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TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. VIII - 24 aprile 2009, n. 2161
BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Art. 45 d.lgs. n. 42/2004 - Vincolo indiretto - 
Imposizione - Discrezionalità amministrativa - Limiti - Motivazione. Il 
vincolo di tutela indiretta ai sensi dell’art.45 del D. lg.vo n. 42/2004, volto 
a proteggere la “cornice” del bene culturale, che non di rado è parte integrante 
del suo fascino e della sua bellezza, può assumere il più vario concreto 
contenuto, dato che può prescrivere, in base alla lettera della legge, “ 
distanze”, “misure” ed “altre norme”, fra le quali pacificamente si comprende l’inedificabilità 
di certe aree o le altezze massime dei fabbricati da realizzare in prossimità 
del bene tutelato. Data la potenziale indeterminatezza dei concetti coinvolti di 
“ prospettiva”, “ luce”, “ ambiente”e “ decoro”, che potrebbe assumere ampiezza 
ed intensità notevoli, tali da sacrificare in modo particolarmente intenso la 
posizione di privati, la discrezionalità amministrativa nell’imposizione del 
vincolo soggiace ai limiti della logicità, ragionevolezza e proporzionalità; il 
provvedimento impositivo deve inoltre essere sorretto da una motivazione 
particolarmente congrua e dettagliata, sì da rendere conoscibili le valutazioni 
fatte dall’Amministrazione e nel contempo dia contezza delle ragioni del 
sacrificio delle posizioni dei privati coinvolti nella definizione del rapporto 
in questione. Pres. ed Est. Ferone - G. s.p.a. (avv. Cicala) c. Ministero dei 
Beni Culturali e Paesaggistici e altro (avv. Arpaia) e altro (n.c.). 
T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. VIII - 24/04/2009, n. 2161
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 02161/2009 REG.SEN.
N. 04650/2007 REG.RIC.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania
(Sezione Ottava)
ha pronunciato la presente 
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 4650 del 2007, proposto da:
Gicom S.p.A., rappresentato e difeso dall'avv. Giuseppe Cicala, con domicilio 
eletto presso Giuseppe Cicala in Napoli, viale Margherita,67 c/o Avv.Todisco;
 
contro
 
Ministero dei Beni Culturali e 
Paesaggistici, Soprintendenza Beni Aa.Aa.Aa. e Storici Caserta e Benevento, 
rappresentati e difesi dall'avv. Giuseppe Arpaia, con domicilio eletto presso 
Giuseppe Arpaia in Napoli, Avv.Ra dello Stato - via Diaz N.11; Comune di Succivo;
 
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
 
DECRETO N. 67 DEL 04/05/2007 DI 
DIVIETO DI COSTRUIRE A RIDOSSO DI UN'AREA INEDIFICABILE SOTTOPOSTA A VINCOLO 
DIRETTO.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dei Beni Culturali e 
Paesaggistici;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Soprintendenza Beni Aa.Aa.Aa. e 
Storici Caserta e Benevento;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 09/03/2009 il dott. Antonio Ferone e 
uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
 
