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1974-9562
CORTE COSTITUZIONALE - 20 novembre 2009, n. 307
ACQUA - Servizio idrico integrato - Disciplina statale - D.lgs. n. 152/2006 - 
Competenze esclusive statali in materia di funzioni fondamentali degli enti 
locali, concorrenza, tutela dell’ambiente, determinazione dei servizi essenziali 
delle prestazioni. La disciplina statale in materia di servizio idrico 
integrato è stata dettata, essenzialmente, dal d.lgs. n. 152 del 2006, il cui 
art. 141 evidenzia come lo Stato, per regolare tale oggetto, abbia fatto ricorso 
a sue competenze esclusive in una pluralità di materie: funzioni fondamentali 
degli enti locali, concorrenza, tutela dell’ambiente, determinazione dei livelli 
essenziali delle prestazioni. Deve, in altri termini, parlarsi di un concorso di 
competenze statali, che vengono esercitate su oggetti diversi, ma per il 
perseguimento di un unico obiettivo, quello dell’organizzazione del servizio 
idrico integrato. Pres. Amirante, Est. Maddalena - Presidente del Consiglio dei 
Ministri c. Regione Lombardia. CORTE COSTITUZIONALE - 20 novembre 2009, n. 
307
ACQUA - Servizio idrico integrato - Gestione della rete idrica ed erogazione 
del servizio - Principio di non separabilità - Art. 147 d.lgs. n. 152/2006 ante 
e post novella ex d.lgs. n. 4/2008 - Unicità e unitarietà - Principio vincolante 
per il legislatore regionale - Art. 49, comma 1, della L.R. Lombardia n. 26 del 
2003, novellato dalla L.R. n. 18 del 2006 - Illegittimità costituzionale. In 
materia di servizio idrico integrato, la cui disciplina è recata da d.lgs. n. 
152 del 2006, sono riscontrabili chiari elementi normativi nel senso della loro 
non separabilità della gestione della rete idrica da quella di erogazione del 
servizio idrico (cfr. art. 147, c. 2, lett. b) nel testo ante novella di cui al 
decreto correttivo n. 4/2008 , vigente alla data di promulgazione della legge 
regionale impugnata: la successiva modifica, che ha sostituito l’espressione 
“unicità” della gestione con “unitarietà” della gestione non appare rilevante, 
atteso che parlare di «unitarietà», anziché di «unicità» delle gestioni, non 
vale a consentire l’opposto principio della separazione delle gestioni stesse. 
In altri termini, le due gestioni, quella delle reti e quella dell’erogazione, 
alla luce della sopravvenuta disciplina statale, potranno anche essere affidate 
entrambe a più soggetti coordinati e collegati fra loro, ma non potranno mai 
fare capo a due organizzazioni separate e distinte. Cfr. altresì gli artt. 150, 
151, commi 2 e 4, e 153, sia prima che dopo la novella recata dal decreto 
correttivo n. 4 del 2008) Il principio della non separabilità tra gestione della 
rete e gestione del servizio idrico integrato è vincolante per il legislatore 
regionale, in quanto le competenze comunali in ordine al servizio idrico devono 
essere considerate quali funzioni fondamentali degli enti locali, la cui 
disciplina è stata affidata alla competenza esclusiva dello Stato dall’art. 117, 
secondo comma, lettera p), Cost.. Ciò non toglie che la competenza in materia di 
servizi pubblici locali resti una competenza regionale, la quale, risulta 
tuttavia limitata dalla competenza statale suddetta, ma può continuare ad essere 
esercitata negli altri settori, nonché in quello dei servizi fondamentali, 
purché non sia in contrasto con quanto stabilito dalle leggi statali. L’art. 49, 
comma 1, della L.R. Lombardia n. 26 del 2003, novellato dalla L.R. n. 18 del 
2006, dunque, ponendo il principio della separazione delle gestioni, violava 
specificamente la competenza statale in materia di funzioni fondamentali dei 
comuni, laddove, in contrasto con la disciplina statale, consentiva ed anzi 
imponeva una separazione non coordinata tra la gestione della rete e 
l’erogazione del servizio idrico integrato. Pres. Amirante, Est. Maddalena - 
Presidente del Consiglio dei Ministri c. Regione Lombardia. CORTE 
COSTITUZIONALE - 20 novembre 2009, n. 307
ACQUA - Servizio idrico integrato - Affidamento - Tutela della concorrenza - 
Norme regionali più rigorose rispetto a quelle statali - Legittimità 
costituzionale. La Costituzione pone il principio, insieme oggettivo e 
finalistico, della tutela della concorrenza, e si deve, pertanto, ritenere che 
le norme regionali più rigorose delle norme interposte statali,ed in quanto 
emanate nell’esercizio di una competenza residuale propria delle Regioni (nella 
specie, quella relativa ai “servizi pubblici locali), non possono essere 
ritenute in contrasto con la Costituzione. Pres. Amirante, Est. Maddalena - 
Presidente del Consiglio dei Ministri c. Regione Lombardia. CORTE 
COSTITUZIONALE - 20/11/2009, n. 307
 
SENTENZA N. 307
ANNO 2009
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: 
- Francesco AMIRANTE Presidente 
- Ugo DE SIERVO Giudice
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
- Giuseppe FRIGO "
- Alessandro CRISCUOLO "
- Paolo GROSSI "
ha pronunciato la seguente 
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 49, commi 1 e 4, della 
legge della Regione Lombardia 12 dicembre 2003, n. 26 (Disciplina dei servizi 
locali di interesse economico generale. Norme in materia di gestione dei 
rifiuti, di energia, di utilizzo del sottosuolo e di risorse idriche), come 
sostituito dall’art. 4, comma 1, lettera p), della legge della Regione Lombardia 
8 agosto 2006, n. 18 (Conferimento delle funzioni agli enti locali in materia di 
servizi locali di interesse economico generale. Modifiche alla legge regionale 
12 dicembre 2003, n. 26 “Disciplina dei servizi locali di interesse economico 
generale. Norme in materia di gestione dei rifiuti, di energia, di utilizzo del 
sottosuolo e di risorse idriche”), promosso dal Presidente del Consiglio dei 
ministri con ricorso notificato il 10 ottobre 2006, depositato in cancelleria il 
17 ottobre 2006 ed iscritto al n. 106 del registro ricorsi 2006. 
Visto l’atto di costituzione della Regione Lombardia;
udito nell’udienza pubblica del 22 settembre 2009 il Giudice relatore Paolo 
Maddalena;
udito l’avvocato dello Stato Francesco Lettera per il Presidente del Consiglio 
dei ministri e l’avvocato Beniamino Caravita di Toritto per la Regione 
Lombardia.
Ritenuto in fatto
1. - Con ricorso notificato il 10 ottobre 2006, depositato il successivo 17 
ottobre e iscritto al n. 106 del registro ricorsi dell’anno 2006, il Presidente 
del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale 
dello Stato, ha sollevato in via principale questione di legittimità 
costituzionale dell’art. 49, commi 1 e 4, della legge della Regione Lombardia 12 
dicembre 2003, n. 26 (Disciplina dei servizi locali di interesse economico 
generale. Norme in materia di gestione dei rifiuti, di energia, di utilizzo del 
sottosuolo e di risorse idriche), come sostituito dall’art. 2 [recte 4], comma 
1, lettera p), della legge della Regione Lombardia 8 agosto 2006, n. 18 
(Conferimento delle funzioni agli enti locali in materia di servizi locali di 
interesse economico generale. Modifiche alla legge regionale 12 dicembre 2003, 
n. 26 “Disciplina dei servizi locali di interesse economico generale. Norme in 
materia di gestione dei rifiuti, di energia, di utilizzo del sottosuolo e di 
risorse idriche”).
