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Caratterizzazione di rifiuti speciali come aggregati per il confezionamento di calcestruzzi.
Francesca Gialdini
Lo scopo del lavoro eseguito è 
quello di analizzare alcuni tipi di rifiuti speciali per verificarne il recupero 
nel campo delle costruzioni come aggregati per confezionare calcestruzzi: si 
tratta di sabbia e ghiaia provenenti da operazioni di bonifica di terreni 
inquinati e di scorie provenienti da un impianto di incenerimento di rifiuti 
solidi urbani (RSU). 
Le sabbie, le ghiaie ed una parte delle scorie, prima di essere analizzate, sono 
state sottoposte ad un trattamento di lavaggio e vagliatura presso un impianto 
di trattamento rifiuti; ad esse sono state associate rispettivamente le sigle 
SABBIA, GHIAIA, SLF (scoria lavata fine) e SLG (scoria lavata 
grossa). Una parte delle scorie non ha subito nessun lavaggio ma è stata 
semplicemente suddivisa, sempre presso lo stesso impianto, in tre classi 
granulometriche ed analizzata tal quale; le sigle associate alle tre classi 
granulometriche sono state: SNL 0-10 (scoria non lavata 0-10 mm), SNL 
10-20 (scoria non lavata 10-20 mm), SNL 20-30 (scoria non lavata 
20-30 mm). Inoltre, è stato sottoposto a tutte le analisi effettuate per il 
suddetto scopo, un campione di aggregato naturale proveniente da una cava, 
utilizzato come campione di riferimento per il confronto con i risultati 
ottenuti dai suddetti rifiuti.
In primo luogo, di tali rifiuti è stata eseguita una caratterizzazione chimica e 
fisica avvalendosi di alcune norme di settore, recanti i requisiti richiesti per 
gli aggregati da impiegarsi nella produzione di calcestruzzi, nonché le 
metodiche di prova da seguire. 
La norma a cui si è fatto principalmente riferimento per tale caratterizzazione 
è la UNI 8520-2:2002, che presenta molte analogie con la UNI EN 12620:2003, 
norma di riferimento per dotare di marcatura CE gli aggregati da calcestruzzo 
(da giugno 2004 tale marcatura è obbligatoria per tutti i prodotti che devono 
essere commercializzati in ambito CE).
La UNI 8520-2 individua per gli aggregati da calcestruzzo tre categorie legate 
alle classi di esposizione a cui si prevede di porre la struttura in 
calcestruzzo: passando dagli aggregati che presentano i migliori requisiti a 
quelli più scadenti, la UNI fissa in sequenza le tre seguenti Categorie: A, B e 
C. 
Più precisamente, nella Categoria A sono compresi i calcestruzzi che possono 
essere utilizzati in qualsiasi classe di esposizione; ricadono invece nella 
Categoria B i calcestruzzi privi di armatura che non possono essere utilizzati 
in zone soggette a gelo/disgelo, abrasione o attacco chimico, e quelli 
contenenti armatura che non possono essere impiegati in ambienti molto umidi (se 
non c’è rischio di corrosione); inoltre, vi ricadono i calcestruzzi contenenti 
armatura che devono essere usati in ambienti molto asciutti o permanentemente 
bagnati (se c’è rischio di corrosione per carbonatazione). Infine nella 
Categoria C sono inclusi i calcestruzzi che presentano una resistenza 
caratteristica cilindrica compresa fra 8 e 12 N/mm2 e/o una resistenza 
caratteristica cubica compresa fra 10 e 15 N/mm2 (cioè < C12/15). 
Inoltre la norma suddivide le prove in fondamentali (cioè quelle che devono 
essere sempre soddisfatte) ed aggiuntive (che devono essere verificate per 
particolari o specifici impieghi). Un aggregato risulta di categoria A, B o C 
quando soddisfa tutti i requisiti fondamentali relativi a quella specifica 
categoria.
