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Incarichi dirigenziali a tempo determinato negli Enti Locali - Applicabilità 
dell'art. 110 del d.lgs. 267/2000 dopo l'entrata in vigore del Decreto brunetta 
- Parere della Corte dei Conti della Lombardia 
 
CARLO RAPICAVOLI*
 
1. NORMATIVA DI RIFERIMENTO
Art. 110 del D. lgs. 267/2000: 
“Incarichi a contratto”
1. Lo statuto può prevedere che la copertura dei posti di responsabili dei 
servizi o degli uffici, di qualifiche dirigenziali o di alta specializzazione, 
possa avvenire mediante contratto a tempo determinato di diritto pubblico o, 
eccezionalmente e con deliberazione motivata, di diritto privato, fermi restando 
i requisiti richiesti dalla qualifica da ricoprire.
2. Il regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi, negli enti in cui 
è prevista la dirigenza, stabilisce i limiti, i criteri e le modalità con cui 
possono essere stipulati, al di fuori della dotazione organica, contratti a 
tempo determinato per i dirigenti e le alte specializzazioni, fermi restando i 
requisiti richiesti per la qualifica da ricoprire (…)
3. I contratti di cui ai precedenti commi non possono avere durata superiore al 
mandato elettivo del sindaco o del presidente della provincia in carica (…)
Art. 19 del D. Lgs. 165/2001 modificato dall’art. 40 del D. Lgs. 150/2009 
(Decreto Brunetta)
commi 6 e 6-bis
Secondo la nuova disciplina, gli incarichi dirigenziali a tempo determinato 
possono essere conferiti, da ciascuna amministrazione, entro limiti percentuali 
definiti (“entro il limite del 10 per cento della dotazione organica dei 
dirigenti appartenenti alla prima fascia dei ruoli di cui all'articolo 23 e 
dell'8 per cento della dotazione organica di quelli appartenenti alla seconda 
fascia, a tempo determinato) della dotazione organica. Il quoziente 
derivante dall'applicazione di tale percentuale, è arrotondato all'unità 
inferiore, se il primo decimale è inferiore a cinque, o all'unità superiore, se 
esso e' uguale o superiore a cinque. 
Tali incarichi sono conferiti a persone di particolare e comprovata 
qualificazione professionale, che abbiano svolto attività in organismi ed enti 
pubblici o privati ovvero aziende pubbliche o private con esperienza acquisita 
per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali, o che abbiano conseguito una 
particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile 
dalla formazione universitaria e postuniversitaria, da pubblicazioni 
scientifiche o da concrete esperienze di lavoro maturate, anche presso 
amministrazioni statali, ivi comprese quelle che conferiscono gli incarichi, in 
posizioni funzionali previste per l'accesso alla dirigenza, o che provengano dai 
settori della ricerca, della docenza universitaria, delle magistrature e dei 
ruoli degli avvocati e procuratori dello Stato. Per il periodo di durata 
dell'incarico, i dipendenti delle pubbliche amministrazioni sono collocati in 
aspettativa senza assegni, con riconoscimento dell'anzianità di servizio.
comma 6-ter: “Il comma 6 ed il comma 6-bis si applicano alle 
amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2”
2. CONFLITTO FRA LE DUE NORME
L’art. 19, commi 6 e 6-bis, del D. Lgs. 165/2001 riformulato dall’art. 40 del 
Decreto Brunetta, che per espressa previsione del comma 6-ter si applica anche 
agli Enti Locali, pone problemi di compatibilità con la previsione dell’art. 110 
del testo Unico degli Enti Locali, D. Lgs. 267/2000 non richiamato né 
modificato.
I problemi riguardano in particolare il contingente numerico.
2.1. IL CALCOLO PERCENTUALE
La norma estesa anche agli Enti Locali fa riferimento alla dirigenza statale che 
prevede le fasce di appartenenza non presenti per Regioni ed Autonomie Locali.
I limiti normativi fissati sono:
- il limite del 10 per cento della dotazione organica dei dirigenti appartenenti 
alla prima fascia 
- il limite dell'8 per cento della dotazione organica di quelli appartenenti 
alla seconda fascia
Si pone evidentemente il problema di stabilire a che percentuale fare 
riferimento con le conseguenti incertezze sull’interpretazione normativa.
