso, 1 euro per ogni unità 
di distanza contrattualmente percorsa. Ci sono due punti di immissione di gas in 
rete: uno ad ovest ed uno ad est ed i tre consumatori (A, B e C) domandano un 
metro cubo di gas ciascuno. 
Nel periodo 1 l’incumbent è l’unico operatore di rete. Esso immette un metro 
cubo da uno dei due nodi e due dall’altro indifferentemente (supponiamo che 
venga da est, ma sarebbe lo stesso se venisse da ovest). Il costo totale dl 
trasporto è dunque pari a 4 (1 per A, 1 per C e 2 per B).
Nel periodo 2 entra sul mercato un nuovo operatore di rete, concorrente dell’incumbent 
e, allo stesso tempo, C domanda 2 metri cubi di gas invece di 1. C può dunque 
scegliere di rivolgersi o all’incumbent o al nuovo operatore, dipenderà da chi 
offre il servizio al prezzo minore.
Contrattualmente, l’unità aggiuntiva deve venire da ovest, poiché il nodo est è 
già saturo (si suppone che non si possa immettere più di due metri cubi di gas 
per nodo). 
Fig. 3: Tariffa distance-based. Periodo 2

 
Fonte: Brattle, 2002.
L’incumbent risulterà avvantaggiato poiché può sdoppiare il flusso fisico da 
quello contrattuale: infatti sebbene contrattualmente il metro cubo aggiuntivo 
di gas da consegnare a C viene immesso ad ovest, fisicamente saranno consegnati 
a C i due metri cubi immessi ad est, che così percorreranno una distanza minore 
(1 sola unità) e costeranno dunque 1 solo euro a testa. Il costo totale per l’incumbent 
sarà di 5 euro per 4 metri cubi trasportati ed il costo del metro cubo 
aggiuntivo sarà di un solo euro.
Il nuovo operatore di rete, invece, non avendo accesso alla rete dal nodo est, 
non potrà che servire C dal nodo ovest, trasportando il metro cubo per 3 unità 
e, quindi, offrendolo a C al costo di 3 euro. Chiaramente C sceglierà di 
approvvigionarsi dall’incumbent, che invece offre quel metro cubo ad un solo 
euro.
In sostanza, ciò che è successo è che l’incumbent ha sfruttato il suo 
portafoglio clienti (è questo, infatti, il c.d. “effetto portafoglio”) ed 
ha modificato l’allocazione dei metri cubi di gas ottenendo un sostanziale 
risparmio di costi. Un possibile rimedio a questo problema potrebbe venire dal 
fissare tariffe legate non al flusso contrattuale, ma al flusso fisico del gas. 
In questo modo il vantaggio dell’incumbent sarebbe annullato ed entrambi gli 
operatori si troverebbero a competere ad armi pari. Tuttavia, questa soluzione è 
di facile applicazione nel nostro semplice modello. Nella realtà dei fatti, 
specialmente in presenza di reti molto magliate, questo rimedio è difficilmente 
applicabile, perché è estremamente complicato poter individuare quali siano i 
flussi e i controflusso fisici del gas.
Questa situazione, in cui è presente sul mercato un soggetto incumbent 
che detiene un grosso portafoglio clienti che compete con nuovi operatori appena 
entrati sul mercato e con relativamente pochi clienti, è la situazione che si 
presenta in quasi tutti i paesi europei, in particolar modo in Italia. Ecco 
perché questo tipo di tariffa è stato scartato nel nostro paese, oltre 
ovviamente al fatto che SRG gestisce una rete fortemente interconnessa e con un 
flusso di gas non precisamente unidirezionale.
5 Le tariffe entry-exit
Le tariffe entry-exit sono quelle applicate nei mercati più maturi e sono 
fortemente sostenute anche dalla Commissione Europea e dal Forum di Madrid. Sono 
poi le tariffe scelte dall’AEEG per il mercato italiano.
Questa tariffa è data dalla somma di una tariffa d’ingresso alla rete (diversa 
per ogni singolo punto d’entrata) e da una tariffa d’uscita (anche qui, diversa 
per ogni singolo punto di uscita). La somma deve essere tale da coprire i costi 
marginali di lungo periodo sostenuti per trasportare il gas da quel particolare 
punto di entrata a quel particolare punto di uscita.
Il pregio di questo tipo di tariffa è che, se si ammette la possibilità di 
corrispettivi di entrata o uscita negativi (cioè il TSO paga l’utente per 
utilizzare quel particolare nodo), allora le tariffe entry-exit sono 
perfettamente in grado di riflettere i costi marginali di lungo periodo.
Fig. 4: Le tariffe entry-exit

