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CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. IV, 12/05/2011, Sentenza C-115/09



VIA - Valutazione dell’impatto ambientale - Convenzione di
Aarhus - Accesso alla giustizia - Organizzazioni non governative per la protezione dell’ambiente - Direttiva 85/337/CEE - Direttiva 2003/35/CE - Dir. 92/43/CE - Dir. 2006/105/CE. L’art. 10 bis della direttiva del Consiglio 27 giugno 1985, 85/337/CEE, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, come modificata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 26 maggio 2003, 2003/35/CE, osta ad una normativa che non riconosca ad un’organizzazione non governativa, che opera per la protezione dell’ambiente, di cui all’art. 1, n. 2, di tale direttiva, la possibilità di far valere in giudizio, nell’ambito di un ricorso promosso contro una decisione di autorizzazione di progetti «che possono avere un impatto ambientale importante» ai sensi dell’art. 1, n. 1, della direttiva 85/337, come modificata dalla direttiva 2003/35, la violazione di una norma derivante dal diritto dell’Unione ed avente l’obiettivo della tutela dell’ambiente, per il fatto che tale disposizione protegge esclusivamente gli interessi della collettività e non quelli dei singoli. Siffatta organizzazione non governativa può dedurre dall’art. 10 bis, terzo comma, ultima frase, della direttiva 85/337, come modificata dalla direttiva 2003/35, il diritto di far valere in giudizio, nel contesto di un ricorso promosso avverso una decisione di autorizzazione di progetti «che possono avere un impatto ambientale importante» ai sensi dell’art. 1, n. 1, della direttiva 85/337, come modificata, la violazione delle norme del diritto nazionale derivanti dall’art. 6 della direttiva del Consiglio 21 maggio 1992, 92/43/CE, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, come modificata dalla direttiva del Consiglio 20 novembre 2006, 2006/105/CE, mentre il diritto processuale nazionale non lo consente in quanto le norme invocate tutelano soltanto gli interessi della collettività e non quelli dei singoli. domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dall’Oberverwaltungsgericht für das Land Nordrhein-Westfalen (Germania) nella causa Bund für Umwelt und Naturschutz Deutschland, Landesverband Nordrhein-Westfalen eV c. Bezirksregierung Arnsberg. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. IV, 12/05/2011, Sentenza C-115/09


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CORTE DI GIUSTIZIA

delle Comunità Europee,


SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)

12 maggio 2011

«Direttiva 85/337/CEE - Valutazione dell’impatto ambientale - Convenzione di Aarhus - Direttiva 2003/35/CE - Accesso alla giustizia - Organizzazioni non governative per la protezione dell’ambiente»



Nel procedimento C-115/09,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dall’Oberverwaltungsgericht für das Land Nordrhein-Westfalen (Germania) con decisione 5 marzo 2009, pervenuta in cancelleria il 27 marzo 2009, nella causa

Bund für Umwelt und Naturschutz Deutschland, Landesverband Nordrhein-Westfalen eV

contro

Bezirksregierung Arnsberg,

con l’intervento di:

Trianel Kohlekraftwerk Lünen GmbH & Co. KG,


LA CORTE (Quarta Sezione),

composta dal sig. J.-C. Bonichot (relatore), presidente di sezione, dai sigg. K. Schiemann, A. Arabadjiev, L. Bay Larsen e dalla sig.ra C. Toader, giudici,

avvocato generale: sig.ra E. Sharpston

cancelliere: sig.ra C. Strömholm, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 10 giugno 2010,

considerate le osservazioni presentate:

- per il Bund für Umwelt und Naturschutz Deutschland, Landesverband Nordrhein-Westfalen eV, dagli avv.ti D. Teßmer e B.W. Wegener, Rechtsanwälte;

- per la Bezirksregierung Arnsberg, dal sig. D. Bremecker, in qualità di agente;

- per la Trianel Kohlekraftwerk Lünen GmbH & Co. KG, dagli avv.ti C. Riese e U. Karpenstein, Rechtsanwälte;

- per il governo tedesco, dai sigg. M. Lumma e B. Klein, in qualità di agenti;

- per il governo ellenico, dal sig. G. Karipsiadis, in qualità di agente;

- per il governo italiano, dalla sig.ra G. Palmieri, in qualità di agente, assistita dalla sig.ra M. Russo, avvocato dello Stato;

- per la Commissione europea, dai sigg. J.-B. Laignelot e G. Wilms, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 16 dicembre 2010,

ha pronunciato la seguente

Sentenza


1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione della direttiva del Consiglio 27 giugno 1985, 85/337/CEE, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (GU L 175, pag. 40), come modificata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 26 maggio 2003, 2003/35/CE (GU L 156, pag. 17; in prosieguo: la «direttiva 85/337»).