2.2. L’INCOMPATIBILITÀ CON LE PREVISIONI DELL’ART. 110 DEL TESTO UNICO
L’art. 110 distingue fra dirigenti in dotazione organica e dirigenti fuori 
dotazione organica.
Per i primi non vi è alcuna limitazione numerica rinviando alla previsione 
statutaria con l’unico limite dei requisiti previsti per il tipo di incarico 
(es. laurea).
Per i dirigenti fuori dotazione organica è invece previsto il limite del 5% del 
totale della dotazione organica.
Il nuovo testo dell’art. 19 del D. Lgs. 165/2001, riformulato dall’art. 40 del 
Decreto Brunetta, oggi fissa il limite del 10% (o dell’8% facendo riferimento 
alle fasce dirigenziali previste per le amministrazioni dello Stato) anche per i 
dirigenti in dotazione organica.
Tale previsione è apparsa subito fortemente confliggente con l’autonomia 
statutaria degli Enti Locali.
3. PARERE DELLA SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO PER LA LOMBARDIA DELLA 
CORTE DEI CONTI N. 380/2010
“La disciplina statale trova necessariamente il proprio limite nell’autonomia 
statutaria e regolamentare costituzionalmente garantite, in materia, alle 
autonomie locali”.
Questo il principio fondamentale e la chiave di lettura fornita dalla Sezione 
Regionale di Controllo della Lombardia della Corte dei Conti con il parere n. 
308/2010 depositato il 17 marzo 2010.
La Corte si sofferma ampiamente sull’applicabilità dell’art. 110 del Testo Unico 
degli Enti Locali e del rapporto tra tale norma e il D. Lgs. 150/2009 (Decreto 
Brunetta).
Le argomentazioni sostenute dalla Corte dei Conti sono le seguenti:
“L’art.117 Cost. intesta la competenza legislativa esclusiva allo Stato in 
materia di “ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti 
pubblici nazionali” (comma 2, lett. g), mentre lo stesso articolo prevede che “i 
Comuni, le Province e le Città metropolitane hanno potestà regolamentare in 
ordine alla disciplina dell’organizzazione e dello svolgimento delle funzioni 
loro attribuite” (comma 5 art. cit.).
La disciplina sul limite del conferimento di una determinata tipologia di 
incarichi dirigenziali, qual è quella contenuta nell’art.110 TUEL, attiene a 
quest’ultimo ambito, rientrando specificamente nel potere-dovere di ciascun Ente 
Locale di provvedere alla propria organizzazione amministrativa, che deve 
esplicitarsi in una scelta autonoma, in primo luogo nello Statuto e quindi nel 
pertinente regolamento di organizzazione e della dirigenza. La normativa in 
esame, quindi, se attiene alla disciplina del rapporto di lavoro della dirigenza 
pubblica statale, sulla quale incide la riforma, attiene anche ad un aspetto 
della disciplina dell’organizzazione delle Amministrazioni che, nel caso delle 
autonomie locali, è riservato alla sfera dell’autodeterminazione del modello 
organizzativo più consono alla realtà locale.
Peraltro, la novella non può ritenersi riconducibile ai titoli di legittimazione 
della potestà legislativa statale contenuti nell'art. 117, secondo e terzo 
comma, Cost. quali l'«ordinamento civile» o il «coordinamento della finanza 
pubblica». 
Riguardo a quest’ultimo aspetto, si deve rammentare che la giurisprudenza 
costituzionale ha chiarito che le norme statali che fissano limiti alla spesa 
delle Regioni e degli enti locali siano da ritenersi principi fondamentali di 
“coordinamento della finanza pubblica” soltanto se si limitino a porre obiettivi 
di riequilibrio della medesima, intesi nel senso di un transitorio contenimento 
complessivo, anche se non generale, della spesa corrente e se non prevedono in 
modo esaustivo strumenti o modalità per il perseguimento dei suddetti obiettivi 
(sentenze n. 412 e n. 169 del 2007; n. 88 del 2006). Circostanze, queste ultime, 
che non ricorrono nella normativa in esame.
È appena il caso di osservare che non può sostenersi che la novella in discorso 
abbia la finalità di contenimento della spesa pubblica complessiva per la 
remunerazione delle funzioni dirigenziali, posto che il conferimento di 
incarichi di dirigente a contratto entro i limiti della dotazione organica (così 
come consentito, per gli Enti locali, dall’art. 110, primo comma, TUEL) non può 
avere l’effetto di determinare alcuna maggiore spesa per l'Amministrazione. 
