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CORTE DI 
	GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Grande Sezione, 24/06/2008, Proc. C-188/07
  
	RIFIUTI - Olio accidentalmente sversato - Inquinamento del terreno e 
	delle acque sotterranee - Principio «chi inquina paga» - Operazioni di 
	recupero o smaltimento - Art. 1, lett. a) Dir. n.75/442. In materia di 
	gestione dei rifiuti, gli idrocarburi che siano stati accidentalmente 
	sversati e che siano all'origine di un inquinamento del terreno e delle 
	acque sotterranee non costituiscono un prodotto riutilizzabile senza previa 
	trasformazione. La direttiva 75/442 distingue la materiale realizzazione 
	delle operazioni di recupero o smaltimento - che essa pone a carico di ogni 
	«detentore di rifiuti», indipendentemente da chi sia il produttore o il 
	possessore degli stessi - dall'assunzione dell'onere finanziario relativo 
	alle suddette operazioni, che la medesima direttiva accolla, in conformità 
	del principio «chi inquina paga», ai soggetti che sono all'origine dei 
	rifiuti, a prescindere se costoro siano detentori o precedenti detentori dei 
	rifiuti o anche fabbricanti del prodotto che ha generato i rifiuti (sentenza 
	Van de Walle). (Total) CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Grande 
	Sezione, 24/06/2008, Proc. C-188/07
	
	RIFIUTI - INQUINAMENTO IDRICO - Gestione dei rifiuti - Nozione di rifiuti 
	- Principio “chi inquina paga” - Detentore - Precedenti detentori - 
	Produttore del prodotto causa dei rifiuti - Idrocarburi e olio pesante - 
	Olio pesante accidentalmente sversato in mare a seguito di un naufragio - 
	Convenzione sulla responsabilità civile per i danni dovuti a inquinamento da 
	idrocarburi - FIPOL - Direttiva 75/442/CEE. Una sostanza come l’olio 
	pesante venduto come combustibile, non costituisce un rifiuto ai sensi della 
	direttiva del Consiglio 15 luglio 1975, 75/442/CEE, relativa ai rifiuti, 
	come modificata dalla decisione della Commissione 24 maggio 1996, 96/350/CE, 
	nei limiti in cui è sfruttata o commercializzata a condizioni economicamente 
	vantaggiose e può essere effettivamente utilizzata come combustibile senza 
	necessitare di preliminari operazioni di trasformazione. Tuttavia, 
	idrocarburi accidentalmente sversati in mare in seguito a un naufragio, che 
	risultino miscelati ad acqua nonché a sedimenti e che vadano alla deriva 
	lungo le coste di uno Stato membro fino a raggiungere queste ultime, 
	costituiscono rifiuti ai sensi dell'art. 1, lett. a), della direttiva 
	75/442, come modificata dalla decisione 96/350, nei limiti in cui non 
	possono più essere sfruttati o commercializzati senza preliminari operazioni 
	di trasformazione. Pertanto, ai fini dell'applicazione dell'art. 15 della 
	direttiva 75/442, come modificata dalla decisione 96/350, allo sversamento 
	accidentale di idrocarburi in mare all'origine di un inquinamento delle 
	coste di uno Stato membro: - il giudice nazionale può considerare colui che 
	ha venduto tali idrocarburi e noleggiato la nave che li ha trasportati come 
	produttore dei rifiuti in questione, ai sensi dell'art. 1, lett. b), della 
	direttiva 75/442, come modificata dalla decisione 96/350, e, in questo modo, 
	come «precedente detentore» ai fini dell'applicazione dell'art. 15, secondo 
	trattino, prima parte, di tale direttiva se tale giudice, alla luce degli 
	elementi la cui valutazione è di sua esclusiva competenza, giunge alla 
	conclusione che detto venditore-noleggiatore ha contribuito al rischio che 
	si verificasse l'inquinamento determinato dal naufragio, in particolare se 
	si è astenuto dall'adottare provvedimenti diretti a prevenire un tale 
	evento, come quelli relativi alla scelta della nave; - qualora risulti che i 
	costi connessi allo smaltimento dei rifiuti prodotti da uno sversamento 
	accidentale di idrocarburi in mare non sono oggetto di accollo da parte del 
	fondo in parola o non possono esserlo a motivo dell'esaurimento del limite 
	massimo di risarcimento previsto per tale sinistro e che, in applicazione 
	dei limiti e/o delle esclusioni di responsabilità vigenti, il diritto 
	nazionale di uno Stato membro, compreso quello derivante da convenzioni 
	internazionali, impedisce che tali costi siano sostenuti dal proprietario 
	della nave e/o dal noleggiatore di quest'ultima, sebbene tali soggetti 
	debbano essere qualificati come «detentori» ai sensi dell'art. 1, lett. c), 
	della direttiva 75/442, come modificata dalla decisione 96/350, un siffatto 
	diritto nazionale dovrà allora consentire, onde sia garantita una 
	trasposizione conforme dell'art. 15 di tale direttiva, che i costi in 
	questione siano sopportati dal produttore del prodotto che ha generato i 
	rifiuti così sversati. Sicché, conformemente al principio «chi inquina 
	paga», tale produttore può essere tenuto a farsi carico di tali costi solo 
	se, mediante la sua attività, ha contribuito al rischio che si verificasse 
	l'inquinamento prodotto dal naufragio della nave. (Total) CORTE DI 
	GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Grande Sezione, 24/06/2008, Proc. 
	C-188/07
	