2 Tale domanda è stata presentata nel contesto di una controversia che vede il Bund für Umwelt und Naturschutz Deutschland, Landesverband Nordrhein-Westfalen eV (Federazione per l’ambiente e la protezione della natura, associazione del Land Renania del Nord-Vestfalia; in prosieguo: la «Federazione per l’ambiente») contrapposto alla Bezirksregierung Arnsberg (amministrazione distrettuale di Arnsberg), in merito all’autorizzazione che quest’ultima ha concesso alla Trianel Kohlekraftwerk GmbH & Co. KG (in prosieguo: la «Trianel») ai fini della costruzione e della gestione di una centrale elettrica alimentata a carbone nel sito di Lünen.

Contesto normativo

Diritto internazionale

3 La Convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale, detta «Convenzione di Aarhus», è stata sottoscritta il 25 giugno 1998 e approvata a nome della Comunità europea con decisione del Consiglio 17 febbraio 2005, 2005/370/CE, relativa alla conclusione, a nome della Comunità europea, della Convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale (GU L 124, pag. 1).

4 L’art. 9 di detta Convenzione così prevede:

«(…)

2. Nel quadro della propria legislazione nazionale, ciascuna Parte provvede affinché i membri del pubblico interessato

a) che vantino un interesse sufficiente

o in alternativa

b) che facciano valere la violazione di un diritto, nei casi in cui il diritto processuale amministrativo di detta Parte esiga tale presupposto,

abbiano accesso a una procedura di ricorso dinanzi a un organo giurisdizionale e/o ad un altro organo indipendente ed imparziale istituito dalla legge, per contestare la legittimità sostanziale o procedurale di decisioni, atti od omissioni soggetti alle disposizioni dell’articolo 6 e, nei casi previsti dal diritto nazionale e fatto salvo il paragrafo 3, ad altre pertinenti disposizioni della presente convenzione.

Le nozioni di “interesse sufficiente” e di “violazione di un diritto” sono determinate secondo il diritto nazionale, coerentemente con l’obiettivo di offrire al pubblico interessato un ampio accesso alla giustizia nell’ambito della presente convenzione. A tal fine si ritiene sufficiente, ai sensi della lettera a), l’interesse di qualsiasi organizzazione non governativa in possesso dei requisiti di cui all’articolo 2, paragrafo 5. Tali organizzazioni sono altresì considerate titolari di diritti suscettibili di violazione ai sensi della lettera b).

Le disposizioni del presente paragrafo non escludono la possibilità di esperire un ricorso preliminare dinanzi ad un’autorità amministrativa, né dispensano dall’obbligo di esaurire le vie di ricorso amministrativo prima di avviare un procedimento giudiziario, qualora tale obbligo sia previsto dal diritto nazionale.

3. In aggiunta, e ferme restando le procedure di ricorso di cui ai paragrafi 1 e 2, ciascuna Parte provvede affinché i membri del pubblico che soddisfino i criteri eventualmente previsti dal diritto nazionale possano promuovere procedimenti di natura amministrativa o giurisdizionale per impugnare gli atti o contestare le omissioni dei privati o delle pubbliche autorità compiuti in violazione del diritto ambientale nazionale.

4. Fatto salvo il paragrafo 1, le procedure di cui ai paragrafi 1, 2 e 3 devono offrire rimedi adeguati ed effettivi, ivi compresi, eventualmente, provvedimenti ingiuntivi, e devono essere obiettive, eque, rapide e non eccessivamente onerose. Le decisioni prese in virtù del presente articolo sono emanate o registrate per iscritto. Le decisioni degli organi giurisdizionali e, ove possibile, degli altri organi devono essere accessibili al pubblico.

(…)».

Diritto dell’Unione

La direttiva 2003/35

5 Il quinto ‘considerando’ della direttiva 2003/35 dichiara che la normativa comunitaria deve essere correttamente allineata alla Convenzione di Aarhus in vista della ratifica da parte della Comunità.

6 Il nono ‘considerando’ della direttiva 2003/35 precisa quanto segue:

«L’articolo 9, paragrafi 2 e 4 della convenzione di Århus, contiene norme sull’accesso alle procedure giudiziarie, o di altra natura, al fine di contestare la legittimità sostanziale o procedurale di decisioni, atti od omissioni soggetti alle disposizioni sulla partecipazione del pubblico contenute nell’articolo 6 della convenzione».

7 L’undicesimo ‘considerando’ della direttiva 2003/35 dichiara che la direttiva 85/337 deve essere modificata per garantirne la totale compatibilità con le disposizioni della Convenzione di Aarhus e, segnatamente, con gli artt. 6 e 9, nn. 2 e 4.

8 L’art. 1 della direttiva 2003/35 reca il testo seguente:

«Obiettivo della presente direttiva è contribuire all’attuazione degli obblighi derivanti dalla convenzione di Århus, in particolare:

(…)

b) migliorando la partecipazione del pubblico e prevedendo disposizioni sull’accesso alla giustizia nel quadro delle direttive 85/337/CEE e 96/61/CE».