Sul punto, gli unici limiti espressamente stabiliti per gli Enti locali sono 
contenuti nel secondo comma dell’art.110 TUEL, per gli Enti locali di minore 
dimensione, per i quali il legislatore ha espressamente inteso privilegiare la 
valorizzazione delle professionalità interne rispetto al ricorso a soggetti 
esterni, coerentemente con la ratio di ottimizzazione delle risorse 
pubbliche che caratterizza in generale la normativa in materia di personale 
dipendente e che, per molti versi, pervade anche la disciplina degli incarichi 
esterni di natura non subordinata (peraltro, rientra fra le condizioni 
legittimanti il conferimento d’incarichi individuali nella P.A., di cui 
all’art.7, comma 6, d.lgs. n. 165/2001, che l'Amministrazione abbia 
preliminarmente accertato l'impossibilità oggettiva di utilizzare le risorse 
umane disponibili al suo interno). 
L’applicazione del comma 6 dell'art. 19 del d.lgs. n. 165 del 2001, come 
riformulato dall’art.40 del decreto di riforma, comporterebbe, al contrario (con 
l'estensione del limite delle quote percentuali rispetto alla dotazione organica 
a tutti gli incarichi dirigenziali a contratto, insieme alla riserva di tali 
incarichi ai soli soggetti estranei all'Amministrazione conferente) la 
preclusione al conferimento di incarichi dirigenziali al personale interno non 
avente qualifica di dirigente. 
Quanto al dato testuale del comma 6-bis dell’art.19 d.lgs. n.165/2001, esso si 
riferisce a “dirigenti di prima o seconda fascia”, richiamando 
esplicitamente la distinzione in fasce della dirigenza dello Stato, che non è 
prevista, al contrario, per la dirigenza degli enti locali e depone, pertanto, 
per l’inapplicabilità dello stesso alla dirigenza degli Enti locali.
Inoltre, occorre ricordare che opera in materia la clausola di specialità di cui 
all’art 1, comma 4 TUEL che, in ossequio al principio di autonomia degli Enti 
locali, stabilisce che le leggi della Repubblica non possono introdurre deroghe 
al testo unico se non mediante espressa modificazione delle sue disposizioni.
Il testo dell’art.110 TUEL non è stato espressamente modificato dal decreto 
legislativo di riforma (neppure rientra, in tutto o in parte, tra le abrogazioni 
disposte dall’art.72 del decreto stesso) e l’art.74, comma 2, d.lgs. n. 150/2009 
dispone che “gli articoli 3, 4, 5, comma 2, 7, 9, 15, comma 1, 17, comma 2, 
18, 23, commi 1 e 2, 24, commi 1 e 2, 25, 26, 27, comma 1, e l'articolo 62, 
commi 1-bis e 1-ter recano norme di diretta attuazione dell'articolo 97 della 
Costituzione e costituiscono principi generali dell'ordinamento ai quali si 
adeguano le regioni e gli enti locali, anche con riferimento agli enti del 
Servizio sanitario nazionale, negli ambiti di rispettiva competenza”.
Nei limiti dell’autonomia riconosciuta agli Enti locali in materia, questi 
adegueranno i propri statuti e regolamenti ai suddetti principi, ferma restando 
l’immediata vigenza delle disposizioni espressamente dichiarate applicabili 
anche agli Enti locali stessi, esplicitate nell’art. 74, primo comma, del d.lgs. 
n. 150/2009.
In forza dell’autonomia organizzativa loro riconosciuta dalla Costituzione, gli 
Enti Locali, nei limiti di cui all’art.110 TUEL, possono disciplinare con le 
modalità più corrispondenti alla singola realtà locale i propri Uffici e le 
tipologie di incarichi da conferire ai dirigenti ad essi preposti. In tal modo 
potranno conferire incarichi temporanei tenendo comunque presente, da un lato, i 
limiti imposti dai principi di sana gestione delle risorse pubbliche a 
disposizione degli enti; d’altro lato, dell’eccezionalità della disposizione di 
cui all’art. 110 TUEL nel sistema del conferimento d’incarichi dirigenziali”.
4. LE LINEE GUIDA DELL’ANCI
Sulla stessa impostazione si era già espressa l’ANCI nelle sue linee 
guida di interpretazione del Decreto Brunetta.
