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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
  
	
	CORTE DI 
	GIUSTIZIA CE, Sez. I, 03/09/2009, Sentenza C-489/07
  
	
	DIRITTO DEI CONSUMATORI - Tutela dei consumatori - Contratti a distanza - 
	Esercizio del diritto di recesso da parte del consumatore - Indennizzo per 
	il godimento da corrispondere al venditore - C.d. indennità d’uso del bene - 
	Competenza - Giudice nazionale - Art. 6, nn. 1, secondo periodo e 2, Dir. 
	97/7/CE. L’art. 6, nn. 1, secondo periodo, e 2, della direttiva (CE) del 
	Parlamento europeo e del Consiglio 20 maggio 1997, 97/7/CE, riguardante la 
	protezione dei consumatori in materia di contratti a distanza, dev’essere 
	interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale la quale 
	preveda in modo generico che il venditore possa chiedere al consumatore 
	un’indennità per l’uso di un bene acquistato tramite un contratto a distanza 
	nel caso in cui quest’ultimo ha esercitato il suo diritto di recesso entro i 
	termini. Tuttavia, questo stesso articolo non osta a che venga imposto al 
	consumatore il pagamento di un’indennità per l’uso di tale bene nel caso in 
	cui egli abbia fatto uso del detto bene in un modo incompatibile con i 
	principi del diritto civile, quali la buona fede o l’arricchimento senza 
	giusta causa, a condizione che non venga pregiudicato il fine della detta 
	direttiva e, in particolare, l’efficacia e l’effettività del diritto di 
	recesso, ciò che spetta al giudice nazionale determinare. L’indennità non è 
	dovuta se il deterioramento è esclusivamente riconducibile all’esame della 
	cosa. Pres. Jann (relatore) - Messner c. Krüger. CORTE DI GIUSTIZIA CE, 
	Sez. I, 03/09/2009, Sentenza C-489/07
	
	DIRITTO DEI CONSUMATORI - Tutela dei consumatori - Contratti a distanza - 
	Diritto di recesso - Clausola minima - Funzione e ratio. Il 
	diritto di recesso, entro un termine di almeno sette giorni lavorativi senza 
	alcuna penalità e senza specificarne il motivo, è finalizzato a tutelare il 
	consumatore nella particolare situazione di una vendita a distanza, in cui 
	egli «non ha in concreto la possibilità di visionare il bene o di prendere 
	conoscenza della natura del servizio prima della conclusione del contratto». 
	Si reputa pertanto che il diritto di recesso compensi lo svantaggio che 
	risulta per il consumatore da un contratto a distanza, accordandogli un 
	termine di riflessione appropriato durante il quale egli ha la possibilità 
	di esaminare e testare il bene acquistato. Pres. Jann (relatore) - Messner 
	c. Krüger. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. I, 03/09/2009, Sentenza C-489/07
  
      
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CORTE DI GIUSTIZIA
delle Comunità Europee,
		
		
		SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)
		
		3 settembre 2009
		
		«Direttiva 97/7/CE - Tutela dei consumatori - Contratti a distanza - 
		Esercizio del diritto di recesso da parte del consumatore - Indennizzo 
		per il godimento da corrispondere al venditore»
		
		
		Nel procedimento C-489/07,
		
		avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla 
		Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dall’Amtsgericht Lahr (Germania), con 
		decisione 26 ottobre 2007, pervenuta in cancelleria il 5 novembre 2007, 
		nella causa
		
		Pia Messner
		
		contro
		
		Firma Stefan Krüger,
		
		LA CORTE (Prima Sezione),
		
		composta dal sig. P. Jann (relatore), presidente di sezione, dai sigg. 
		M. Ilešic, A. Tizzano, E. Levits e J.-J. Kasel, giudici,
		
		avvocato generale: sig.ra V. Trstenjak
		
		cancelliere: sig.ra K. Sztranc-Slawiczek, amministratore
		
		vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza dell’11 
		dicembre 2008,
		
		considerate le osservazioni presentate:
		
		- per il governo tedesco, dal sig. M. Lumma e dalla sig.ra J. Kemper, in 
		qualità di agenti;
		
		- per il governo belga, dalla sig.ra L. Van den Broeck, in qualità di 
		agente;
		