Per quanto riguarda i requisiti geometrici e fisici, per tutti i materiali sono 
state determinate la curva granulometrica, il passante allo staccio UNI 0,063 mm 
ed il contenuto di grumi di argilla e particelle friabili; solo per alcuni, 
invece, sono stati definiti i valori dell’equivalente in sabbia e del blu di 
metilene (per la valutazione della qualità delle polveri), la massa volumica e 
il valore di assorbimento d’acqua.
Dall’analisi granulometrica sono risultati di Categoria A l’aggregato 
naturale, la ghiaia, la scoria lavata grossa e le due scorie non lavate 10-20 e 
20-30 mm, mentre la scoria non lavata 0-10 mm, la scoria lavata fine e la sabbia 
da lavaggio terreni sono risultate di Categoria B, poiché composte da un’unica 
classe granulometrica (0,063-2 mm).
La percentuale di passante allo staccio UNI 0,063, che non deve superare 
lo 0,5% per l’aggregato grosso non frantumato, è risultato lievemente superiore 
al limite solo per l’aggregato naturale (0,6%), mentre tutti i rifiuti hanno 
mostrato valori accettabili.
Il valore dell’equivalente in sabbia e del blu di metilene sono 
stati determinati solamente per la sabbia e la scoria lavata fine: per la sabbia 
il primo parametro è risultato lievemente inferiore al limite minimo fissato per 
la Cat. A, ma compreso entro il limite di Cat. B; il secondo parametro è 
risultato, per entrambi i rifiuti, conforme ai limiti normativi di Cat. A.
Le masse volumiche ed i valori di assorbimento di acqua sono stati 
ricavati per la scoria lavata grossa, la sabbia e la ghiaia da lavaggio terreni: 
per entrambe i parametri sono risultati rispettati i vincoli imposti per la 
Categoria A.
Il contenuto di grumi di argilla e particelle friabili è risultato, solamente 
per la scoria non lavata fine (ovvero la SNL 0-10), superiore al limite 
massimo imposto dalla Categoria A, ma compreso entro il limite di Cat. B; i 
restanti rifiuti presentano un contenuto di particelle friabili in accordo con i 
limiti fissati per la Cat. A.
I parametri chimici che sono stati determinati ai sensi della UNI 8520-2:2002 
sono stati: contenuto di cloruri solubili in acqua, contenuto di solfati 
solubili in acido, contenuto di sostanza umica, contenuto di contaminanti 
leggeri (requisito aggiuntivo) e potenziale reattività in presenza di alcali 
(requisito aggiuntivo).
I cloruri solubili in acqua sono risultati elevati (ovvero superiori al 
massimo contenuto accettabile per gli aggregati di Cat. A) per la sola scoria 
non lavata 0-10 mm, che si è mostrata invece conforme ai limiti di Cat. B; tutti 
i restanti rifiuti hanno presentato un contenuto di cloruri inferiore al limite 
di Cat. A; inoltre, è da notare che per le scorie non lavate 10-20 e 20-30, la 
scoria lavata fine e la sabbia la quantità di cloruri è risultata circa uguale.
Il contenuto di solfati solubili in acido è risultato superiore al limite 
normativo (uguale per tutte le Categorie) nelle tre scorie non lavate e nella 
scoria lavata fine; per la sabbia da lavaggio terreni, il valore è risultato 
molto prossimo ma inferiore al limite imposto dalla norma. Il contenuto di 
solfati è uno dei parametri più critici, poiché può provocare pericolosi 
fenomeni espansivi; per questo la norma UNI fissa un unico limite sia per gli 
aggregati di Categoria A, che per quelli di Cat. B e C. Il contenuto di solfati 
può essere in parte ridotto sottoponendo gli aggregati ad un lavaggio con acqua; 
se tale contenuto risultasse ancora elevato, il calcestruzzo dev’essere 
confezionato con un cemento in grado di resistere chimicamente all’attacco 
solfatico o abbassando il rapporto acqua/cemento.
