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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 
1974-9562
T.A.R. MARCHE, Sez. I - 15 aprile 2009, n. 224
URBANISTICA ED EDILIZIA - Contributo concessorio - Artificioso frazionamento 
delle opere a fini elusori - Illegittimità. E’ inammissibile l’artificioso 
frazionamento delle opere edili al fine di eludere la disciplina del contributo 
concessorio. Pres. Passanisi, Est. Morri - I. s.n.c. (avv.ti Pati, Speca e 
Strozzieri) c. Comune di Ascoli Piceno (avv. Cantalamessa).T.A.R. MARCHE, Sez. I 
- 
15/04/2009, n. 224
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 00224/2009 REG.SEN.
N. 00398/2001 REG.RIC.
 
Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 398 del 2001, proposto da:
Impresa Edile F.lli Morini Snc di Morini Raffaele & C., rappresentato e difeso 
dagli avv. Giuseppe Pati, Pietro Speca, Antonio Strozzieri, con domicilio eletto 
presso Alberto Cerioni Avv. in Ancona, corso Garibaldi, 136;
 
contro
 
Comune di Ascoli Piceno, 
rappresentato e difeso dall'avv. Alessandra Cantalamessa, con domicilio eletto 
presso Barbara Andrenacci Avv. in Ancona, via Cardeto, 3/B; Dirigente Settore 
Controlli Sul Territorio Comune Ascoli P.;
 
per l'annullamento
 
- della concessione edilizia n. 
26/2001 per il mutamento di destinazione d’uso con opere, da uffici ad 
abitazioni, con aumento di unità immobiliari, di porzione del fabbricato sito in 
Via della Carità - Piazza Roma - AP limitatamente alla prescrizione relativa al 
pagamento degli oneri di urbanizzazione ex legge n. 10/1977;
- degli atti connessi quali la diffida dal dare inizio ai lavori di cui alla 
D.I.A. 16.12.1999, inoltrata dal Comune con atto n. 34602/1° in data 24.12.1999 
e l’ulteriore diffida dal dare inizio ai lavori di cui alla stessa D.I.A., 
inoltrata dal Comune con atto prot. n. 34602 in data 10.1.2000.
Nonché per la condanna del Comune di Ascoli Piceno alla restituzione delle somme 
percepite a titolo di oneri di urbanizzazione e al risarcimento dei danni 
prodotti per il ritardato inizio dei lavori.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Ascoli Piceno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25/03/2009 il dott. Gianluca Morri e 
uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
 
