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TAR PUGLIA, Sez. I, 7 febbraio 2008, sentenza n. 375
 

RIFIUTI - Abbandono - Art. 192 d.lgs. n. 152/2006 - Accertamento del dolo o della colpa - Contraddittorio con i soggetti interessati. La riforma del 2006, in riferimento alla previgente disposizione di cui all’art. 14 del d.lgs. n. 22/97, ha precisato che l’accertamento circa la sussistenza del dolo o della colpa in relazione all’abbandono dei rifiuti debba avere luogo “in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo”. Ne deriva che: 1) l’applicazione delle disposizioni di cui all’art. 192 del d.lgs. n. 152/2006 è possibile unicamente a carico dei responsabili diretti dell’abbandono (ove individuati), ovvero a carico del proprietario o del titolare di diritti reali o personali di godimento sull’area; 2) in tale seconda ipotesi, l’applicazione delle rigorose previsioni di cui all’art. 192 cit., sarà possibile solo laddove sia dimostrata in capo al proprietario o al titolare di diritti reali o personali di godimento sull’area una condotta dolosa o colposa; 3) in ogni caso l’accertamento in ordine alla sussistenza di una condotta dolosa o colposa deve avvenire in pieno contraddittorio con i soggetti interessati. Pres. Ravalli, Est. Contessa - Consorzio speciale per la bonifica di Arneo (avv. Distante) c. Comune di Latiano (n.c.) - T.A.R. PUGLIA, Lecce, Sez. I - 7 febbraio 2008, n. 375

 

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

PER LA PUGLIA

LECCE

PRIMA SEZIONE


Registro Decis.: 375/2008
Registro Generale: 1038/07
 


nelle persone dei Signori:


ALDO RAVALLI Presidente
ENRICO d’ARPE Componente
CLAUDIO CONTESSA Componente, relatore


ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA


Visto il ricorso num. 1038/07 proposto da:
CONSORZIO SPECIALE PER LA BONIFICA DI ARNEO
(in persona dei legale rappresentante, p.t.)
rappresentato e difeso da:
AVV. ALESSANDRO DISTANTE
con domicilio eletto in LECCE
VIA GARIBALDI, 43
presso
AVV. ALESSANDRO DISTANTE

contro
COMUNE DI LATIANO
(in persona del Sindaco, p.t., n.c.)

per l’annullamento, previa sospensione dell’efficacia:
- del provvedimento n. 62 del 16 aprile 2007, con cui il Commissario straordinario del Comune di Latiano ha ordinato al Consorzio ricorrente la rimozione e la pulizia del materiale di risulta abbandonato ai bordi della strada vicinale denominata ‘Tanusci’ (tra cui il cemento-amianto), nonché la bonifica del sito;
- di ogni altro atto connesso, conseguenziale e presupposto

Visti gli atti e i documenti depositati con il ricorso;

Considerato che nel ricorso introduttivo sono articolati i seguenti motivi:
1) Incompetenza – Falsa applicazione dell’art. 192 del d.lgs. 152 del 2006;
2) Eccesso di potere per errata presupposizione – Violazione e falsa applicazione del d.lgs. 152/06;
3) Violazione e falsa applicazione del d.lgs. 152 del 2006 – Incompetenza.

Vista l’ordinanza n. 727/07 (resa all’esito della Camera di consiglio del 25 luglio 2007), con cui questo Tribunale ha respinto l’istanza di sospensione del provvedimento impugnato, presentata in via incidentale dal Consorzio ricorrente;
Data per letta all’udienza pubblica del giorno 19 dicembre 2007 la relazione del Referendario Claudio Contessa e udito, altresì, l’avvocato Distante (per il Consorzio ricorrente);

Considerando in fatto ed in diritto quanto segue:


FATTO


Il Consorzio ricorrente riferisce di aver realizzato un canale denominato ‘Reale’ nell’ambito del territorio comunale di Latiano.
Lungo il canale in questione corre una strada vicinale di proprietà comunale denominata ‘Tanusci’. Il ricorrente riferisce che la strada in questione è percorsa dalla collettività senza limitazione alcuna.
Risulta agli atti che ignoti abbiano depositato, ai bordi della strada vicinale, copiose qualità di materiale di risulta, ivi comprese alcune lastre di cemento-amianto.
Con nota in data 21 marzo 2007 il Comune intimato segnalava al Consorzio ricorrente l’avvenuto abbandono del materiale in questione e si intimava allo stesso di provvedere con urgenza alla bonifica dell’amianto posto in prossimità del canale ‘Reale’ in contrada ‘Tanusci’, “in quanto sito di pertinenza dello stesso”.
Con nota in data 13 aprile 2007 il Consorzio riscontrava la segnalazione comunale evidenziando che l’abbandono del materiale in parola non fosse in alcun modo addebitabile a fatto proprio e che “l’estensione dell’area di pertinenza, contigua al canale, non consente comunque alcuna forma di protezione”.
In definitiva, il Consorzio rappresentava che “anche in linea con la decisione assunta dal TAR Lecce n. 5368/04 per caso analogo riguardante il Consorzio, si ritiene di non aver competenza alcuna in ordine allo smaltimento dei rifiuti depositati”.
Con l’impugnata ordinanza commissariale n. 62 del 2007 il Comune intimato intimava al Consorzio di eseguire entro un brevissimo termine i lavori di rimozione e pulizia del materiale di risulta e “la bonifica del sito di propria competenza”, anticipando che, per il caso di inottemperanza, di sarebbe proceduto ad effettuare i lavori in questione a spese ed in danno del Consorzio medesimo.
Nella specie, il Comune intimato sottolineava la pericolosità dell’abbandono incontrollato dei rifiuti in questione e richiamava e disposizioni di legge secondo cui sono vietati l’abbandono ed il deposito incontrollati di rifiuti sul suolo e nel sottosuolo.
L’ordine di rimozione e bonifica veniva nella specie impartito al Consorzio ricorrente in quanto “l’argine in cui sono stati depositati i rifiuti è di pertinenza del Consorzio di Bonifica dell’Arneo”.
L’ordinanza in parola veniva impugnata dal Consorzio, che ne lamentava l’illegittimità sotto due articolati profili.
Con ordinanza n. 727/07 (resa all’esito della Camera di consiglio del 25 luglio 2007) il Tribunale respingeva l’istanza di sospensione del provvedimento impugnato, presentata in via incidentale dal Consorzio ricorrente, ritenendo non sussistenti i presupposti per la richiesta sospensione (art. 21 della l. 1034 del 1971).

All’udienza pubblica del giorno 19 dicembre 2007 la Difesa di Parte attrice rassegnava le proprie conclusioni ed il ricorso veniva trattenuto in decisione.