La determinazione del contenuto di sostanza umica è stata condotta per 
via qualitativa: nessun rifiuto ne ha rivelato una presenza tale da recare 
problemi al calcestruzzo eventualmente confezionato con esso (cioè tutti i 
rifiuti sono risultati, per questo parametro, inclusi nella Categoria A).
Per la scoria non lavata 0-10 mm, i contaminanti leggeri (requisito 
aggiuntivo) sono risultati presenti in concentrazione tale da farla ricadere 
nella Categoria C. Per gli altri aggregati fini (SLF e sabbia), invece, non ne è 
stata rilevata la presenza. 
Per finire, nessun rifiuto è risultato essere reattivo in presenza di alcali.
Oltre alle prove previste dalla suddetta norma UNI, su tutti i rifiuti e 
sull’aggregato naturale è stata eseguita un’analisi di caratterizzazione chimica 
per la determinazione quantitativa degli elementi che li compongono. I metalli 
che sono risultati presenti in concentrazioni più elevate sono stati: Alluminio, 
Ferro, Zinco, Piombo e Rame. In generale i contenuti più elevati sono stati 
rilevati per le tre scorie non lavate, per la scoria lavata fine e per la sabbia 
da lavaggio terreni.
Partendo da alcuni dei rifiuti precedentemente elencati, sono stati 
confezionati, nell’ambito di un secondo lavoro di tesi, sette getti di 
calcestruzzo. Per la realizzazione di tali getti sono state usate, in diverse 
percentuali, le due scorie lavate, la sabbia e la ghiaia da lavaggio terreni, 
l’aggregato naturale e due tipi di cemento (32,5R e 42,5R)1 
.
Nella seconda fase della sperimentazione, tutti i rifiuti tal quali ed i cubi di 
calcestruzzo sono stati sottoposti a tre differenti test di cessione per 
valutarne l’attitudine a rilasciare inquinanti se immersi in un liquido 
lisciviante: si tratta del test di cessione in acido acetico (previsto dalla DCI 
27/7/84), del test di cessione a 16 giorni (previsto dal D.M. del 5/2/98) e del 
test di cessione in acqua secondo la UNI 10802 (previsto dal D.M. 13/3/03).
Il test di cessione in acido acetico viene utilizzato, nella pratica 
comune, per valutare l’ammissibilità di rifiuti speciali ed ex tossico-nocivi 
nelle vecchie discariche di tipo B. In questo contesto, invece, è stato eseguito 
per studiare il comportamento dei rifiuti se posti in un ambiente molto 
aggressivo. Per i rifiuti tal quali i parametri più critici, ovvero aventi 
concentrazioni superiori ai limiti di Tabella A della legge n. 319/76, sono 
risultati il Cadmio, nelle scorie non lavate, il Rame ed il Piombo, sia nelle 
scorie non lavate e nella scoria lavata fine che nella sabbia. Per i cubetti di 
calcestruzzo l’unico parametro che è stato rilevato in concentrazione superiore 
ai limiti normativi è stato il Rame, rispettivamente nel getto composto da 
sabbia e ghiaia da lavaggio terreni ed in quello composto dalla miscela di 
sabbia, ghiaia e scorie lavate. Dall’osservazione degli ulteriori valori di 
concentrazione di Rame rilasciato sembra che i materiali più critici per la 
cessione di tale contaminante siano la scoria lavata fine e la sabbia da 
lavaggio terreni.
I test di cessione a 16 giorni, previsti dal D.M. ’98 per i recuperi 
diretti di rifiuti non pericolosi hanno evidenziato che solamente le due scorie 
non lavate 0-10 e 10-20 mm non possono venire recuperate direttamente, poiché 
mostrano concentrazioni più elevate di quelle imposte dal limite normativo, per 
i seguenti contaminanti: Fluoruri, Cloruri, Solfati, Cromo, Rame e Nichel. Il 
test a 16 giorni eseguito sui getti di calcestruzzo ha fornito valori sempre 
inferiori ai limiti di legge; si può inoltre notare che le concentrazioni 
rilasciate negli eluati sono sempre molto basse.