FATTO
 
L'impresa ricorrente propone ricorso 
contro la concessione edilizia n. 26/01 avente ad oggetto mutamento di 
destinazione d'uso con opere edilizie, da uffici ad abitazioni, nella parte in 
cui prevede il pagamento del contributo concessorio di cui alla Legge n. 10/77. 
Impugna, inoltre, gli atti connessi tra cui le precedenti determinazioni 
comunali che escludevano che i lavori in oggetto fossero assoggettabili alla 
Denuncia di Inizio Attività (DIA).
Al riguardo vengono dedotte le seguenti censure:
1. Violazione della Legge n. 662/96, della L.r. n. 14/86 nonché eccesso di 
potere per ingiustizia, difetto di motivazione, travisamento dei fatti ed errore 
sui presupposti. In particolare la ricorrente deduce che si tratta di lavori di 
restauro e di risanamento conservativo (e non di ristrutturazione) senza aumento 
di volumi e di superfici, conformi alle prescrizioni di PRG, per cui devono 
sottostare al regime gratuito e a quello procedimentale della DIA. 
Illegittimamente, pertanto, l'Amministrazione comunale ha qualificato tali 
lavori come ristrutturazione edilizia da assoggettare al regime concessorio 
oneroso. La ricorrente deduce, inoltre, che, in ogni caso, il cambio d'uso da 
uffici ad abitazioni (piani secondo e terzo) riduce il carico urbanistico, per 
cui il contributo non sarebbe stato comunque dovuto essendo anche presenti tutte 
le urbanizzazioni necessarie.
2. Violazione della Legge n. 10/77, del Regolamento regionale n. 6/77 nonché 
eccesso di potere per errata determinazione del contributo concessorio e carenza 
di motivazione. La ricorrente deduce, in particolare, che il contributo, qualora 
dovuto, è stato comunque determinato in maniera errata poiché: è stato 
conteggiato sull'intero volume (mentre il cambio d'uso riguarda il piano I e II); 
sono state conteggiate anche le opere soggette ad una precedente DIA (cd. DIA 
2); il Comune non ha indicato quali tabelle parametriche ha applicato per il 
calcolo del contributo; si tratta, in ogni caso, di destinazioni rientranti 
nella stessa categoria ai sensi del Regolamento regionale 6/77.
3. Violazione dell'art. 7 della Legge n. 94/82, dell'art. 6 comma 2 della L.r. 
n. 14/86 nonché eccesso di potere per illogicità, in quanto le opere di recupero 
del patrimonio edilizio esistente, qualificabili come restauro, sono soggette ad 
autorizzazione gratuita.
La ricorrente chiede, inoltre, la condanna dell'Amministrazione alla 
restituzione di quanto indebitamente percepito a titolo di contributo 
concessorio, oltre alla condanna al risarcimento dei danni dovuti al ritardato 
inizio dei lavori per fatto imputabile alla stessa Amministrazione.
Si è costituito in giudizio il Comune di Ascoli Piceno. L'Amministrazione 
eccepisce l'irricevibilità del ricorso nella parte in cui è rivolto contro gli 
atti precedenti alla concessione edilizia n. 26/01 con cui l'Amministrazione 
inibiva le varie DIA, poiché i relativi lavori avrebbero dovuto essere oggetto 
di concessione edilizia. Nel merito contesta le deduzioni di parte ricorrente 
chiedendone il rigetto.
Con ordinanza 13.5.2008 n. 53 il Tribunale disponeva istruttoria per 
l'acquisizione di documenti e relazioni tecniche rilevanti ai fini del giudizio 
oltre a disporre l'espletamento di una verificazione riguardante i profili 
tecnici della controversia (incaricando, a tal fine, il Dirigente responsabile 
del Settore urbanistica ed edilizia del Comune di Pesaro).
L'odierno Collegio ritiene che la documentazione acquisita, per effetto della 
predetta ordinanza istruttoria, sia sufficiente ed ampiamente esaustiva per la 
decisione del ricorso.
All’udienza del 25.3.2009 la causa è stata trattenuta in decisione.
 