		- per il governo spagnolo, dal sig. J. Rodríguez Cárcamo, in qualità di 
		agente;
		
		- per il governo austriaco, dal sig. E. Riedl, in qualità di agente;
		
		- per il governo portoghese, dal sig. L. Inez Fernandes e dalla sig.ra 
		P. Contreiras, in qualità di agenti;
		
		- per la Commissione delle Comunità europee, dai sigg. V. Kreuschitz, W. 
		Wils e H. Krämer, in qualità di agenti,
		
		sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza 
		del 18 febbraio 2009,
		
		ha pronunciato la seguente
		
		Sentenza
		
		1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione 
		dell’art. 6 della direttiva (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 
		20 maggio 1997, 97/7/CE, riguardante la protezione dei consumatori in 
		materia di contratti a distanza (GU L 144, pag. 19).
		
		2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la 
		sig.ra Messner, consumatrice, e la Firma Stefan Krüger (in prosieguo: la 
		«Stefan Krüger»), impresa che vende a distanza via Internet, in merito 
		al rimborso di una somma pari a EUR 278 a seguito della risoluzione di 
		un contratto a distanza.
		
		Contesto normativo
		
		La normativa comunitaria
		
		3 Il quattordicesimo ‘considerando’ della direttiva 97/7 prevede quanto 
		segue:
		
		«considerando che il consumatore non ha in concreto la possibilità di 
		visionare il bene o di prendere conoscenza della natura del servizio 
		prima della conclusione del contratto; che si dovrebbe prevedere un 
		diritto di recesso, a meno che la presente direttiva non disponga 
		diversamente; che è necessario limitare ai costi diretti di spedizione 
		dei beni al mittente gli oneri - qualora ve ne siano - derivanti al 
		consumatore dall’esercizio del diritto di recesso, che altrimenti 
		resterà formale; che questo diritto di recesso lascia impregiudicati i 
		diritti del consumatore previsti dalla legislazione nazionale, con 
		particolare riferimento alla ricezione di beni deteriorati o servizi 
		alterati o di servizi e beni non corrispondenti alla descrizione 
		contenuta nell’offerta di tali prodotti o servizi; che spetta agli Stati 
		membri determinare le altre condizioni e modalità relative all’esercizio 
		del diritto di recesso».
		
		4 L’art. 6, nn. 1 e 2, di tale direttiva dispone quanto segue:
		
		«Diritto di recesso
		
		1. Per qualunque contratto negoziato a distanza il consumatore ha 
		diritto di recedere entro un termine di almeno sette giorni lavorativi 
		senza alcuna penalità e senza specificarne il motivo. Le uniche spese 
		eventualmente a carico del consumatore dovute all’esercizio del suo 
		diritto di recesso sono le spese dirette di spedizione dei beni al 
		mittente.
		
		(…)
		
		2. Se il diritto di recesso è stato esercitato dal consumatore 
		conformemente al presente articolo, il fornitore è tenuto al rimborso 
		delle somme versate dal consumatore, che dovrà avvenire gratuitamente. 
		Le uniche spese eventualmente a carico del consumatore dovute 
		all’esercizio del suo diritto di recesso sono le spese dirette di 
		spedizione dei beni al mittente. Tale rimborso deve avvenire nel minor 
		tempo possibile e in ogni caso entro trenta giorni».
		
		5 L’art. 14 della citata direttiva così recita:
		
		«Clausola minima
		
		Gli Stati membri possono adottare o mantenere, nel settore disciplinato 
		dalla presente direttiva, disposizioni più severe compatibili con il 
		trattato, per garantire al consumatore un livello di protezione più 
		elevato. (...)».
		
		La normativa nazionale
		
		6 L’art. 312d del codice civile tedesco (Bürgerliches Gesetzbuch; in 
		prosieguo: il «BGB»), sotto la rubrica «Diritto di recesso e di 
		restituzione nei contratti a distanza», così recita:
		
		«(1) Nei contratti a distanza spetta al consumatore un diritto di 
		recesso ai sensi dell’art. 355. In caso di contratti di fornitura di 
		merci, in luogo del diritto di recesso può essere riconosciuto al 
		consumatore il diritto di restituzione ai sensi dell’art. 356.
		