	RIFIUTI - Qualifica di rifiuto - Elenchi - Valore indicativo - All. II, 
	Dir. 75/442. Nonostante l'allegato II della direttiva 75/442 propone 
	elenchi di sostanze e di oggetti qualificabili come rifiuti, tali elenchi, 
	tuttavia, hanno soltanto un valore indicativo, posto che la qualifica di 
	rifiuto discende anzitutto dal comportamento del detentore e dal significato 
	del termine «disfarsi» (v. sentenza 7/09/2004, causa C‑1/03, Van de Walle). 
	(Total) CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Grande Sezione, 
	24/06/2008, Proc. C-188/07
  
	RIFIUTI - Prodotti e sottoprodotti - Utilizzo in un processo successivo, 
	senza operare trasformazioni preliminari - Nozione di rifiuto - Direttiva 
	75/442. Un bene, un materiale o una materia prima derivante da un 
	processo di fabbricazione o di estrazione che non è principalmente destinato 
	a produrlo può costituire non un residuo, bensì un sottoprodotto, del quale 
	l'impresa non ha intenzione di disfarsi, ma che essa intende sfruttare o 
	commercializzare a condizioni per essa favorevoli, in un processo 
	successivo, senza operare trasformazioni preliminari (v. sentenza Palin 
	Granit, nonché ordinanza 15/01/2004, causa C‑235/02, Saetti e Freudiani). 
	Pertanto, non è assolutamente giustificato assoggettare alle disposizioni 
	della direttiva 75/442 beni, materiali o materie prime che dal punto di 
	vista economico hanno valore di prodotti, indipendentemente da qualsiasi 
	trasformazione, e che, in quanto tali, sono soggetti alla normativa 
	applicabile a tali prodotti. Tuttavia, tenuto conto dell'obbligo di 
	interpretare in maniera estensiva la nozione di rifiuto al fine di limitare 
	gli inconvenienti o i danni dovuti alla loro natura, occorre circoscrivere 
	il ricorso a tale argomentazione relativa ai sottoprodotti alle situazioni 
	in cui il riutilizzo di un bene, di un materiale o di una materia prima non 
	sia solo eventuale, ma certo, senza trasformazione preliminare, e 
	nell'ambito del processo di produzione. (Total) CORTE DI GIUSTIZIA DELLE 
	COMUNITA' EUROPEE, Grande Sezione, 24/06/2008, Proc. C-188/07
	
