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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CORTE 
DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 14/01/2011 (Cc. 3/12/2010), Sentenza n. 770
DIRITTO URBANISTICO - Violazioni urbanistiche ed illeciti edilizi - Elemento 
costitutivo o normativo dei reati - Parametro di legalità - Titolo abilitativo 
illegittimo - Fattispecie: fascia di rispetto di trecento metri dal mare - 
sequestro dell’area e delle opere su di essa edificate - Art. 20 L. n. 47/1985 
ora art. 44 DPR n.380/2001. In materia di illeciti edilizi, non occorre fare 
ricorso alla disapplicazione dell'atto amministrativo, in presenza di 
concessione edilizia ovvero di un permesso di costruire illegittimi. D’altronde, 
per la configurabilità del reato di costruzione abusiva è sufficiente valutare 
la sussistenza dell'elemento normativo della fattispecie, posto che la 
conformità della costruzione e della concessione ai parametri di legalità 
urbanistica ed edilizia è elemento costitutivo dei reati contemplati dalla 
normativa urbanistica. (Cass. sez. III, 18.12.2002 n. 4877 del 2003, Tarini; 
Cass. sez. VI 17.2.2003, Marrone ed altri; Cass. sez. 3°, 26.2.2003 n. 18764, 
Demoni; Cass. sez. III, 2.10.2007 n. 41620, Emelino). Sicché, l'interesse 
protetto dall'art. 20 della legge 28 febbraio 1985 n. 47 (ed attualmente art. 44 
del DPR n. 380/2001) non è quello del rispetto delle prerogative della pubblica 
amministrazione nel controllo dell'attività edilizia e perciò della regolarità 
delle procedure di concessione, ma quello sostanziale della protezione del 
territorio in conformità alla normativa urbanistica, perciò non si pone un 
problema di disapplicazione dell'atto amministrativo illegittimo, quanto di 
controllo della legittimità di un atto amministrativo che costituisce un 
elemento costitutivo o un presupposto del reato. (Cass. sez. III, 12.5.1995 n. 
1756, Di Pasquale; Cass. sez. un. 12.11.1993 n. 11635, P.M. in proc. Gorgia). 
Fattispecie: conferma del decreto di sequestro preventivo di un'area e delle 
opere su di essa edificate - costruzione di quaranta residenze turistiche con 
sottostanti magazzini e parcheggi, nonché ulteriori edifici destinati a 
ristorante ed asilo nido in parte ricadenti nella fascia di rispetto di trecento 
metri dal mare. (conferma ordinanza del Tribunale di Latina del 29.4.2010, con 
la quale è stato confermato il decreto di sequestro preventivo emesso dal G.I.P. 
del Tribunale di Latina in data 2.4.2010) Pres. Ferrua, Est. Lombardi, Ric. 
Lanzi. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 14/01/2011 (Cc. 3/12/2010), 
Sentenza n. 770
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Misure cautelari reali - Sequestro preventivo - 
Giudice del riesame - Poteri e limiti - Giurisprudenza. In materia di misure 
cautelari reali il giudice del riesame deve verificare solo la sussumibilità del 
fatto nell'ipotesi di reato oggetto di indagine, secondo le prospettazioni della 
pubblica accusa, sia pur tenendo conto delle deduzioni difensive dell'indagato, 
mentre è escluso l'accertamento della esistenza dei gravi indizi di 
colpevolezza. (Cass. sez. un. n. 23 del 1997, Bassi ed altri, giurisprudenza 
successiva conforme). (conferma ordinanza del Tribunale di Latina del 29.4.2010, 
con la quale è stato confermato il decreto di sequestro preventivo emesso dal 
G.I.P. del Tribunale di Latina in data 2.4.2010) Pres. Ferrua, Est. Lombardi, 
Ric. Lanzi. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 14/01/2011 (Cc. 3/12/2010), 
Sentenza n. 770
     
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill.mi Signori:
Dott. Giuliana Ferrua                
Presidente 
" Ciro Petti                              
Consigliere 
" Alfredo Maria Lombardi 
" Mario Gentile
" Giulio Sarno
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
- Sul ricorso proposto dall'Avv. Renato Archidiacono, difensore di fiducia di 
Lanzi Bruno, n. a Torre Cajetani l’1.4.1952, avverso l'ordinanza in data 
29.4.2010 del Tribunale di Latina, con la quale è stato confermato il decreto di 
sequestro preventivo di un'area e delle opere su di essa edificate emesso dal 
G.I.P. del Tribunale di Latina in data 2.4.2010.