 
Fonte: Brattle, 2002.
Nell’esempio riportato in figura 4 si mostra lo schema di una rete per il 
calcolo delle tariffe entry-exit. A e B sono i due punti di entrata, C e 
D i due punti di uscita. I numeri riportati a fianco rappresentano il costo 
marginale di lungo periodo per il trasporto di un metro cubo di gas da un nodo 
all’altro.
Per calcolare i corrispettivi di entrata e di uscita da applicare ad ogni nodo, 
si fissa il corrispettivo di un nodo pari a 0, in questo caso lo fissiamo come 
corrispettivo di entrata presso A.
Tab. 2: Costi marginali di lungo periodo 
 
| Da/A | C | D | 
| A | 3 | 6 | 
| B | 1 | 4 | 
Fonte: Elaborazione propria.
Siccome la somma dei corrispettivi di entrata e di uscita deve essere pari al 
costo marginale di lungo periodo (riassunto in tabella 2), ne deduciamo che i 
corrispettivi di uscita di C e di D devono necessariamente essere pari a 3 e 6, 
per eguagliare il costo del trasporto da A. Di conseguenza, se in un secondo 
momento entrasse in funzione un altro entry point in B, secondo lo schema 
rappresentato in figura 1.4, il nuovo corrispettivo di entrata dovrà essere 
negativo e pari a –2, sempre per fare in modo che il trasporto da B verso C e D 
sia pari al costo marginale di lungo periodo (es.: -2 + 3 = 1 = costo marginale 
di lungo periodo da B verso C; lo stesso procedimento vale verso D). La tariffa 
così calcolata è pienamente cost-reflective e non discriminatoria. Se si volesse 
poi eliminare per motivi pratici il corrispettivo negativo, basterebbe 
aggiungere un numero positivo a tutti i corrispettivi di entrata e sottrarre lo 
stesso numero a tutti i corrispettivi di uscita, come nel seguente esempio, dove 
aggiungiamo e sottraiamo 2,5:
Tab. 3: Tariffe entry-exit ricalcolate
 
| Punti di entrata/uscita | Tariffe iniziali | Tariffe ricalcolate | 
| A | 0 | 2,5 | 
| B | -2 | 0,5 | 
| C | 3 | 0,5 | 
| D | 6 | 3,5 | 
Fonte: Brattle, 2002.
Ovviamente questo aggiustamento non si può fare sempre, ma solo quando la 
combinazione dei corrispettivi lo permette. Nel prossimo esempio mostriamo una 
combinazione (A e B nodi di entrata, C e D di uscita) che conterrà in ogni caso 
almeno un corrispettivo negativo:
Tab. 4: Tariffe entry-exit non ricalcolabili
| Punti di entrata/uscita | Tariffe iniziali | 
| A | 0 | 
| B | 8 | 
| C | 2 | 
| D | -6 | 
Fonte: Brattle, 2002.
Se, infatti, aggiungessimo 6,5 ai corrispettivi di uscita, il corrispettivo di 
entrata A diventerebbe negativo (-6,5).
La capacità di riflettere bene i costi marginali di lungo periodo sottostanti il 
servizio di trasporto, ha indotto il Brattle Group a sostenere fortemente questo 
tipo di tariffa nelle sue consulenza alla Commissione Europea. Tuttavia, va 
ricordato che la cost-reflectivity delle tariffe entry-exit è da 
intendersi, sempre citando il Brattle Group, “in a broad sense”. Infatti 
possono esistere delle condizioni che rendono impossibile individuare tariffe 
entry-exit perfettamente cost-reflective. Ecco un esempio:
Fig. 5 Tariffe entry-exit non cost-reflective