	PROCEDURE E VARIE - Questioni pregiudiziali - Domanda - Valutazione - 
	Giudice nazionale. Le questioni relative all'interpretazione del diritto 
	comunitario sollevate dal giudice nazionale nel contesto di diritto e di 
	fatto che egli individua sotto la propria responsabilità, del quale non 
	spetta alla Corte verificare l'esattezza, godono di una presunzione di 
	rilevanza. Il rigetto, da parte della Corte, di una domanda proposta da un 
	giudice nazionale è possibile soltanto qualora appaia in modo manifesto che 
	l'interpretazione del diritto comunitario richiesta non ha alcun rapporto 
	con l'effettività o l'oggetto della causa principale, qualora la questione 
	sia di tipo ipotetico o, ancora, qualora la Corte non disponga degli 
	elementi di fatto e di diritto necessari per rispondere in modo utile alle 
	questioni che le sono sottoposte (v., in tal senso, sentenza 7/06/ 2007, 
	cause riunite da C‑222/05 a C‑225/05, van der Weerd). Peraltro, secondo una 
	giurisprudenza costante, spetta ai giudici nazionali cui è stata sottoposta 
	la controversia valutare sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per 
	essere in grado di pronunciare la propria sentenza, sia la rilevanza delle 
	questioni che sottopongono alla Corte (sentenza 15/06/2006, cause riunite 
	C‑393/04 e C‑41/05, Air Liquide Industries Belgium). CORTE DI GIUSTIZIA 
	DELLE COMUNITA' EUROPEE, Grande Sezione, 24/06/2008, Proc. C-188/07
  
      
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CORTE DI GIUSTIZIA
delle Comunità Europee,
		
		SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)
		
		24 giugno 2008 (*)
		
		«Direttiva 75/442/CEE - Gestione dei rifiuti - Nozione di rifiuti - 
		Principio “chi inquina paga” - Detentore - Precedenti detentori - 
		Produttore del prodotto causa dei rifiuti - Idrocarburi e olio pesante - 
		Naufragio - Convenzione sulla responsabilità civile per i danni dovuti a 
		inquinamento da idrocarburi - FIPOL»
		
		
		Nel procedimento C‑188/07,
		
		avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla 
		Corte, ai sensi dell'art. 234 CE, dalla Cour de cassation (Francia) con 
		decisione 28 marzo 2007, pervenuta in cancelleria il 3 aprile 2007, 
		nella causa
		
		Commune de Mesquer
		
		contro
		
		Total France SA,
		
		Total International Ltd,
		
		LA CORTE (Grande Sezione),
		
		composta dal sig. C.W.A. Timmermans, presidente della Seconda Sezione, 
		facente funzione di presidente, dai sigg. A. Rosas, K. Lenaerts e L. Bay 
		Larsen, presidenti di sezione, dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta, dai 
		sigg. K. Schiemann, P. Kūris, E. Levits, A. Ó Caoimh, dalla sig.ra P. 
		Lindh, dai sigg. J.-C. Bonichot, T. von Danwitz e dalla sig.ra C. Toader 
		(relatore), giudici,
		
		avvocato generale: sig.ra J. Kokott
		
		cancelliere: sig. M.-A. Gaudissart, capo unità
		
		vista la fase scritta del procedimento e in seguito all'udienza del 22 
		gennaio 2008,
		
		considerate le osservazioni presentate:
		
		- per il Comune di Mesquer, dagli avv.ti C. Lepage e A. Moustardier, 
		avocats;
		
		- per la Total France SA e la Total International Ltd, dagli avv.ti 
		J.‑P. Hordies, C. Smits, M. Memlouk, J. Boivin, E. Fontaine e F.-H. 
		Briard, avocats;
		
		- per il governo francese, dal sig. G. de Bergues e dalla sig.ra A.-L. 
		During, in qualità di agenti;
		
		- per il governo belga, dalla sig.ra L. Van den Broeck, in qualità di 
		agente;
		
		- per il governo italiano, dai sigg. I. M. Braguglia, in qualità di 
		agente, assistito dal sig. D. Del Gaizo, avvocato dello Stato;
		
		- per il governo del Regno Unito, dalle sig.re C. Gibbs e I. Rao, in 
		qualità di agenti, assistite dal sig. J. Maurici, barrister,
		
		- per la Commissione delle Comunità europee, dai sigg. M. Konstantinidis, 
		J.‑B. Laignelot e G. Valero Jordana, in qualità di agenti,
		
		sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza 
		del 13 marzo 2008,
		
		ha pronunciato la seguente
		
		Sentenza
		
		1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull'interpretazione degli 
		artt. 1 e 15 della direttiva del Consiglio 15 luglio 1975, 75/442/CEE, 
		relativa ai rifiuti (GU L 194, pag. 39), come modificata dalla decisione 
		della Commissione 24 maggio 1996, 96/350/CE (GU L 135, pag. 32; in 
		prosieguo: la «direttiva 75/442»), nonché sull'allegato I di tale 
		direttiva.
		