La direttiva 85/337

9 L’art. 1, n. 1, della direttiva 85/337 così prevede:

«La presente direttiva si applica alla valutazione dell’impatto ambientale dei progetti pubblici e privati che possono avere un impatto ambientale importante».

10 L’art. 1, n. 2, della direttiva 85/337 enuncia le definizioni, aggiunte dalla direttiva 2003/35, delle nozioni di «pubblico» e di «pubblico interessato»:

«Ai sensi della presente direttiva si intende per:

(…)

“pubblico”: una o più persone fisiche o giuridiche nonché, ai sensi della legislazione o prassi nazionale, le associazioni, le organizzazioni o i gruppi di tali persone;

“pubblico interessato”: pubblico che subisce o può subire gli effetti delle procedure decisionali in materia ambientale di cui all’articolo 2, paragrafo 2, o che ha un interesse in tali procedure; ai fini della presente definizione le organizzazioni non governative che promuovono la protezione dell’ambiente e che soddisfano i requisiti di diritto nazionale si considerano portatrici di un siffatto interesse.

(…)».

11 Ai sensi dell’art. 10 bis della direttiva 85/337, parimenti aggiunto dalla direttiva 2003/35:

«Gli Stati membri provvedono, in conformità del proprio ordinamento giuridico nazionale, affinché i membri del pubblico interessato:

a) che vantino un interesse sufficiente o, in alternativa,

b) che facciano valere la violazione di un diritto, nei casi in cui il diritto processuale amministrativo di uno Stato membro esiga tale presupposto,

abbiano accesso a una procedura di ricorso dinanzi ad un organo giurisdizionale o ad un altro organo indipendente ed imparziale istituito dalla legge, per contestare la legittimità sostanziale o procedurale di decisioni, atti od omissioni soggetti alle disposizioni sulla partecipazione del pubblico stabilite dalla presente direttiva.

(…)

Gli Stati membri determinano ciò che costituisce interesse sufficiente e violazione di un diritto, compatibilmente con l’obiettivo di offrire al pubblico interessato un ampio accesso alla giustizia. A tal fine, l’interesse di qualsiasi organizzazione non governativa ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, è considerato sufficiente ai fini della lettera a) del presente articolo. Si considera inoltre che tali organizzazioni siano titolari di diritti suscettibili di essere lesi ai fini della lettera b) del presente articolo.

(…)».

La direttiva 92/43/CE

12 L’art. 6, n. 3, della direttiva del Consiglio 21 maggio 1992, 92/43/CEE, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (GU L 206, pag. 7), come modificata dalla direttiva del Consiglio 20 novembre 2006, 2006/105/CE (GU L 363, pag. 368; in prosieguo: la «direttiva “habitat”»), contempla le seguenti disposizioni:

«Qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di una opportuna valutazione dell’incidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo. Alla luce delle conclusioni della valutazione dell’incidenza sul sito e fatto salvo il paragrafo 4, le autorità nazionali competenti danno il loro accordo su tale piano o progetto soltanto dopo aver avuto la certezza che esso non pregiudicherà l’integrità del sito in causa e, se del caso, previo parere dell’opinione pubblica».

Diritto nazionale

13 L’art. 42 della Verwaltungsgerichtsordnung (codice di procedura amministrativa, BGBl. 1991 I, pag. 686; in prosieguo: la «VwGO») precisa nei seguenti termini le condizioni di ricevibilità del ricorso in sede contenziosa:

«1. Possono essere chiesti con ricorso l’annullamento di un atto amministrativo (ricorso di annullamento), o la condanna ad emanare un atto amministrativo di cui sia stata rifiutata od omessa l’adozione (azione di adempimento).

2. Se la legge non dispone diversamente, l’azione è ammissibile soltanto qualora il ricorrente faccia valere di essere stato leso nei suoi diritti dall’atto amministrativo o dalla denegata o omessa emanazione di quest’ultimo».

14 L’art. 113, n. 1, prima frase, del VwGO, prevede altresì:

«1. Un atto amministrativo illegittimo e la lesione ad esso imputabile dei diritti del ricorrente comportano l’annullamento ad opera del giudice dell’atto amministrativo e dell’eventuale decisione relativa all’opposizione avverso l’annullamento».

15 L’art. 2, n. 1, prima frase, della legge sulla valutazione dell’impatto ambientale (Gesetz über die Umweltverträglichkeitsprüfung, BGBl. 2005 I, pag. 1757; in prosieguo: l’«UVPG») dispone che la valutazione dell’impatto ambientale rientra nell’ambito delle procedure decisionali amministrative da seguire per l’adozione delle decisioni sull’ammissibilità dei progetti.

16 In forza dell’art. 2, n. 3, punto 1, dell’UPVG, l’autorizzazione, la decisione sull’approvazione dei piani e le altre decisioni amministrative in merito all’ammissibilità dei progetti, adottate nell’ambito di un procedimento amministrativo, ad eccezione delle procedure di natura dichiarativa, costituiscono «decisioni» ai sensi del n. 1, prima frase.