DIRITTO
 
1. È necessario esaminare 
preliminarmente l'eccezione di irricevibilità sollevata dal Comune di Ascoli 
Piceno con riguardo ai profili di ricorso concernenti gli atti precedenti alla 
concessione edilizia n. 26/01 con cui l'Amministrazione inibiva le varie DIA, 
poiché i relativi lavori avrebbero dovuto essere oggetto di concessione 
edilizia.
L'eccezione è fondata.
In punto di fatto va osservato che la ricorrente presentava una prima DIA in 
data 16.12.1999 per lavori sostanzialmente analoghi a quelli poi oggetto della 
concessione edilizia n. 26/01 (salvo alcune modeste variazioni come 
l'eliminazione dei lavori di sostituzione del solaio tra il terzo e il quarto 
piano).
Con provvedimenti del 24.12.1999 e 10.1.2000 (entrambi di prot. 34602 e ricevuti 
rispettivamente in data 29.12.1999 e in data 27.1.2000), l'Amministrazione 
intimava, tuttavia, formale diffida dall'inizio dei lavori ritenendo, gli 
stessi, esclusi dal regime della DIA per essere attratti in quello concessorio.
Tali provvedimenti, per la loro indubbia natura provvedimentale e immediatamente 
pregiudizievole per gli interessi della ricorrente (la quale si vedeva inibita 
l’esecuzione dei lavori) avrebbero dovuto essere oggetto di autonoma e 
tempestiva impugnazione.
Poiché l'odierno ricorso risulta essere stato notificato in data 10.5.2001 deve 
considerarsi palesemente tardivo riguardo alla questione in esame, concernente 
l’assoggettabilità dei lavori al regime concessorio anziché a quello della 
Denuncia di Inizio Attività.
2. Nel merito il ricorso è infondato.
3. Con il primo motivo viene dedotta violazione della Legge n. 662/96, della 
L.r. n. 14/86 nonché eccesso di potere per ingiustizia, difetto di motivazione, 
travisamento dei fatti ed errore sui presupposti. In particolare la ricorrente 
deduce che si tratta di lavori di restauro e di risanamento conservativo (e non 
di ristrutturazione) senza aumento di volumi e di superfici, conformi alle 
prescrizioni di PRG, per cui devono sottostare al regime gratuito e a quello 
procedimentale della DIA. Illegittimamente, pertanto, l'Amministrazione comunale 
ha qualificato tali lavori come ristrutturazione edilizia da assoggettare al 
regime concessorio oneroso. La ricorrente deduce, inoltre, che, in ogni caso, il 
cambio d'uso da uffici ad abitazioni (piani secondo e terzo) riduce il carico 
urbanistico, per cui il contributo non sarebbe stato comunque dovuto essendo 
anche presenti tutte le urbanizzazioni necessarie.
Sul punto il Collegio ritiene di condividere le argomentazioni comunali che 
hanno trovato conferma anche in sede di verificazione.
Circoscrivendo la questione alle sole opere edilizie, potrebbe apparire 
sostenibile l'ipotesi che i lavori oggetto della concessione n. 26/01 siano 
ascrivibili alla tipologia del restauro e del risanamento conservativo. Ciò, 
tuttavia, non è sufficiente per qualificare l’intervento sotto il profilo 
oneroso o gratuito, poiché è necessario considerare anche l'aspetto funzionale 
dello stesso.
Sotto questo punto di vista assume rilevanza il fatto che l'intervento, nel suo 
complesso, ha determinato una profonda modificazione dell'edificio, 
trasformandolo da destinazione esclusivamente terziaria e unifunzionale (di 
fatto banca) ad una destinazione mista e polifunzionale (banca, uffici e 
appartamenti).
L'intervento, inoltre, ha comportato un articolato frazionamento e un sensibile 
aumento di unità immobiliari che passano da 4 (di cui 1 D/5 e 3 A/10 e 1 A/2) a 
20 (di cui 1 D/5, 9 A/10, 6 A/2 e 4 beni comuni non censibili).
Al riguardo deve trovare applicazione quella giurisprudenza, condivisa dal 
Collegio, che è concorde nel ritenere, sulla base del generale principio che 
correla gli oneri di urbanizzazione al carico urbanistico, che costituisce 
intervento oneroso la divisione ed il frazionamento di un'unità immobiliare in 
due o più unità qualora, a seguito di tale operazione e stante l'autonoma 
utilizzabilità delle stesse, si realizzi un aumento del carico urbanistico (cfr. 
