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CORTE 
DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 11/05/2009 (Ud. 11/03/2009), Sentenza n.19881 
ACQUE - INQUINAMENTO IDRICO - Scarico di reflui - Campionamento ed analisi - 
Modalità di prelievo e garanzie difensive - Attività di polizia amministrativa - 
Tutela della salute pubblica. Anche in tema di scarico di reflui, le 
modalità di prelievo dei campioni da analizzare e le metodiche di analisi 
riguardano attività di polizia amministrativa volta a stabilire se sostanze 
prelevate siano conformi alle prescrizioni di legge, sicché l'eventuale 
inosservanza da parte dell'autorità procedente delle prescritte modalità e 
metodiche non determina la nullità delle operazioni compiute. Inoltre, 
l'acquisizione agli atti degli esiti delle analisi rende superflua quella dei 
campioni analizzati. Pres. Onorato, Est. Teresi, Ric. Falco. CORTE DI 
CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 11/05/2009 (Ud. 11/03/2009), Sentenza n. 19881
ACQUE - INQUINAMENTO IDRICO - Scarico di reflui - Ispezioni, prelievi dei 
campioni, analisi - Garanzie difensive - Vigilanza amministrativa a tutela della 
salute pubblica. Soltanto se le operazioni di prelievo siano state eseguite 
su disposizione del magistrato o se sia stato individuato un soggetto 
determinato, indiziabile di reati, trovano applicazione le garanzie difensive 
previste dal cod. proc. pen. stante che, le ispezioni, i prelievi dei campioni e 
la loro prima analisi s'inquadrano nella vigilanza amministrativa a tutela della 
salute pubblica e, in quanto intervengono prima che ci sia un indiziato di 
reato, non possono essere considerati atti d'indagine preliminare. Qualora 
l'analisi dei campioni abbia dato esito sfavorevole sorgono indizi di reato e da 
quel momento vanno applicate le norme procedurali per l'intervento del 
difensore. Pres. Onorato, Est. Teresi, Ric. Falco. CORTE DI CASSAZIONE 
PENALE, Sez. III, 11/05/2009 (Ud. 11/03/2009), Sentenza n. 19881
ACQUE - INQUINAMENTO IDRICO - Ispezioni, campionamento, analisi - Attività di 
polizia giudiziaria Garanzie difensive - Art. 223 disp. att. c.p.p. - Preavviso 
all'interessato senza particolari formalità. L'ispezione dello stabilimento 
industriale, il prelievo e il campionamento, le analisi dei campioni, 
configurano attività amministrative che non richiedono l'osservanza delle norme 
del codice di procedura penale stabilite a garanzia degli indagati per le 
attività di polizia giudiziaria, atteso che l'unica garanzia richiesta per le 
anzidette attività ispettive è quella prevista dall'art. 223 disp. att. c.p.p. 
che impone il preavviso all'interessato del giorno, dell'ora e del luogo dove si 
svolgeranno le analisi dei campioni [cfr. Cassazione Sezione III, n.15170/2003, 
Piropan]. Pertanto, il preavviso circa la data e il luogo delle operazioni 
costituisce l'unico requisito di utilizzabilità delle analisi dei campioni per 
le quali non è possibile la revisione e può esser dato senza particolari 
formalità, anche oralmente, non solo al titolare dello scarico, ma anche a un 
dipendente del titolare che abbia presenziato alle operazioni di prelievo dei 
campioni essendo solo necessario che esso sia idoneo al raggiungimento dello 
scopo [Cassazione Sezione VI n. 9994/1992, 08/09/1992 - 17/10/1992, Rinaldi]. 
Pres. Onorato, Est. Teresi, Ric. Falco. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 
11/05/2009 (Ud. 11/03/2009), Sentenza n. 19881
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Impugnazione - Interesse concreto ad impugnare - 
Sussistenza - Necessità - Eccezione - Artt. 568, c. 4, 654, 652 e 653 c.p.p..
L'interesse richiesto dall'art. 568, comma 4, c.p.p., quale condizione 
d'ammissibilità di qualsiasi impugnazione, deve essere correlato agli effetti 
primari e diretti del provvedimento da impugnare e sussiste solo se il gravame 
sia idoneo a costituire, attraverso l'eliminazione di un provvedimento 
pregiudizievole, una situazione pratica più vantaggiosa per l'impugnante 
rispetto a quella esistente. Nei casi in cui si denunci la violazione di una 
norma di diritto formale sussiste un interesse concreto che renda ammissibile la 
doglianza solo se dalla violazione sia derivata una lesione dei diritti che si 
intendono tutelare e nel nuovo giudizio possa ipoteticamente raggiungersi un 
risultato praticamente favorevole [Cassazione SU 13 dicembre 1995, Timpani]. 