FATTO
 
Con ricorso notificato il 27.07.07 e 
depositato il 02.08.07, la Gicom spa, in persona del legale rappresentante 
pro tempore sig. Damiano Salvatore, ha impugnato il decreto n. 67 del 4 
maggio 2007 della Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della 
Campania- Ministero per i Beni e le Attività Culturali, con il quale venivano 
dettate determinate prescrizioni nei confronti di immobili siti nel Comune di 
Succivo di proprietà della predetta società ed in particolare si imponeva il 
divieto di costruire volumi fuori terra ad una distanza inferiore a 100 metri 
dal centro di una torre angolare denominata Teverolaccio, si disponeva che i 
volumi edilizi da realizzare immediatamente a ridosso della predetta fascia 
potevano avere un’altezza non superiore alla gronda di m. 4,50 e che tutti i 
progetti di trasformazione dello stato dei luoghi- comprese le trasformazioni 
dell’assetto colturale e della vegetazione arborea, dovevano essere sottoposti 
al parere preventivo della competente Soprintendenza.
Ha impugnato, altresì, il provvedimento della Soprintendenza per i Beni 
Architettonici di Caserta e Benevento richiamato nel decreto innanzi citato, 
nonché i verbali del Comitato Regionale di Coordinamento del 02.05.2006 e del 
24.04.2007, in uno a tutti gli atti preordinati, connessi e conseguenti.
La società ricorrente premette:
di essere proprietaria di un terreno della estensione di circa 235 mila mq. 
individuato nel N.C.T. del Comune di Succivo al fg. 4 particelle 37 e 158;
che tale terreno si trova in prossimità di un casale denominato Teverolaccio , 
costituito da una torre, una chiesetta ed alcune case oggetto di un vincolo di 
tutela diretta imposto nel 1993;
che su parte della proprietà della ricorrente, per una superficie di circa 48 
mila mq. è stato imposto un vincolo di tutela indiretta, ai sensi dell’art. 45 
del D Lg.vo n. 42/2004.
Avverso tali provvedimenti è insorta la società Gicom che ha affidato il gravame 
ai seguenti motivi:
I) violazione e falsa applicazione degli artt. 42 e 97 Cost., nonché dell’art. 
45 del D. Lg.vo 22.01.2004 n. 42; eccesso di potere per difetto di istruttoria; 
irragionevolezza e illogicità manifesta; violazione dei principi di 
proporzionalità ed adeguatezza; illogicità e ingiustizia manifesta;
II) ancora violazione delle norme sub I) ; eccesso di potere per illogicità 
delle scelte progettuali; difetto istruttorio e carenza e/o insufficienza della 
motivazione ( art. 3 L. 241/90); giustificazione incongrua e perplessa;
III) violazione e falsa applicazione della legge 07.08.1990 n. 241 e s.m.i.; 
eccesso di potere per violazione del giusto procedimento;
IV) violazione dell’art. 45 del D.Lgvo n. 42/2004;
V) violazione dell’art.42, comma 3, della Costituzione- soppressione del diritto 
di proprietà.
Si è costituito in giudizio il Ministero per i Beni e le Attività Culturali che 
ha depositato documentazione e memoria difensiva con la quale ha chiesto il 
rigetto del ricorso.
Alla pubblica udienza del 9 marzo 2009 la causa è stata trattenuta per essere 
decisa.
 
