AmbienteDiritto.it 

Legislazione  Giurisprudenza

 


  AmbienteDiritto.it - Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it
Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562

 

 

 

TAR VENETO, Sez. I - 24 aprile 2009, n. 1254



ESPROPRIAZIONE - Retrocessione totale - Diritto soggettivo perfetto - Tutelabilità innanzi al G.O. L’istituto della retrocessione, assicura la facoltà di reclamare la restituzione dei beni quando l’opera pubblica, alla cui realizzazione il bene era destinato, non è stata realizzata ovvero non è più realizzabile. In caso di retrocessione totale il proprietario è quindi titolare di un diritto soggettivo perfetto, uno ius ad rem di carattere potestativo di contenuto patrimoniale, che gli consente di agire dinanzi al giudice ordinario per chiedere la pronunzia di decadenza della dichiarazione di pubblica utilità e la restituzione dei beni espropriati. Pres. Borea, Est. Farina - DVG (avv. Cacciavillani) c. Comune di Montecchio Maggiore (avv. Meneguzzo). T.A.R. VENETO, Sez. I - 24/04/2009, n. 1254
 

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 


N. 01254/2009 REG.SEN.
N. 02018/2005 REG.RIC.


Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Prima)


ha pronunciato la seguente


SENTENZA


Sul ricorso numero di registro generale 2018 del 2005, proposto da:
Dalla Verde Gino, rappresentato e difeso dall'avv. Ivone Cacciavillani, con domicilio eletto presso la Segreteria del T.A.R., ai sensi dell’art. 35 r.d. 26 giugno 1924, n. 1054;
 

contro
 

Comune di Montecchio Maggiore - (Vi), rappresentato e difeso dall'avv. Dario Meneguzzo, con domicilio eletto presso Marco Giacomini in Venezia-Mestre, Galleria Teatro Vecchio, 15;
 

nei confronti di
 

Siden Immobiliare Srl, rappresentato e difeso dagli avv. Sergio Dal Cero, Stefania Dal Cero, Roberto Rossi, con domicilio eletto presso Roberto Rossi in Venezia, S. Croce, 468/B;
 

per l'annullamento
 

della delibera del C.C. 6.5.2005 n. 29, inerente “alienazione mediante pubblico incanto terreni di proprietà comunale denominati: ex area autoporto”; del bando d’asta pubblica 5.9.2005 prot. n. 34245; della determinazione dirigenziale 9.8.2005 n. 519; nonché di ogni altro atto connesso, presupposto o conseguente;

nonché, quanto ai motivi aggiunti depositati in data 20.12.2005; della delibera della G.C. 946/1988 e delle delibere del C.C. n. 130 e n. 257 del 1989; ed altresì per il risarcimento dei danni;

nonché, quanto ai motivi aggiunti depositati in data 30.5.2006: del provvedimento dirigenziale 3.4.2006 reg. gen. n. 202, di aggiudicazione definitiva dei terreni alla società controinteressata; ed altresì per il risarcimento dei danni;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Montecchio Maggiore - (Vi);

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Siden Immobiliare Srl;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26/03/2009 la dott.ssa Alessandra Farina e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
 

FATTO
 

Con il ricorso introduttivo del presente giudizio, notificato in data 16.9.2005, il signor Dalla Verde Gino ha contestato la decisione assunta dall’amministrazione comunale di Montecchio Maggiore di alienare, mediante pubblico incanto, taluni terreni facenti parte del patrimonio disponibile del Comune, denominati “ex area autoporto” (delibera del Consiglio Comunale n. 29 del 6.5.2005) e con essa gli atti con i quali è stato predisposto il bando di asta pubblica del 5 settembre 2005 e la presupposta determina dirigenziale n. 519/2005.

Riferisce al riguardo il ricorrente che trattasi di terreni interessati da un progetto predisposto dall’amministrazione comunale per la realizzazione di un autoparco, per l’acquisizione dei quali era stata avviata la procedura espropriativa, stante la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera e indifferibilità ed urgenza dei relativi lavori, così come statuito con delibera di Giunta n. 946/1988, successivamente ratificata con delibera consiliare n. 130/89.

La procedura espropriativa si concludeva peraltro a seguito della cessione bonaria dei suddetti terreni da parte dei proprietari a favore del Comune, nella specie, per quanto di interesse, dei terreni di proprietà del ricorrente e della signora Vanin Agnese, allora identificati catastalmente al foglio 20, mappali n. 55 e 54/a, cessione avvenuta in data 10.7.1990.

