AmbienteDiritto.it - Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it
Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CORTE 
DI CASSAZIONE CIVILE, Sez. Un., 30/03/2011, Sentenza n. 7189
DIRITTO DELLE ACQUE - Concessione di derivazione per acque pubbliche - 
Riduzione del canone ex art. 18, c. 1 lett. d) L. n. 36/1994 - Giudizio sulla 
conservazione delle caratteristiche dell'acqua - Conservazione delle 
caratteristiche qualitative dell'acqua - Confronto delle caratteristiche 
dell'acqua prima e dopo l'uso - Necessità. Il giudizio sulla conservazione 
delle caratteristiche dell'acqua dopo l'uso é un giudizio comparativo tra due 
dati. Il giudizio sul livello di inquinamento, invece, é un giudizio assoluto, 
formulato sulla base dei parametri fissati dallo stesso legislatore e prescinde 
dalla verifica comparativa della possibile trasformazione qualitativa subita 
dall'acqua a conclusione del processo produttivo. Per ottenere la riduzione del 
canone concessorio, la lettera della legge non richiede che le acque di scarico 
non siano inquinate, richiede qualcosa di più e di diverso, cioè che le acque di 
scarico vengano restituite "con le medesime caratteristiche qualitative di 
quelle prelevate". Non basta dunque che le acque di scarico non siano inquinate, 
occorre anche che conservino le stesse caratteristiche organolettiche e chimiche 
che avevano prima del prelievo. Il giudizio di conservazione delle qualità 
esprime una valutazione che non si limita alla verifica della assenza di 
elementi inquinanti, ma richiede altresì, l'accertamento che non vi sia stato un 
impoverimento qualitativo, in senso globale, riferito al particolare ecosistema 
(vita dei pesci, derivazioni potabili, irrigazioni, ecc.). Pertanto, il giudizio 
di persistenza delle caratteristiche qualitative delle acque dopo la loro 
utilizzazione, deve essere effettuato confrontando le caratteristiche delle 
acque prima e dopo l'uso. (annulla con rinvio sentenza n. 41/2010 del Tribunale 
Superiore delle Acque Pubbliche, dep. il 10/03/2010). Pres. Vittoria - Est. 
Merone - Ric. Regione Lombardia. 
CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sez. Un., 30/03/2011, Sentenza n. 7189
DIRITTO DELLE ACQUE - Concessione di derivazione per acque pubbliche - 
Riduzione del canone ex art. 18, c. 1 lett. d) L. n. 36/1994 - Onere della prova 
del presupposto sul quale si basa la richiesta di riduzione del canone - Art. 
2697 c.c. Per verificare l'esistenza del presupposto richiesto dalla legge 5 
gennaio 1994, n. 36, articolo 18, comma 1, lettera d), ai fini della riduzione 
del canone per le utenze di acqua pubblica, occorrono serie analisi delle acque 
in entrata ed in uscita. L'onere della prova del presupposto sul quale si basa 
la richiesta di riduzione del canone grava sul concessionario, ai sensi 
dell'articolo 2697 c.c., trattandosi di circostanza di fatto che giova a 
quest'ultimo. (annulla con rinvio sentenza n. 41/2010 del Tribunale Superiore 
delle Acque Pubbliche, dep. il 10/03/2010). Pres. Vittoria - Est. Merone - Ric. 
Regione Lombardia. 
CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sez. Un., 30/03/2011, Sentenza n. 7189
     
www.AmbienteDiritto.it
REPUBBLICA ITALIANA 
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 
SEZIONI UNITE CIVILI 
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: 
Dott. VITTORIA Paolo                                                 
- Primo Pres.te f.f. 