		2 La domanda in questione interviene nell'ambito di una controversia che 
		vede contrapporsi il Comune di Mesquer alla Total France SA e alla Total 
		International Ltd (in prosieguo, congiuntamente: le «società Total») 
		relativamente al risarcimento dei danni causati dai rifiuti sversati sul 
		territorio del menzionato Comune in seguito al naufragio della 
		petroliera Erika.
		
		Contesto normativo
		
		La normativa internazionale
		
		3 La convenzione internazionale del 1969 sulla responsabilità civile per 
		i danni dovuti a inquinamento da idrocarburi, adottata a Bruxelles il 29 
		novembre 1969, come modificata dal protocollo firmato a Londra il 27 
		novembre 1992 (GU 2004, L 78, pag. 32; in prosieguo: la «convenzione 
		sulla responsabilità civile»), disciplina la responsabilità dei 
		proprietari di navi per i danni risultanti da sversamenti ripetuti di 
		idrocarburi provenienti da navi cisterna. Essa si fonda sul principio 
		della loro responsabilità oggettiva, limitata a un importo calcolato in 
		funzione della stazza della nave, e istituisce un sistema obbligatorio 
		di assicurazione della responsabilità civile.
		
		4 Ai sensi dell'art. II, lett. a), della convenzione sulla 
		responsabilità civile, quest'ultima si applica ai danni dovuti a 
		inquinamento che si verificano nel territorio di uno Stato contraente, 
		ivi compreso il mare territoriale, e nella zona economica esclusiva di 
		uno Stato contraente, definita conformemente alle norme del diritto 
		internazionale, o, qualora uno Stato contraente non abbia fissato tale 
		zona, in una fascia di mare situata al di là delle acque territoriali di 
		detto Stato contraente e ad esse contigua, conformemente al diritto 
		internazionale, che si estende non oltre le 200 miglia nautiche dalla 
		linea di base a partire dalla quale è misurata la larghezza delle acque 
		territoriali.
		
		5 Ai sensi dell'art. III, n. 4, della convenzione sulla responsabilità 
		civile, «il risarcimento per danni dovuti a inquinamento ai sensi della 
		presente convenzione o di altro genere non può essere chiesto (...) a 
		qualsiasi noleggiatore (in qualunque modo descritto, ivi compresi i 
		noleggiatori di navi non equipaggiate), gestore o operatore della nave 
		(...), tranne nel caso in cui il danno sia dovuto a loro atti o 
		omissioni personali, commessi con l'intento di provocare tali danni, 
		ovvero con negligenza e con la consapevolezza della probabilità di 
		provocare tali danni».
		
		6 La convenzione internazionale sull'istituzione di un fondo 
		internazionale per il risarcimento dei danni dovuti a inquinamento da 
		idrocarburi, adottata a Bruxelles il 18 dicembre 1971, come modificata 
		dal protocollo firmato a Londra il 27 novembre 1992 (GU 2004, L 78, pag. 
		40; in prosieguo: la «convenzione Fondo»), completa la convenzione sulla 
		responsabilità civile, istituendo un sistema di risarcimento delle 
		vittime.
		