DIRITTO


Con il primo motivo, il Consorzio censura l’illegittimità dell’impugnata ordinanza per essere stata adottata dal Commissario straordinario e non invece dal Dirigente o funzionario responsabile.
Al riguardo, il lamentato profilo di incompetenza relativa risulterebbe confermato dal cospicuo filone giurisprudenziale secondo cui la previsione di cui al comma 3 dell’art. 14 del d.lgs. 33 del 1997 (- poi: art. 192 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 - in tema di ordinanza sindacale per le ipotesi di abbandono e deposito incontrollato di rifiuti) andrebbe letta alla luce dell’evoluzione normativa in tema di distinzione fra le competenze della componente politico-amministrativa e quelle della componente gestionale, con la conseguenza che l’adozione dell’ordinanza in parola spetterebbe al dirigente o funzionario addetto al relativo settore.
Con il secondo motivo, la Difesa di Parte attrice lamenta che il provvedimento avversato risulti comunque illegittimo in quanto adottato in difetto dei relativi presupposti ex lege.
In particolare, Parte attrice osserva che non appare in alcun modo provata la proprietà in capo al Consorzio dell’area in cui è avvenuto l’abbandono dei rifiuti in questione e che essa è anzi qualificabile come area di uso pubblico quasi esclusivo, con la conseguenza che la competenza per la raccolta e smaltimento dei rifiuti ivi insistenti non possa che spettare al Comune territorialmente competente.
Ancora, nella specie difetterebbe qualunque prova in ordine alla presunta relazione fra l’abbandono dei rifiuti in questione ed una condotta dolosa ovvero colposa posta in essere dall’Ente.
Infine, l’adozione dell’avversata ordinanza sarebbe avvenuta in violazione delle garanzie procedimentali di cui è menzione all’art. 192 del d.lgs. 152 del 2006, cit..
I motivi di censura dinanzi sinteticamente descritti sono fondati e meritevoli di accoglimento.
Ai fini del corretto inquadramento del thema decidendum (e del relativo quadro normativo di riferimento) occorre in primo luogo richiamare le disposizioni normative pertinenti al caso di specie.
Viene in primo luogo in rilievo il comma 3 dell’art. 14 del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 (articolo rubricato ‘Divieto di abbandono’), secondo cui “fatta salva l'applicazione delle sanzioni di cui agli articoli 50 e 51, chiunque viola i divieti di cui ai commi 1 e 2 [si tratta del divieto di abbandono e deposito incontrollato di rifiuti, nonché di immissione di rifiuti nelle acque superficiali o sotterranee] è tenuto a procedere alla rimozione, all'avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull'area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa. Il sindaco dispone con ordinanza le operazioni a tal fine necessarie ed il termine entro cui provvedere, decorso il quale procede all'esecuzione in danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate”.
A seguito dell’abrogazione della disposizione in questione ad opera del d.lgs. 152 del 2006 (recante ‘Disposizioni in materia ambientale’), la materia è ora disciplinata dall’art. 192 del decreto medesimo, il quale ha ripreso in larga parte, per quanto qui rileva, le previgenti disposizioni.
Ai fini che qui rilevano, occorre osservare che la riforma del 2006 ha integrato la previgente disciplina prevedendo che l’accertamento circa la sussistenza del dolo o della colpa in relazione all’abbandono dei rifiuti debba avere luogo “in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo”.
In base al quadro normativo dinanzi sinteticamente richiamato emerge quanto segue:
a) l’applicazione delle disposizioni di cui al comma 3 dell’art. 14 del d.lgs. 22 del 1997 (ora: art. 192 del d.lgs. 152 del 2006) è possibile unicamente a carico dei responsabili diretti dell’abbandono (ove individuati), ovvero a carico del proprietario o del titolare di diritti reali o personali di godimento sull’area;
b) in tale seconda ipotesi, l’applicazione delle rigorose previsioni di cui all’art. 14, cit., sarà possibile solo laddove sia dimostrata in capo al proprietario o al titolare di diritti reali o personali di godimento sull’area una condotta dolosa o colposa;
c) in ogni caso (a seguito della novella del 2006), l’accertamento in ordine alla sussistenza di una condotta dolosa o colposa deve avvenire in pieno contraddittorio con i soggetti interessati.