17 L’art. 1, n. 1, punto 1, lett. a), della legge recante disposizioni complementari relative ai ricorsi in materia ambientale ai sensi della direttiva 2003/35/CE (Umwelt-Rechtsbehelfsgesetz, BGBl. 2006 I, pag. 2816; in prosieguo: l’«UmwRG») precisa tra l’altro che detta legge si applica ai ricorsi proposti contro le «decisioni», ai sensi dell’art. 2, n. 3, dell’UPVG, in merito all’approvazione di progetti per i quali può sussistere, in forza dell’UPVG, l’obbligo di effettuare una valutazione dell’impatto ambientale.

18 L’art. 2, n. 1, punto 1, dell’UmwRG prevede che un’associazione nazionale o estera, riconosciuta ai sensi dell’art. 3 della stessa legge, possa proporre ricorsi avverso una decisione, ovvero avverso la sua mancata adozione, secondo le modalità previste dal VwGO, senza dover invocare la violazione dei propri diritti, qualora l’associazione faccia valere che la decisione, ovvero la sua mancata adozione, risulta in contrasto con le norme «preposte a tutela dell’ambiente, che conferiscono diritti ai singoli e che possono essere rilevanti ai fini della decisione».

19 Peraltro, l’art. 2, n. 5, prima frase, punto 1, dell’UmwRG precisa che siffatti ricorsi sono fondati qualora la decisione impugnata violi disposizioni «preposte alla tutela dell’ambiente, che conferiscono diritti ai singoli e rilevanti ai fini della decisione», e la violazione «investa interessi relativi alla tutela ambientale, rientranti tra gli obiettivi fissati nel suo statuto, che l’associazione si prefigge di conseguire».

20 L’art. 5, n. 1, prima frase, punto 2, della legge federale sulla protezione dagli effetti nocivi dell’inquinamento atmosferico, acustico, da vibrazioni e da fenomeni analoghi sull’ambiente - legge sulla protezione dall’inquinamento (Bundes-Immissionsschutzgesetz, BGBl. 2002 I, pag. 3830; in prosieguo: il «BImSchG») dispone, segnatamente, che gli impianti soggetti ad autorizzazione devono essere costruiti e gestiti in modo da assicurare, in vista di un elevato livello di protezione della «totalità dell’ambiente», la prevenzione contro gli impatti nocivi sull’ambiente, nonché gli altri rischi, seri inconvenienti e gravi danni.

21 L’art. 8, n. 1, prima frase, del BImSchG prevede che l’autorizzazione possa essere rilasciata, su domanda, ai fini della costruzione di un impianto o di una parte di impianto, o per la costruzione e il funzionamento di una parte di impianto qualora esista un interesse legittimo al rilascio di un’autorizzazione parziale, se ricorrono le condizioni necessarie per quanto riguarda l’oggetto dell’autorizzazione parziale richiesta, e se ad una valutazione provvisoria risulta che alla costruzione e al funzionamento dell’insieme dell’impianto dal punto di vista delle condizioni di autorizzazione non si oppone nessun ostacolo a priori insormontabile.

22 L’art. 9, n. 1, del BImSchG dispone che, su domanda, può essere emessa una decisione preliminare su talune condizioni relative all’autorizzazione, oltre che sul sito dell’impianto, ove possano essere sufficientemente valutati gli effetti del progettato impianto e ove esista un interesse legittimo al rilascio della decisione preliminare.

23 L’art. 61 della legge sulla protezione della natura e sulla preservazione del paesaggio (Bundesnaturschutzgesetz, BGBl. 2002 I, pag. 1193) precisa quanto segue:

«1. Un’associazione riconosciuta (...), indipendentemente dal fatto che sia stata lesa nei propri diritti, può esperire ricorsi secondo le modalità previste dalla legge recante organizzazione del contenzioso amministrativo avverso:

1) esoneri da divieti e prescrizioni posti a tutela di riserve naturali, parchi nazionali e altre aree protette nell’ambito dell’art. 33, n. 2, nonché

2) decisioni di approvazione dei piani relative a progetti connessi a interventi sull’ambiente naturale o sul paesaggio, ovvero permessi in materia di pianificazione del territorio, nella misura in cui sia prevista la partecipazione del pubblico.

(…)

2. I ricorsi di cui al n. 1 sono considerati ammissibili solo qualora:

1) l’associazione faccia valere che l’emanazione di un atto amministrativo citato al n. 1, prima frase, è contraria alle disposizioni di tale legge, alle norme che sono state emanate o sono vigenti in esecuzione o nell’ambito di tale legge, oppure di altre disposizioni che devono essere osservate ai fini dell’emanazione di un atto amministrativo e sono dirette, quantomeno, anche a tutelare gli interessi della protezione della natura e della conservazione dei paesaggi;

2) sia compromesso l’ambito di attività risultante dallo statuto dell’associazione, nella misura in cui l’atto di riconoscimento vi faccia riferimento (...)».