2. - Il comma 1 dell’articolo 49 della legge della Regione Lombardia n. 26 del 
2003, nel testo risultante dall’impugnata legge di modifica, dispone che 
«l’Autorità organizza il servizio idrico integrato a livello di ambito separando 
obbligatoriamente l’attività di gestione delle reti dall’attività di erogazione 
dei servizi. Tale obbligo di separazione non si applica all’Autorità dell’ambito 
della città di Milano, che organizza il servizio secondo modalità gestionali 
indicate dall’articolo 2».
2.1. - La difesa erariale ritiene che la previsione della obbligatoria 
separazione dell’attività di gestione delle reti da quella di erogazione dei 
servizi sia in contrasto con gli artt. 114, 117, secondo comma, lettera p), e 
119 della Costituzione, in relazione ai principi fondamentali di cui all’art. 
113 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi 
sull’ordinamento degli enti locali) ed agli artt. 143, 147, 148, 150, 151, 153 e 
176 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale).
2.2. - La difesa erariale ricostruisce il quadro normativo, rilevando che, ai 
sensi dell’art. 141 del d.lgs. n. 152 del 2006, il servizio idrico integrato è 
disciplinato da norme statali per quanto concerne la tutela dell’ambiente e 
della concorrenza, nonché la determinazione dei livelli essenziali delle 
prestazioni di servizio idrico integrato e le relative funzioni fondamentali di 
Comuni, Province e Città metropolitane.
L’Avvocatura richiama, tra gli altri, l’art. 153 del medesimo decreto 
legislativo, in base al quale «le infrastrutture idriche di proprietà degli enti 
locali ai sensi dell’art. 143 sono affidate in concessione d’uso gratuita, per 
la durata della gestione, al gestore del servizio integrato, il quale ne assume 
i relativi oneri nei termini previsti dalla convenzione e dal relativo 
disciplinare».
Per la difesa erariale tale disposizione comproverebbe il principio della unità 
della gestione delle reti e del servizio idrico. Unità che, per l’Avvocatura, 
sarebbe «di fondamentale importanza, in quanto l’obbligo, a carico del gestore, 
della manutenzione ordinaria e straordinaria delle reti» sarebbe «posto a tutela 
della qualità della risorsa idrica fornita e quindi della salute pubblica oltre 
che di ciascun utente, prevenendo qualsiasi ipotesi di trasferimento della 
relativa responsabilità dal soggetto obbligato alla manutenzione all’ente 
proprietario della rete».
2.3. - La separazione della rete dalla gestione del servizio risulterebbe anche 
lesiva dell’autonomia dei Comuni, delle Province e delle Città metropolitane, 
quale riconosciuta dagli artt. 114 e 117, ed, in specie, violerebbe l’art. 117, 
secondo comma, lettera p), della Costituzione, secondo il quale rientra nella 
competenza legislativa esclusiva dello Stato la definizione delle funzioni 
fondamentali degli enti locali.
A tale ambito sarebbero da ricondurre, per il ricorrente, i servizi pubblici 
locali di acquedotto, fognatura e depurazione, le cui modalità di gestione e di 
affidamento, disciplinate dall’art. 113 del d.lgs. n. 267 del 2000, sono 
qualificate come inderogabili ed integrative delle discipline di settore.
La difesa erariale richiama, poi, l’art. 176 del d.lgs. n. 152 del 2006 e 
sostiene che, in base a tale disposizione, la disciplina (già contenuta nella 
legge 5 gennaio 1994, n. 36, recante Disposizioni in materia di risorse idriche) 
e poi trasfusa negli artt. da 141 a 176 del medesimo d.lgs. n. 152 del 2006, 
detterebbe principi fondamentali della materia, ai sensi dell’art. 117, terzo 
comma, della Costituzione.
Il ricorrente richiama, inoltre, il disposto dell’art. 143 del d.lgs. n. 152 del 
2006, rimarcando come esso estenda la categoria dei beni demaniali degli enti 
locali territoriali rafforzandone la destinazione ad usi di pubblico interesse.
In questo contesto, per l’Avvocatura, la disciplina impugnata lederebbe la 
stessa autonomia patrimoniale dell’ente territoriale (art. 119 della 
Costituzione), al quale dovrebbe comunque residuare la titolarità dei beni 
demaniali in questione. 
All’autorità di ambito spetterebbero, infatti, solo la tutela di questi beni, 
nonché le funzioni relative all’organizzazione, all’affidamento ed al controllo 
della gestione del servizio idrico integrato. Mentre in capo al soggetto gestore 
del servizio di erogazione graverebbe l’obbligo di restituzione, alla scadenza 
dell’affidamento, delle opere, degli impianti e delle canalizzazioni del 
servizio idrico integrato in condizioni di efficienza ed in buono stato di 
conservazione, essendo esso tenuto alla manutenzione ordinaria (art. 151, comma 
2, lettera d), del d.lgs. n. 152 del 2006) e straordinaria (art. 151, comma 4, 
del d.lgs. n. 152 del 2006).
2.4. - La separazione della gestione della rete dall’erogazione del servizio 
lederebbe, altresì, sempre nella prospettazione del ricorrente, il “diritto 
potestativo” di gestione diretta (o tramite una società a capitale interamente 
pubblico) del servizio idrico integrato riconosciuto ai comuni con popolazione 
fino a mille abitanti dall’art. 148, comma 5, del d.lgs. n. 152 del 2006. 
“Diritto” che risulterebbe, di contro (ed irragionevolmente), riconosciuto alla 
sola città capoluogo.
2.5. - L’altra norma impugnata e cioè il comma 4 dell’art. 49 della legge della 
Regione Lombardia n. 26 del 2003, nel testo risultante dall’impugnata legge di 
modifica, prevede che «l’affidamento dell’erogazione, così come definita 
dall’art. 2, comma 5, avviene con le modalità di cui alla lettera a) del comma 5 
dell’art. 113 del d.lgs. n. 267/2000. Nel caso di cui all’art. 47, comma 2, le 
Autorità possono procedere ad affidamenti congiunti per gli interambiti».
2.6. - Il Presidente del Consiglio dei ministri ritiene che la disposizione, 
nello stabilire che l’affidamento del servizio di erogazione possa avvenire solo 
con la modalità della gara pubblica, prevista dalla lettera a) del comma 5 
dell’art. 113 del d.lgs. n. 267 del 2000, escludendo, pertanto, che possa 
avvenire anche secondo le modalità della società a capitale misto 
pubblico-privato ovvero della società a capitale interamente pubblico, previste 
dalle lettere b) e c) del medesimo comma 5, violerebbe la disciplina dettata 
dallo Stato, nell’esercizio della sua competenza legislativa in materia di 
tutela della concorrenza (art. 117, secondo comma, lettera e), della 
Costituzione).