Questi i punti essenziali delle linee guida:
a) LA POSSIBILITÀ DI CONFERIRE INCARICHI DIRIGENZIALI A DIPENDENTI DELLO STESSO 
ENTE
Va ricordato al riguardo che il comma 6 dell’art. 19 del D. Lgs. 165/2001, come 
riformulato dal D. Lgs. 150/2009 prevede che gli incarichi possono essere 
attribuiti a soggetti “non rinvenibili nei ruoli dell’Amministrazione (…) che 
abbiano conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale e 
scientifica desumibile dalla formazione universitaria e postuniversitaria, da 
pubblicazioni scientifiche o da concrete esperienze di lavoro maturate, anche 
presso amministrazioni statali, ivi comprese quelle che conferiscono gli 
incarichi, in posizioni funzionali previste per l'accesso alla dirigenza(…)”.
Ciò significa che la verifica interna sulla “non rinvenibilità nei ruoli 
dell’Amministrazione” va fatta limitatamente ai ruoli dirigenziali e che possono 
ancora conferirsi incarichi a dipendenti interni non dirigenti, in possesso dei 
requisiti richiesti dalla norma.
b) IL RAPPORTO CON L’ART. 110 DEL TESTO UNICO
Si sottolinea nella linee guida dell’ANCI come appare “topograficamente poco 
comprensibile l’inserimento di una norma destinata all’insieme delle pubbliche 
amministrazioni in un articolo di legge dedicato alla sola dirigenza dello 
Stato; va, inoltre, ricordato che per le amministrazioni locali l’art. 110 del 
D. Lgs. 267/2000 – non espressamente abrogato o modificato dal Decreto Brunetta 
– prevede una disciplina particolare e compiuta della dirigenza locale, senza 
stabilire alcun limite per le assunzioni a tempo determinato finalizzate alla 
copertura dei posti di responsabili degli uffici e dei servizi previsti in 
organico, ponendosi quindi in maniera alternativa alla nuova normativa statale”.
c) IL COMPUTO PERCENTUALE
“Va poi rilevato che sussiste un problema di applicabilità oggettiva dei criteri 
di computo definiti dalla disposizione; nel porre dei vincoli percentuali, il 
legislatore fa espresso riferimento alla dirigenza di prima e seconda fascia, 
mentre nelle amministrazioni locali, com’è noto, non vi è tale differenziazione 
dei ruoli.
In secondo luogo la percentuale individuata, anche se complessivamente intesa, 
negli Enti di minore dimensione demografica o, comunque con un un numero di 
dirigenti esiguo, non consente neppure l’assunzione di una unità”.
d) LE MODALITÀ DI CONFERIMENTO DELL’INCARICO
“Circa le modalità di affidamento dell’incarico con contratto a tempo 
determinato la riforma non modifica per questa parte l’art. 19, comma 6.
Deve tuttavia evidenziarsi che il comma 1-bis dell’art. 19, introdotto dal D. 
Lgs. 150/2009, prevede la necessità che le amministrazioni rendano conoscibili, 
anche mediante pubblicazione di apposito avviso sul sito istituzionale, il 
numero e la tipologia dei posti che si rendono disponibili nella dotazione 
organica ed i criteri di scelta, acquisendo e valutando le disponibilità dei 
dirigenti.
Al riguardo si segnala che la giurisprudenza della Corte Costituzionale 
(sentenze n. 103 e 104 del 2007 e sentenza n. 161 del 2008) ha espresso un 
chiaro orientamento volto ad escludere l’esistenza di una dirigenza di fiducia e 
dunque la possibilità di una interpretazione della normativa vigente nel senso 
di ammettere la scelta discrezionale, senza limiti, dei soggetti esterni 
all’ente cui conferire gli incarichi, nonché la necessità di forme di pubblicità 
che assicurino la trasparenza, procedure comparative anche non concorsuali, 
richiedendo quindi una procedimentalizzazione dell’iter da seguire”.
5. VALUTAZIONI E POSSIBILE INTERPRETAZIONE
Le argomentazioni della Corte appaiono ampiamente condivisibili e 
convincenti.