		7 Il Fondo internazionale per il risarcimento dei danni dovuti a 
		inquinamento da idrocarburi (in prosieguo: il «FIPOL»), alimentato da 
		contributi dell'industria petrolifera, può coprire fino a 135 milioni di 
		DTS (diritti speciali di prelievo) per un evento precedente al 2003. 
		Conformemente all'art. 4 della convenzione Fondo, le vittime possono 
		presentare, dinanzi ai giudici dello Stato parte contraente di tale 
		convenzione in cui sono stati causati i danni, istanze al fine di 
		ottenere un risarcimento, in particolare qualora la convenzione sulla 
		responsabilità civile non preveda alcuna responsabilità per il danno in 
		questione o qualora il proprietario della nave sia insolvibile o 
		sollevato dalla sua responsabilità in forza della convenzione in parola.
		
		8 Il protocollo del 2003 alla convenzione internazionale del 1992 
		sull'istituzione di un fondo internazionale per il risarcimento dei 
		danni causati dall'inquinamento da idrocarburi (GU 2004, L 78, pag. 24) 
		crea un fondo complementare internazionale per il risarcimento dei danni 
		dovuti a inquinamento, denominato «fondo complementare internazionale 
		del 2003 per il risarcimento dei danni da inquinamento da idrocarburi», 
		che consente, congiuntamente al FIPOL, di coprire fino a 750 milioni di 
		unità di conto per un determinato incidente successivo al 1° novembre 
		2003.
		
		La normativa comunitaria
		
		La direttiva 75/442
		
		9 Ai sensi del terzo 'considerando' della direttiva 75/442, ogni 
		regolamento in materia di smaltimento dei rifiuti deve essenzialmente 
		mirare alla protezione della salute umana e dell'ambiente contro gli 
		effetti nocivi della raccolta, del trasporto, del trattamento, 
		dell'ammasso e del deposito dei rifiuti.
		
		10 L'art. 1 della direttiva 75/442 così dispone:
		
		«Ai sensi della presente direttiva, si intende per:
		
		a) “rifiuto”: qualsiasi sostanza od oggetto che rientri nelle categorie 
		riportate nell'allegato I e di cui il detentore si disfi o abbia deciso 
		o abbia l'obbligo di disfarsi.
		
		La Commissione (...) preparerà (...) un elenco dei rifiuti che rientrano 
		nelle categorie di cui all'allegato I. (…);
		
		b) “produttore”: la persona la cui attività ha prodotto rifiuti 
		(“produttore iniziale”) e/o la persona che ha effettuato operazioni di 
		pretrattamento, di miscuglio o altre operazioni che hanno mutato la 
		natura o la composizione di detti rifiuti;
		
		c) “detentore”: il produttore dei rifiuti o la persona fisica o 
		giuridica che li detiene;
		
		(…)
		
		e) “smaltimento”: tutte le operazioni previste nell'allegato II A;
		
		f) “recupero”: tutte le operazioni previste nell'allegato II B;
		
		g) “raccolta”: l'operazione di raccolta, di cernita e/o di 
		raggruppamento dei rifiuti per il loro trasporto».
		
		11 L'art. 8 della direttiva 75/442 recita:
		
		«Gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie affinché ogni 
		detentore di rifiuti:
		
		a) li consegni ad un raccoglitore privato o pubblico, o ad un'impresa 
		che effettua le operazioni previste nell'allegato II A o II B, oppure
		
		b) provveda egli stesso al recupero o allo smaltimento, conformandosi 
		alle disposizioni della presente direttiva».
		
		12 L'art. 15 della direttiva 75/442 prevede:
		
		«Conformemente al principio “chi inquina paga”, il costo dello 
		smaltimento dei rifiuti deve essere sostenuto:
		
		a) dal detentore che consegna i rifiuti ad un raccoglitore o ad una 
		impresa di cui all'articolo 9; e/o
		
		b) dai precedenti detentori o dal produttore del prodotto causa dei 
		rifiuti».
		
		13 Le categorie Q4, Q11, Q13 e Q16 dell'allegato I della direttiva 
		75/442, intitolato «Categorie di rifiuti», hanno il seguente tenore:
		
		«Q4 Sostanze accidentalmente riversate, perdute o aventi subìto 
		qualunque altro incidente, compresi tutti i materiali, le attrezzature, 
		ecc. contaminati in seguito all'incidente in questione
		
		(…)
		
		Q11 Residui provenienti dall'estrazione e dalla preparazione delle 
		materie prime (ad esempio residui provenienti da attività minerarie o 
		petrolifere, ecc.)
		