Cons. Stato, Sez. IV, 29.4.2004 n. 2611; T.A.R. Emilia Romagna Parma, 15.7.2008 
n. 352; T.A.R. Toscana, Sez. III, 22.1.2007 n. 62; T.A.R. Lazio Roma, 4.1.2006 
n. 36; T.A.R. Piemonte Sez. I, 26.11.2003 n. 1675).
In sostanza, ai fini dell'insorgenza dell'obbligo di corresponsione degli oneri 
concessori, è rilevante il verificarsi di un maggior carico urbanistico quale 
effetto dell'intervento edilizio, per cui è sufficiente che esso determini la 
trasformazione della realtà strutturale e la fruibilità urbanistica, con oneri 
conseguentemente riferiti all'oggettiva rivalutazione dell'immobile e funzionali 
a sopportare l'aggiuntivo carico socio-economico che l'attività edilizia 
comporta, anche quando l'incremento dell'impatto sul territorio consegua solo a 
marginali lavori dovuti ad una divisione o frazionamento dell'immobile (cfr. 
T.A.R. Emilia Romagna Parma, Sez. I, 19.2.2008 n. 100).
Nel caso in esame non sussistono dubbi sul fatto che l'intervento oggetto della 
citata concessione edilizia n. 26/01 determini un aumento di carico urbanistico.
Al riguardo è sufficiente osservare che il solo aumento delle unità immobiliari 
produrrà sicuramente un impatto maggiore sull’utilizzabilità dell'immobile e, di 
conseguenza, sulle opere collettive al servizio dello stesso.
Va poi considerata la qualità funzionale dell'edificio dopo la sua 
trasformazione. Sotto tale profilo assume rilevanza l'incremento della 
superficie residenziale a discapito di quella con destinazione terziaria (uffici 
bancari), che produce un incremento di carico urbanistico in relazione ai 
maggiori servizi richiesti dagli insediamenti abitativi (es. asili, scuole, 
giardini, spazi per raccolte differenziate, verde, aree per il gioco e lo sport, 
distribuzione commerciale, fognatura, acquedotto, pubblica illuminazione).
Deve infine osservarsi che le NTA del PRG se, da una parte, contemplavano solo 
il restauro (che costituisce, generalmente, un intervento gratuito), ciò non 
esclude che lo stesso possa essere connesso con interventi tipologicamente 
onerosi. Nel caso specifico assumono rilevanza le norme del piano 
particolareggiato che prevedevano, per l'edificio in esame, una manutenzione 
straordinaria di tipo pesante e atipica, nel senso che ammettevano, altre ai 
lavori strettamente conservativi dello status quo, anche il frazionamento 
delle unità immobiliari e il cambio di destinazione d'uso (interventi che, per 
la loro natura, si avvicinano maggiormente al concetto della ristrutturazione 
edilizia perché idonei a determinare un organismo edilizio in tutto o in parte 
diverso dall'originario).
4. Con il secondo motivo di ricorso viene dedotta violazione della Legge n. 
10/77, del Regolamento regionale n. 6/77 nonché eccesso di potere per errata 
determinazione del contributo concessorio e carenza di motivazione. La 
ricorrente deduce, in particolare, che il contributo, qualora dovuto, è stato 
comunque determinato in maniera errata poiché: è stato conteggiato sull'intero 
volume (mentre il cambio d'uso riguarda il piano I e II); sono state conteggiate 
anche le opere soggette ad una precedente DIA (cd. DIA 2); il Comune non ha 
indicato quali tabelle parametriche ha applicato per il calcolo del contributo; 
si tratta, in ogni caso, di destinazioni rientranti nella stessa categoria ai 
sensi del Regolamento regionale 6/77.
Va preliminarmente osservato che il tecnico incaricato della verificazione 
concordava, nella sostanza, con le deduzioni di parte ricorrente volte a 
sostenere che il calcolo del contributo concessorio avrebbe dovuto limitarsi 
alle sole opere comportanti, direttamente, un incremento di carico urbanistico 
(frazionamento delle unità immobiliari e cambio di destinazione d'uso). Di 
conseguenza il tecnico verificatore quantificava il contributo dovuto nella 
misura complessiva di £ 62.268.196 detraendo, dal conteggio, le superfici e i 
lavori che non avevano comportato aumento delle unità immobiliari (cfr. pag. 35 