Nello specifico:
L’ART. 19 NON È DIRETTAMENTE E IMMEDIATAMENTE APPLICABILE AGLI ENTI LOCALI
La diretta applicabilità della norma appare scarsamente compatibile con il 
quadro giuridico complessivo:
- l’art. 1, comma 4, TUEL che prevede che “ai sensi dell'articolo 128 della 
Costituzione le leggi della Repubblica non possono introdurre deroghe al 
presente testo unico se non mediante espressa modificazione delle sue 
disposizioni” 
- l’art. 27 d. lgs. 165/01, in base al quale per tutto il Capo II vale un 
semplice dovere di adeguamento, “tenendo conto delle relative peculiarità”. 
Il richiamo contenuto all’art. 19, comma 6-ter non sembra idoneo a scalfire la 
regola stabilita all’art. 27, bensì serve solo a rafforzare l’esigenza di dare 
attuazione ai principi di legalità contenuti all’art. 19;
- l’art. 74 d. lgs 150/09 che non considera la norma in esame tra quelle 
applicabili agli enti locali.
OBBLIGO DI ADEGUAMENTO DEGLI ENTI LOCALI
Gli Enti Locali sono chiamati a stabilire o a rivedere nel corso del 2010 i 
limiti da porre o posti con lo strumento regolamentare agli incarichi esterni, 
sulla base dei due fondamentali criteri di prevalenza degli incarichi 
dirigenziali a dirigenti interni e di adeguatezza alle esigenze dell’ente 
stesso.
Ciò in quanto:
- la materia è regolata per Comuni e Province dal vigente art. 110 d.lgs n. 
267/2000;
- lo svolgimento della previsione normativa primaria avviene e deve avvenire con 
norme regolamentari, espressione dell’autonomia degli enti;
- i livelli dimensionali degli enti e le caratteristiche strutturali della 
dirigenza statale non consentirebbero comunque un’applicazione reale di limiti 
percentuali fissi agli enti locali.
Nel processo di adeguamento ci si dovrà attenere alle principali indicazioni 
della Corte dei conti, sulla base di una interpretazione costituzionalmente 
orientata dell’art. 110 TUEL:
- occorre procedere alla previa pubblicazione di un avviso di selezione, che 
corrisponde ad un principio di buona amministrazione;
- la scelta del soggetto da incaricare deve scaturire da una valutazione 
approfondita, benché informale, dei diversi candidati;
- in sede regolamentare gli Enti Locali dovranno fissare anche il limite 
percentuale degli incarichi conferibili.
La caratteristica di fondo infatti delle nuove disposizioni sulla dirigenza, 
introdotte dal Decreto Brunetta, è quella di un intervento migliorativo e 
correttivo della normativa esistente, spesso per adeguarla alla giurisprudenza 
costituzionale e amministrativa.
Particolare attenzione deve essere posta alle modalità di conferimento degli 
incarichi, che devono prevedere adeguate forme procedimentali idonee a garantire 
l’oggettività e la trasparenza nella selezione del personale dirigenziale. 
In proposito, giova ricordare quanto già evidenziato dal Dipartimento della 
Funzione pubblica nella direttiva 19 dicembre 2007 n. 10, concernente 
“Affidamento, mutamento e revoca degli incarichi di direzione di uffici 
dirigenziali”, ossia che “pur essendo insiti nelle procedure per 
l'individuazione dei soggetti cui conferire un incarico dirigenziale il 
carattere della discrezionalità ed un margine più o meno ampio di fiduciarietà, 
è indispensabile che le amministrazioni assumano la relativa determinazione con 
una trasparente ed oggettiva valutazione della professionalità e delle 
caratteristiche attitudinali. (…) La norma impone una valutazione di tipo 
relativo, che tenga conto delle attitudini e delle capacità professionali del 
dirigente rispetto alla tipologia di obiettivi prefissati, ossia gli obiettivi 
che il dirigente sarà tenuto a perseguire in virtù della competenza ordinaria 
dell'ufficio cui verrà preposto e degli obiettivi di direttiva fissati dal 
vertice politico. E' chiaro che la considerazione delle attitudini e capacità 
professionali non potrà basarsi su valutazioni meramente soggettive, ma dovrà 
essere ancorata quanto più possibile a circostanze oggettive (…) L'esigenza di 
operare scelte discrezionali ancorate a parametri quanto più possibili oggettivi 
e riscontrabili evidenzia l'opportunità che le amministrazioni si dotino 
preventivamente di un sistema di criteri generali per l'affidamento, il 
mutamento e la revoca degli incarichi. Ciò al fine di consolidare anche in 
questo settore la trasparenza in modo da favorire la fiducia dei dirigenti nel 
funzionamento dell'organizzazione e ridurre le possibilità di contenzioso”. 