		(…)
		
		Q13 Qualunque materia, sostanza o prodotto la cui utilizzazione è 
		giuridicamente vietata
		
		(…)
		
		Q16 Qualunque sostanza, materia o prodotto che non rientri nelle 
		categorie sopra elencate».
		
		14 L'allegato II A della citata direttiva, intitolato «Operazioni di 
		smaltimento», intende elencare le operazioni di smaltimento così come 
		esse sono effettuate in pratica, laddove l'allegato II B della stessa, 
		intitolato «Operazioni di recupero», intende analogamente elencare le 
		operazioni di recupero.
		
		15 La direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 5 aprile 2006, 
		2006/12/CE, relativa ai rifiuti (GU L 114, pag. 9), nell'operare, a fini 
		di chiarezza e razionalizzazione, una codificazione della direttiva 
		75/442, riporta agli artt. 1 e 15 nonché agli allegati I, II A e II B le 
		disposizioni sopra menzionate. La direttiva 2006/12 è stata tuttavia 
		adottata solo successivamente al verificarsi dei fatti di cui alla causa 
		principale, cosicché essa non è chiamata a disciplinare la causa 
		principale.
		
		La direttiva 68/414/CEE
		
		16 L'art. 2 della direttiva del Consiglio 20 dicembre 1968, 68/414/CEE, 
		che stabilisce l'obbligo per gli Stati membri della CEE di mantenere un 
		livello minimo di scorte di petrolio greggio e/o di prodotti petroliferi 
		(GU L 308, pag. 14), come modificata dalla direttiva del Consiglio 14 
		dicembre 1998, 98/93/CE (GU L 358, pag. 100), che prevede un siffatto 
		obbligo in particolare per far fronte a eventuali penurie o crisi di 
		approvvigionamento, assimila gli oli combustibili a una categoria di 
		prodotti petroliferi.
		
		La direttiva 2004/35/CE
		
		17 Il decimo 'considerando' della direttiva del Parlamento europeo e del 
		Consiglio 21 aprile 2004, 2004/35/CE, sulla responsabilità ambientale in 
		materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale (GU L 143, 
		pag. 56), recita:
		
		«Si dovrebbe tenere espressamente conto del trattato Euratom, delle 
		convenzioni internazionali pertinenti e della normativa comunitaria che 
		disciplina più completamente e più rigorosamente tutte le attività che 
		rientrano nel campo di applicazione della presente direttiva. (…)».
		
		18 L'art. 4, n. 2, della direttiva 2004/35 dispone:
		
		«La presente direttiva non si applica al danno ambientale o a una 
		minaccia imminente di tale danno a seguito di un incidente per il quale 
		la responsabilità o l'indennizzo rientrano nell'ambito d'applicazione di 
		una delle convenzioni internazionali elencate nell'allegato IV, comprese 
		eventuali successive modifiche di tali convenzioni, in vigore nello 
		Stato membro interessato».
		
		19 L'allegato IV della direttiva 2004/35 così recita:
		
		«Convenzioni internazionali di cui all'articolo 4, paragrafo 2
		
		a) Convenzione internazionale del 27 novembre 1992 sulla responsabilità 
		civile per i danni derivanti da inquinamento da idrocarburi;
		
		b) Convenzione internazionale del 27 novembre 1992 istitutiva di un 
		Fondo internazionale per l'indennizzo dei danni derivanti da 
		inquinamento da idrocarburi;
		
		(…)».
		
		La decisione 2004/246/CE
		
		20 Il Consiglio ha adottato, il 2 marzo 2004, la decisione 2004/246/CE, 
		che autorizza gli Stati membri a firmare o ratificare, nell'interesse 
		della Comunità europea, il protocollo del 2003 alla convenzione 
		internazionale del 1992 sull'istituzione di un fondo internazionale per 
		il risarcimento dei danni causati dall'inquinamento da idrocarburi, o ad 
		aderirvi, e che autorizza Austria e Lussemburgo, nell'interesse della 
		Comunità europea, ad aderire agli strumenti di riferimento (GU L 78, 
		pag. 22).
		