Fatti e questioni pregiudiziali

24 La Trianel, interveniente nella causa principale, progetta la costruzione e la gestione di una centrale elettrica alimentata a carbone a Lünen. La messa in servizio di detta centrale, caratterizzata da una potenza di combustione calorifica che raggiunge i 1 705 megawatt e da un rendimento elettrico netto di 750 megawatt, è prevista per il 2012. Nel raggio di 8 chilometri intorno al sito, si trovano cinque zone speciali di conservazione ai sensi della direttiva «habitat».

25 Nell’ambito della valutazione dell’impatto ambientale di tale progetto, il 6 maggio 2008 la Bezirksregierung Arnsberg (amministrazione distrettuale di Arnsberg), convenuta nella causa principale, ha rilasciato alla Trianel un parere preliminare e un’autorizzazione parziale per il progetto. Nel parere preliminare si constatava che il progetto non dava adito ad alcuna riserva sotto il profilo giuridico.

26 La Federazione per l’ambiente ha proposto il 16 giugno 2008 un ricorso ai fini dell’annullamento dei detti atti dinanzi all’Oberverwaltungsgericht für das Land Nordrhein-Westfalen. Essa invoca segnatamente la violazione delle disposizioni recanti recepimento della direttiva «habitat» e, in particolare, del suo art. 6.

27 Il giudice del rinvio considera che tali atti sono stati adottati violando l’art. 6, n. 3, della direttiva «habitat», dato che la valutazione dell’impatto ambientale del progetto di cui trattasi non aveva consentito di dimostrare che quest’ultimo non potesse pregiudicare in modo significativo le zone speciali di conservazione situate nelle vicinanze.

28 Il giudice del rinvio ritiene che, in base alle norme del diritto nazionale, un’associazione per la tutela dell’ambiente non possa far valere la violazione di disposizioni del diritto per la protezione delle acque e della natura, nonché il principio di precauzione sancito dall’art. 5, n. 1, prima frase, punto 2, del BImSchG, in quanto dette disposizioni non conferiscono diritti ai singoli, ai sensi degli artt. 2, nn. 1, punto 1, e 5, prima frase, punto 1, dell’UmwRG.

29 Egli precisa che il diritto a proporre ricorso conferito alle organizzazioni non governative corrisponde pertanto al regime generale dei ricorsi di annullamento previsto dal diritto processuale amministrativo, segnatamente agli artt. 42, n. 2, e 113, n. 1, prima frase, della VwGO, i quali prevedono che un ricorso giurisdizionale avverso un atto amministrativo sia ricevibile soltanto se tale atto pregiudica i diritti del ricorrente e, quindi, i suoi diritti pubblici soggettivi.

30 Egli aggiunge che, per stabilire se una disposizione di diritto nazionale protegga diritti individuali, il criterio decisivo consiste nel valutare in quale misura l’interesse o il diritto protetto, il tipo di violazione di tale diritto e la cerchia di persone tutelate siano sufficientemente determinati e circoscritti dalla disposizione considerata.

31 Il giudice del rinvio ritiene al riguardo che, nel settore del diritto della protezione dall’inquinamento, l’art. 5, n. 1, prima frase, punto 2, del BImSchG, come anche del resto le disposizioni in materia di diritto della protezione delle acque e della natura, riguardano anzitutto la collettività e non hanno ad oggetto la tutela dei diritti individuali.

32 Il giudice del rinvio constata, inoltre, che il progetto di cui trattasi non rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 61 della legge sulla protezione della natura e sulla preservazione dei paesaggi, che consente in taluni casi di derogare alla detta condizione di ricevibilità per i ricorsi promossi dalle associazioni riconosciute nel settore dell’ambiente.

33 Considerando che siffatta restrizione dell’accesso alla giustizia potrebbe tuttavia pregiudicare l’effetto utile della direttiva 85/337, il giudice del rinvio si chiede se il ricorso della Federazione per la tutela dell’ambiente non debba essere accolto sul fondamento dell’art. 10 bis di detta direttiva.

34 In tali circostanze, l’Oberverwaltungsgericht für das Land Nordrhein-Westfalen ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se l’art. 10 bis della direttiva 85/337 (…) prescriva che le organizzazioni non governative che intendono proporre ricorso dinanzi ai giudici di uno Stato membro il cui diritto processuale amministrativo esige che si faccia valere la violazione di un diritto possano invocare la violazione di qualsiasi disposizione in materia di ambiente rilevante ai fini dell’approvazione di un progetto, comprese le disposizioni che sono unicamente destinate a tutelare gli interessi generali e non, almeno in parte, i beni giuridici dei singoli.