L'unica eccezione a tale regola di ordine generale è costituita 
dall'accertamento di un fatto materiale oggetto del giudizio penale conclusosi 
con sentenza dibattimentale che sia suscettibile, una volta divenuta 
irrevocabile quest'ultima, di pregiudicare, a norma e nei limiti segnati 
dall'art.654 c.p.p., le situazioni giuridiche coinvolgenti il medesimo soggetto 
in giudizi civili o amministrativi diversi da quelli di danno e disciplinari 
regolati dagli articoli 652 e 653 dello stesso codice. Pres. Onorato, Est. 
Teresi, Ric. Falco. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 11/05/2009 (Ud. 
11/03/2009), Sentenza n. 19881
 
      
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UDIENZA  11.03.2009
SENTENZA N. 565
REG. GENERALE n. 40092/2008
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill. mi Signori
Dott. Pierluigi ONORATO                    Presidente
Dott. Ciro PETTI                                 Consigliere
Dott. Alfredo TERESI                          Consigliere
Dott. Margherita MARMO                    Consigliere
Dott. Luigi MARINI                              Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da Falco Luigi, nato a Dragoni il 20.06.1922, avverso la 
sentenza del Tribunale di Ascoli Piceno in San Benedetto del Tronto in data 
20.04.2001 che lo ha assolto perché il fatto non sussiste dal reato di cui 
all'art. 21 comma 1 legge n. 319/76 e dall'imputazione di cui all'art. 21 comma 
3 della stessa legge perché il fatto non è previsto dalla legge come reato;
Visti gli atti, la sentenza denunciata e il ricorso;
Sentita in pubblica udienza la relazione del Consigliere dott. Alfredo Teresi;
Sentito il PM nella persona del PG, dott. Vito D'Ambrosio, che ha chiesto che 
sia dichiarato inammissibile il ricorso;
Sentito il difensore del ricorrente, avv. Massimo Ricci, che ha chiesto 
l'accoglimento del ricorso;
osserva
Con sentenza in data 20.04.2001 il Tribunale di Ascoli Piceno in San Benedetto 
del Tronto assolveva Falco Luigi perché il fatto non sussiste dal reato di cui 
all'art. 21 comma 1 legge n.319/76 e dall'imputazione di cui all'art. 21 comma 3 
della stessa legge perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.
Rilevava il Tribunale che non sussisteva il reato d'illecito scarico di acque 
reflue industriali e che non fosse previsto come reato lo scarico di tali acque 
col superamento dei limiti d'accettabilità con riferimento al parametro di azoto 
nitroso a seguito dell'entrata in vigore del d.lgs. n. 152/1999 che, nelle 
tabelle 5 e 3, non aveva più incluso tale sostanza.
Proponeva appello l'imputato deducendo che per il reato di cui all'art. 21, 
comma 3, della legge citata egli doveva essere assolto con formula più ampia 
perché
• non poteva essere utilizzato il verbale di prelevamento delle acque eseguito 
in sua assenza e senza il rispetto del diritto di difesa;
• i campioni prelevati non erano allegati agli atti per cui era stata preclusa 
la possibilità di verificarne la consistenza in sede dibattimentale;
• il capo d'imputazione avrebbe dovuto esser riformulato secondo la citata nuova 
normativa.
Chiedeva pronuncia di assoluzione perché il fatto non sussiste o per non avere 
commesso il fatto e l'eliminazione dell'ordine di trasmissione degli atti 
all'autorità amministrativa.
Gli atti erano trasmessi a questa Corte con ordinanza della Corte d'Appello di 
Ancona 18.11.2008.
L'impugnazione è manifestamente infondata e deve essere dichiarata inammissibile 
con le conseguenze di legge.
Hanno affermato le SU di questa Corte che l'interesse richiesto dall'art. 568, 
comma 4, c.p.p., quale condizione d'ammissibilità di qualsiasi impugnazione, 
deve essere correlato agli effetti primari e diretti del provvedimento da 
impugnare e sussiste solo se il gravame sia idoneo a costituire, attraverso 
l'eliminazione di un provvedimento pregiudizievole, una situazione pratica più 
vantaggiosa per l'impugnante rispetto a quella esistente.