La disposizione regionale, per l’Avvocatura, sarebbe pure in contrasto con la 
disciplina di settore, recata dal d.lgs. n. 152 del 2006, tanto nella parte in 
cui questa (art. 150, comma 2) prevede che l’autorità di ambito aggiudica la 
gestione del servizio idrico mediante gara in conformità ai criteri di cui 
all’art. 113, comma 5, lettere a), b) e c), del d.lgs. n. 267 del 2000, quanto 
nella parte in cui questa (art. 148, comma 5) riconosce ai comuni di popolazione 
fino a mille abitanti, ricadenti in comunità montane, la facoltà di scegliere la 
gestione diretta del servizio.
Complessivamente, la limitazione delle modalità di affidamento del servizio 
idrico integrato alla sola procedura di gara pubblica sarebbe, per l’Avvocatura, 
lesiva dell’autonomia degli enti locali ed eccederebbe dalla competenza 
legislativa regionale, finendo per incidere sulla competenza esclusiva statale 
in materia di funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane, 
di cui all’art. 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione.
3. - La Regione Lombardia si è costituita, eccependo l’inammissibilità e 
l’infondatezza del ricorso.
Dopo una ampia ricostruzione della disciplina normativa di riferimento e dopo il 
richiamo dei principi affermati dalle sentenze n. 29 del 2006 e n. 272 del 2004 
della Corte costituzionale, in materia di servizi pubblici locali, la Regione 
individua, anzitutto, tre distinti profili di inammissibilità del ricorso.
3.1. - Per la difesa regionale un primo profilo di inammissibilità consisterebbe 
nella erronea indicazione della norma impugnata.
L’art. 49 della legge della Regione Lombardia n. 26 del 2003, i cui commi 1 e 4 
sono oggetto del ricorso statale, è stato, infatti, interamente sostituito 
dall’art. 4, comma 1, lettera p), della legge della Regione Lombardia n. 18 del 
2006 e non, come erroneamente indicato dalla difesa erariale, dall’art. 2 della 
stessa legge.
3.1.1. - Un secondo profilo di inammissibilità, per la Regione, discenderebbe 
dal carattere incerto e oscuro del petitum del ricorso, nel quale sarebbero 
indicati in modo confuso disposizioni regionali o statali di settore e parametri 
costituzionali, senza una chiara individuazione dei motivi di censura.
3.1.2. - Un terzo profilo di inammissibilità discenderebbe, infine, dalla palese 
aberratio ictus del ricorso.
Per la Regione il fine del ricorso sarebbe, infatti, non tanto quello di 
censurare la separazione tra la gestione delle reti e l’attività di erogazione 
del servizio, quanto quello di contestare l’affidamento della gestione delle 
reti agli enti locali e/o alle società di capitali con la partecipazione 
totalitaria di capitale pubblico incedibile. Sennonché tali previsioni sarebbero 
contenute non negli impugnati commi 1 e 4 dell’art. 49 della legge regionale n. 
26 del 2003, bensì nei commi 2 e 3 del medesimo articolo (nonché nell’ivi 
richiamato art. 2, comma 1, della stessa legge) ovvero in disposizioni non fatte 
oggetto di censura.
3.2. - Nel merito la Regione contesta, anzitutto, la fondatezza della censura 
riferita al comma 1 dell’art. 49 della legge regionale n. 26 del 2003, come 
novellato, sostenendo che non sussisterebbe nel d.lgs. n. 152 del 2006 alcuna 
norma che vieti la separazione tra gestione delle reti ed erogazione del 
servizio.
Per la difesa regionale tale principio non sarebbe infatti enucleabile né 
dall’art. 153, comma 1, del d.lgs. n. 152 del 2006, invocato dall’Avvocatura 
dello Stato, né dalle altre disposizioni pure richiamate dalla difesa erariale 
(artt. 147, comma 2, lettera b), 148, comma 5, 149, comma 5, e 150, comma 1).
Per la Regione, da un canto, la separazione della gestione della rete da quella 
dell’erogazione del servizio sarebbe pienamente legittima, in quanto non vietata 
né espressamente né implicitamente dalla normativa di settore richiamata 
dall’art. 113 del d.lgs. n. 267 del 2000. E, dall’altro, il diverso principio 
della unicità territoriale della gestione sarebbe da intendersi come unitarietà 
della stessa all’interno di ciascun ambito ottimale e, pertanto, come necessità 
di superamento di ogni frammentazione orizzontale tra gestioni all’interno 
dell’ambito ottimale.
3.3. - La difesa regionale sostiene, poi, che l’impugnato art. 49, comma 1, 
della legge della Regione Lombardia n. 26 del 2003 non sarebbe in alcun modo 
lesivo dell’autonomia degli enti locali né eccederebbe la competenza legislativa 
regionale.
Al riguardo, la Regione richiama la sentenza n. 272 del 2004 della Corte 
costituzionale, per la quale la materia dei servizi pubblici locali rientra 
nella competenza residuale delle Regioni, di cui all’art. 117, quarto comma, 
della Costituzione.
3.4. - La Regione reputa, poi, «incomprensibile» il richiamo delle previsioni 
degli artt. 143 e 151, comma 2, lettera m), del d.lgs. n. 152 del 2006, 
riguardanti gli impianti di proprietà degli enti locali e gli obblighi di 
restituzione degli stessi alla scadenza dell’affidamento, effettuato dal 
Presidente del Consiglio dei ministri. Tali aspetti della disciplina statale non 
sarebbero, infatti, né collegati né messi in discussione dalla disposizione 
impugnata.
3.5. - La Regione contesta, inoltre, la lettura dell’art. 148, comma 5, del 
d.lgs. n. 152 del 2006 data dal ricorrente. 
Per la difesa regionale la previsione, che consente ai comuni con popolazione 
fino a mille abitanti la gestione diretta (o tramite una società a capitale 
interamente pubblico) del servizio idrico integrato, non sarebbe una norma di 
principio vincolante la legislazione regionale, bensì solo una disposizione di 
dettaglio per la «salvaguardia di gestioni esistenti che abbiano dato prova di 
operare secondo parametri di efficacia sul piano della qualità e 
dell’economicità dei servizi».
«In ogni caso», continua la Regione, «la norma regionale censurata 
dall’Avvocatura dello Stato» non si porrebbe in contrasto con la disposizione 
statale, dacché «avendo in realtà ad oggetto, la sola Autorità d’ambito della 
città di Milano» non recherebbe una preclusione esplicita di gestione diretta da 
parte dei piccoli comuni.
3.6. - La Regione ritiene, infine, viziata da assoluta genericità ed addirittura 
«incomprensibile» la censura riferita alla violazione dell’art. 119 della 
Costituzione.
«In subordine», afferma la Regione, «se con tale censura si intende contestare 
l’attribuzione da parte della legge regionale, della gestione delle reti agli 
enti locali e/o alle società di capitali con la partecipazione totalitaria di 
capitale pubblico incedibile, tale censura risulta inammissibile per aberratio 
ictus».
3.7. - In ordine alla censura relativa al comma 4 dell’art. 49 della legge della 
Regione Lombardia n. 26 del 2003, la difesa regionale sostiene che la 
legislazione statale di settore non imporrebbe affatto tutti e tre i modelli di 
affidamento astrattamente prefigurati dal comma 5 dell’art. 113 del d.lgs. n. 