Fonte: Brattle, 2000.
Nell’esempio che si rifà alla figura 1.5, abbiamo due punti di entrata I e J e 
due di uscita V e W. I tratti IV e IW sono di uguale lunghezza e dunque, 
ceteris paribus, riflettono gli stessi costi marginali di lungo periodo. 
Posto il corrispettivo di entrata di I (ma lo stesso procedimento lo si può 
ripetere utilizzando J) uguale a zero, V e W dovranno avere lo stesso 
corrispettivo di uscita, in quanto la distanza percorsa è uguale. Tuttavia ciò 
si ripercuoterebbe negativamente sul punto di entrata J: le tratta JV e JW sono 
infatti di lunghezza diversa e con un diverso costo marginale. Tuttavia V e W 
hanno gli stessi corrispettivi di uscita, mentre J è il corrispettivo di entrata 
per entrambe le tratte. La conclusione è che o J varia il proprio corrispettivo 
di entrata in funzione del punto di uscita, oppure non è sempre possibile 
fissare tariffe entry-exit che siano pienamente cost-reflective. 
Ecco perché il Brattle Group afferma che la cost-reflectivity di questa 
tipologia tariffaria va intesa “in a broad sense”.
Analizzando ora questo tipo di tariffa in relazione agli scambi cross-border, 
notiamo che, in alcune circostanze, anche questo sistema può ostacolare gli 
scambi transnazionali.
Riosserviamo la seguente figura:
Fig. 6: Tariffe entry-exit e scambi cross-border

 
Fonte: Brattle, 2000.
In sostanza il punto d’interconnessione posto alla frontiera tra i due paesi 
viene considerato sia come Exit-point per il paese B, sia come 
Entry-point per il paese A, con il conseguente fenomeno del pancaking:
Tab. 5: Distorsione degli scambi cross-border con l’applicazione di 
tariffe entry-exit
 
| Paese B | Paese A | Totale | |
| Transazione domestica | Entry G1 + Exit C1 | G1 + C1 | |
| Transazione cross-border | Entry G2 + Exit IB | Entry IA + Exit C1 | G2 + IB + IA + C1 | 
Fonte: Brattle, 2000.
Come si vede nella tabella 5, uno scambio cross-border sarebbe gravato dei 
corrispettivi (IB + IA) rispetto ad uno scambio domestico. Per evitare questa 
distorsione i due paesi dovrebbero accordarsi per eliminare l’entry ed 
exit-point situati alla frontiera:
Tab. 6: Scambi cross-border senza distorsioni in presenza di tariffe 
entry-exit 
 
| Paese B | Paese A | Totale | |
| Transazione domestica | Entry G1 + Exit C1 | G1 + C1 | |
| Transazione cross-border | Entry G2 | Exit C1 | G2 + C1 | 
Fonte: Brattle, 2000.
Teoricamente ciò deriva dal fatto che la somma dei corrispettivi di entrata e di 
uscita (in questo secondo caso (G2 + C1) è equivalente ai 
costi marginali di lungo periodo del tratto (G2/C1) e dunque i corrispettivi di 
interconnessione (IB e IA) sono pleonastici. Se 
correttamente fissato, infatti, il corrispettivo di entrata G2 
permetterà al TSO di recuperare i costi di trasporto relativi alla tratta G2/IB, 
così come il corrispettivo di uscita C1 sarà in grado di recuperare i 
costi della tratta IA/C1.
Infine, un accenno alla capacità delle tariffe entry-exit di segnalare al 
mercato lo stato della rete di trasporto.
Come detto, questo tipo di tariffa segnala i costi marginali di lungo periodo, 
il suo pregio (e dunque il suo vantaggio rispetto alle tariffe distance-based) 
sta in questo caso nella scomposizione della tariffa globale in due parti, una 
per il punto di entrata ed una per quello di uscita. Ciò significa che in caso 
di congestione, le tariffe entry-exit ci riescono a segnalare anche se la 
congestione è localizzata presso il punto di entrata o presso l’uscita. Certo, 
anche in questo caso si tratterebbe di una segnalazione non precisissima, 
tuttavia risulta molto utile in presenza di un eventuale secondo accesso alla 
rete. Osserviamo il prossimo esempio:
Fig. 7: Segnalazione di una congestione di rete