L’atto di trasferimento veniva quindi trascritto presso la conservatoria dei registri immobiliari il successivo 13.8.1990.

Poiché, tuttavia, per una serie di circostanze sopravvenute, non ultima la diversa destinazione urbanistica impressa alle aree in esame, il progetto di realizzazione dell’autoparco non giungeva a compimento, il ricorrente avanzava apposita istanza per la retrocessione delle aree di proprietà.

Non avendo l’amministrazione aderito a tale richiesta ed avendo provveduto ad avviare la procedura per l’alienazione delle suddette aree, sulla base dell’erroneo presupposto della persistenza della disponibilità delle stesse, con il gravame in oggetto è stato chiesto l’annullamento degli atti impugnati in quanto illegittimi per violazione di legge con riferimento agli artt. 46 e segg. del D.P.R. n. 327/2001, agli artt. 7 e segg. della L. n. 241/90, nonché per eccesso di potere per difetto di motivazione e di istruttoria e per illogicità manifesta.

Parte istante rivendica la sussistenza dei presupposti per procedere alla retrocessione dei beni immobili sopra individuati, ceduti alla pubblica amministrazione per finalità pubbliche, poi mai realizzate.

Detti presupposti sono infatti ravvisabili nell’esistenza di un procedimento espropriativo, avviato con la dichiarazione di pubblica utilità delle opere progettate per la realizzazione dell’autoparco, conclusosi con la cessione bonaria dei terreni interessati dall’intervento e la mancata realizzazione dell’opera pubblica nei termini previsti.

La procedura avviata e finalizzata alla vendita dei beni immobili è quindi illegittima, in quanto fondata su presupposti erronei, ossia sulla insussistente libera disponibilità dei beni da parte del Comune, in quanto trattasi di beni immobili oggetto di diritto di retrocessione da parte dei precedenti proprietari.

Il Comune di Montecchio Maggiore si è costituito in giudizio, contestando le affermazioni di parte ricorrente, precisando preliminarmente che la disciplina applicabile nella fattispecie è quella dettata dalla legge n. 2359 del 1865, in particolare, in materia di retrocessione totale e parziale, gli artt. 60 e seguenti, in quanto, in base alla disciplina transitoria, le disposizioni di cui al T.U. sulle espropriazioni (D.P.R. n. 327/2001) non risultavano applicabili ai progetti per i quali, alla data di entrata in vigore della nuova normativa, era già intervenuta la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza.

La difesa comunale ha quindi eccepito l’inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione, in considerazione del fatto che, nell’ipotesi di retrocessione totale, per mancata realizzazione delle opere cui era preordinata l’espropriazione, rientra nell’ambito della giurisdizione del Giudice Ordinario la declaratoria della decadenza della dichiarazione di pubblica utilità e la conseguente restituzione dei beni espropriati ai precedenti proprietari.

Parte resistente ha altresì eccepito l’irricevibilità del ricorso per tardiva impugnazione della deliberazione del Consiglio Comunale n. 29/2005, in quanto il ricorso risulta notificato oltre il sessantesimo giorno dalla sua pubblicazione all’Albo Pretorio.

Nel merito, infine, la difesa comunale ha comunque rilevato l’infondatezza delle censure esposte, non sussistendo i presupposti per la retrocessione, in quanto, diversamente da quanto affermato da controparte, l’opera è stata avviata, dando luogo alla trasformazione delle aree acquisite a seguito della cessione.

Pur se non ultimati, i lavori sono stati quindi in parte eseguiti, con ciò escludendosi l’applicazione della normativa in materia di retrocessione.

Infine, parte resistente ha sottolineato che, in ogni caso, nell’ipotesi in cui si dovesse configurare la pretesa ad una retrocessione totale (art. 63), il relativo diritto risulta ormai prescritto, trascorsi dieci anni dal momento in cui lo stesso poteva essere fatto valere ai sensi degli artt. 2935 e 2946 c.c., mentre, nell’ipotesi in cui si dovesse configurare la pretesa ad una retrocessione parziale (artt. 60 e ss.), tale pretesa risulta comunque tardivamente avanzata rispetto al termine di pubblicazione sul B.U.R. della variante al P.R.G. comunale che ha impresso una diversa destinazione urbanistica alle aree, evidenziando l’implicita volontà del Comune di non procedere al compimento delle opere per le quali era stata avviata la procedura espropriativa.