267 del 2000, rimettendo, invece, al legislatore regionale la scelta su quale 
opzione seguire. Peraltro, per la Regione, la previsione contestata sarebbe 
comunque legittima, in quanto tesa ad introdurre un regime, quello della gara 
pubblica, più concorrenziale rispetto alla corrispondente norma di legge 
statale. In proposito la Regione sottolinea la “criticità” rispetto alla 
disciplina comunitaria della concorrenza degli istituti dei c.d. affidamenti in 
house, e rimarca come la competenza esclusiva statale in materia di tutela della 
concorrenza, proprio in ragione del suo carattere funzionale e trasversale, non 
escluda affatto un intervento normativo regionale, in senso di maggiore 
concorrenzialità del mercato.
3.8. - La limitazione delle modalità di affidamento della erogazione del 
servizio idrico integrato alla sola gara pubblica non sarebbe per la Regione 
neppure lesiva dell’autonomia degli enti locali né toccherebbe le loro funzioni 
fondamentali. Sul punto la Regione richiama nuovamente i principi affermati 
nella sentenza n. 272 del 2004 della Corte costituzionale e sottolinea come lo 
stesso art. 151, comma 2, del d.lgs. n. 152 del 2006, rimetta alle Regioni la 
definizione di convenzioni tipo, le quali devono prevedere in particolare il 
regime giuridico prescelto per la gestione del servizio.
4. - Successivamente alla proposizione del ricorso, l’art. 8 della legge della 
Regione Lombardia 27 febbraio 2007, n. 5 (Interventi normativi per l’attuazione 
della programmazione regionale e di modifica e integrazione di disposizioni 
legislative - Collegato ordinamentale 2007) ha interpretato autenticamente le 
disposizioni impugnate, prevedendo:
- al comma 1, che «[l]’articolo 49, comma 2, secondo periodo, e comma 3, della 
L.R. n. 26/2003, è da intendersi nel senso che la società cui spetta l’attività 
di gestione è unica a livello d’ambito territoriale ottimale e che, qualora la 
società non sia anche rappresentativa di almeno i due terzi dei comuni 
dell’ambito, la gestione è affidata o a un’unica società a livello d’ambito 
partecipata esclusivamente e direttamente da tutti i comuni, o altri enti locali 
compresi nell’ambito territoriale ottimale, a condizione che gli stessi 
esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri 
servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività 
con l’ente o gli enti locali che la controllano, oppure a un’unica impresa a 
livello d’ambito individuata con le modalità di cui al’articolo 49, comma 3, 
lettera b), della L.R. n. 26/2003»;
- al comma 2, che «[l]’articolo 49, comma 4, primo periodo, della L.R. n. 
26/2003, si interpreta nel senso che l’attività di erogazione del servizio è 
affidata a un soggetto unico a livello d’ambito territoriale ottimale».
5. - In prossimità della udienza pubblica del 20 novembre 2007 la Regione 
Lombardia ha depositato una memoria, nella quale, in buona sostanza, ha ribadito 
le difese già svolte.
5.1. - La difesa regionale, inoltre, ha rilevato come, conformemente alle 
proprie argomentazioni, lo «Schema di decreto legislativo concernente “Ulteriori 
modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 recante norme in materia 
ambientale”» abbia previsto la sostituzione del termine “unicità della 
gestione”, presente nell’art. 147, comma 2, lettera b), con quello di 
“unitarietà della gestione”.
5.2. - La difesa regionale ha, inoltre, eccepito l’inammissibilità della censura 
proposta in riferimento alla violazione dell’art. 148, comma 5, del d.lgs. n. 
152 del 2006, per mancata indicazione del parametro costituzionale violato.
5.3. - La Regione Lombardia ha rilevato, infine, che un intervento normativo 
analogo a quello da essa realizzato con l’introduzione del comma 4 dell’art. 49 
della legge regionale n. 26 del 2003, come novellato, è stato posto in essere 
dalla Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia con la legge regionale 23 giugno 
2005, n. 13 (Organizzazione del servizio idrico integrato e individuazione degli 
ambiti territoriali ottimali in attuazione della legge 5 gennaio 1994, n. 36, 
«Disposizioni in materia di risorse idriche»), senza che questo desse luogo ad 
alcuna impugnazione da parte del Governo.
6. - Nell’udienza del 20 novembre 2007, su richiesta concorde delle parti, è 
stato disposto il rinvio della trattazione del giudizio, per consentire un 
tentativo di conciliazione extragiudiziale della controversia ed, in 
particolare, in ragione di una possibile modifica della legge regionale oggetto 
del giudizio.
7. - Successivamente è stato emanato il decreto legislativo 16 gennaio 2008, n. 
4 (Ulteriori disposizioni correttive ed integrative del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 
152, recante norme in materia ambientale), il quale ha modificato, in parte, le 
norme del d.lgs. n. 152 del 2006 invocate quali parametri interposti del 
giudizio.
In particolare, il nuovo art. 147, comma 2, lettera b), prevede che le Regioni 
possono modificare le delimitazioni degli ambiti territoriali ottimali per 
migliorare la gestione del servizio idrico integrato, nel rispetto (non più del 
principio della unicità, bensì) del principio di unitarietà della gestione e, 
comunque, del superamento della frammentazione verticale delle gestioni.
Analogamente, il nuovo art. 150, comma 1, prevede che l’autorità d’ambito 
deliberi la forma di gestione del servizio idrico integrato fra quelle di cui 
all’art. 113, comma 5, del d.lgs. n. 267 del 2000, nel rispetto del piano 
d’ambito e (non più del principio della unicità, bensì) del principio di 
unitarietà della gestione per ciascun ambito.
Mentre l’art. 148, comma 5, prevede che, ferma restando la partecipazione 
obbligatoria all’autorità d’ambito di tutti gli enti locali, l’adesione alla 
gestione unica del servizio idrico integrato è facoltativa per i comuni con 
popolazione fino a 1.000 abitanti inclusi nel territorio delle comunità montane, 
a condizione che gestiscano l’intero servizio idrico integrato, e previo 
consenso dell’Autorità d’ambito competente.
7.1. - E’ stato, poi, emanato l’art. 23-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 
112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la 
competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione 
tributaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, 
che ha modificato l’art. 113, comma 5, del d.lgs. n. 267 del 2000, stabilendo la 
regola della gara pubblica per l’affidamento dei servizi pubblici locali e la 
graduale eliminazione delle altre forme di affidamento.
8. - In data 28 gennaio 2009 (in prossimità dell’udienza pubblica del 10 
febbraio 2009, alla quale il giudizio era stato nuovamente rinviato), la 
resistente Regione Lombardia ha depositato una memoria, nella quale dà atto 
della approvazione (in data 27 gennaio 2009) da parte del Consiglio regionale 
del progetto di legge regionale presentato dalla Giunta regionale dal titolo 
«Modifiche alle disposizioni generali e alla disciplina del servizio idrico 
integrato di cui alla legge regionale 12 dicembre 2003, n. 26 “Disciplina dei 
servizi locali di interesse economico generale. Norme in materia di gestione dei 
rifiuti, di energia, di utilizzo del sottosuolo e di risorse idriche”», recante 
modifiche alle disposizioni impugnate nel presente giudizio.
In considerazione della prevista parziale abrogazione e modifica di tali 
disposizioni la difesa regionale ha chiesto il rinvio della trattazione nel 
merito del giudizio, «per permettere al Governo un’attenta valutazione del 
testo, al fine di rinunciare al ricorso».
Sempre in data 28 gennaio 2009 l’Avvocatura generale dello Stato ha depositato 
una istanza di rinvio, al fine di valutare «alla luce delle nuove norme 
regionali, nonché del mutato quadro normativo statale di riferimento, se si 
possa procedere ad una rinuncia del ricorso per cessata materia del contendere».
