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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006  - ISSN 1974-9562



CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 13/05/2009 (Ud. 25/03/2009), Sentenza n. 20138



DIRITTO URBANISTICO - BENI CULTURALI ED AMBIENTALI - BOSCHI E FORESTE - Taglio di bosco autorizzato - Danneggiamento ceppaie - Reato di cui all'art. 181 D.L.vo n 42/2004 - Configurabilità.
In materia di tutela ambientale, qualsiasi modificazione del territorio, al di fuori delle ipotesi consentite, purché astrattamente idonea a ledere il bene protetto, configura il reato di cui all'articolo 181 del decreto legislativo n 42 del 2004. Quindi anche il decespugliamento, il disboscamento, il taglio o la distruzione di ceppaie, al di fuori di qualsiasi pratica colturale ed in assenza di autorizzazione o in difformità da essa, configura il reato di cui all'articolo 181 del decreto legislativo n 42 del 2004 (cfr Cass. n. 29483/2004, Cass. n. 35689/2004, Cass. n. 16036/2006). Il possesso dell’autorizzazione per il taglio di un bosco non legittima il danneggiamento delle ceppaie. Pres. Onorato, Est. Petti, Ric. Somà. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 13/05/2009 (Ud. 25/03/2009), Sentenza n. 20138


DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Fatto punito contestualmente da una disposizione penale, regionale o delle province autonome - Si applica la disposizione penale - Criterio. In base al comma secondo dell'articolo 9 della legge n 689 del 1981, quando uno stesso fatto è punito da una disposizione penale e da una disposizione regionale o delle province autonome si applica la disposizione penale, salvo che quest'ultima sia applicabile solo in mancanza di altre disposizioni penali. Pres. Onorato, Est. Petti, Ric. Somà. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 13/05/2009 (Ud. 25/03/2009), Sentenza n. 20138


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UDIENZA  25.03.2009

SENTENZA N. 729

REG. GENERALE n.37951/08


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale



Composta dagli Ill.mi Signori


Dott. Pierluigi ONORATO                Presidente
Dott. Ciro PETTI                             Consigliere
Dott. Alfredo TERESI                      Consigliere
Dott. Mario GENTILE                      Consigliere
Dott. Margherita MARMO                Consigliere


ha pronunciato la seguente


SENTENZA


sul ricorso proposto dal difensore di Somà Ferruccio,nato a Racconigi il 9 gennaio del 1960, avverso la sentenza della corte d'appello di Genova del 23 aprile del 2008;

udita la relazione svolta dal consigliere dott. Ciro Petti;

sentito il sostituto procuratore generale dott. Gioacchino Izzo, il quale ha concluso per l'inammissibilità del ricorso

Letti il ricorso e la sentenza denunciata osserva quanto segue
 

IN FATTO
 

La corte d'appello di Genova,con sentenza del 23 aprile del 2008, confermava quella resa dal Tribunale di Savona il 19 giugno del 2007, con cui Somà Ferruccio era stato condannato alla pena di gg 10 di arresto ed 11.000 di ammenda,quale responsabile del reato di cui all'articolo 181 del decreto legislativo n 42 del 2004, per avere eseguito in una zona boschiva vincolata lavori in difformità dall'autorizzazione modificando lo stato dei luoghi e danneggiando i nuovi virgulti provenienti dai ricacci delle ceppaie. Fatto commesso in data antecedente e prossima all'accertamento del 22 ottobre del 2004

Secondo la ricostruzione fattuale contenuta nella sentenza impugnata il prevenuto, munito di autorizzazione al taglio del bosco ceduo, aveva eseguito il taglio nel periodo previsto ma non aveva rispettato il termine di un mese per il compimento di tutte le operazioni consequenziali di rimozione del materiale tagliato ed era stato sorpreso mentre trascinava il materiale tagliato cagionando un danno rilevante alla ricrescita del bosco

Ricorre per cassazione l'imputato per mezzo del proprio difensore deducendo:

1) la violazione degli articoli 516 e 521 c.p.p. per mancata correlazione tra il fatto contestato e quello ritenuto in sentenza: assume che era stato rinviato a giudizio perchè rispondesse del reato di cui all'articolo 181 del decreto legislativo n 42 del 2004, per avere eseguito opere in assenza della prescritta autorizzazione mentre era stato condannato per avere eseguito opere in difformità dall'autorizzazione ;la corte aveva ritenuto di superare l'eccezione sollevata in primo grado e ribadita con i motivi d'appello osservando che nel capo d'imputazione erano state indicate tutte le condotte realizzate dal prevenuto e che v'era una sostanziale equiparazione tra attività compiuta in assenza dell'autorizzazione ed attività eseguita in difformità;

2) l'insussistenza del reato perchè il ricorrente era munito di autorizzazione per il taglio del bosco;

3) l'insussistenza del reato contestato per l'inidoneità della condotta ad integrare gli estremi del reato contestato nonché manifesta illogicità della motivazione in relazione alla deposizione resa dal teste Botta Emiliano :assume che le condotte ascritte al prevenuto(mancata rimozione del legname abbattuto,trascinamento di piante tagliate e non sfrondate) configuravano in assenza di un rilevante vulnus al bene giuridico, dei semplici illeciti amministrativi previsti dalla normativa regionale vigente;

4) la violazione dell'articolo 158 c.p.. per la mancata individuazione della data di consumazione del reato;