DIRITTO
 
Il ricorso è infondato e deve essere 
pertanto respinto.
Le censura articolate con il primo e secondo motivo possono essere trattate 
congiuntamente e ritenute prive di pregio.
Il vincolo di tutela indiretta ai sensi dell’art.45 del D. lg.vo n. 42/2004 
volto a proteggere un bene culturale non in quanto tale, ma evitando, come dice 
la norma, che” ne sia danneggiata la prospettiva o la luce o ne siano alterate 
le condizioni di ambiente e di decoro”, intende , quindi, mantenere al bene in 
parola la sua cornice, che non di rado è parte integrante del suo fascino e 
della sua bellezza; ed, a tal fine, come tale, il vincolo in parola può assumere 
il più vario concreto contenuto, dato che può prescrivere, sempre in base alla 
lettera della legge, “ distanze”, “misure” ed “altre norme”, fra le quali 
pacificamente si comprende l’inedificabilità di certe aree o le altezze massime 
dei fabbricati da realizzare in prossimità del bene tutelato.
La giurisprudenza, anche con riferimento a norme previgenti di contenuto 
identico a quella qui applicabile, ha pertanto avuto cura di precisare i limiti 
entro i quali l’amministrazione può imporre il vincolo in questione, che in 
astratto, data la potenziale indeterminatezza dei concetti coinvolti di “ 
prospettiva”, “ luce”, “ ambiente”e “ decoro”, potrebbe assumere ampiezza ed 
intensità notevoli, tali da sacrificare in modo particolarmente intenso la 
posizione di privati.
In linea generale il Consiglio di Stato- si cita per tutte sez. VI 20.09.2006 n. 
4866-, ha allora affermato che “ se è vero che la imposizione dei vincoli 
previsti dalla legge 1089 del 1939 consegue ad una valutazione ampiamente 
discrezionale dell’Amministrazione, la stessa soggiace a precisi limiti, 
enugleabili nel generale concetto di logicità e razionalità dell’azione 
amministrativa, onde evitare che la vincolatività indiretta, accessoria e 
strumentale potesse trasformarsi in una vincolatività generale ed 
indifferenziata; nel principio di proporzionalità e congruità del mezzo rispetto 
al fine perseguito, nella specifica valutazione dell’interesse pubblico “ 
particolare” perseguito e nella necessità che nella motivazione provvedi mentale 
sia chiaramente espressa l’impossibilità di scelte alternative meno onerose per 
il privato gravato del vincolo indiretto”.
Con riferimento poi al caso in cui il vincolo indiretto si risolva anche nella 
inedificabilità di determinate aree, si è evidenziato la necessità di una 
motivazione particolarmente rigorosa e sorretta da adeguata istruttoria, 
trattandosi evidentemente di imporre ai destinatari un sacrificio di notevole 
intensità.
In questi ultimi casi, allora, il contenuto del provvedimento con cui la P.A. fa 
uso del potere di imposizione del vincolo in parola deve essere definito sulla 
base di concrete esigenze di tutela da estrinsecarsi con una motivazione che sia 
necessariamente congrua e dettagliata, sì da rendere conoscibili le valutazioni 
fatte dall’Amministrazione e nel contempo dia contezza delle ragioni del 
sacrificio delle posizioni dei privati pure coinvolti nella definizione del 
rapporto in questione.
Ebbene, pare al Collegio che l’ordito motivazionale del provvedimento impositivo 
del vincolo in contestazione risponda esattamente ai canoni giurisprudenziali 
sopra illustrati se è vero che:
la relazione storico- artistica allegata al provvedimento di vincolo con una 
dettagliata ricostruzione fornisce gli elementi concreti della valenza storico- 
architettonica dell’immobile denominato “ il Teverolaccio”, venendo così 
ribadito il valore culturale del predetto compendio immobiliare;
sono evidenziate circostanze di fatto dalle quali è ben dato evincere la 
sussistenza di situazione di adiacenza e soprattutto di complementarietà 
dell’area circostante il complesso immobiliare, appunto in funzione strumentale 
al bene monumentale stesso, sì da costituire un unico ambito culturale cui 
assicurare la più efficace protezione;
la descrizione dello stato dei luoghi è circostanziata e permette di rilevare 
come l’imposizione del vincolo, nella sua completa formulazione, in particolare, 
con la visuale integrale dell’intero sito, assicuri l’integrità e la visibilità 
del compendio immobiliare, oltreché l’integrità dell’ambiente circostante ed il 
decoro.
La dovizia di notizie, dati e fatti illustrativi del sito, frutto di una 
indagine istruttoria compiuta con sufficiente cura, è tale, invero, da conferire 
al provvedimento impositivo quei necessari requisiti di adeguatezza se non di 
esaustività che la giurisprudenza ha fermamente richiesto, molto probabilmente a 
compensazione del sacrificio arrecato agli interessi dei privati pure essi 
meritevoli di tutela, ma pur sempre secondari rispetto a quelli pubblici sottesi 