In data 6.12.2005 parte ricorrente provvedeva a notificare una memoria per motivi aggiunti, con la quale venivano censurate le delibere, di Giunta e del Consiglio Comunale, con le quali è stata dichiarata la pubblica utilità delle opere, in particolare la delibera n. 946/88 in quanto non contenente i termini previsti ex art. 13 L. n. 2359/1865.

A detta memoria seguiva tuttavia una rettifica, in quanto parte ricorrente dava atto che nelle richiamate delibere erano stati indicati i termini di inizio e compimento dei lavori, pur ribadendo che, in ogni caso, tali termini non erano stati osservati.

Infine, con ulteriori motivi aggiunti, notificati in data 19-20 maggio 2006, parte ricorrente impugnava il provvedimento dirigenziale n. 202 del 3 aprile 2006 di aggiudicazione definitiva alla ditta Siden s.r.l. di Montecchio Maggiore dei terreni di cui è causa, contestualmente chiedendo anche la condanna dell’amministrazione intimata al risarcimento dei danni conseguenti agli atti illegittimamente assunti.

Il Comune ha quindi controdedotto anche in merito ai motivi aggiunti successivamente depositati, ribadendo ancora una volta il difetto di giurisdizione del giudice adito, tenuto conto anche della precisazione formulata dalla difesa istante circa la natura della pretesa avanzata, ossia della declaratoria del proprio diritto alla retrocessione totale dei beni oggetto della pregressa cessione.

Con memoria difensiva datata 25.1.2007 il Comune ha infine evidenziato ulteriormente l’inammissibilità e l’infondatezza della pretesa avversaria, in considerazione del fatto che nella fattispecie non si è dato luogo ad una cessione bonaria delle aree nell’ambito del procedimento espropriativo (da cui l’applicabilità della normativa in materia di retrocessione), atteso che, pur essendo stata dichiarata la pubblica utilità delle opere, non è stato avviato e portato a compimento il sub-procedimento di determinazione indennitaria, con conseguente formulazione da parte dell’amministrazione dell’offerta della somma a titolo di indennità e la successiva proposta di cessione bonaria da parte dell’espropriando, in quanto ritenuta più conveniente.

Detto sub-procedimento non è stato infatti posto in essere, in quanto nel caso di specie non è stata formulata da parte del Comune alcuna proposta di pagamento dell’indennità di espropriazione e la successiva cessione dei terreni è avvenuta secondo le modalità di una compravendita di diritto comune, ove il valore dei beni è stato determinato sulla base di una stima effettuata da un tecnico esterno all’amministrazione e la transazione è stata quindi definita sulla base di un mero accordo fra le parti.

Si è altresì costituita in giudizio la controinteressata Siden s.r.l., la cui difesa, concordando con le argomentazioni difensive svolte dall’amministrazione comunale, ha quindi concluso chiedendo preliminarmente la declaratoria di inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione ed in ogni caso la sua reiezione in quanto infondato.

All’udienza del 26 marzo 2009, udite le precisazioni dei procuratori delle parti, il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
 

DIRITTO
 

Con il ricorso in esame l’odierno istante chiede l’accertamento del proprio diritto alla retrocessione dei terreni in precedenza ceduti bonariamente all’amministrazione comunale di Montecchio Maggiore a seguito della dichiarazione di pubblica utilità, nonché indifferibilità ed urgenza, dei lavori relativi al progetto di realizzazione di un autoparco.

La pretesa avanzata dal ricorrente (che ha espressamente specificato essere rivolta al riconoscimento del diritto alla retrocessione totale e non parziale dei beni ceduti) si ricollega alla contestata disponibilità dei beni da parte dell’amministrazione comunale, la quale non ha provveduto a dare esecuzione ai lavori per i quali era stata avviata la procedura espropriativa, facendo sorgere in capo al ricorrente il diritto alla retrocessione dei terreni ceduti ai sensi dell’art. 46 del D.P.R. n. 327/2001 e dell’art. 63 della legge n. 2359/1865.

Sulla base di tale presupposto, parte ricorrente ha quindi impugnato gli atti posti in essere dal Comune, che ha deliberato di alienare mediante pubblico incanto i terreni di proprietà comunale denominati “ex area autoporto”, estendendo con i motivi aggiunti successivamente notificati l’impugnazione anche al provvedimento dirigenziale, n. 202 del 3 aprile 2006, con il quale il Comune, in esito alla procedura contestata, ha aggiudicato in via definitiva il terreno di cui è causa alla società Siden Immobiliare, odierna controinteressata.