9. - In prossimità dell’udienza pubblica del 22 settembre 2009 la Regione 
Lombardia ha depositato una memoria, nella quale evidenzia la sopravvenuta 
sostituzione delle disposizioni impugnate da parte dell’art. 6 della legge 
regionale 29 gennaio 2009, n. 1 (Modifiche alle disposizioni generali del 
servizio idrico integrato di cui alla legge regionale 12 dicembre 2003, n. 26 
“Disciplina dei servizi locali di interesse economico generale. Norme in materia 
di gestione dei rifiuti, di energia, di utilizzo del sottosuolo e di risorse 
idriche”).
9.1. - L’art. 6 della legge regionale n. 1 del 2009, ha sostituito, in effetti, 
l’impugnato comma 1 dell’art. 49 della legge regionale n. 26 del 2003, come 
modificato dall’art. 4, comma 1, lettera p), della legge regionale n. 18 del 
2006, prevedendo che «[l]’Autorità organizza il servizio idrico integrato a 
livello di ambito separando l’attività di gestione delle reti dall’attività di 
erogazione dei servizi. In sede di approvazione del piano d’ambito, o con 
successiva modifica, l’Autorità può deliberare la non separazione fra gestione 
ed erogazione ai sensi dell’articolo 2, comma 6, in ragione di condizioni di 
maggior favore che tale scelta comporta a beneficio dell’utenza servita. Qualora 
il piano preveda la non separazione fra gestione delle reti ed erogazione del 
servizio, allo stesso o alla sua modifica deve essere allegata una relazione che 
espliciti le condizioni di maggior favore. L’affidamento congiunto di gestione 
ed erogazione è disposto dall’Autorità d’ambito ad un unico soggetto ai sensi 
del comma 3 e nel rispetto delle modalità di cui al comma 4-bis, per un periodo 
che non può superare i dieci anni. A carico di tale unico soggetto sono posti 
gli obblighi assegnati al gestore e all’erogatore in base alla presente legge e 
nel rispetto dell’articolo 2, comma 6-bis». 
Lo stesso art. 6 della legge regionale n. 1 del 2009 ha sostituito, altresì, 
l’impugnato comma 4 dell’art. 49 della legge regionale n. 26 del 2003, 
prevedendo che «[l]’erogazione del servizio, così come definita dall’articolo 2, 
comma 5, è affidata, secondo la normativa comunitaria, a un unico soggetto per 
ambito con le modalità di cui all’articolo 23-bis, comma 2, del decreto-legge 25 
giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la 
semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e 
la perequazione tributaria) convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 
2008, n. 133 per un periodo non superiore a dieci anni. Nell’ipotesi di cui 
all’articolo 47, comma 2, le Autorità possono procedere ad affidamenti congiunti 
per gli interambiti. L’Autorità, con deliberazione adottata con il voto 
favorevole dei due terzi dei componenti, può affidare direttamente l’erogazione 
del servizio alla unica società patrimoniale d’ambito se presenta le 
caratteristiche della società di cui al comma 3, lettera a)».
Il predetto art. 6 della legge regionale n. 1 del 2009 aggiunge, poi, dopo il 
comma 4 dell’art. 49 della legge regionale n. 26 del 2003, i commi 4-bis, 4-ter, 
4-quater, secondo i quali:
- (4-bis) «[I]l ricorso alle modalità di affidamento diretto della gestione, 
della erogazione o congiuntamente di entrambe, ai sensi del comma 3, lettera a), 
è ammesso solo nel rispetto dell’articolo 23-bis, comma 3, L. 133/2008. 
L’Autorità d’ambito, fermi restando gli obblighi previsti dall’articolo 23-bis, 
comma 4, L. 133/2008, in caso di ricorso all’affidamento diretto è tenuta a dare 
adeguata pubblicità alla scelta e alla motivazione della decisione, secondo 
forme e modi stabiliti dalla Giunta regionale e a trasmettere una relazione al 
Garante dei servizi di cui all’articolo 3, motivando la scelta del ricorso 
all’affidamento diretto e alle relative modalità operative per l’espressione di 
un parere sui profili di competenza»; 
- (4-ter) «[L]a Giunta regionale: a) disciplina la pubblicità della scelta di 
cui al comma 4-bis, stabilendone almeno la pubblicazione sull’albo pretorio e 
sul sito informatico dell’Autorità d’ambito, nonché la pubblicizzazione con 
ulteriori strumenti informativi, inclusa quella su quotidiani nazionali e 
regionali; b) precisa i contenuti della relazione di cui al comma 4-bis, nonché 
le modalità per la richiesta e l’espressione del parere del Garante da rendere 
entro sessanta giorni dalla ricezione della documentazione dell’Autorità»; 
- (4-quater) «[I]l mancato rispetto degli impegni sottoscritti dall’erogatore o 
dal soggetto titolare dell’affidamento congiunto di gestione ed erogazione, 
contenuti nel contratto di servizio, per tre anni consecutivi o per il termine 
inferiore indicato nel contratto di servizio, comporta per l’Autorità l’obbligo 
di risolvere il contratto. In caso di accertata inattività dell’Autorità la 
Regione interviene ai sensi dell’articolo 13-bis.».
9.2. - La difesa regionale sostiene che, alla luce delle nuove disposizioni 
recate dall’art. 6 della legge regionale n. 1 del 2009, sarebbe cessata la 
materia del contendere del presente giudizio.
9.3. - La prevista facoltatività (in luogo della anteriormente prevista 
obbligatorietà) della separazione tra la gestione della rete e quella della 
erogazione del servizio farebbe, infatti, venire meno l’interesse statale alla 
impugnativa dell’art. 49, comma 1, della legge regionale n. 26 del 2003, come 
modificato dall’art. 4, comma 1, lettera p), della legge regionale n. 18 del 
2006. 
9.4. - La prevista sottoposizione delle procedure di affidamento della 
erogazione del servizio alla disciplina comunitaria e a quella recata dall’art. 
23-bis, del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito nella legge n. 133 del 
2008, (in luogo della anteriormente prevista applicazione della sola modalità di 
cui all’art. 113, comma 5, lettera a), del d.lgs. n. 267 del 2000 ovvero della 
sola modalità della gara pubblica), sempre secondo la difesa regionale, farebbe 
venire meno l’interesse anche in ordine alla ulteriore censura statale, riferita 
al comma 4 dell’art. 49, come modificato dall’art. 4, comma 1, lettera p), della 
legge regionale n. 18 del 2006. Ciò, in quanto il predetto art. 23-bis (che, al 
comma 11, ha espressamente abrogato tutte le previsioni incompatibili dettate 
dall’art. 113 del d.lgs. n. 267 del 2000) consentirebbe tanto l’affidamento a 
favore di imprenditori o di società in qualunque forme costituite individuate 
mediante procedure competitive ad evidenza pubblica (art. 23-bis, comma 2), 
quanto l’affidamento diretto, purché nel rispetto dei principi della disciplina 
comunitaria (art. 23-bis, commi 3 e ss.). 