ss. della relazione).
Il Collegio ritiene non condivisibili tali argomentazioni.
Al riguardo va osservato che le opere edilizie, attuate mediante la DIA del 
16.8.2000 e la successiva concessione n. 26/2001, rappresentano un intervento 
organicamente strutturato e coordinato per il raggiungimento di un obiettivo 
unitario, cioè il recupero dell'immobile secondo il progetto originario di cui 
alla DIA in data 16.12.1999.
Deve quindi trovare applicazione il principio secondo cui è inammissibile 
l’artificioso frazionamento delle opere edili al fine di eludere la disciplina 
del contributo concessorio.
Ai fini del calcolo del contributo afferente la concessione edilizia n. 26/01 
andava quindi considerato, come correttamente ha fatto l'Amministrazione 
comunale, l'intero intervento nella sua organicità e non le sue singole parti 
tecnicamente scomponibili e riconducibili, astrattamente, a interventi di minore 
impatto edilizio ed urbanistico (e tendenzialmente gratuiti). In sostanza 
assumevano rilevanza sia le opere (e relative superfici) che hanno direttamente 
comportato incremento del carico urbanistico (frazionamento delle unità 
immobiliari e cambio di destinazione d'uso) sia quelle complementari e 
funzionali ad esse.
Devono pertanto essere condivise le argomentazioni contenute nella relazione 
tecnica del Comune di Ascoli Piceno del 10.3.2009 prot. 14166 in replica al 
quesito n. 7 assegnato al tecnico verificatore.
Va altresì disattesa la censura di difetto di motivazione relativa alla 
circostanza che il Comune non avrebbe indicato quali tabelle parametriche aveva 
applicato per il calcolo del contributo.
Al riguardo va osservato che la determinazione del contributo concessorio non 
richiede valutazioni discrezionali dell'amministrazione, ma la sola applicazione 
di parametri oggettivi quantificabili alla stregua di calcoli matematici.
Il provvedimento in data 5.2.2001 prot. 6777, con cui il Comune comunicava 
l'importo complessivo del contributo concessorio, pur non richiamando 
espressamente le tabelle parametriche applicate, conteneva, tuttavia, 
informazioni sufficienti per verificare il procedimento di calcolo effettuato 
dal Comune stesso, poiché veniva puntualmente indicato il volume assoggettabile 
a contributo e il relativo valore unitario.
5. Con l'ultimo motivo viene dedotta violazione dell'art. 7 della legge n. 
94/82, dell'art. 6 comma 2 della L.r. n. 14/86 nonché eccesso di potere per 
illogicità, in quanto le opere di recupero del patrimonio edilizio esistente, 
qualificabili come restauro, sono sottoposte ad autorizzazione gratuita.
La censura non può essere condivisa per le argomentazioni sopra svolte.
6. Gli oneri per l'espletamento della verificazione vengono definitivamente 
liquidati nella misura complessiva di € 1.800 di cui € 1.610 per compenso ed € 
190 per rimborso spese, oltre ad oneri accessori di legge se ed in quanto 
dovuti. Gli stessi sono posti a carico della parte ricorrente.
7. La complessità della controversia costituisce giusto motivo per disporre la 
compensazione delle ulteriori spese tra le parti.
 
P.Q.M.
 
il Tribunale Amministrativo 
Regionale per le Marche, definitivamente pronunciando, dichiara in parte 
irricevibile il ricorso in epigrafe. Respinge il medesimo ricorso per la 
restante parte.
Condanna la parte ricorrente al pagamento degli oneri di verificazione liquidati 
come in motivazione.
Compensa tra le parti le ulteriori spese di giudizio.
La presente sentenza è depositata presso la Segreteria del Tribunale che 
provvederà a darne comunicazione alle parti.
Così deciso in Ancona nella camera di consiglio del giorno 25/03/2009 con 
l'intervento dei Magistrati:
Luigi Passanisi, Presidente
Giuseppe Daniele, Consigliere
Gianluca Morri, Primo Referendario, Estensore
IL PRESIDENTE 
L'ESTENSORE 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/04/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
		
		
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