- Udita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Alfredo Maria Lombardi;
- Visti gli atti, la ordinanza denunziata ed il ricorso;
- Udito il P.M. in persona del Sost. Procuratore Generale, Dott. Giovanni 
D'Angelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
- Udito il difensore del Lanzi, Avv. Renato Archidiacono, che ha concluso per 
l'accoglimento del ricorso;
CONSIDERATO IN FATTO E DIRITTO
Con la impugnata ordinanza il Tribunale di Latina ha confermato il decreto di 
sequestro preventivo di un'area e delle opere su di essa edificate emesso dal 
G.I.P. del medesimo Tribunale in data 2.4.2010 nei confronti di Lanzi Bruno.
Il Tribunale ha rilevato che le opere di cui si tratta sono costituite da una 
struttura alberghiera con reception composta da quaranta residenze turistiche 
con sottostanti magazzini e parcheggi, nonché ulteriori edifici destinati a 
ristorante ed asilo nido in parte ricadenti nella fascia di rispetto di trecento 
metri dal mare. Tali opere sono state autorizzate, previa variante al PRG, con 
permesso di costruire n. 5653 del 30.4.2009.
Il Tribunale ha affermato che i citati provvedimenti autorizzatori sono 
disapplicabili per evidente contrasto con le disposizioni delle leggi regionali 
n. 30/74 e 52/76, che prescrivono la inedificabilità assoluta nel limite di 
trecento metri dalla battigia, fatta eccezione per le zone incluse in area 
urbana, di cui non ricorre l'ipotesi.
L'ordinanza ha osservato che le prescrizioni delle citate leggi regionali in 
materia di limite alla edificabilità in aree comprese nei trecento metri dal 
mare non sono state abrogate dalla successiva legge regionale n. 24 del 6.7.1998 
e la avvenuta adozione del Piano territoriale Paesistico allegato alla predetta 
legge. Sul punto si è osservato che l'art. 5, comma 1, della legge regionale 
prevede che i territori costieri compresi in una fascia della profondità di 
trecento metri dalla battigia sono sottoposti a vincolo paesistico ai sensi 
dell'art. 82, 5° comma lett. a), del DPR n. 616/1982. Il terzo comma del 
predetto art. 5 stabilisce inoltre che nella fascia di rispetto di cui al comma 
1 l'indice di edificabilità territoriale è stabilito in 0,001 mc/mq. Tale limite 
pertanto sostanzialmente ribadisce il vincolo di inedificabilità già previsto 
dalle leggi regionali n. 30/74 e 52/76.
Nel prosieguo l'ordinanza osserva che anche le prescrizioni del PTP e delle NTA 
confermano il limite alla edificabilità prescritto dalla legge regionale per le 
fasce costiere, prevedendo esclusivamente la possibilità di interventi di 
riqualificazione dell'edilizia esistente e per la dotazione di aree di uso 
pubblico.
L'ordinanza ha, infine, rilevato che la contestazione del periculum è 
esclusivamente fondata sulla asserita legittimità degli interventi edilizi e 
che, in ogni caso, sussiste l'esigenza di evitare che gli stessi vengano 
ultimati.
Avverso l'ordinanza ha proposto ricorso il difensore dell'indagato, che la 
denuncia per violazione di legge con due motivi di gravame.