Dott. TRIOLA Roberto Michele                                     
- Presidente Sezione 
Dott. MERONE Antonio                                               
- rel. Consigliere 
Dott. PICCIALLI Luigi                                                   
- Consigliere 
Dott. MASSERA Maurizio                                            
- Consigliere 
Dott. MACIOCE Luigi                                                   
- Consigliere 
Dott. PETITTI Stefano                                                  
- Consigliere 
Dott. TIRELLI Francesco                                              
- Consigliere 
Dott. BOTTA Raffaele                                                  
- Consigliere 
ha pronunciato la seguente: 
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
REGIONE LOMBARDIA, in persona dei Presidente della Giunta regionale pro-tempore, 
elettivamente 267 domiciliata in ROMA, VIA BONCOMPAGNI 71-C, presso lo studio 
dell'avvocato POMPA GIULIANO M., che la rappresenta e difende unitamente 
all'avvocato CEDERLE MARCO, per delega a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
AC. IN. S.C.A.R.L., in persona del legale rappresentante pro-tempore, 
elettivamente domiciliato in ROMA, LUNGOTEVERE MARZIO 3, presso lo studio 
dell'avvocato VAIANO DIEGO, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato 
TANZARELLA GIANCARLO, per delega a margine del controricorso;
- controricorrente -
-
avverso la sentenza n. 41/2010 del TRIBUNALE SUPERIORE, DELLE ACQUE PUBBLICHE, 
depositata il 10/03/2010;
-
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15/02/2011 dal 
Consigliere Dott. ANTONIO MERONE;
-
uditi gli Avvocati Giuliano M. POMPA, Donella RESTA per delega dell'avvocato 
Diego Vaiano;
-
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CENICCOLA 
Raffaele che ha concluso per l'accoglimento, p.q.r., del ricorso.
FATTO
La Regione Lombardia ricorre a queste SS.UU. per ottenere la cassazione della 
sentenza n. 41/2010, in data 2.12.2009, del Tribunale Superiore delle Acque 
Pubbliche, che, confermando la decisione del TRAP della Lombardia, ha accolto il 
ricorso introduttivo dei giudizio, promosso dall' Ac. In. Soc. coop. a r.l..
L' Ac. é titolare di una concessione per la derivazione dal (Omissis) di 
acque pubbliche ed ha chiesto la riduzione del 50% del canone concessorio, ai 
sensi della Legge 5 gennaio 1994, n. 36, articolo 18, comma 1, lettera d), sul 
presupposto che "restituisce le acque di scarico con le medesime caratteristiche 
qualitative di quelle prelevate".
Il TSAP ha accolto il ricorso dell'acquedotto sul rilievo che "l'appellata soc. 
Ac. in. ha provato con le certificazioni della ASL e con altra documentazione 
che le acque del (Omissis) prelevate non superavano i limiti tabellari e 
che (...) le acque di scarico erano conferite dalle imprese consorziate, per lo 
smaltimento, a collettori fognari consortili che poi operavano il recapito 
finale in corsi d'acqua superficiali, previo idoneo trattamento presso impianti 
di depurazione che ne assicuravano il rispetto dei limiti tabellari 
antinquinamento" (p. 21 della sentenza impugnata).
Conseguentemente il TSAP ha ritenuto "provata la sussistenza dei presupposti del 
diritto al dimezzamento del canone" (ivi), anche perché la Regione "non ha 
avanzato alcuna specifica contestazione sulle caratteristiche qualitative delle 
acque di scarico restituite o sul loro eventuale superamento di qualche limite 
tabellare, ma si é limitata a contestazioni generiche su punti del resto 
irrilevanti, come ad esempio la mancata prova di caratteristiche qualitative 
perfettamente identiche" (ivi).
A sostegno dell'odierno ricorso, la Regione Lombardia prospetta tre motivi di 
cassazione. L' Ac. resiste con controricorso, illustrato anche con memoria 
depositata ai sensi dell'articolo 378 c.p.c..
DIRITTO
Il ricorso appare fondato in relazione ai primi due motivi, assorbito il terzo.
La Regione Lombardia, con i primi due motivi di ricorso, denuncia la violazione 
della Legge n. 36 del 1994, articolo 18, comma 1, lettera d) (vigente ratione 
temporis), nonché vizi di motivazione e violazione dell'articolo 2697 c.c. (rectius 
2967 c.c.) censurando le due rationes decidendi sulle quali si regge la 
sentenza impugnata: sussistenza del presupposto necessario per beneficiare della 
riduzione del canone e omessa contestazione della sussistenza di tale 
presupposto, sia nella fase amministrativa che in quella contenziosa.