Fonte: IEFE, 2004.
In figura 7 viene mostrata una rete con due entry point ed un solo 
exit point. Se la congestione fosse localizzata tra i due entry point, 
allora il corrispettivo gravato di un maggior costo sarebbe quello di entrata 
posto in Entry 1, mentre quello relativo al punto Entry 2 non ne 
risentirebbe. Dunque, anche se le tariffe entry-exit non possono individuare con 
estrema precisione il punto congestionato, in presenza di una rete fortemente 
magliata con numerosi nodi, è possibile per il TSO individuare quello più 
prossimo al tratto congestionato e modificare il relativo corrispettivo. Una 
tariffa distance-based, invece, non sarebbe in grado di segnalare nemmeno 
indicativamente dove si localizza la congestione. Anche se si decidesse di 
modificare il corrispettivo relativo alla distanza in funzione del grado di 
congestione di ogni tratta della rete (ma a questo punto si ricadrebbe 
praticamente nel caso delle tariffe entry-exit), la segnalazione così ottenuta 
riguarderebbe l’intero tratto e non sarebbe dunque efficace quanto le tariffe 
entry-exit nel segnalare agli operatori le condizioni della rete per 
pianificare le proprie scelte imprenditoriali. 
Come abbiamo visto fin qui, nemmeno le tariffe entry-exit sono 
infallibili, tuttavia rappresentano certamente la metodologia più efficace, meno 
discriminatoria e che meglio riflette i costi sottostanti il servizio di 
trasporto. Inoltre, con gli opportuni accorgimenti, questo tipo di tariffa non 
ostacola gli scambi cross-border, garantendo anche nel trasporto le 
condizioni favorevoli per la creazione di un mercato spot presso un trading 
hub.
6 Le tariffe di trasporto e la flessibilità
Le tariffe di trasporto devono assicurare che il sistema sia flessibile, questo 
per permettere eventualmente agli operatori che lo necessitassero di variare le 
proprie decisioni imprenditoriali di breve, medio e lungo periodo, in tempi 
ragionevoli ed a costi relativamente bassi. 
Da un punto di vista fisico, la rete nazionale presenta la possibilità di 
sfruttare la flessibilità intrinseca nello svolgimento del servizio di trasporto 
attraverso il controflusso ed il linepack. 
Il linepack è una particolare forma di flessibilità connessa al servizio 
di trasporto. Essa consiste nello stoccare il gas naturale non all’interno di 
appositi siti, ma “dentro” la rete di gasdotti. Questo può avvenire aumentando 
la pressione del gas all’interno dei tubi oltre il valore corrispondente alla 
pressione “di consegna”, vale a dire nel momento in cui il gas viene consegnato 
al cliente (sia esso finale o intermedio). 
Il problema qui sta nel fatto che si tratta di un servizio poco conosciuto, nel 
senso che non si ha un’idea precisa di quanto linepack sia dotata una rete. E’ 
necessario, infatti, conoscere la lunghezza e il diametro preciso di tutta 
l’infrastruttura, dell’esatto ammontare di gas all’interno dei tubi in un 
preciso momento e della pressione del gas nei diversi punti della rete. E’ 
tuttavia un servizio utile, soprattutto per fini di bilanciamento di breve 
periodo (giornaliere e within-day), che viene già comunque utilizzato 
anche in Italia, sebbene manchi una regolamentazione specifica. Per questo 
motivo ne abbiamo accennato adesso senza poi riprendere l’analisi più avanti. Il
linepack è, infatti, un servizio di flessibilità che può essere 
effettuato con ogni tipo di tariffa vigente per il normale trasporto di gas 
sulla rete.
Un secondo tipo di flessibilità è rappresentato dalla possibilità di organizzare 
una transazione di gas in “controflusso”. In paesi come l’Italia il gas naturale 
segue una certa direzione nel proprio moto dalla fonte al consumo; nel nostro 
caso il flusso di gas va da Sud a Nord, dove sono localizzati i maggiori centri 
di consumo. 
Se, per esempio, un operatore lombardo vuole vendere il proprio gas in Sicilia, 
egli prenoterà un entry point in Lombarida e un exit point in 
Sicilia, ma in realtà non verrà pompato alcun gas dal Nord Italia al Sud! Per 
ottenere lo stesso effetto fisico si procederà col “pomparne” meno da Sud a 
Nord, nella stessa quantità del gas che il lombardo vuole vendere in Sicilia5.
In altre parole, se 100 unità di gas si muovono da Sud a Nord e io voglio 
spostarne 5 da Nord a Sud, il sistema si limiterà a pomparne 95 da Sud a Nord 
(mentre le rimanenti 5 verranno consumate subito al Sud). Questo meccanismo 
alleggerisce il flusso principale e diminuirà di conseguenza (per motivi 
fisico-tecnici) i costi operativi di rete.
Il controflusso viene considerato come una fonte di flessibilità, perché il 
riconoscimento agli utenti della rete del suo valore, incentiva questi ultimi 
all’utilizzo efficiente dell’infrastruttura, ottenendo in cambio un guadagno 
monetario. La rete potrà così vedere alleggerire la pressione al suo interno, 
lasciando l’infrastruttura più libera e dunque con maggiore capacità disponibile 
per gli utenti della stessa.
Questa importante forma di flessibilità è riconosciuta sia da un sistema 
entry-exit, che da un sistema distance-based, mentre un regime tariffario a 
francobollo o zonale non la riconosce, diminuendo così ulteriormente la propria
cost-reflectivity. Un sistema a francobollo, infatti, applica lo stesso 
corrispettivo a tutti gli utenti della rete, indipendentemente da dove essi 
iniettano il gas e da dove lo prelevano. Dunque se un utente della rete 
trasporta del gas in controflusso, pagherà comunque il “biglietto d’ingresso” 
alla rete come tutti gli altri utenti e non si vedrà riconosciuto il proprio 
“contributo” all’incremento di flessibilità del sistema.
Anche un sistema distance-based applicato in modo ortodosso non riconosce in 
tariffa il valore del controflusso6, 
tuttavia per superare questo inconveniente basta che il regolatore suddivida la 
tariffa per flussi, con un corrispettivo negativo (o comunque inferiore) nel 
caso il gas venga trasportato in controflusso.
Le tariffe entry-exit hanno invece il pregio di riconoscere sempre il 
valore del controflusso ed in questo permettono agli operatori di avvalersi 
(almeno a livello contrattuale) di un ulteriore strumento di flessibilità.
Ma la flessibilità è anche il grado di libertà di un operatore nell’utilizzo 
della rete di trasporto. Qui la flessibilità è però contrapposta ad un’altra 
variabile molto importante: la disponibilità di capacità continua. 
Dall’osservazione del prossimo esempio, noteremo come più un regime tariffario 
predilige la flessibilità, meno capacità continua7 
il TSO potrà offrire. La scelta su quale variabile sia più importante dipenderà 
dalla conformazione della rete (e più in generale dall’assetto del mercato del 
gas) a cui questi modelli vengono applicati e dal suo grado di congestione.
Fig. 8: Capacità continua e flessibilità secondo le tre tipologie di 
tariffe