Preliminarmente il Collegio deve valutare la sussistenza della giurisdizione, stante l’eccezione puntualmente formulata al riguardo dalle difese resistenti.

L’eccezione è fondata.

Premesso che nella fattispecie la pretesa fatta valere in giudizio è la retrocessione totale dei terreni, in quanto formulata sulla base della considerazione che le opere progettate non sono state realizzate, neppure parzialmente, e che quindi i beni trasferiti al Comune non hanno subito la trasformazione che era stata prevista in base al progetto dell’opera pubblica, risulta evidente che nella fattispecie viene rivendicato il diritto soggettivo perfetto del ricorrente ad ottenere la restituzione dei beni inutilmente trasferiti all’amministrazione in ragione della realizzazione dell’opera pubblica.

Se quindi il diritto di proprietà può essere sacrificato, in via eccezionale, in presenza di esigenze superiori di soddisfacimento dell’interesse generale, sulla base della preventiva dichiarazione di pubblica utilità delle opere da realizzare, è altresì previsto l’istituto della retrocessione, mediante il quale è assicurata la facoltà di reclamare la restituzione dei beni quando l’opera pubblica, alla cui realizzazione il bene era destinato, non è stata realizzata ovvero non è più realizzabile.

In tale ipotesi il proprietario può avvalersi di tale istituto che, garantendo la tutela di una posizione di diritto soggettivo perfetto, risulta come tale tutelabile davanti al giudice ordinario (cfr. ex multis, C.d.S, IV, 4.7.2008, n. 3342 e Cass. SS.UU. 5.6.2008, n. 14826).

In caso di retrocessione totale il proprietario è quindi titolare di uno ius ad rem di carattere potestativo di contenuto patrimoniale, che gli consente di agire dinanzi al giudice ordinario per chiedere la pronunzia di decadenza della dichiarazione di pubblica utilità e la restituzione dei beni espropriati.

Detta conclusione risulta confermata anche a seguito delle pronunce rese dalla Corte Costituzionale in data 6 luglio 2004, n. 204 e 28 luglio 2004, n. 281, la quale, nel pronunciarsi in ordine alla legittimità costituzionale dell’art. 34 del D.lgs. n. 80/1998, come sostituito dalla legge n. 205/2000, ne ha dichiarato l’illegittimità nella parte in cui ha previsto una giurisdizione amministrativa esclusiva anche sulle controversie aventi ad oggetto i comportamenti dell’amministrazione.

Per effetto di tali pronunce di incostituzionalità, le controversie in materia di diritto alla retrocessione totale ex art. 63 L. n. 2359/1865, già pacificamente devolute all’autorità giudiziaria ordinaria, debbono nuovamente ritenersi estranee alla giurisdizione amministrativa.

La devoluzione della presente controversia alla giurisdizione del giudice ordinario (cui competerà quindi di valutare la sussistenza dei presupposti per l’esercizio della retrocessione, soprattutto alla luce delle ulteriori contestazioni svolte dalla difesa comunale circa l’estraneità dell’avvenuta cessione dei beni al procedimento espropriativo), comporta pertanto la declaratoria di inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione.

Sono tuttavia dichiarati salvi gli effetti sostanziali e processuali della domanda, con fissazione del termine di sei mesi dalla comunicazione o, se anteriore, dalla notificazione della presente decisione, per la riassunzione davanti al giudice ordinario.

Le spese del giudizio possono essere compensate, sussistendo giusti motivi.
 

P.Q.M.
 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, I sezione, definitivamente pronunziando sul ricorso in epigrafe lo dichiara inammissibile per difetto di giurisdizione.

Fissa il termine di sei mesi dalla comunicazione o, se anteriore, dalla notificazione della presente decisione, per la riassunzione davanti al giudice ordinario.

Compensa integralmente tra le parti le spese e competenze del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 26/03/2009 con l'intervento dei Magistrati:

Vincenzo Antonio Borea, Presidente

Fulvio Rocco, Consigliere

Alessandra Farina, Consigliere, Estensore

IL PRESIDENTE
L'ESTENSORE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 24/04/2009

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

IL SEGRETARIO



  AmbienteDiritto.it - Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it
Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562


 Vedi altre: SENTENZE PER ESTESO


Ritorna alle MASSIME della sentenza  -  Approfondisci con altre massime: GIURISPRUDENZA  -  Ricerca in: LEGISLAZIONE  -  Ricerca in: DOTTRINA

www.AmbienteDiritto.it