		(2) In deroga all’art. 355, n. 2, primo periodo, il termine per il 
		recesso non inizia a decorrere prima dell’adempimento dei doveri di 
		informazione di cui all’art. 312c, n. 2, e, in caso di fornitura di 
		merci, non prima del giorno del loro ricevimento da parte del 
		destinatario, in caso di somministrazione periodica di merci dello 
		stesso tipo non prima del giorno del ricevimento della prima fornitura, 
		e, in caso di prestazioni di servizi, non prima del giorno della 
		conclusione del contratto».
		
		7 L’art. 355 del BGB, sotto la rubrica «Diritto di recesso nei contratti 
		dei consumatori», dispone quanto segue:
		
		«(1) Nel caso in cui la legge attribuisca al consumatore un diritto di 
		recesso ai sensi della presente disposizione, quest’ultimo non è più 
		vincolato alla propria dichiarazione di volontà diretta alla conclusione 
		del contratto qualora abbia esercitato il proprio diritto di recesso 
		entro il termine. Il recesso non necessita una motivazione e deve essere 
		dichiarato nei confronti dell’imprenditore per iscritto o mediante 
		spedizione della cosa al mittente entro due settimane; ai fini del 
		rispetto del termine si tiene conto del giorno dell’invio.
		
		(2) Il termine inizia a decorre dal momento in cui al consumatore siano 
		state fornite per iscritto chiare informazioni in ordine al suo diritto 
		di recesso, le quali, conformemente a quanto esige il mezzo di 
		comunicazione impiegato, gli rendano comprensibili i suoi diritti, 
		indichino, inoltre, il nome e il recapito di colui nei cui confronti il 
		recesso deve essere dichiarato, e riportino il dies a quo di 
		decorrenza del termine e la disposizione di cui al n. 1, secondo 
		periodo. Qualora tali informazioni siano comunicate successivamente alla 
		conclusione del contratto, il relativo termine, in deroga al n. 1, 
		secondo periodo, è di un mese. Nel caso in cui il contratto debba essere 
		concluso per iscritto, il termine non inizia a decorrere prima che sia 
		stata messa a disposizione del consumatore anche una copia scritta del 
		contratto, la proposta scritta del consumatore o una copia di tale 
		documentazione o della proposta. Se l’inizio del termine è controverso, 
		l’onere della prova ricade sull’imprenditore.
		
		(3) Il diritto di recesso si estingue al più tardi decorsi sei mesi 
		dalla conclusione del contratto. In caso di fornitura di merci, il 
		termine non inizia a decorrere prima del giorno del ricevimento delle 
		stesse da parte del destinatario. In deroga al primo periodo, il diritto 
		di recesso non si estingue qualora il consumatore non sia stato 
		correttamente informato in ordine al suo diritto di recesso, nonché, ove 
		si tratti di contratti a distanza aventi ad oggetto la prestazione di 
		servizi finanziari, qualora l’imprenditore non abbia correttamente 
		adempiuto i propri doveri di informazione di cui all’art. 312 c, n. 2, 
		punto 1».
		
		8 L’art. 357 del BGB, sotto la rubrica «Effetti del recesso e della 
		restituzione», così dispone:
		
		«(1) Se non diversamente stabilito, al diritto di recesso e di 
		restituzione si applicano le norme sul diritto legale di recesso in 
		quanto compatibili. L’art. 286, n. 3, si applica in quanto compatibile 
		all’obbligo di rimborso dei pagamenti ivi previsti; il termine ivi 
		stabilito decorre dalla dichiarazione del consumatore di recesso o di 
		restituzione, e segnatamente, per quanto riguarda l’obbligo di rimborso 
		del consumatore, dall’invio di tale dichiarazione, mentre per quanto 
		riguarda l’obbligo di rimborso dell’imprenditore, dalla sua ricezione.
		
		(3) In deroga all’art. 346, n. 2, primo periodo, punto 3, il consumatore 
		è tenuto a corrispondere un’indennità per il deterioramento della cosa 
		derivante da un uso della stessa conforme alla sua destinazione, purché 
		sia stato informato per iscritto, al più tardi al momento della 
		conclusione del contratto, di tale conseguenza e della possibilità di 
		evitarla. L’indennità non è dovuta se il deterioramento è esclusivamente 
		riconducibile all’esame della cosa. L’art. 346, n. 3, primo periodo, 
		punto 3, non si applica qualora il consumatore sia stato correttamente 
		informato del suo diritto di recesso o ne abbia avuto altrimenti 
		conoscenza.
		