		21 Il quarto 'considerando' della decisione 2004/246 dispone come segue:
		
		«Conformemente al protocollo per il fondo complementare, solo gli Stati 
		sovrani possono esserne parte; pertanto, la Comunità non può ratificare 
		il protocollo o aderirvi né potrà farlo nel futuro immediato».
		
		22 Gli artt. 1, n. 1, e 4 della decisione 2004/246 recitano:
		
		«Articolo 1
		
		1. Gli Stati membri sono autorizzati a firmare o ratificare, 
		nell'interesse della Comunità europea, il protocollo del 2003 alla 
		convenzione internazionale del 1992 sull'istituzione di un fondo 
		internazionale per il risarcimento dei danni provocati da inquinamento 
		da idrocarburi (il protocollo per il fondo complementare), o ad 
		aderirvi, alle condizioni specificate nei seguenti articoli.
		
		(…)
		
		Articolo 4
		
		Gli Stati membri si adoperano con tempestività affinché il protocollo 
		per il fondo complementare e gli strumenti di riferimento siano 
		modificati per consentire alla Comunità di divenirne parte contraente».
		
		La normativa nazionale
		
		23 L'art. 2 della legge 15 luglio 1975, n. 75-633, relativa allo 
		smaltimento dei rifiuti ed al recupero dei materiali (JORF del 16 luglio 
		1975, pag. 7279), ormai art. L541-2 del codice dell'ambiente, così 
		dispone:
		
		«Chiunque produca o detenga rifiuti in circostanze tali da produrre 
		effetti nocivi per il suolo, la flora e la fauna, deteriorare i siti o i 
		paesaggi, inquinare l'aria o le acque, causare rumori e odori e, in 
		generale, ledere la salute dell'uomo e l'ambiente, è tenuto a provvedere 
		o a far provvedere al loro smaltimento conformemente alle disposizioni 
		del presente capitolo, in condizioni idonee a evitare i menzionati 
		effetti.
		
		Lo smaltimento dei rifiuti comporta le operazioni di raccolta, 
		trasporto, stoccaggio, cernita e trattamento necessari al recupero degli 
		elementi e dei materiali riutilizzabili o dell'energia, nonché al 
		deposito o al rigetto nell'ambiente naturale di tutti gli altri prodotti 
		in condizioni idonee a evitare i danni menzionati al comma precedente».
		
		Causa principale e questioni pregiudiziali
		
		24 Il 12 dicembre 1999 la petroliera ERIKA, battente bandiera maltese e 
		noleggiata dalla Total International Ltd, affondava a circa 35 miglia 
		marine a sud-ovest della punta di Penmarc'h (Finistère, Francia), 
		sversando una parte del suo carico e del suo combustibile in mare e 
		causando un inquinamento del litorale atlantico francese.
		
		25 Dalla decisione di rinvio e dalle osservazioni presentate dinanzi 
		alla Corte emerge che la società italiana ENEL ha stipulato con la Total 
		International Ltd un contratto di fornitura di olio pesante diretto a 
		essere utilizzato come combustibile per la produzione di energia 
		elettrica. Ai fini dell'esecuzione di tale contratto, la Total raffinage 
		distribution, divenuta Total France SA, ha venduto l'olio pesante alla 
		Total International Ltd, la quale ha noleggiato la nave Erika al fine di 
		trasportarlo dal porto di Dunkerque (Francia) a quello di Milazzo.
		
		26 Il 9 giugno 2000 il Comune di Mesquer ha proposto un ricorso dinanzi 
		al Tribunal de commerce de Saint-Nazaire avverso le società Total 
		diretto, in particolare, a far dichiarare che queste ultime dovevano 
		farsi carico, in applicazione della legge n. 75-633, delle conseguenze 
		dei danni causati dai rifiuti sversati sul suo territorio ed essere 
		condannate in solido al pagamento delle spese sostenute dal Comune per 
		operazioni di pulitura e bonifica, ossia EUR 69 232,42.
		