La difesa regionale, anche in considerazione della previsione dell’art. 49, 
comma 1, della legge regionale n. 26 del 2003, come sostituito dall’art. 6 della 
legge regionale n. 1 del 2009, per il quale, in caso di affidamento congiunto 
della gestione della rete e della erogazione del servizio ad unico soggetto, 
questo viene individuato, ai sensi dell’art. 49, comma 3, della medesima legge 
tra «società partecipate esclusivamente e direttamente dai comuni o altri enti 
locali compresi nell’ambito territoriale ottimale, a condizione che gli stessi 
esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri 
servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività 
con l’ente o gli enti locali che la controllano» ovvero tra «imprese idonee da 
individuare mediante procedure a evidenza pubblica» sostiene che, in definitiva, 
vi sarebbe perfetta compatibilità (ed anzi sovrapponibilità) tra la disciplina 
regionale ora vigente e quella invocata dallo Stato nel presente giudizio quale 
norma interposta asseritamente violata, di cui all’art. 113 del d.lgs. n. 267 
del 2000.
9.5. - La difesa regionale sostiene, infine, che, laddove fosse ritenuto 
necessario alla verifica dell’attualità dell’interesse al ricorso del Presidente 
del Consiglio dei ministri, potrebbe procedersi ad una istruttoria per accertare 
l’avvenuta applicazione o meno delle disposizioni impugnate prima della loro 
intervenuta abrogazione e sostituzione.
9.6. - In via subordinata rispetto alla richiesta declaratoria di cessazione 
della materia del contendere, la difesa regionale lombarda, rilevato che sono 
stati proposti due ricorsi governativi (r. ric. n. 26 e n. 56 del 2009) avverso 
disposizioni della legge regionale n. 1 del 2009 e della legge 29 giugno 2009, 
n. 10 (Disposizioni in materia di ambiente e servizi di interesse economico 
generale - Collegato ordinamentale), anch’esse relative alla disciplina del 
servizio idrico integrato, chiede il rinvio della trattazione del presente 
giudizio, al fine di consentire l’esame congiunto dei tre ricorsi.
9.7. - Nel merito la difesa regionale ribadisce, peraltro, gli argomenti già 
sviluppati nel senso della infondatezza del ricorso statale.
10. - All’udienza del 22 settembre 2009 l’Avvocatura generale dello Stato ha 
affermato la persistenza dell’interesse a ricorrere, atteso che le disposizioni 
impugnate avrebbero avuto applicazione prima della loro abrogazione e 
sostituzione, e ha depositato alcuni documenti dai quali sarebbe desumibile 
l’avvenuta applicazione delle stesse.
La difesa della Regione Lombardia si è opposta a tale produzione documentale, in 
ragione della tardività ed irritualità del deposito.
Considerato in diritto
1. - Il Presidente del Consiglio dei ministri ha sollevato in via principale 
questione di legittimità costituzionale dell’art. 49, commi 1 e 4, della legge 
della Regione Lombardia 12 dicembre 2003, n. 26 (Disciplina dei servizi locali 
di interesse economico generale. Norme in materia di gestione dei rifiuti, 
energia, di utilizzo del sottosuolo e di risorse idriche), come sostituiti 
dall’art. 2 (recte 4), comma 1, lettera p), della legge della Regione Lombardia 
18 agosto 2006, n. 18 (Conferimento delle funzioni agli enti locali in materia 
di servizi locali di interesse economico generale. Modifiche alla legge 
regionale 12 dicembre 2003, n. 26 «Disciplina dei servizi locali di interesse 
economico generale. Norme in materia di gestione dei rifiuti, energia, di 
utilizzo del sottosuolo e di risorse idriche»).
1.1. - L’art. 49, comma 1, della legge della Regione Lombardia n. 26 del 2003, 
nel testo novellato dall’art. 4, comma 1, lettera p), della legge regionale n. 
18 del 2006, prescrive che: «L’Autorità organizza il servizio idrico integrato a 
livello di ambito separando obbligatoriamente l’attività di gestione delle reti 
dall’attività di erogazione dei servizi. Tale obbligo di separazione non si 
applica all’Autorità dell’ambito della città di Milano, che organizza il 
servizio secondo le modalità gestionali indicate dall’art. 2»
Per il ricorrente tale disposizione sarebbe in contrasto con gli artt. 114 e 
117, secondo comma, lettera p), della Costituzione, in relazione ai principi 
fondamentali di cui all’art. 113 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 
(Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali) ed agli artt. 143, 
147, 148, 150, 151, 153 e 176 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 
(Norme in materia ambientale), in quanto avrebbe violato il principio dell’unità 
della gestione delle reti e del servizio previsto dalla disciplina dettata dallo 
Stato nell’esercizio della sua competenza legislativa esclusiva in ordine alla 
definizione delle funzioni fondamentali degli enti locali.
La disposizione impugnata sarebbe, poi, in contrasto con l’art. 119 della 
Costituzione, in quanto la separazione della gestione della rete da quella del 
servizio sarebbe dovuta avvenire con il conferimento della proprietà degli 
impianti, della rete e delle opere ad una società interamente partecipata dai 
comuni, nelle forme indicate dall’art. 2, comma 1, e 49, commi 2 e 3, della 
medesima legge regionale n. 26 del 2003, come novellata, e non avrebbe garantito 
la titolarità in capo ai comuni dei beni del proprio demanio idrico.
L’art. 49, comma 1, della legge della Regione Lombardia n. 26 del 2003, nel 
testo novellato dall’art. 4, comma 1, lettera p), della legge regionale n. 18 
del 2006, viene, infine, censurato, in riferimento all’art. 117, secondo comma, 
lettera p), della Costituzione, in relazione all’art. 148, comma 5, del d.lgs. 
n. 152 del 2006, in quanto la separazione della gestione della rete dalla 
erogazione del servizio non avrebbe rispettato il “diritto potestativo” di 
gestione diretta (o tramite una società a capitale interamente pubblico) del 
servizio idrico integrato riconosciuto ai comuni con popolazione fino a mille 
abitanti ricadenti in comunità montane.
1.2. - L’art. 49, comma 4, della legge della Regione Lombardia n. 26 del 2003, 
nel testo risultante dall’impugnata legge di modifica n. 18 del 2006, prevede 
che l’affidamento della gestione dell’erogazione del servizio idrico integrato 
debba avvenire con la modalità della gara pubblica, prevista dalla lettera a) 
del comma 5 dell’articolo 113 del d.lgs. n. 267 del 2000.
Per il ricorrente tale disposizione, nella parte in cui esclude che 
l’affidamento della gestione dell’erogazione del servizio idrico integrato non 
possa avvenire anche secondo le modalità della società a capitale misto pubblico 
privato ovvero della società a capitale interamente pubblico, previste dalle 
lettere b) e c) del medesimo comma 5, dell’art. 113 del d.lgs. n. 267 del 2000, 
avrebbe violato l’art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, in 
quanto contraria alla disciplina dettata dallo Stato nell’esercizio della sua 
competenza legislativa in materia di tutela della concorrenza.
La disposizione impugnata sarebbe, poi, in contrasto con gli artt. 114 e 117, 
secondo comma, lettera p) della Costituzione, per ragioni analoghe a quelle 
sopra indicate in merito all’impugnazione del comma 1.
L’art. 49, comma 4, della legge della Regione Lombardia n. 26 del 2003, come 
sostituito dall’articolo 4, comma 1, lettera p), della legge regionale n. 18 del 
2006, viene, infine, censurato, in riferimento all’art. 117, secondo comma, 
lettera p), della Costituzione, in relazione all’articolo 148, comma 5, del 
d.lgs. n. 152 del 2006, anche in questo caso, per ragioni analoghe a quelle 
sopra indicate in merito all’impugnazione del comma 1.