Il test di cessione UNI 10802 è utilizzato, da qualche anno, per valutare 
la destinazione finale per i rifiuti da smaltire nelle nuove discariche (ai 
sensi del D.M. 13/01/03). Nel presente lavoro, invece, è stato adottato con lo 
scopo di valutare il comportamento dei rifiuti al rilascio di inquinanti. Sui 
rifiuti tal quali sono stati rilevati superamenti nei limiti fissati per le 
discariche per inerti solamente per le tre scorie non lavate, e per i seguenti 
parametri: Cloruri, Solfati, Antimonio e Molibdeno. Tutti i suddetti 
contaminanti hanno fornito valori contenuti entri i limiti previsti per le 
discariche per rifiuti non pericolosi. I risultati ottenuti dal test eseguito 
sui cubetti di calcestruzzo non sono facilmente confrontabili con quelli 
ottenuti dal rifiuto tal quale perché vi sono molti fattori che cambiano nelle 
due metodiche di prova. Si nota comunque che per i cubetti non si hanno 
superamenti dei limiti per le discariche per inerti e che le concentrazioni di 
contaminanti rilasciati sono sempre molto basse. 
In definitiva, per quanto riguarda la normativa tecnica (UNI 8520-2) i 
rifiuti analizzati sono risultati così classificabili:
| SNL 0-10 | SNL 10-20 | SNL 20-30 | SLF | SLG | SABBIA | GHIAIA | AGG. NAT. | |
| Categoria | B* | A* | A* | B* | A | B | A | B | 
Le lettere asteriscate (*) individuano le classi a cui i relativi aggregati 
apparterrebbero una volta diminuito il contenuto di solfati solubili in acido al 
di sotto dello 0,2% (limite unico per tutte e tre le Categorie). Se tale 
contenuto non venisse ridotto il materiale andrebbe scartato. Inoltre, c’è da 
aggiungere che la scoria lavata fine e la sabbia rientrano nella Categoria B 
solamente perché composte da un’unica classe granulometrica (mentre la Cat. A 
prevede che l’aggregato sia composto almeno da tre classi granulometriche 
separate e distinte), quindi potrebbero potenzialmente rientrare in Categoria A 
solamente mescolandole ad un materiale più grossolano (purché anch’esso rispetti 
tutti i requisiti di Cat. A). 
Per quanto che riguarda le normative ambientali, infine, si può dire che:
1. i risultati ottenuti dai test in acido acetico, pur non fornendo indicazioni 
ai fini del recupero, mostrano che i calcestruzzi danno un buon comportamento se 
sottoposti a condizioni di rilascio molto aggressive;
2. i risultati ottenuti dai test a 16 giorni mostrano che possono essere 
impiegate per recuperi diretti nell’ambiente:
- le scorie lavate (fini e grosse),
- la sabbia da lavaggio terreni,
- la ghiaia da lavaggio terreni,
e a maggior ragione possono essere recuperati nell’ambiente gli stessi rifiuti 
una volta inclusi nella matrice cementizia;
3. le scorie non lavate non possono essere recuperate tal quali, ma necessitano 
di un trattamento per migliorarne le caratteristiche chimiche;
4. i risultati ottenuti dai test di cessione sui getti di calcestruzzo mostrano 
che c’è una evidente diminuzione sul rilascio di inquinanti rispetto ai rifiuti 
tal quali.
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1. Poiché i primi getti confezionati con le scorie non lavate hanno fornito valori di resistenza meccanica molto scadenti, tali rifiuti sono stati esclusi dalle successive fasi di confezionamento getti e di conseguenza da alcuni test di cessione.