2) Salvo il caso in cui sia data soluzione incondizionatamente affermativa alla prima questione:

se l’art. 10 bis della direttiva 85/337 (…) prescriva che le organizzazioni non governative che intendono proporre ricorso dinanzi ai giudici di uno Stato membro il cui diritto processuale amministrativo esige che si faccia valere la violazione di un diritto possano invocare la violazione di disposizioni in materia di ambiente rilevanti ai fini dell’approvazione di un progetto che si fondano direttamente sul diritto comunitario o che attuano nel diritto interno le disposizioni comunitarie in materia di ambiente, comprese le disposizioni che sono unicamente destinate a tutelare gli interessi generali e non, almeno in parte, i beni giuridici dei singoli.

a) In caso di soluzione, in linea di principio, affermativa alla seconda questione:

se le norme comunitarie in materia ambientale debbano soddisfare determinate condizioni sostanziali al fine di poter costituire il fondamento giuridico di un ricorso.

b) In caso di soluzione affermativa alla seconda questione, sub a):

si pone la questione circa le condizioni sostanziali di cui trattasi (ad esempio, effetto diretto, scopo di tutela o finalità della legislazione).

3) In caso di soluzione affermativa alla prima o seconda questione:

se la direttiva riconosca direttamente alle organizzazioni non governative un diritto di accedere alla giustizia, che va oltre quanto stabilito dalle disposizioni del diritto nazionale».

Sulle questioni pregiudiziali

Sulla prima e sulla seconda questione pregiudiziale

35 Con le sue due prime questioni, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se l’art. 10 bis della direttiva 85/337 osti ad una normativa che non riconosce alle organizzazioni non governative che operano a favore della tutela dell’ambiente previste all’art. 1, n. 2, della direttiva 85/337 (in prosieguo: le «associazioni a tutela dell’ambiente») la possibilità di far valere in giudizio, nel contesto di un ricorso avverso una decisione di autorizzazione di progetti che possono avere un «impatto ambientale importante» ai sensi dell’art. 1, n. 1, della direttiva 85/337, la violazione di una norma che protegge soltanto gli interessi della collettività e non quelli dei singoli. Il giudice del rinvio chiede anche alla Corte se detto art. 10 bis della direttiva 85/337 osti a siffatta legislazione in via generale o soltanto nei limiti in cui essa non consenta a tale organizzazione di far valere in giustizia specifiche disposizioni, d’origine comunitaria o esclusivamente nazionale, del diritto dell’ambiente.

36 Dalla decisione di rinvio risulta che la questione si giustifica con la circostanza che la normativa nazionale applicabile subordina la ricevibilità di un’azione come quella avviata dalla ricorrente nella causa principale alla condizione che il ricorrente faccia valere che la decisione amministrativa impugnata pregiudica un diritto individuale che può, secondo il diritto nazionale, essere qualificato come diritto pubblico soggettivo.

37 Occorre constatare preliminarmente che l’art. 10 bis, primo comma, della direttiva 85/337 prevede che le decisioni, gli atti o le omissioni contemplati dal detto articolo debbano poter costituire oggetto di ricorso giurisdizionale per «contestare la legittimità sostanziale o procedurale» e senza limitare in nessun modo i mezzi che possono essere invocati a sostegno di siffatto ricorso.

38 Con riferimento alle condizioni di ricevibilità del ricorso, detta disposizione contempla due ipotesi: la ricevibilità di un ricorso può essere subordinata ad un «interesse sufficiente» oppure al presupposto che il ricorrente faccia valere la «violazione di un diritto», a seconda che la normativa nazionale si riferisca all’una o all’altra di dette condizioni.

39 L’art. 10 bis, terzo comma, prima frase, della direttiva 85/337 precisa poi che gli Stati membri sono tenuti a stabilire cosa costituisca violazione di un diritto, in conformità con l’obiettivo diretto ad attribuire al pubblico interessato «un ampio accesso alla giustizia».

40 Con riferimento ai ricorsi proposti dalle associazioni a tutela dell’ambiente, l’art. 10 bis, terzo comma, seconda e terza frase, della direttiva 85/337 aggiunge che a tale scopo si deve ritenere che esse abbiano sufficiente interesse oppure siano portatrici di diritti passibili di violazione a seconda che la normativa nazionale si riferisca all’uno o all’altro di tali presupposti di ricevibilità.

41 Tali diverse disposizioni devono essere interpretate alla luce e tenendo conto degli obiettivi della Convenzione di Aarhus alla quale, come risulta dal quinto ‘considerando’ della direttiva 2003/35, la normativa dell’Unione deve essere «correttamente allineata».

42 Ne deriva che, qualunque sia l’orientamento scelto dallo Stato membro con riferimento al criterio della ricevibilità di un ricorso, le associazioni a tutela dell’ambiente hanno, in conformità all’art. 10 bis della direttiva 85/337, diritto a proporre ricorso in sede giurisdizionale o dinanzi ad un altro organo indipendente e imparziale istituito dalla legge, allo scopo di contestare la legittimità, quanto al merito o alla procedura, delle decisioni, degli atti o delle omissioni previste dal detto articolo.