		(4) Non sussistono ulteriori diritti».
		
		9 L’art. 346, nn. 1-3, del BGB, intitolato «Effetti del recesso», ha la 
		seguente formulazione:
		
		«(1) Qualora una delle parti si sia riservata contrattualmente un 
		diritto di recesso, o tale diritto le spetti in forza di una norma di 
		legge, l’esercizio del recesso implica la riconsegna delle prestazioni 
		ricevute e la restituzione degli utili ottenuti.
		
		(2) In luogo della riconsegna o della restituzione, il debitore è tenuto 
		a corrispondere un rimborso di valore equivalente:
		
		1) qualora la riconsegna o la restituzione sia esclusa in base alla 
		natura di quanto ottenuto;
		
		2) qualora egli abbia consumato, alienato, gravato, lavorato o 
		trasformato l’oggetto ricevuto,
		
		3) in caso di deterioramento o perimento del bene; resta però escluso il 
		deterioramento derivante dall’uso normale del bene.
		
		Nel caso in cui il contratto preveda una controprestazione, essa dev’essere 
		posta alla base del calcolo del rimborso del valore; se deve essere 
		corrisposto il rimborso del valore per i vantaggi derivanti 
		dall’utilizzazione di un mutuo, è ammessa la prova diretta a dimostrare 
		che il valore di tali vantaggi era inferiore.
		
		(3) L’obbligo di rimborso del valore si estingue:
		
		1) se il vizio legittimante il recesso si è manifestato solo durante la 
		lavorazione o la trasformazione dell’oggetto,
		
		2) se ed in quanto il deterioramento o il perimento sia imputabile al 
		creditore, o se il danno sarebbe ugualmente sorto presso quest’ultimo,
		
		3) qualora, in caso di diritto legale di recesso, il deterioramento o il 
		perimento si sia verificato presso l’avente diritto sebbene questi abbia 
		agito con la diligenza che è solito prestare nei propri affari.
		
		L’arricchimento residuo dev’essere reso».
		
		Causa principale e questione pregiudiziale
		
		10 La sig.ra Messner ha acquistato su internet dalla Stefan Krüger, il 2 
		dicembre 2005, un computer portatile d’occasione al prezzo di EUR 278.
		
		11 Al momento di tale acquisto, la Stefan Krüger pubblicava sul proprio 
		sito Internet condizioni generali di vendita in cui si poteva, in 
		particolare, leggere che l’acquirente è tenuto a corrispondere 
		un’indennità in caso di deterioramento derivante da un uso della merce 
		conforme alla sua destinazione.
		
		12 Nell’agosto 2006 si è manifestato un difetto allo schermo del detto 
		computer. La sig.ra Messner ha informato la Stefan Krüger di tale 
		difetto il 4 agosto 2006. Quest’ultima si è rifiutata di eliminare il 
		detto difetto gratuitamente.
		
		13 Il 7 novembre 2006, la sig.ra Messner ha dichiarato di recedere dal 
		contratto di compravendita ed ha offerto alla Stefan Krüger la 
		restituzione del computer portatile in cambio del concomitante rimborso. 
		Tale recesso è stato effettuato entro i termini previsti dal BGB in 
		quanto la sig.ra Messner non aveva ricevuto le informazioni necessarie, 
		come previsto da tale codice, ai fini della decorrenza del termine per 
		il recesso.
		
		14 La sig.ra Messner ha chiesto alla Stefan Krüger, dinanzi all’Amtsgericht 
		Lahr, il rimborso della somma di EUR 278.
		
		15 La Stefan Krüger si è opposta a tale domanda giudiziale affermando 
		che la sig.ra Messner, comunque, le deve un’indennità pari a quasi otto 
		mesi interi di uso del computer portatile. Il prezzo di affitto di un 
		computer portatile di questo tipo ammonterebbe in commercio in media a 
		EUR 118,80 per tre mesi, di modo che l’indennità corrispondente alla 
		durata dell’uso da parte della sig.ra Messner del computer in questione 
		sarebbe pari ad EUR 316,80.
		