Fonte: Brattle, 2000.
Nella figura 8 è rappresentata un’ipotetica rete costituita da tre punti 
d’immissione (A, B e C) e due punti di prelievo (D e E). Questi punti sono 
interconnessi da un sistema di gasdotti, la cui capacità in metri cubi è 
segnalata a fianco. La domanda di gas naturale è di 2 metri cubi per punto di 
prelievo, per un totale quindi di 4 metri cubi.
1. Tariffa a francobollo: Qui viene massimizzata la flessibilità poiché 
un operatore può immettere il proprio gas in qualsiasi punto della rete e 
prelevarlo dovunque voglia. La capacità continua offerta è però minima rispetto 
agli altri due modelli. Infatti, secondo questa tipologia, il TSO non potrebbe 
che offrire un solo metro cubo di capacità continua, altrimenti non potrebbe 
adempiere agli impegni contrattuali. Infatti se il TSO vendesse anche solo due 
metri cubi, secondo questo modello l’operatore (o gli operatori) potrebbe 
richiedere di iniettarli entrambi nel punto B e prelevarli nel punto E, cosa 
però impossibile poiché il gasdotto che collega questi due punti ha una capacità 
di un solo metro cubo.
2. Tariffa distance-based: La situazione qui è opposta rispetto al 
precedente caso. La capacità offerta è massima, mentre non esiste flessibilità, 
in quanto gli operatori sono vincolati al nodo di entrata e a quello di uscita 
definiti dal contratto. Il TSO potrebbe infatti vendere 6 metri cubi di gas, 
poiché ogni contratto legherebbe il trasporto ad un determinato punto di entrata 
e di uscita. La rete sarebbe utilizzata nel modo più efficiente, anche se però a 
discapito della flessibilità.
3. Tariffa entry-exit: Questo sistema prevede un contratto che lega un 
operatore ad un particolare nodo di entrata, senza però specificare quello di 
uscita. La flessibilità è dunque intermedia rispetto ai precedenti sistemi, 
poiché se l’operatore volesse cambiare il nodo di entrata dovrebbe siglare un 
nuovo contratto. Per quanto riguarda la capacità continua che il TSO può 
massimamente offrire, qui arriva a 5 metri cubi di capacità continua: 2 a testa 
presso i punti A e C ed 1 presso il punto B (se ne vendesse 6, il TSO non 
potrebbe adempiere nel caso un operatore chiedesse di trasportare due metri cubi 
di gas da B a E). Insomma si tratta di un caso intermedio, che permette di avere 
un rapporto flessibilità/capacità particolarmente equilibrato.
7 Conclusioni
In questa sede ci siamo occupati del trasporto e della sua regolamentazione, 
focalizzandoci sui diversi regimi tariffari applicabili. La nostra prospettiva 
di analisi ha riguardato in particolar modo l’individuazione della tariffa più 
appropriata per un mercato in costante liberalizzazione che vuole spostarsi 
verso un assetto più competitivo, più liquido e più flessibile; un sistema, come 
quello italiano, che possa vedere nascere un mercato spot efficiente presso un 
trading hub di respiro europeo. In quest’ottica, la tariffa più adeguata è 
quella che più di tutte garantisce trasparenza, interoperabilità e flessibilità 
delle reti europee. 
La trasparenza è data dalla capacità della tariffa di riflettere il costo 
sottostante il servizio di trasporto8: 
esso è stato individuato nel costo marginale di lungo periodo per comprendere 
dunque anche le “capital charges” e non soltanto i costi operativi. La 
trasparenza ci viene data anche dalla capacità del modello tariffario di 
segnalare lo stato della rete, se cioè sono presenti delle congestioni ed in 
quale tratto. Idealmente ciò dovrebbe riflettersi in un aumento della tariffa in 
modo tale da rispecchiare l’aumento dei costi di trasporto dovuto alla 
congestione. Un tale procedimento sarebbe efficiente poiché quando la tariffa 
diventa troppo elevata c’è l’incentivo per il TSO (o un suo concorrente) ad 
ampliare la rete. 
Il modello tariffario migliore è, sotto queste condizioni, quello delle tariffe
entry-exit, poiché più di ogni altro (anche se non sempre) riflette i 
costi sottostanti il servizio e meglio di tutti riesce a segnalare la presenza 
di congestioni in un tratto di rete.
Dal punto di vista dell’interoperabilità (o interconnessione) dei sistemi di 
trasporto, la tariffa più congeniale è quella distance-based, purché non 
si applichino border fee, oppure la tariffa entry-exit, purché non 
si contino i corrispettivi di entrate e di uscita posti sul confine. La tariffa 
a francobollo è quella che meno si presta a favorire gli scambi cross-border, 
salvo che non vengano previsti complessi meccanismi di compensazione tra TSO.
Infine abbiamo preso in considerazione la flessibilità, prima come capacità di 
riconoscere in tariffa il valore del controflusso, ben segnalato sia dalle 
tariffe distance-based, sia, soprattutto, dalle entry-exit; poi come 
grado di libertà nell’utilizzo della rete in contrapposizione però alla capacità 
continua che massimamente il TSO può offrire sul mercato. Rispetto a questo 
secondo criterio, abbiamo evidenziato come le tariffe a francobollo massimizzino 
la flessibilità, ma minimizzino la capacità di trasporto offerta, mentre al 
contrario le distance-based massimizzino la capacità senza offrire 
flessibilità. Le tariffe entry-exit, invece, offrono un valido 
compromesso, con un rapporto flessibilità/capacità decisamente equilibrato.
Dopo aver preso in considerazione ognuno dei tre principali sistemi tariffari, 
vogliamo ora riassumere le nostre considerazioni con un breve accostamento tra i 
vari modelli e delineare così una scelta di valore che ricada su quello che 
meglio degli altri può risultare utile allo scopo che ci siamo prefissati:
Tab. 1.7: Confronto tra tipologie tariffarie
 