43 Occorre, infine, anche ricordare che, qualora, in assenza di disposizioni fissate in tale settore dal diritto dell’Unione, spetti all’ordinamento giuridico di ciascuno Stato membro designare i giudici competenti e disciplinare le modalità procedurali dei ricorsi diretti a garantire la salvaguardia dei diritti che i singoli vantano in forza del diritto dell’Unione, tali modalità non devono essere meno favorevoli di quelle riguardanti ricorsi analoghi di natura interna (principio di equivalenza) e non devono rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (principio di effettività).

44 Se spetta quindi agli Stati membri stabilire, qualora il loro sistema giuridico sia configurato in tal modo, quali siano i diritti la cui violazione può dar luogo a un ricorso in materia d’ambiente, nei limiti assegnati dall’art. 10 bis della direttiva 85/337, essi, nel procedere a tale determinazione, non possono privare le associazioni a tutela dell’ambiente, rispondenti ai requisiti di cui all’art. 1, n. 2, della direttiva, della possibilità di svolgere il ruolo loro riconosciuto tanto dalla direttiva 85/337 quanto dalla Convenzione di Aarhus.

45 Per quanto riguarda una normativa come quella di cui trattasi nella causa principale, se è possibile che il legislatore nazionale circoscriva ai soli diritti pubblici soggettivi i diritti di cui può essere invocata la violazione da parte dei singoli nel contesto di un ricorso giurisdizionale promosso avverso una delle decisioni, atti od omissioni previsti dall’art. 10 bis della direttiva 85/337, siffatta limitazione non può essere applicata in quanto tale alle associazioni a tutela dell’ambiente salvo travisare le finalità di cui all’art. 10 bis, terzo comma, ultima frase, della direttiva 85/337.

46 Infatti, se, come risulta da detta disposizione, tali associazioni devono poter far valere gli stessi diritti dei singoli, sarebbe in contrasto con l’obiettivo di garantire al pubblico interessato un ampio accesso alla giustizia, da una parte, nonché con il principio di effettività, dall’altra, la circostanza che le dette associazioni non possano anche invocare la violazione di norme derivanti dal diritto dell’Unione in materia ambientale per il solo motivo che queste ultime tutelano interessi collettivi. Infatti, come emerge dalla controversia nella causa principale, ciò le priverebbe in larga misura della possibilità di far verificare il rispetto di norme derivanti da tale diritto che sono, per la maggior parte dei casi, rivolte all’interesse pubblico e non alla sola protezione degli interessi dei singoli considerati individualmente.

47 Ne deriva anzitutto che la nozione di «violazione di un diritto» non può dipendere da condizioni che solo altre persone fisiche o giuridiche possono soddisfare, come, ad esempio, la condizione di essere più o meno prossimi ad un impianto o quella di subire in un modo o in un altro gli effetti del suo funzionamento.

48 Ne deriva più in generale che l’art. 10 bis, terzo comma, ultima frase, della direttiva 85/337 deve essere letto nel senso che tra i «diritti suscettibili di essere lesi», di cui si ritiene beneficino le associazioni a tutela dell’ambiente, devono necessariamente figurare le disposizioni di diritto nazionale che attuano la normativa dell’Unione in materia di ambiente, nonché le disposizioni aventi effetto diretto del diritto dell’Unione in materia di ambiente.

49 Al riguardo, per fornire al giudice del rinvio una soluzione il più possibile utile, si deve osservare che il motivo dedotto contro la decisione impugnata dalla violazione di disposizioni del diritto nazionale derivanti dall’art. 6 della direttiva «habitat» deve poter quindi essere invocato da un’associazione a tutela dell’ambiente.

50 Occorre conseguentemente risolvere le prime due questioni presentate, lette congiuntamente, dichiarando che l’art. 10 bis della direttiva 85/337 osta ad una normativa che non riconosca ad un’organizzazione non governativa, che opera per la protezione dell’ambiente, prevista all’art. 1, n. 2, di tale direttiva, la possibilità di far valere in giudizio, nell’ambito di un ricorso promosso contro una decisione di autorizzazione di progetti «che possono avere un impatto ambientale importante», ai sensi dell’art. 1, n. 1, della direttiva 85/337, la violazione di una norma derivante dal diritto dell’Unione ed avente l’obiettivo della tutela dell’ambiente, per il fatto che tale disposizione protegge esclusivamente gli interessi della collettività e non quelli dei singoli.

Sulla terza questione pregiudiziale

51 Con la sua terza questione, il giudice del rinvio chiede sostanzialmente alla Corte se un’associazione a tutela dell’ambiente possa dedurre dall’art. 10 bis, terzo comma, ultima frase, della direttiva 85/337 il diritto a far valere in giudizio, nel contesto di un ricorso contro una decisione di autorizzazione di progetti «che possono avere un impatto ambientale importante», in base all’art. 1, n. 1, della direttiva 85/337, la violazione delle disposizioni di diritto nazionale derivanti dall’art. 6 della direttiva «habitat», mentre il diritto processuale nazionale non lo consente in quanto le disposizioni invocate tutelano i soli interessi della collettività e non quelli dei singoli.