		16 In tale contesto, l’Amtsgericht Lahr ha deciso di sospendere il 
		procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione 
		pregiudiziale:
		
		«Se l’art. 6, n. 2, in combinato disposto con il suo n. 1, secondo 
		periodo, della [direttiva 97/7] debba essere interpretato nel senso che 
		esso osta ad una normativa nazionale la quale preveda che, in caso di 
		recesso del consumatore esercitato entro i termini, il venditore possa 
		esigere un’indennità per l’uso del bene di consumo fornito».
		
		Sulla questione pregiudiziale
		
		17 Con la sua questione, il giudice del rinvio chiede, sostanzialmente, 
		se l’art. 6, nn. 1, secondo periodo, e 2, della direttiva 97/7 debba 
		essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale 
		la quale preveda che il venditore possa chiedere al consumatore 
		un’indennità per l’uso di un bene acquistato tramite contratto a 
		distanza qualora quest’ultimo abbia esercitato il suo diritto di recesso 
		entro i termini.
		
		18 In forza dell’art. 6, nn. 1, secondo periodo, e 2, della direttiva 
		97/7, le uniche spese eventualmente a carico del consumatore dovute 
		all’esercizio del suo diritto di recesso sono le spese dirette di 
		spedizione dei beni al mittente.
		
		19 A tal proposito, dal quattordicesimo ‘considerando’ della direttiva 
		97/7 risulta che tale divieto di accollare al consumatore spese diverse 
		da quelle risultanti direttamente dalla spedizione dei beni al mittente 
		è finalizzato ad assicurare che il diritto di recesso garantito da tale 
		direttiva «[non] resterà formale». Infatti, il consumatore potrebbe 
		essere scoraggiato dal fare uso di tale diritto se esso fosse connesso a 
		conseguenze pecuniarie negative.
		
		20 Inoltre, dal medesimo considerando risulta che il diritto di recesso 
		è finalizzato a tutelare il consumatore nella particolare situazione di 
		una vendita a distanza, in cui egli «non ha in concreto la possibilità 
		di visionare il bene o di prendere conoscenza della natura del servizio 
		prima della conclusione del contratto». Si reputa pertanto che il 
		diritto di recesso compensi lo svantaggio che risulta per il consumatore 
		da un contratto a distanza, accordandogli un termine di riflessione 
		appropriato durante il quale egli ha la possibilità di esaminare e 
		testare il bene acquistato.
		
		21 È alla luce di tali obiettivi che va interpretato il divieto 
		stabilito all’art. 6, nn. 1, secondo periodo, e 2, della direttiva 97/7.
		
		22 A tal riguardo, va constatato che un’imposizione generica di 
		un’indennità per l’uso del bene acquistato tramite un contratto a 
		distanza è incompatibile con i detti obiettivi.
		
		23 Infatti, come sottolineato dall’avvocato generale al punto 74 delle 
		sue conclusioni, se il consumatore dovesse versare una siffatta 
		indennità per il solo fatto che egli ha avuto la possibilità di 
		utilizzare il bene acquistato tramite un contratto a distanza per il 
		tempo in cui esso ne ha avuto il possesso, egli potrebbe esercitare il 
		suo diritto di recesso solo in cambio del pagamento di tale indennità. 
		Una conseguenza di questo tipo sarebbe in evidente contraddizione con la 
		formulazione e con il fine dell’art. 6, nn. 1, secondo periodo, e 2, 
		della direttiva 97/7 e priverebbe in particolare il consumatore della 
		possibilità di fare uso del termine di riflessione accordatogli da tale 
		direttiva in piena libertà e senza alcuna pressione.
		
		24 Del pari, l’efficacia e l’effettività del diritto di recesso 
		verrebbero messe in discussione se si imponesse al consumatore di pagare 
		un’indennità per il solo fatto di aver esaminato e testato il bene 
		acquistato tramite un contratto a distanza. Essendo il diritto di 
		recesso proprio finalizzato a dare tale possibilità al consumatore, il 
		fatto che egli vi ricorra non può comportare che gli sia consentito di 
		recedere unicamente a condizione di pagare un’indennità.
		
		25 Tuttavia, se anche la direttiva 97/7 mira a tutelare il consumatore 
		nella particolare situazione di un contratto a distanza, essa non è 
		intesa ad accordargli diritti che vadano oltre quanto necessario a 
		consentirgli di esercitare effettivamente il suo diritto di recesso.
		