Quando si denunci la violazione di una norma di diritto formale sussiste un 
interesse concreto che renda ammissibile la doglianza solo se dalla violazione 
sia derivata una lesione dei diritti che si intendono tutelare e nel nuovo 
giudizio possa ipoteticamente raggiungersi un risultato praticamente favorevole 
[Cassazione SU 13 dicembre 1995, Timpani, RV. 203093].
L'unica eccezione a tale regola di ordine generale è costituita 
dall'accertamento di un fatto materiale oggetto del giudizio penale conclusosi 
con sentenza dibattimentale che sia suscettibile, una volta divenuta 
irrevocabile quest' ultima, di pregiudicare, a norma e nei limiti segnati 
dall'art.654 c.p.p., le situazioni giuridiche coinvolgenti il medesimo soggetto 
in giudizi civili o amministrativi diversi da quelli di danno e disciplinari 
regolati dagli articoli 652 e 653 dello stesso codice.
Pertanto sarebbe astrattamente ravvisabile l'interesse del ricorrente a ottenere 
una pronuncia che non abbia efficacia di giudicato con riferimento alla disposta 
trasmissione degli atti all'autorità amministrativa.
Nel caso in esame, però, le sollevate censure sono inidonee a conseguire la 
richiesta pronuncia perché manifestamente infondate.
Sostiene il ricorrente che il campionamento delle sostanze sarebbe stato 
eseguito in violazione del diritto di difesa stante che egli non aveva 
presenziato al prelievo dei campioni, né all'esecuzione delle analisi di 
laboratorio e che i campioni non erano stati acquisiti agli atti.
Secondo il costante orientamento di questa Corte, l'ispezione dello stabilimento 
industriale, il prelievo e il campionamento, le analisi dei campioni, 
configurano attività amministrative che non richiedono l'osservanza delle norme 
del codice di procedura penale stabilite a garanzia degli indagati per le 
attività di polizia giudiziaria, atteso che l'unica garanzia richiesta per le 
anzidette attività ispettive è quella prevista dall'art. 223 disp. att. c.p.p. 
che impone il preavviso all'interessato del giorno, dell'ora e del luogo dove si 
svolgeranno le analisi dei campioni [cfr. Cassazione Sezione III, n.15170/2003, 
Piropan, RV. 224456].
Il preavviso circa la data e il luogo delle operazioni costituisce l'unico 
requisito di utilizzabilità delle analisi dei campioni per le quali non è 
possibile la revisione e può esser dato senza particolari formalità, anche 
oralmente, non solo al titolare dello scarico, ma anche a un dipendente del 
titolare che abbia presenziato alle operazioni di prelievo dei campioni essendo 
solo necessario che esso sia idoneo al raggiungimento dello scopo [Cassazione 
Sezione VI n. 9994/1992, 08/09/1992 - 17/10/1992, Rinaldi, RV. 192524].
Soltanto se le operazioni di prelievo siano state eseguite su disposizione del 
magistrato o se sia stato individuato un soggetto determinato, indiziabile di 
reati, trovano applicazione le garanzie difensive previste dal cod. proc. pen. 
stante che, per quanto più volte affermato da questa Corte, le ispezioni, i 
prelievi dei campioni e la loro prima analisi s'inquadrano nella vigilanza 
amministrativa a tutela della salute pubblica e, in quanto intervengono prima 
che ci sia un indiziato di reato, non possono essere considerati atti d'indagine 
preliminare.
Qualora l'analisi dei campioni abbia dato esito sfavorevole sorgono indizi di 
reato e da quel momento vanno applicate le norme procedurali per l'intervento 
del difensore.
Anche in tema di scarico di reflui, le modalità di prelievo dei campioni da 
analizzare e le metodiche di analisi riguardano attività di polizia 
amministrativa volta a stabilire se sostanze prelevate siano conformi alle 
prescrizioni di legge, sicché l'eventuale inosservanza da parte dell'autorità 
procedente delle prescritte modalità e metodiche non determina la nullità delle 
operazioni compiute.
Inoltre, l'acquisizione agli atti degli esiti delle analisi rende superflua 
quella dei campioni analizzati.
Per la manifesta infondatezza del ricorso grava sul ricorrente l'onere delle 
spese del procedimento e del versamento alla cassa delle ammende di una somma 
che va equitativamente fissata in €. 1.000.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento 
delle spese del procedimento e della somma di €. 1.000 in favore della cassa 
delle ammende.
Così deciso in Roma nella pubblica udienza 11.03.2009.
Deposito in Cancelleria l'11/05/2009
		
 
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