Sulla previsione e regolamentazione delle modalità di conferimento 
dell’incarico, non può tralasciarsi il rispetto delle condizioni prescritte dal 
comma 6, dell’art. 19, le quali impongono, tra l’altro, che la professionalità 
vantata dal soggetto esterno non sia rinvenibile nei ruoli dell’amministrazione.
Va ricordato al riguardo che il comma 6 dell’art. 19 del D. Lgs. 165/2001, come 
riformulato dal D. Lgs. 150/2009 prevede che gli incarichi possono essere 
attribuiti a soggetti “non rinvenibili nei ruoli dell’Amministrazione 
(…) che abbiano conseguito una particolare specializzazione professionale, 
culturale e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e 
postuniversitaria, da pubblicazioni scientifiche o da concrete esperienze di 
lavoro maturate, anche presso amministrazioni statali, ivi comprese quelle 
che conferiscono gli incarichi, in posizioni funzionali previste per 
l'accesso alla dirigenza(…)”.
L’amministrazione deve dunque prioritariamente utilizzare le proprie competenze 
e risorse interne, con la conclusione che l’affidamento di incarichi 
dirigenziali a soggetti esterni opera come deroga alla regola generale. 
La verifica interna sulla “non rinvenibilità nei ruoli dell’Amministrazione” va 
fatta limitatamente ai ruoli dirigenziali.
In caso di esito negativo di tale verifica, possono ancora conferirsi incarichi 
a dipendenti interni non dirigenti, in possesso dei requisiti richiesti dalla 
norma oppure a soggetti esterni in possesso dei requisiti professionali 
previsti.
In questo caso la scelta dovrà essere adeguatamente motivata e derivare da un 
percorso tecnico – amministrativo che veda al centro la valutazione delle 
caratteristiche del destinatario dell’incarico in rapporto all’incarico da 
perseguire.
Il Decreto Brunetta rafforza questa impostazione, essendosi soffermato nel comma 
6 dell’art. 19, inerente gli incarichi dirigenziali esterni, sulla specifica ed 
“esplicita motivazione” ed avendo rafforzato i requisiti culturali e 
professionali richiesti per l’accesso temporaneo alla dirigenza.
Il nuovo testo dell’art. 19 prevede infatti espressamente che gli incarichi 
dirigenziali a tempo determinato siano conferiti a persone di particolare e 
comprovata qualificazione professionale, non rinvenibile nei ruoli 
dell’Amministrazione, e che tale competenza professionale sia collegata, tra 
l’altro, ad una particolare specializzazione professionale, culturale e 
scientifica desumibile dalla formazione universitaria e postuniversitaria, da 
pubblicazioni scientifiche e da concrete esperienze di lavoro maturate per 
almeno un quinquennio presso Amministrazioni pubbliche in posizioni funzionali 
previste per l’accesso alla dirigenza. 
Si può pensare, dunque, che l’Ente pubblico, dopo aver pubblicato un avviso di 
selezione, nelle forme previste dal regolamento, possa procedere al conferimento 
dell’incarico sulla base di adeguata motivazione in ordine ai criteri di scelta 
utilizzati, anche se, si ritiene, senza obbligo di graduatoria ma con un 
motivato giudizio di idoneità/inidoneità all’incarico e, quindi, con una certa 
discrezionalità nella individuazione del candidato prescelto, il quale deve 
essere in possesso delle competenze predeterminate dall’Ente.
In ogni caso, la procedura adottata, che si basi o meno su una vera e propria 
comparazione, deve essere tale da soddisfare i canoni costituzionali di legalità 
e buon andamento, richiedendo per l’ammissione alla procedura selettiva la 
compresenza di entrambi i presupposti, titolo di laurea ed esperienza 
lavorativa, ai fini della sussistenza dei requisiti della particolare e 
comprovata qualificazione professionale necessaria per il conferimento degli 
incarichi.
 
* Direttore Generale 
e Dirigente del Settore Ambiente e Pianificazione Territoriale della Provincia 
di Treviso
 
Pubblicato su www.AmbienteDiritto.it 
il 13/04/2010