| Tipologia tariffaria | Cost-reflectivity | Scambi cross-border | Flessibilità | Giudizio | 
| A francbollo/zonale | * | * | ** | 4 | 
| Distance-based | ** | *** | ** | 7 | 
| Entry-exit | *** | ** | *** | 8 | 
Fonte: Elaborazione propria.
In definitiva, consideriamo anche noi, come l’AEEG e la Commissione Europea, le 
tariffe entry-exit come le più adatte per lo sviluppo del mercato italiano del 
gas. Un ulteriore sforzo viene però richiesto al regolatore per facilitare 
l’interconnessione del nostro mercato con quelli dei paesi vicini. Questo 
compito viene affidato in primis alla Commissione Europea e al CEER, ma 
certamente l’AEEG deve essere pronta a prendere le necessarie misure per rendere 
attuabile un’interconnessione delle reti che non discrimini alcun operatore.
BIBLIOGRAFIA
Arrigo U. et al., Il sistema tariffario nel settore del gas. Un confronto 
europeo. Collana Ciriec.
Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas (AEEG), Tariffe per l’utilizzo 
delle attività di trasporto e dispacciamento, di stoccaggio e dei terminali Gnl 
del sistema nazionale del gas. Documento per la consultazione per la 
formazione di provvedimenti di cui all’articolo 23 commi 2 e 3 del d.lgs. 23 
maggio 2000 n. 164 e all’articolo 2, comma 12, lettere d) ed e) della legge 14 
novembre 1995, n.481, 24 Ottobre 2000.
Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas (AEEG), Presupposti per la 
definizione di criteri di determinazione delle tariffe per il trasporto e 
dispacciamento del gas naturale e per l’utilizzo dei terminali Gnl. 
Relazione tecnica, 30 maggio 2001.
Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas (AEEG), Criteri per la 
determinazione delle tariffe per il trasporto e dispacciamento del gas naturale 
e per l’utilizzo dei terminali Gnl. Delibera n. 120/01, come modificata 
dalla delibera 2 luglio 2002, n. 127/02.
Commission Staff Working Paper, First Benchmarking Report on the 
implementation of the Electricity and Gas Directives, Brussels, 2002.
Commission Staff Working Paper, Second Benchmarking Report on the 
implementation of the Electricity and Gas Directives. Brussels, 2003.
Cremer H., Gasmi F., Laffont J.J., Access to pipelines in competitive gas 
markets, University of Toulouse (IDEI and GREMAQ). June 2001, revised March 
2002.
Dorigoni S., Chernyavs’ka L., Grandi infrastrutture di rete e 
liberalizzazione dei mercati: il settore del gas naturale in Italia. In 
Economia delle Fonti di Energia e dell’Ambiente, n. 3/02.
International Energy Agency, IEA, Natural Gas Transportation; Organisation 
and Regulation. IEA/OECD, 1994, Parigi.
The Brattle Group, Lapuerta c., Moselle B., Convergence of Non-Discriminatory 
Tariff and Congestion Management Systems in the European Gas Sector. 
Settembre 2002.
The Brattle Group, Methodologies for establishing national and cross-border 
systems of pricing of access to the gas system in Europe. Febbraio 2000.
The Council of European Energy Regulators (CEER), Guidelines for tariff 
structure pertaining to intrastate and cross border transport and transit. 
Position paper for the Madrd V° Regulatory Forum. Madrid, February 2002.
___________________________________
* Direttore d ricerca IEFE-Bocconi
** Borsista IEFE Bocconi, 
 