Una volta delineato in modo sistematico il quadro normativo di riferimento, emerge con evidenza l’illegittimità del provvedimento impugnato.
In primo luogo si osserva che (dovendosi comunque escludere che l’abbandono dei rifiuti in questione sia direttamente addebitabile al Consorzio ricorrente) il Comune non abbia in alcun modo provato che il Consorzio sia proprietario o titolare di diritti reali o personali di godimento sull’area in cui l’abbandono è avvenuto.
In particolare, per quanto concerne la questione della proprietà dell’area in questione, il Comune non ha provato in alcun modo la titolarità di essa in capo al Consorzio, mentre quest’ultimo (con deduzione non confutata in alcun modo dal Comune, non costituitosi) ha affermato che la strada in questione è di uso pubblico, liberamente accessibile a tutti e, comunque, fruibile senza limiti da parte degli abitanti della zona al fine di raggiungere le loro proprietà.
Già sotto tale profilo, quindi, viene meno un presupposto ex lege necessario (se pure, non sufficiente) al fine di legittimare l’adozione dell’ordinanza di cui è menzione all’art. 14 del d.lgs. 22 del 1997, cit.
Come in altra occasione osservato dal Tribunale (sentenza n. 5368/04 del 14-22 luglio 2004, le cui conclusioni possono essere confermate in parte qua in relazione all’odierna vicenda) “quando una strada – sia pure privata (cosa che non è nel caso di specie) viene assoggettata in modo continuativo ad uso pubblico, in modo che si ha una situazione corrispondente all’esercizio di una servitù, incombe all’Ente esponenziale di quella collettività curare la manutenzione della strada medesima. Le predette conclusioni sono rilevanti anche nel caso di specie, in relazione ai diversi contenuti dell’ordinanza impugnata.
(…)
Per quanto riguarda (…) l’ordine di eliminare i rifiuti abbandonati da ignoti nella fascia di pertinenza, occorre esaminare le disposizioni di cui agli artt. 7, 13, 14 e 21 del D. Lgs. n. 22 del 5/2/1997 (c.d. decreto Ronchi). L’art. 7, comma 2, classifica come rifiuti urbani, fra gli altri “...d) i rifiuti di qualunque natura o provenienza, giacenti sulle strade ed aree pubbliche o sulle strade ed aree private comunque soggette ad uso pubblico....”, mentre l’art. 21, comma 1, prevede che siano i Comuni ad effettuare la gestione dei rifiuti urbani, per cui già da ciò risulterebbe l’illegittimità in parte qua dell’ordine di smaltimento intimato al Consorzio di Bonifica di Arneo”.
Ad ogni modo (fermo restando il carattere dirimente di quanto sin qui osservato e richiamato in relazione alla non corretta applicazione dell’art. 14, cit. da parte del Comune di Latiano) il Collegio osserva che difetta nel caso di specie anche il secondo dei presupposti che legittimerebbero l’adozione, a carico del Consorzio intimato, dell’impugnata ordinanza di rimozione e bonifica del sito.
Ci si riferisce alla prova in concreto in ordine all’imputabilità in capo al Consorzio (sia pure a titolo di mera colpa) dell’abbandono e deposito incontrollato di rifiuti ai bordi della strada vicinale che corre in parallelo al canale denominato ‘Reale’.
Ed infatti, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale che il Collegio ritiene nella specie di confermare, l’obbligo di diligenza ricadente in capo al proprietario di un’area, idoneo ad escludere la sussistenza di una condotta colposa ai sensi del più volte richiamato art. 14, deve essere valutato secondo criteri di ragionevole esigibilità, con la conseguenza che una tale responsabilità non possa essere pronunciata laddove il deposito di rifiuti da parte di terzi soggetti sarebbe, sì, evitabile, ma solo a costi obiettivamente sproporzionati.
Come condivisibilmente affermato in giurisprudenza, infatti, “il dovere di diligenza, che fa carico al titolare del fondo, non può arrivare al punto di richiedere una costante vigilanza, da esercitarsi giorno e notte, per impedire ad estranei di invadere l'area e, per quanto riguarda la fattispecie regolata dall'art. 14 citato, di abbandonarvi dei rifiuti. La richiesta di un impegno di tale entità travalicherebbe oltremodo gli ordinari canoni della diligenza media (o del buon padre di famiglia) che è alla base della nozione di colpa, quando questa è indicata in modo generico, come nella specie, senza ulteriori specificazioni” (Consiglio di Stato, Sez. V, sent. 8 marzo 2005, n. 935).