		26 Di conseguenza, il fine della direttiva 97/7 e, in particolare, il 
		divieto stabilito al suo art. 6, nn. 1, secondo periodo, e 2, non osta, 
		in linea di principio, alla normativa di uno Stato membro la quale 
		imponga al consumatore il pagamento di un’equa indennità nel caso in cui 
		egli abbia fatto uso del bene acquistato tramite un contratto a distanza 
		in un modo incompatibile con i principi del diritto civile, quali la 
		buona fede o l’arricchimento senza giusta causa.
		
		27 A tal riguardo, va rilevato che dall’ultima frase del quattordicesimo 
		‘considerando’ della direttiva 97/7 risulta che spetta agli Stati membri 
		determinare le altre condizioni e modalità relative all’esercizio del 
		diritto di recesso. Tale competenza deve, tuttavia, essere esercitata 
		nel rispetto del fine di tale direttiva e non può, in particolare, 
		pregiudicare l’efficacia e l’effettività del diritto di recesso. Questo 
		si verificherebbe, ad esempio, se l’importo di un’indennità quale quella 
		menzionata al punto precedente risultasse sproporzionato rispetto al 
		prezzo di acquisto del bene in questione ovvero, anche, se la normativa 
		nazionale ponesse a carico del consumatore l’onere della prova di non 
		aver usato tale bene durante il termine di recesso in un modo che va 
		oltre quanto necessario per consentirgli di esercitare utilmente il suo 
		diritto di recesso.
		
		28 È alla luce di tali principi che spetta al giudice nazionale statuire 
		sul caso di cui è stato in concreto investito tenendo debitamente conto 
		di tutte le sue particolarità, e in particolare della natura del 
		prodotto in questione nonché della durata del periodo al termine del 
		quale, in ragione del mancato rispetto da parte del venditore del suo 
		obbligo d’informazione, il consumatore ha esercitato il suo diritto di 
		recesso.
		
		29 Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, la questione 
		posta va risolta nel senso che l’art. 6, nn. 1, secondo periodo, e 2, 
		della direttiva 97/7 dev’essere interpretato nel senso che esso osta ad 
		una normativa nazionale la quale preveda in modo generico che il 
		venditore possa chiedere al consumatore un’indennità per l’uso di un 
		bene acquistato tramite un contratto a distanza nel caso in cui 
		quest’ultimo ha esercitato il suo diritto di recesso entro i termini. 
		Tuttavia, questo stesso articolo non osta a che venga imposto al 
		consumatore il pagamento di un’indennità per l’uso di tale bene nel caso 
		in cui egli abbia fatto uso del detto bene in un modo incompatibile con 
		i principi del diritto civile, quali la buona fede o l’arricchimento 
		senza giusta causa, a condizione che non venga pregiudicato il fine 
		della detta direttiva e, in particolare, l’efficacia e l’effettività del 
		diritto di recesso, ciò che spetta al giudice nazionale determinare.
		
		Sulle spese
		
		30 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente 
		procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice 
		nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da 
		altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar 
		luogo a rifusione.
		
		Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:
		
		L’art. 6, nn. 1, secondo periodo, e 2, della direttiva (CE) del 
		Parlamento europeo e del Consiglio 20 maggio 1997, 97/7/CE, riguardante 
		la protezione dei consumatori in materia di contratti a distanza, dev’essere 
		interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale la quale 
		preveda in modo generico che il venditore possa chiedere al consumatore 
		un’indennità per l’uso di un bene acquistato tramite un contratto a 
		distanza nel caso in cui quest’ultimo ha esercitato il suo diritto di 
		recesso entro i termini.
		
		Tuttavia, questo stesso articolo non osta a che venga imposto al 
		consumatore il pagamento di un’indennità per l’uso di tale bene nel caso 
		in cui egli abbia fatto uso del detto bene in un modo incompatibile con 
		i principi del diritto civile, quali la buona fede o l’arricchimento 
		senza giusta causa, a condizione che non venga pregiudicato il fine 
		della detta direttiva e, in particolare, l’efficacia e l’effettività del 
		diritto di recesso, ciò che spetta al giudice nazionale determinare.
		
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