Con il primo mezzo di annullamento il ricorrente denuncia la violazione 
dell'art. 4 L. 20 marzo 1865 n.. 2248 all. E.
Si deduce, in sintesi, che i provvedimenti amministrativi, che rimuovono 
ostacoli all'esercizio di diritti, possono essere disapplicati dall'autorità 
giudiziaria ordinaria solo nell'ipotesi in cui gli stessi siano frutto della 
collusione del privato con il pubblico funzionario, che lo ha rilasciato al fine 
di consentire la perpetrazione dell'abuso, ovvero risulti evidente il contrasto 
dell'atto con norme imperative talmente grave da determinare non la mera 
illegittimità dell'atto, ma la sua illiceità e la sua nullità.
Si riporta, poi, l'iter procedimentale che ha preceduto l'emanazione dei 
provvedimenti autorizzatori, al fine di far rilevare l'assenza di elementi che 
evidenzino la illegittimità dell'atto autorizzatorio.
Con il secondo mezzo di annullamento si denuncia la violazione dell'art. 5, 
comma 4, e 27 bis della legge regionale 6.7.1998 n. 24 e S.M.I., nonché degli 
art. 36 e 48 delle N.T.A. al P.T.P. n. 13.
Sempre in sintesi si osserva che il citato art. 5 al comma 4, come modificato 
dall'art. 3 della legge regionale n. 18/2004, stabilisce che "fatto salvo 
l'obbligo di richiedere l'autorizzazione paesistica ai sensi dell'art. 25 le 
disposizioni del presente articolo non si applicano alle aree urbanizzate 
esistenti come individuate dal PTP o dal PTPR....."
Si osserva, poi, che l'art. 36 delle NTA al PTP Ambito Territoriale 13 ha 
individuato nella fascia costiera, in cui ricade l'immobile, tre aree sottoposte 
a tutela limitata (zone L/a, L/b, L/c), già interessate da una proliferazione 
edilizia spesso di bassa qualità e carente di spazi di servizio, nelle quali, ai 
sensi dell'art. 48 delle stesse NTA é consentita "l'edificazione dei lotti 
liberi che risultino interclusi in quanto confinanti su ogni lato con lotti già 
edificati o con strade pubbliche o convenzionate.", zone in cui le finalità 
"conservative" vengono limitate alla sola vegetazione esistente ed alla duna 
litoranea, consentendo i soli interventi ritenuti compatibili con dette finalità 
tra i quali - come è logico - la possibilità edificatoria dei lotti interclusi.
Si critica, quindi, sulla base delle citate disposizioni, l'affermazione 
dell'ordinanza impugnata secondo la quale non sarebbero possibili varianti al 
PRG se non nell'ambito delle limitazioni e prescrizioni del PTP e si deduce che 
in virtù delle previsioni normative del predetto PTP l'area oggetto di 
intervento, ricadente in zona L/b, possa essere ritenuta "area urbanizzata" ai 
sensi dell'art. 5, comma 4 della legge regionale n. 24/1998, come tale non 
soggetta al limite di edificabilità di 0,001 mc/mq.; che la Direzione Generale 
per i Beni Architettonici e per il Paesaggio del Ministero per i Beni Culturali 
e le Attività Culturali ha espresso parere favorevole sul progetto, rilevando 
che la zona in cui ricade é classificata come "zona L/b", che si tratta di lotto 
intercluso e che il residence ben si inserisce nel contesto paesistico 
circostante; che la stessa Regione ha ritenuto compatibile la proposta variante 
urbanistica da zona tipo "F" a zona tipo "D", ovvero da zona destinata a 
"Servizi di quartiere" a zona destinata ad "attrezzature turistico alberghiere".