2. - Deve preliminarmente rilevarsi che le disposizioni impugnate sono state 
modificate da parte dell’art. 6 della legge regionale 29 gennaio 2009, n. 1 
(Modifiche alle disposizioni generali del servizio idrico integrato di cui alla 
legge regionale 12 dicembre 2003, n. 26 “Disciplina dei servizi locali di 
interesse economico generale. Norme in materia di gestione dei rifiuti, di 
energia, di utilizzo del sottosuolo e di risorse idriche”).
Peraltro, stante la vigenza delle disposizioni impugnate per circa due anni 
prima della loro abrogazione e sostituzione a carattere non retroattivo e non 
constando che esse non abbiano avuto nelle more concreta applicazione, deve 
ritenersi il perdurante interesse del ricorrente Presidente del Consiglio dei 
ministri all’impugnazione proposta, limitatamente al periodo di vigenza delle 
disposizioni stesse.
3. - Ancora in via preliminare deve dichiararsi la inammissibilità della 
produzione documentale depositata dall’Avvocatura generale dello Stato nel corso 
dell’udienza pubblica del 22 settembre 2009, stante la tardività di tale 
produzione e l’opposizione della resistente Regione Lombardia sul punto.
3.1. - Sempre in via preliminare devono essere disattese le eccezioni di 
inammissibilità del ricorso sollevate dalla difesa della Regione Lombardia.
3.2. - L’errore materiale nell’indicazione della norma impugnata denunciato 
dalla resistente è effettivamente sussistente (l’articolo 49 della legge 
regionale n. 26 del 2003, i cui commi 1 e 4 sono oggetto del ricorso statale, è 
stato interamente sostituito dall’art. 4, comma 1, lettera p), della legge 
regionale n. 18 del 2006 e non dall’articolo 2 della stessa legge, erroneamente 
indicato dalla difesa erariale), ma ciò non preclude l’ammissibilità del 
ricorso, dato che questo riporta il testo esatto delle disposizioni impugnate, 
sicché nessun dubbio sussiste in ordine alla identificazione delle stesse.
3.3. - Quanto alla prospettata incertezza ed oscurità del petitum, si deve 
rilevare che il ricorso enuncia con sufficiente chiarezza i motivi di censura, 
là dove contesta, in relazione alla normativa statale di settore in materia di 
servizio idrico integrato, l’obbligo di separazione tra la gestione della rete e 
della erogazione del servizio idrico, nonché i criteri di affidamento di 
quest’ultimo, previsti dalla legge regionale censurata.
3.4. - Non appare, infine, sussistere la prospettata aberratio ictus del 
ricorrente, atteso che, contrariamente a quanto assume la difesa regionale, il 
ricorso censura, in via generale, la possibilità di affidare separatamente la 
gestione delle reti e l’attività di erogazione del servizio (prevista 
dall’impugnato comma 1 dell’art. 49 della legge regionale, n. 26 del 2003) e non 
l’affidamento della gestione delle reti agli enti locali e/o alle società di 
capitali con la partecipazione totalitaria di capitale pubblico incedibile 
(previsto nei non impugnati commi 2 e 3 del medesimo art. 49). Disciplina 
quest’ultima, che, peraltro, non è stata oggetto di impugnazione da parte dello 
Stato.
4. - Nel merito può anzitutto rilevarsi che entrambe le disposizioni regionali 
impugnate riguardavano il servizio idrico integrato.
La relativa disciplina statale è stata dettata, essenzialmente, dal d.lgs. n. 
152 del 2006, il cui art. 141 evidenzia come lo Stato, per regolare tale 
oggetto, abbia fatto ricorso a sue competenze esclusive in una pluralità di 
materie: funzioni fondamentali degli enti locali, concorrenza, tutela 
dell’ambiente, determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni.
Deve, in altri termini, parlarsi di un concorso di competenze statali, che 
vengono esercitate su oggetti diversi, ma per il perseguimento di un unico 
obiettivo, quello dell’organizzazione del servizio idrico integrato.
4.1. - Ciò premesso in linea generale, devono ora trattarsi separatamente le 
questioni relative al primo ed al quarto comma dell’art. 49 della legge della 
Regione Lombardia n. 26 del 2003, come modificato dall’articolo 4, comma 1, 
lettera p), della legge regionale n. 18 del 2006, sostitutivo di detti commi.
5. - La questione sollevata avverso l’art. 49, comma 1, in riferimento agli 
artt. 114 e 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione, in relazione ai 
principi fondamentali di cui all’articolo 113 del d.lgs. n. 267 del 2000 ed agli 
artt. 143, 147, 148, 150, 151, 153 e 176 del d.lgs. n. 152 del 2006, è fondata.
5.1. - L’art. 113 del d.lgs. n. 267 del 2000, nel disciplinare la gestione delle 
reti e l’erogazione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, prevede 
che siano le discipline di settore a stabilire i casi nei quali l’attività di 
gestione delle reti e degli impianti destinati alla produzione dei servizi 
pubblici locali può essere separata da quella di erogazione degli stessi. Pone, 
cioè, un generale divieto di separazione, salva la possibilità per le discipline 
di settore di prevederla.
Per quanto attiene al servizio idrico integrato, come si è detto, la disciplina 
statale di settore è recata dal d.lgs. n. 152 del 2006.
Quest’ultimo non prevede né espressamente né implicitamente la possibilità di 
separazione della gestione della rete idrica da quella di erogazione del 
servizio idrico; mentre in varie disposizioni del decreto sono riscontrabili 
chiari elementi normativi nel senso della loro non separabilità.
L’art. 147, comma 2, lettera b) del d.lgs. n. 152 del 2006, in particolare, nel 
testo vigente alla data di promulgazione della legge regionale impugnata, impone 
alle Regioni di osservare, in sede di modifica delle delimitazioni degli ambiti 
territoriali ottimali per migliorare la gestione del servizio idrico integrato, 
oltre i principi di efficienza, efficacia ed economicità, soprattutto quello di 
«unicità della gestione e, comunque, del superamento della frammentazione 
verticale delle gestioni».
In questo contesto appare non rilevante la novella recata alla prima parte dello 
stesso art. 147, comma 2, lettera b), nonché all’art. 150, comma 1, del d.lgs. 
n. 152 del 2006 dal d.lgs. correttivo 16 gennaio 2008, n. 4 (Ulteriori 
disposizioni correttive ed integrative del d.lgs. 3 aprile 2006, n, 152, recante 
norme in materia ambientale), secondo la quale, nella individuazione dei 
principi vincolanti le Regioni nella organizzazione degli ambiti territoriali 
ottimali e nella scelta delle forme e delle procedure di affidamento, 
l’espressione «unicità della gestione» deve essere sostituita con quella di 
«unitarietà della gestione».
Indipendentemente da ogni considerazione sul valore semantico dei termini 
«unicità» ed «unitarietà» della gestione, è, infatti evidente che parlare di 
«unitarietà», anziché di «unicità» delle gestioni, non vale a consentire 
l’opposto principio della separazione delle gestioni stesse. In altri termini, 
le due gestioni, quella delle reti e quella dell’erogazione, alla luce della 
sopravvenuta disciplina statale, potranno anche essere affidate entrambe a più 
soggetti coordinati e collegati fra loro, ma non potranno mai fare capo a due 
organizzazioni separate e distinte.