alla tutela di che trattasi.
Ma la motivazione posta a sostegno della scelta del vincolo regge anche con 
riferimento al rispetto del principio di proporzionalità prospettato da parte 
ricorrente soprattutto in relazione alla parte del vincolo che stabilisce la non 
edificabilità delle aree poste a distanza minore di 100 metri dal complesso 
immobiliare tutelato.
Orbene, vero è che il sacrificio del privato deve essere ridotto al minimo, ma 
ciò sempre in rapporto alle esigenze di tutela del bene culturale: e allora, se, 
come nella specie, sono ben messi in evidenza l’importanza del bene oggetto 
della tutela, le sue tipiche caratteristiche e le esigenze di conservare queste 
valenze storico- artistiche, è del tutto logico, oltreché giustificato, che la 
destinazione e la utilizzazione urbanistico- edilizia dell’area sia recessiva 
rispetto alle ragioni fondanti dell’apposizione del vincolo.
E ciò, senza voler porre in evidenza la peraltro decisiva circostanza che l’area 
in questione nel piano regolatore vigente all’epoca dell’apposizione del vincolo 
è a destinazione agricola, sicchè con il vincolo si tende a confermare e 
rafforzare la scelta a suo tempo fatta dall’Amministrazione Pubblica laddove ha 
inteso tutelare il carattere agricolo dell’area con una destinazione coerente.
Occorre dunque concludere sul punto che il provvedimento recante il vincolo 
indiretto è sorretto da una autonoma ed esaustiva motivazione che dà adeguata 
contezza delle ragioni poste a fondamento della scelta, costituendo il percorso 
logico- giuridico attraverso cui si è messi in condizione di comprendere il 
perché della necessità di assicurare la tutela indiretta dell’area, senza che da 
tanto possa evincersi una indebita e quindi illegittima compressione delle 
facoltà dominicali e comunque di utilizzo riposte in capo alla ricorrente; e ciò 
ovviamente a maggior ragione per le prescrizioni che concernono l’altezza 
massima dei fabbricati oltre la fascia dei 100 metri e l’ulteriore prescrizione 
di acquisire il parere della Soprintendenza competente in occasione di progetti 
di modificazione delle aree sottoposte al vincolo.
Prive di pregio sono poi le considerazioni svolte sul fatto che in provincia di 
Caserta non risultano adottate misure così restrittive nemmeno per la via Appia 
o per il Palazzo Reale di Caserta, in quanto si tratta di situazioni e di 
contesti assolutamente non comparabili con quelle oggetto dell’intervento 
contestato ed in particolare l’una in quanto ricade in un contesto urbano 
risalente alla fine del ‘700 e adeguatamente tutelato in un raggio di 
cinquecento metri e l’altra ( la via Appia) in situazione di evidente degrado 
proprio a causa della mancata previsione di una adeguata fascia di rispetto.
Quanto, poi, alla censura introdotta con il terzo motivo va sottolineato che i 
presupposti , le ragioni del provvedere e le norme cui è stata data applicazione 
risultano esternati nella relazione allegata al decreto di vincolo e comunque 
nello stesso provvedimento riportate ( tant’è che la ricorrente ha ampiamente 
articolato le opposte tesi) e ciò esclude che la misura adottata incorra nel 
dedotto vizio di violazione della legge 241/90 per violazione del principio 
della partecipazione.
Risulta in particolare che a seguito della comunicazione di avvio del 
procedimento i soggetti interessati- in primis la società ricorrente- 
hanno svolto numerosi rilievi e formulate ampie considerazioni, tutte prese in 
esame dall’Amministrazione procedente e ritenute, con puntuali argomentazioni, 
non sufficienti a modificare l’operato di quest’ultima.
Va, infine, precisato che le censure prospettate con il quarto e quinto motivo 
risultano assolutamente inesplicate e quindi improduttive, limitandosi ad 
affermare pretese violazioni dell’art. 45 del D Lg.vo e dell’art. 42 della 
Costituzione senza però offrire apporti e profili argomentativi idonei a 
suffragare le assunte violazioni.
In conclusione, pertanto, il ricorso si appalesa infondato e deve essere 
conseguentemente respinto, mentre sussistono giusti motivi per disporre la 
totale compensazione tra le parti delle spese di giudizio.
 
P.Q.M.
 
Il Tribunale Amministrativo 
Regionale della Campania- Napoli- sezione ottava, definitivamente pronunciando 
sul ricorso in epigrafe, lo rigetta.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 09/03/2009 con 
l'intervento dei Magistrati:
Antonio Ferone, Presidente, Estensore
Renata Emma Ianigro, Primo Referendario
Olindo Di Popolo, Referendario
IL PRESIDENTE, 
ESTENSORE 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 24/04/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
		
		
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