Si osserva conclusivamente che il Tribunale del riesame non ha tenuto conto 
dell'attuale formulazione dell'art. 5, comma 4, della legge regionale n. 24/98, 
dando un'interpretazione forzata degli art 36 e 48 delle NTA del PTP, che vanno 
correttamente interpretate alla luce della derogabilità dei limiti di 
edificabilità espressamente previsti per le "aree urbanizzate esistenti" 
individuate dal PTP, quali devono ritenersi quelle ricadenti nelle aree a tutela 
limitata L/a, L/b, L/c, qualificate come "aree già largamente urbanizzate" 
dall'art. 36, in cui viene consentita, dall'art. 48, l'edificazione dei lotti 
interclusi senza alcuna ulteriore specificazione.
Si aggiunge che anche ai sensi del PTPR, adottato, ma non ancora approvato, sono 
previste espresse "eccezioni e deroghe" alla assolutezza del vincolo, 
consentendo varianti agli strumenti urbanistici vigenti per aree classificate 
dal PTP vigente come "aree di scarso pregio paesistico" ovvero "di paesaggio 
urbano in evoluzione".
Con memoria depositata il 19.11.2010 la difesa del ricorrente ha prodotto un 
parere del Dipartimento territorio della Regione Lazio secondo il quale é 
possibile procedere con concessioni laddove ricorra la duplice circostanza del 
lotto minimo di 1.500 mq intercluso e la sussistenza degli standard urbanistici, 
nonché l'adeguata dotazione di opere infrastrutturali; requisiti che, nel caso 
in esame, sarebbero sussistenti.
Il ricorso non è fondato.
Secondo l'ormai consolidato indirizzo interpretativo di questa Suprema Corte in 
materia di illeciti edilizi, da quale il Collegio non ravvisa ragioni per 
discostarsi, in presenza di una concessione edilizia ovvero di un permesso di 
costruire illegittimi, non occorre fare ricorso alla disapplicazione dell'atto 
amministrativo, perché sia configurabile il reato di costruzione abusiva, atteso 
che la conformità della costruzione e della concessione alla norme ed agli 
strumenti urbanistici è elemento costitutivo o normativo dei reati contemplati 
dall'art. 20 della legge 28 febbraio 1985. n. 47 ed attualmente dall'art. 44 del 
DPR n. 380/2001, stante la individuazione del parametro di legalità urbanistica 
ed edilizia quale ulteriore interesse protetto dalle disposizioni in questione, 
sicché è sufficiente valutare la sussistenza dell'elemento normativo della 
fattispecie, posto che la conformità della costruzione e della concessione ai 
parametri di legalità urbanistica ed edilizia è elemento costitutivo dei reati 
contemplati dalla normativa urbanistica. (cfr. sez. III, 18.12.2002 n. 4877 del 
2003, Tarini, RV 223533; sez. VI 17.2.2003, Marrone ed altri, RV 225674; sez. 
111, 26.2.2003 n. 18764, Demoni, RV 224731; sez. III, 2.10.2007 n. 41620, 
Emelino, RV 237995).
E' stato, infatti, da tempo affermato da questa Suprema Corte che in tema di 
violazioni urbanistiche, l'interesse protetto dall'art. 20 della legge 28 
febbraio 1985 n. 47 (ed attualmente art. 44 del DPR n. 380/2001) non è quello 
del rispetto delle prerogative della pubblica amministrazione nel controllo 
dell'attività edilizia e perciò della regolarità delle procedure di concessione, 
ma quello sostanziale della protezione del territorio in conformità alla 
normativa urbanistica, perciò non si pone un problema di disapplicazione 
dell'atto amministrativo illegittimo, quanto di controllo della legittimità di 
un atto amministrativo che costituisce un elemento costitutivo o un presupposto 
del reato. (cfr. sez. III, 12.5.1995 n. 1756, Di Pasquale, RV 202077; sez. un. 
12.11.1993 n. 11635, P.M. in proc. Gorgia).