52 Tale questione si pone per il caso in cui non sia possibile al giudice del rinvio fornire al diritto processuale nazionale un’interpretazione conforme ai presupposti del diritto dell’Unione.

53 Al riguardo occorre anzitutto ricordare che l’obbligo per gli Stati membri di raggiungere il risultato previsto da una direttiva, nonché il loro dovere di adottare tutti i provvedimenti generali o particolari atti a garantire l’adempimento di tale obbligo, valgono per tutti gli organi dei detti Stati, ivi compresi, nell’ambito della loro competenza, quelli giurisdizionali (v., in tal senso, sentenza 19 gennaio 2010, causa C-555/07, Kücükdeveci, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 47 e giurisprudenza ivi citata).

54 La Corte ha dichiarato che, in tutti i casi in cui le disposizioni di una direttiva appaiono, dal punto di vista del loro contenuto, incondizionate e sufficientemente precise, i singoli possono farle valere dinanzi ai giudici nazionali nei confronti dello Stato, quando quest’ultimo non ha recepito tempestivamente la direttiva nell’ordinamento nazionale o l’ha recepita in modo non corretto (v., in particolare, sentenza 12 febbraio 2009, causa C-138/07, Cobelfret, Racc. pag. I-731, punto 58).

55 Al riguardo va constatato che, considerato nel suo insieme, l’art. 10 bis della direttiva 85/337 lascia agli Stati membri un apprezzabile margine di manovra sia nello stabilire cosa costituisca violazione di un diritto, sia nel fissare, segnatamente, i presupposti della ricevibilità dei ricorsi e gli organi dinanzi ai quali essi devono essere promossi.

56 Non può dirsi lo stesso, tuttavia, per quanto riguarda le disposizioni delle ultime due frasi del terzo comma di detto articolo.

57 Queste ultime, nel prevedere, da una parte, che è considerato sufficiente l’interesse di qualsiasi organizzazione non governativa rispondente ai requisiti di cui all’art. 1, n. 2, della direttiva 85/337 e, dall’altra, che si considera inoltre che tali organizzazioni siano titolari di diritti suscettibili di essere lesi, fissano regole precise e non soggette ad altre condizioni.

58 Inoltre, come sopra si è detto, nel novero dei diritti che le associazioni a tutela dell’ambiente devono poter far valere in giudizio in applicazione dell’art. 10 bis della direttiva 85/337 figurano le disposizioni derivanti dal diritto dell’Unione in materia di ambiente e, segnatamente, le norme di diritto nazionale derivanti dall’art. 6 della direttiva «habitat».

59 Occorre quindi risolvere la terza questione dichiarando che un’organizzazione non governativa che opera a favore della tutela dell’ambiente, di cui all’art. 1, n. 2, della direttiva 85/337, può dedurre dall’art. 10 bis, terzo comma, ultima frase, della direttiva 85/337 il diritto di far valere in giudizio, nel contesto di un ricorso promosso avverso una decisione di autorizzazione di progetti «che possono avere un impatto ambientale importante» ai sensi dell’art. 1, n. 1, della direttiva 85/337, la violazione delle norme del diritto nazionale derivanti dall’art. 6 della direttiva «habitat», mentre il diritto processuale nazionale non lo consente in quanto le norme invocate tutelano soltanto gli interessi della collettività e non quelli dei singoli.

Sulle spese

60 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.


Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara:


1) L’art. 10 bis della direttiva del Consiglio 27 giugno 1985, 85/337/CEE, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, come modificata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 26 maggio 2003, 2003/35/CE, osta ad una normativa che non riconosca ad un’organizzazione non governativa, che opera per la protezione dell’ambiente, di cui all’art. 1, n. 2, di tale direttiva, la possibilità di far valere in giudizio, nell’ambito di un ricorso promosso contro una decisione di autorizzazione di progetti «che possono avere un impatto ambientale importante» ai sensi dell’art. 1, n. 1, della direttiva 85/337, come modificata dalla direttiva 2003/35, la violazione di una norma derivante dal diritto dell’Unione ed avente l’obiettivo della tutela dell’ambiente, per il fatto che tale disposizione protegge esclusivamente gli interessi della collettività e non quelli dei singoli.

2) Siffatta organizzazione non governativa può dedurre dall’art. 10 bis, terzo comma, ultima frase, della direttiva 85/337, come modificata dalla direttiva 2003/35, il diritto di far valere in giudizio, nel contesto di un ricorso promosso avverso una decisione di autorizzazione di progetti «che possono avere un impatto ambientale importante» ai sensi dell’art. 1, n. 1, della direttiva 85/337, come modificata, la violazione delle norme del diritto nazionale derivanti dall’art. 6 della direttiva del Consiglio 21 maggio 1992, 92/43/CE, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, come modificata dalla direttiva del Consiglio 20 novembre 2006, 2006/105/CE, mentre il diritto processuale nazionale non lo consente in quanto le norme invocate tutelano soltanto gli interessi della collettività e non quelli dei singoli.

Firme


 


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