L'ente ricorrente eccepisce
(1 motivo) che il TSAP invece di basare la propria decisione sull'accertamento 
che le acque di scarico avessero le medesime caratteristiche qualitative di 
quelle prelevate, ha, erroneamente, riconosciuto il diritto alla riduzione del 
canone sulla base del diverso presupposto che le acque di scarico risultavano 
sottoposte al trattamento di depurazione, tale da non far superare i limiti 
tabellari previsti;
(2 motivo) che la regione ha contestato specificamente la rilevanza della 
documentazione prodotta dall' Ac., proprio perché intesa a dimostrare che le 
acque restituite non erano inquinate e non che avessero conservato le originarie 
caratteristiche qualitative e che, quindi, erroneamente, il TSAP ha affermato 
che la regione non abbia mai contestato specificamente la sussistenza del 
presupposto della non alterazione delle qualità dell'acqua.
Il secondo motivo, che nell'ordine logico va esaminato per primo, é fondato. 
Risulta provato per tabulas che l'ente regione ha sempre contestato, in 
giudizio, la sussistenza del requisito della conservazione delle caratteristiche 
qualitative dell'acqua. Infatti, a p. 5 della sentenza impugnata, il TSAP 
riassume i motivi di appello evidenziando che secondo la regione "il presupposto 
del diritto é l'identità sia qualitativa che quantitativa fra acque in entrata e 
quelle in uscita. ... Per verificare poi l'esistenza del presupposto occorrono 
serie analisi delle acque in entrata ed in uscita, che nella specie non sono 
state fatte. La documentazione prodotta attesta solo che le acque restituite non 
erano inquinate e quindi era al più sufficiente ai sensi del Regio Decreto 11 
dicembre 1933, n. 1775, articolo 35, ma non ai sensi della Legge n. 36 del 1994, 
articolo 18". In altri termini, la regione contesta la utilità della 
documentazione prodotta perché poteva soltanto provare che le acque restituite 
non erano inquinate, ma non che avessero conservato le caratteristiche 
qualitative anteriori al prelievo. Da ciò si evince chiaramente che con 
l'appello é stato contestata la sussistenza del requisito della conservazione 
delle caratteristiche dell'acqua. Né il giudice di appello ha ritenuto che la 
questione fosse nuova.
Il rilievo del TSAP, secondo il quale anche nella fase amministrativa il 
presupposto in questione non sarebbe stato contestato dalla regione appare 
irrilevante, trattandosi nella specie di giudizio di accertamento e non di un 
giudizio impugnatorio di un provvedimento di diniego della riduzione richiesta .
Giova poi rilevare che, ai sensi dell'articolo 2967 c.c. (rectius 2967 
c.c.) la prova del presupposto sul quale si basa la richiesta di riduzione del 
canone, trattandosi di circostanza di fatto che giova all' Ac. , doveva essere 
fornita da quest'ultimo ente e non dalla regione. Ne deriva che la regione non 
doveva formulare nessuna specifica contestazione sulla non corrispondenza delle 
caratteristiche dell'acqua prima e dopo la lavorazione, potendo limitarsi ad 
attendere che il concessionario fornisse la prova del mantenimento dello 
caratteristiche, per poi eventualmente contestare la rilevanza (come ha fatto) 
delle prove fornite.
Pertanto, cade la prima (in ordine logico) ratio decidendi della sentenza 
impugnata.
Anche la seconda (sempre in ordine logico) ratio, però, non regge alla 
critica mossa con il primo motivo di ricorso.
Va rilevato, preliminarmente, che, aderendo alla giurisprudenza di questa Corte 
(Cass. 16796/2007), la difesa della regione ha espressamente rinunciato alla 
tesi della non immediata applicabilità della Legge n. 36 del 1994, articolo 18, 
comma 1, lettera d), in mancanza di regolamento (v. p. 11 dell'odierno ricorso).
Quanto alla corretta interpretazione della Legge n. 36 del 1994, articolo 18, 
comma 1, lettera d), il Collegio non condivide le conclusioni attinte per via 
sistematica dal TSAP, nella non semplice soluzione della questione sub indice.