Pertanto, contrariamente a quanto sostenuto nel primo motivo di ricorso, 
allorché il giudice di merito, e nella specie del riesame, ha accertato che 
l'opera autorizzata dalla pubblica amministrazione non è conforme alle 
previsioni legislative e degli strumenti urbanistici deve configurare il reato 
di cui all'art. 44 del DPR n. 380/2001, indipendentemente dall'esistenza delle 
condizioni per procedere alla disapplicazione degli atti amministrativi 
illegittimi.
Anche le ulteriori censure del ricorrente sono in fondate.
E' appena il caso di ricordare che in materia di misure cautelari reali il 
giudice del riesame deve verificare solo la sussumibilità del fatto nell'ipotesi 
di reato oggetto di indagine, secondo le prospettazioni della pubblica accusa, 
sia pur tenendo conto delle deduzioni difensive dell'indagato, mentre è escluso 
l'accertamento della esistenza dei gravi indizi di colpevolezza. (cfr. sez. un. 
n. 23 del 1997, Bassi ed altri, RV 206657 e giurisprudenza successiva conforme).
Va ancora precisato in punto di diritto che l'interpretazione degli strumenti 
urbanistici, con riferimento alla classificazione dell'area di cui si tratta, 
costituisce questione di fatto non censurabile in sede di legittimità e, 
peraltro, deve necessariamente formare oggetto di compiuta valutazione nella 
sede di merito, afferendo all'accertamento della colpevolezza dell'imputato.
Orbene, l'ordinanza, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, ha 
rilevato che gli immobili in corso di edificazione non ricadono in area 
urbanizzata, sicché nel caso in esame non trova applicazione l'art. 5, comma 4, 
della legge regionale n. 24 del 1998, che esonera dall'obbligo di osservare le 
prescrizioni contenute nel medesimo articolo le aree urbanizzate esistenti come 
individuate dai P.T.P. o dal P.T.P.R..
Si è osservato inoltre nell'ordinanza che l'art. 5 del PTP ribadisce che sono 
sottoposti a vincolo paesistico i territori costieri compresi in una fascia di 
trecento metri dalla linea di battigia ed ha interpretato la classificazione 
dell'area costiera nelle tre zone indicate dal ricorrente, ribadendo che 
l'edilizia consentita nelle predette tre zone è limitata al fine di 
riqualificazione dell'edilizia esistente e per dotarle di aree ad uso pubblico.
Sempre secondo l'ordinanza la possibilità di costruire edifici privati, anche se 
per uso ricettivo o alberghiero, è limitata alla zona (già urbanizzata) 
classificata dalle NTA come zona L/d, interna all'abitato di Terracina, mentre i 
manufatti in corso di costruzione sono ubicati all'esterno dell'area 
urbanizzata.
Inoltre la possibilità di apportare varianti al PRG, prevista dall'art. 27 bis 
della legge regionale, è limitata dall'obbligo di uniformarsi alle prescrizioni 
contenute nel PTP.
Si è anche osservato che, ai sensi dell'art. 7, comma 4, dell'atto della GR n. 
556 del 25.7.2007, in caso di contrasto tra le disposizioni del PTPR adottato e 
dei PTP vigenti prevalgono le disposizioni più restrittive.
In conclusione le doglianze del ricorrente hanno sostanzialmente ad oggetto 
l'interpretazione degli strumenti urbanistici e la qualificazione dell'area in 
cui è in corso l'attività edificatoria; elementi di valutazione da parte del 
giudice di merito che sono censurabili in sede di legittimità solo sotto il 
profilo del vizio di motivazione.
Tale mezzo di annullamento, però, non è deducibile in materia di misure 
cautelari reali ex art. 325 c.p.p. e, peraltro, le contestazioni riguardano in 
effetti la fondatezza dell'accusa che pub formare oggetto di compiuto 
accertamento solo nel corso del giudizio di merito.
Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.
Ai sensi dell'art. 616 c.p.p. segue la condanna del ricorrente al pagamento 
delle spese processuali.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese 
processuali.
 
Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del 3.12.2010.
DEPOSITATO IN CANCELLERIA 14 Gen. 2011
		
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