5) omessa motivazione sul trattamento sanzionatorio superiore al minimo edittale e sulla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche
 

IN DIRITTO
 

Il ricorso è solo in minima parte fondato e va accolto per quanto di ragione

Con riferimento al primo motivo si osserva che, secondo l'orientamento di questa corte, ribadito dalle Sezioni unite con la nota sentenza del 19 giugno del 1996 De Francesco, il problema della correlazione tra fatto contestato e fatto ritenuto in sentenza non deve essere esaminato in base al mero confronto letterale tra la contestazione e la sentenza, ma da un punto di vista "teleologico-funzionale" ed escludere il vizio quando il prevenuto ha avuto la possibilità di difendersi in ordine all'oggetto dell'imputazione. Sarebbe invero in contrasto con il principio di economia processuale e con la necessità di contenere la durata del processo in termini ragionevoli, disporre la regressione del procedimento nelle ipotesi in cui l'imputato non ha subito alcuna violazione del diritto di difesa (cfr da ultimo Cass. n.15655 del 2008). Nella fattispecie, anche se nel capo d'imputazione, si è fatto impropriamente riferimento al taglio del bosco non autorizzato, posto che il prevenuto era munito di autorizzazione, sono state analiticamente indicate tutte le altre condotte successive al taglio del bosco per le quali il Somà è stato condannato e per le quali non era autorizzato ed in modo particolare si è precisato nel capo d'imputazione che il trascinamento degli alberi tagliati e non sfrondati aveva danneggiato i nuovi virgulti per un quantitativo di circa 1060 ceppaie, con conseguente modificazione dello stato dei luoghi.

Manifestamente infondati sono il secondo ed il terzo motivi, che vanno esaminati congiuntamente perché strettamente connessi. Il possesso dell'autorizzazione per il taglio del bosco non legittimava il danneggiamento del ceppaie che gli è stato contestato. Non è vero che non sia stata arrecata alcuna offesa al bene protetto perché come risulta dallo stesso capo di imputazione sono state danneggiate circa 1060 ceppaie su una superficie di circa due ettari.

Il fatto addebitato configura il reato contestato e non un semplice illecito amministrativo previsto dalla legge regionale. In ogni caso, in base al comma secondo dell'articolo 9 della legge n 689 del 1981, quando uno stesso fatto è punito da una disposizione penale e da una disposizione regionale o delle province autonome si applica la disposizione penale, salvo che quest'ultima sia applicabile solo in mancanza di altre disposizioni penali. Orbene in materia di tutela ambientale, qualsiasi modificazione del territorio, al di fuori delle ipotesi consentite, purché astrattamente idonea a ledere il bene protetto, configura il reato di cui all'articolo 181 del decreto legislativo n 42 del 2004. Quindi anche il decespugliamento, il disboscamento, il taglio o la distruzione di ceppaie, al di fuori di qualsiasi pratica colturale ed in assenza di autorizzazione o in difformità da essa, configura il reato di cui all'articolo 181 del decreto legislativo n 42 del 2004 (cfr Cass n 29483 del 2004,n 35689 del 2004, n 16036 del 2006). Nel caso in esame,come risulta dalla sentenza di primo grado, l'ispettore Faioli del Corpo forestale ha precisato che con la condotta posta in essere dal prevenuto era stato cagionato un danno permanente alla crescita del bosco.

Del pari infondato è il quarto motivo poiché nei reati istantanei non sempre è possibile individuare il momento in cui il reato si è consumato. In tali casi si fa riferimento al momento dell'accertamento ed ai fini della decorrenza del termine prescrizionale nel dubbio si adotta la soluzione più favorevole per l'imputato. Nella fattispecie il reato, secondo la contestazione, è stato accertato nel mese di ottobre del 2004 e la consumazione ossia il danneggiamento delle ceppaie è avvenuto in data di poco anteriore giacché la condotta è stata posta in essere dopo l'autorizzazione al taglio ossia dopo il mese di giugno del 2004. Anzi il 29 luglio del 2004, a seguito di un controllo effettuato da agenti della forestale, il prevenuto è stato sorpreso proprio mentre danneggiava le ceppaie mediante il trascinamento degli alberi tagliati. Di conseguenza, facendo decorrere la prescrizione anche da tale data, il reato non si è ancora prescritto avuto riguardo al periodo dal 3 maggio del 2006 al 17 maggio del 2007 durante il quale il corso della prescrizione è rimasto sospeso per impedimento dell'imputato o del suo difensore.

Fondato è invece il quinto motivo limitatamente all'omessa motivazione sulla richiesta di concessione delle attenuanti generiche formulata ritualmente in appello, in quanto la corte territoriale non ha in alcun modo valutato la richiesta.

Pertanto la sentenza impugnata va annullata limitatamente all'omessa statuizione sull'istanza di concessione delle circostanze attenuanti generiche.

Nel resto la sentenza per il principio della formazione progressiva del giudicato, si deve intendere definitiva nel senso che l'affermazione di responsabilità non può essere più discussa anche ai fini di un'eventuale prescrizione che dovesse maturare successivamente.
 

P.Q.M.

LA CORTE

 

Letto l'articolo 623 c.p.p.


Annulla


La sentenza impugnata limitatamente all'omessa statuizione sulle attenuanti generiche con rinvio ad altra sezione della corte d'appello di Genova

Così deciso in Roma il 25 marzo del 2009.
Deposito in Cancelleria il 13 maggio 2009.


 


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