Il giudice delle acque, sostanzialmente, giunge alla conclusione che le acque di 
scarico quando vengono sottoposte a depurazione non possono non conservare le 
caratteristiche qualitative di quelle prelevate e, addirittura, possono essere 
migliori.
Certamente le acque sottoposte al processo di depurazione possono essere 
migliori di quelle prelevate, ma possono essere anche peggiori dal punto di 
vista qualitativo. Dal momento del prelievo a quello della restituzione 
dell'acqua dopo l'uso non c'é soltanto la fase della depurazione, che certamente 
non fa danno (almeno non dovrebbe), c'é anche la fase dell'uso industriale 
dell'acqua, in relazione alla quale occorre garantire la conservazione delle 
"caratteristiche qualitative". Il giudizio sulla conservazione delle 
caratteristiche dell'acqua dopo l'uso é un giudizio comparativo tra due dati. Il 
giudizio sul livello di inquinamento, invece, é un giudizio assoluto, formulato 
sulla base dei parametri fissati dallo stesso legislatore e prescinde dalla 
verifica comparativa della possibile trasformazione qualitativa subita 
dall'acqua a conclusione del processo produttivo. Per ottenere la riduzione del 
canone concessorio, la lettera della legge non richiede che le acque di scarico 
non siano inquinate, richiede qualcosa di più e di diverso: richiede che le 
acque: di scarico vengano restituite "con le medesime caratteristiche 
qualitative di quelle prelevate". Non basta dunque che le acque di scarico non 
siano inquinate, occorre anche che conservino le stesse caratteristiche 
organolettiche e chimiche che avevano prima del prelievo. Il giudizio di 
conservazione delle qualità esprime una valutazione che non si limita alla 
verifica della assenza di elementi inquinanti: richiede l'accertamento che non 
vi sia stato un impoverimento qualitativo, In senso globale, riferito al 
particolare ecosistema (vita dei pesci, derivazioni potabili, irrigazioni, 
ecc.).
Se il legislatore avesse voluto concedere il premio della riduzione del canone 
sulla base soltanto della verifica del non inquinamento delle acque restituite, 
non avrebbe richiesto una verifica di più ampio respiro.
Il non equivoco tenore letterale della norma di riferimento preclude il ricorso 
a forme di interpretazione sistematica (ex multis, Cass. 5128/2001), 
effettuata peraltro sulla base di testi legislativi di epoca differente. Tanto 
più che in materia ambientale gli interventi legislativi seguono una progressiva 
linea di ampliamento della tutela, anche sulla base delle direttive comunitarie. 
Con la conseguenza che diventa difficile, a parte le evidenti differenze 
terminologiche, ricostruire un sistema sincronico, sulla base di norme ispirate 
ad esigenze storicamente non ravvicinate.
Con il terzo motivo, la ricorrente prospetta una censura subordinata al mancato 
accoglimento delle precedenti (abolizione della riduzione del canone a partire 
dal 2007), per cui la si deve ritenere assorbita.
Conseguentemente, il ricorso deve essere accolto in relazione ai primi due 
motivi di ricorso, assorbito il terzo. La sentenza impugnata deve essere cassata 
con rinvio della causa al TSAP per la rinnovazione del giudizio di merito 
tenendo conto del principio di diritto affermato, in base ai quale il giudizio 
di persistenza delle caratteristiche qualitative delle acque dopo la loro 
utilizzazione, deve essere effettuato confrontando le caratteristiche delle 
acque prima e dopo l'uso.
Il giudice del rinvio provvederà a liquidare anche le spese del giudizio di 
legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie i primi due motivi di ricorso, assorbito il terzo, cassa la 
sentenza impugnata e rinvia la causa al Tribunale Superiore delle Acque 
Pubbliche, in diversa composizione, anche per le spese.
		
 Vedi 
altre: 
SENTENZE PER ESTESO
Ritorna alle
  MASSIME della sentenza  -  Approfondisci 
con altre massime:
GIURISPRUDENZA  -  
Ricerca in: 
LEGISLAZIONE  
-  Ricerca 
in:
DOTTRINA
www.AmbienteDiritto.it
AmbienteDiritto.it - Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it
Testata 
registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006  - ISSN 
1974-9562