Riconducendo i principi in questione alle peculiarità del caso di specie, emerge che, effettivamente, il Consorzio ricorrente non avrebbe potuto impedire il riversaggio dei rifiuti in questione, se non effettuando opere di recinzione e di protezione estese per chilometri, molto difficilmente controllabili e comunque dal costo verosimilmente eccessivo, anche in considerazione dell’effetto contenitivo obiettivamente ridotto che esse potrebbero in concreto sortire.
Ancora, appare nella specie condivisibile il motivo di censura fondato sul mancato rispetto, da parte del Comune intimato, delle garanzie procedimentali di cui è menzione al comma 3 dell’art. 192 del d.lgs. 152 del 2006 (il quale, come si è detto, consente al Comune di pronunciarsi in ordine alla sussistenza del requisito della colpa solo all’esito di “accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo”).
Ed infatti, se è vero che l’adozione dell’impugnata ordinanza è stata preceduta da una fase di interlocuzione con gli Uffici comunali (contestazione dei presunti addebiti con nota comunale del 21 marzo 2007 e motivato riscontro da parte del Consorzio con nota del successivo 23 marzo), è pur vero che l’atto impugnato non prende in alcun modo posizione in ordine alle controdeduzioni ed alle giustificazioni offerte dal Consorzio, in tal modo vanificando la ratio stessa della richiamata partecipazione procedimentale.
L’illegittimità (ed il conseguente annullamento) del provvedimento in epigrafe per il richiamato profilo di violazione di legge esime il Collegio dall’esame puntuale dell’ulteriore motivo di ricorso, relativo all’incompetenza relativa del Commissario straordinario (motivo che, comunque, palesa evidenti motivi di fondatezza, in relazione alla recente evoluzione normativa sul tema del riparto di competenze fra gli organi di vertice dell’Ente e la componente gestionale).
Per le medesime ragioni, non risulta necessario svolgere un esame puntuale in ordine al motivo di censura concernente l’ulteriore contenuto dispositivo del provvedimento impugnato (ci si riferisce alla parte in cui il Commissario straordinario ordina al Consorzio la bonifica del materiale di cemento-amianto con le modalità di cui al D.M. 6 settembre 2004, previa presentazione del piano di lavoro con nulla-osta all’esecuzione dei lavori rilasciato dalla competente A.U.S.L.).
Ai limitati fini che qui rilevano si osserva, comunque, che anche il motivo in parola presenta evidenti profili di fondatezza.
Si osserva al riguardo che (come condivisibilmente osservato dalla Difesa comunale) il Consorzio non sembra nella specie aver dato corretta applicazione alla previsione di cui all’art. 239 del d.lgs. 152 del 2006, il quale consente l’applicazione delle norme in materia di bonifica di siti inquinati per le ipotesi di abbandono di rifiuti a condizione che, pure a seguito della rimozione, avvio a recupero e smaltimento dei rifiuti abbandonati, si accerti il superamento dei valori di attenzione ivi richiamati.
Ed infatti, dai documenti di causa non emerge in alcun modo che il Comune intimato abbia fatto precedere l’ordinanza in questione da una qualunque istruttoria in ordine al richiamato superamento dei valori di attenzione.

Per i motivi esposti, il ricorso di cui in oggetto deve essere accolto, con conseguente annullamento del provvedimento impugnato.
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.



P.Q.M.


Il Tribunale Amministrativo Regionale della Puglia, I Sezione di Lecce, definitivamente pronunciando sul ricorso N.R.G. 1038/07
LO ACCOGLIE, e per l’effetto
ANNULLA il provvedimento impugnato.
Condanna il Comune convenuto alla rifusione delle spese di lite, che liquida in complessivi euro 1.500 (millecinquecento), oltre I.V.A. e C.P.A., come per legge.
Ordina che la presente Sentenza sia eseguita ad opera dell’Autorità amministrativa.
La presente sentenza è depositata presso la segreteria del Tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti.


Così deciso in Lecce, nella Camera di Consiglio del giorno 19 dicembre 2007.


Aldo Ravalli – Presidente
Claudio Contessa – Estensore


Pubblicata mediante deposito
in Segreteria il 07 febbraio 2008
 


 

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