La non separabilità tra gestione della rete ed erogazione del servizio idrico è 
confermata anche da ulteriori disposizioni del d.lgs. n. 152 del 2006.
Anzitutto, gli artt. 151, commi 2 e 4, e 153 del d.lgs. n. 152 del 2006, sia 
prima che dopo la novella recata dal decreto correttivo n. 4 del 2008, prevedono 
che il gestore del servizio idrico integrato debba gestire e curare la 
manutenzione (ordinaria e straordinaria) delle reti e quindi escludono che possa 
darsi una distinzione tra gestore della rete, tenuto alla sua manutenzione, e 
erogatore del servizio, che da tale obbligatoria attività sia sollevato.
L’art. 150 del d.lgs. n. 152 del 2006, poi, tanto nel testo vigente alla data di 
promulgazione della legge regionale impugnata, quanto in quello risultante dalle 
successive novelle, regola l’affidamento del servizio idrico integrato senza 
differenziare affatto tra affidamento della rete e del servizio di erogazione e 
quindi senza consentire una separazione tra di essi.
5.2. - Stabilito che la disciplina statale di settore non consente la 
separabilità tra gestione della rete e gestione del servizio idrico integrato, 
resta da chiarire che tale principio risulta vincolante per il legislatore 
regionale, in quanto riconducibile alla competenza esclusiva dello Stato in 
materia di funzioni fondamentali dei comuni (art. 117, secondo comma, lettera 
p), Cost.). Infatti, le competenze comunali in ordine al servizio idrico sia per 
ragioni storico-normative sia per l’evidente essenzialità di questo alla vita 
associata delle comunità stabilite nei territori comunali devono essere 
considerate quali funzioni fondamentali degli enti locali, la cui disciplina è 
stata affidata alla competenza esclusiva dello Stato dal novellato art. 117. 
Ciò non toglie, ovviamente, che la competenza in materia di servizi pubblici 
locali resti una competenza regionale, la quale, risulta in un certo senso 
limitata dalla competenza statale suddetta, ma può continuare ad essere 
esercitata negli altri settori, nonché in quello dei servizi fondamentali, 
purché non sia in contrasto con quanto stabilito dalle leggi statali. 
L’art. 49, comma 1, della legge regionale n. 26 del 2003, novellato dalla legge 
regionale n. 18 del 2006, dunque, ponendo il principio della separazione delle 
gestioni, violava specificamente la competenza statale in materia di funzioni 
fondamentali dei comuni, laddove, in contrasto con la disciplina statale, 
consentiva ed anzi imponeva una separazione non coordinata tra la gestione della 
rete e l’erogazione del servizio idrico integrato.
5.3. - Resta assorbita ogni ulteriore questione relativa al comma 1 dell’art. 49 
della legge della Regione Lombardia n. 26 del 2003, come modificato 
dall’articolo 4, comma 1, lettera p), della legge regionale n. 18 del 2006.
6. - Le questioni sollevate in ordine al comma 4 del medesimo art. 49 sono, 
invece, non fondate.
6.1. - Le modalità di affidamento dei servizi pubblici locali a rilevanza 
economica sono regolate, in via generale, dall’art. 113 del d.lgs. n. 267 del 
2000 e dall’art. 23-bis del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito nella 
legge n. 133 del 2008. Norme entrambe emanate nell’esercizio della competenza 
statale in materia di tutela della concorrenza di cui all’art. 117, secondo 
comma, lettera e), della Costituzione (cfr. sent. n. 272 del 2004).
Inconferente risulta, pertanto, in subiecta materia l’invocazione da parte del 
ricorrente degli artt. 114 e 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione, 
nonché dell’articolo 148, comma 5, del d.lgs. n. 152 del 2006, posto che la 
regolamentazione di tali modalità non riguarda un dato strutturale del servizio 
né profili funzionali degli enti locali ad esso interessati (come, invece, la 
precedente questione relativa alla separabilità tra gestione della rete ed 
erogazione del servizio idrico), bensì concerne l’assetto competitivo da dare al 
mercato di riferimento.
6.2. - La disciplina statale vigente al momento della proposizione del ricorso 
(art. 113 del d.lgs. n. 267 del 2000) prevedeva, al riguardo, più forme di 
affidamento, consentendo che esso avvenisse, oltre che a favore di società di 
capitali individuate attraverso l’espletamento di gare con procedure ad evidenza 
pubblica, anche, a determinate condizioni, a favore di società a capitale misto 
pubblico-privato ovvero di società a capitale interamente pubblico.
Al fine di garantire una maggiore concorrenzialità dei relativi mercati la 
successiva disciplina recata dall’art. 23-bis del decreto-legge n. 112 del 2008, 
convertito nella legge n. 133 del 2008, che si è in parte sovrapposta e in parte 
integrata con quella dell’art. 113 del d.lgs. n. 267 del 2000, ha previsto la 
necessità della gara pubblica per l’affidamento del servizio pubblico locale a 
rilevanza economica, limitando ulteriormente e sempre con il rispetto delle 
norme comunitarie il ricorso a forme di affidamento differenti.
In questo contesto si inserisce la disposizione regionale impugnata, la quale, 
peraltro, in riferimento al solo servizio di erogazione idrica, prevedeva una 
disciplina parzialmente differente, consentendo solo l’affidamento mediante gara 
pubblica.
Le norme statali, tanto quelle vigenti all’epoca dei fatti, quanto le attuali, 
sono, come si nota, meno rigorose di quelle poste dalla Regione. Occorre allora 
stabilire se le Regioni, in tema di tutela della concorrenza, possono dettare 
norme che tutelano più intensamente la concorrenza, rispetto a quelle poste 
dallo Stato.
Al riguardo, deve considerarsi che la Costituzione pone il principio, insieme 
oggettivo e finalistico, della tutela della concorrenza, e si deve, pertanto, 
ritenere che le norme impugnate, in quanto più rigorose delle norme interposte 
statali, ed in quanto emanate nell’esercizio di una competenza residuale propria 
delle Regioni, quella relativa ai “servizi pubblici locali”, non possono essere 
ritenute in contrasto con la Costituzione.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 49, comma 1, della legge della 
Regione Lombardia 12 dicembre 2003, n. 26 (Disciplina dei servizi locali di 
interesse economico generale. Norme in materia di gestione dei rifiuti, di 
energia, di utilizzo del sottosuolo e di risorse idriche), come sostituito 
dall’articolo 4, comma 1, lettera p), della legge della Regione Lombardia 18 
agosto 2006, n. 18 (Conferimento delle funzioni agli enti locali in materia di 
servizi locali di interesse economico generale. Modifiche alla legge regionale 
12 dicembre 2003, n. 26 “Disciplina dei servizi locali di interesse economico 
generale. Norme in materia di gestione dei rifiuti, di energia, di utilizzo del 
sottosuolo e di risorse idriche”);
dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 49, 
comma 4, della legge della Regione Lombardia n. 26 del 2003, come sostituito 
dall’articolo 4, comma 1, lettera p), della legge della Regione Lombardia n. 18 
del 2006, sollevate, in riferimento agli artt. 117, secondo comma, lettere e) e 
p) della Costituzione, in relazione all’articolo 148, comma 5, del decreto 
legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), dal Presidente 
del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della 
Consulta, il 16 novembre 2009.
F.to:
Francesco AMIRANTE, Presidente
Paolo MADDALENA, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 20 novembre 2009.
		
		
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