1 Il metodo del CAPM (Capital Asset Pricing Model) è certamente 
il più comune e calcola il costo del capitale servendosi della seguente formula:
Rj = Rf + β(Rm – Rf)
Dove:
Rj = Rendimento atteso del capitale di rischio dell’impresa j;
Rf = Tasso Risk Free;
Rm = Rendimento atteso del mercato azionario di riferimento;
β = Coefficiente di correlazione tra Rj e Rm.
 
2 Da questo esempio si evince anche la stretta relazione tra il 
principio di non discriminazione e l’integrazione dei mercati.
 
3 Ad esempio gli shipper che operano in zone poco abitate e che 
alternativamente dovrebbero applicare alla tariffa una componente di costi fissi 
che rischierebbe di rendere il servizio troppo costoso per i clienti finali.
 
4 Salvo i casi in cui venga applicata una border fee, cioè una 
tassa sull’esportazione o un dazio all’importazione.
 
5 Questo esempio è effettuato utilizzando il sistema 
entry-exit, ma il ragionamento è ripetibile anche per quanto riguarda le tariffe 
distance-based, se esse prevedono corrispettivi negativi per gli scambi in 
controflusso.
6 Cioè un sistema che calcoli un corrispettivo fisso al metro, 
valido su tutta la rete.
7 Non ci sono limiti 
invece per quanto riguarda la capacità interrompibile.
8 Infatti è spesso 
identificata con la cost-reflectivity.