		27 In seguito al rigetto del suo ricorso, il Comune di Mesquer ha 
		interposto appello dinanzi alla Cour d'appel de Rennes, che, con 
		sentenza 13 febbraio 2002, ha confermato la sentenza di primo grado, 
		stimando che l'olio pesante fosse, nel caso di specie, non un rifiuto 
		bensì un materiale combustibile costituente un materiale energetico 
		creato per un uso specifico. La Cour d'appel de Rennes ha in effetti 
		ammesso che l'olio pesante, così sversato e trasformato a seguito del 
		suo miscelarsi con l'acqua e la sabbia, ha generato rifiuti, ma essa ha 
		tuttavia ritenuto che nessuna norma consentisse di dichiarare la 
		responsabilità delle società Total, poiché queste ultime non possono 
		essere considerate produttrici o detentrici dei rifiuti in questione. Il 
		Comune di Mesquer ha allora proposto ricorso per cassazione.
		
		28 Reputando che la causa presenti una seria difficoltà in termini di 
		interpretazione della direttiva 75/442, la Cour de cassation (Corte di 
		cassazione) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla 
		Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
		
		«1) Se l'olio pesante, prodotto derivato da un processo di raffinazione, 
		rispondente alle specifiche dell'utilizzatore, destinato dal produttore 
		a essere venduto come combustibile e menzionato nella direttiva 68/414 
		(...) possa essere considerato un rifiuto ai sensi dell'art. 1 della 
		direttiva 75/442 (...) codificata dalla direttiva 2006/12 (...).
		
		2) Se un carico di olio pesante, trasportato da una nave e 
		accidentalmente sversato in mare, costituisca, di per sé o miscelato ad 
		acqua e sedimenti, un rifiuto ai sensi della [categoria] Q4 
		dell'allegato I della direttiva 2006/12 (...).
		
		3) In caso di soluzione negativa della prima questione e di soluzione 
		affermativa della seconda, se il produttore dell'olio pesante (Total 
		Raffinage [distribuzione]) e/o il venditore e noleggiatore (Total 
		International Ltd) possano essere considerati, ai sensi dell'art. 1, 
		lett. b) e c), della direttiva 2006/12 (…) e ai fini dell'applicazione 
		dell'art. 15 della medesima direttiva, come il produttore e/o il 
		detentore del rifiuto, anche qualora il prodotto, al momento 
		dell'incidente che l'ha trasformato in rifiuto, fosse trasportato da 
		terzi».
		
		Sulle questioni pregiudiziali
		
		Sulla ricevibilità
		
		29 Le società Total sostengono che il presente rinvio pregiudiziale deve 
		essere dichiarato irricevibile in quanto il Comune di Mesquer ha già 
		ottenuto un risarcimento in forza del FIPOL e che, di conseguenza, non 
		disporrebbe dell'interesse ad agire. Pertanto, la domanda di pronuncia 
		pregiudiziale rivestirebbe un carattere ipotetico.
		
		30 Secondo costante giurisprudenza, le questioni relative 
		all'interpretazione del diritto comunitario sollevate dal giudice 
		nazionale nel contesto di diritto e di fatto che egli individua sotto la 
		propria responsabilità, del quale non spetta alla Corte verificare 
		l'esattezza, godono di una presunzione di rilevanza. Il rigetto, da 
		parte della Corte, di una domanda proposta da un giudice nazionale è 
		possibile soltanto qualora appaia in modo manifesto che 
		l'interpretazione del diritto comunitario richiesta non ha alcun 
		rapporto con l'effettività o l'oggetto della causa principale, qualora 
		la questione sia di tipo ipotetico o, ancora, qualora la Corte non 
		disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per rispondere 
		in modo utile alle questioni che le sono sottoposte (v., in tal senso, 
		sentenza 7 giugno 2007, cause riunite da C‑222/05 a C‑225/05, van der 
		Weerd e a., Racc. pag. I‑4233, punto 22 e giurisprudenza citata).
		
		31 Peraltro, secondo una giurisprudenza costante, spetta ai giudici 
		nazionali cui è stata sottoposta la controversia valutare sia la 
		necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di 
		pronunciare la propria sentenza, sia la rilevanza delle questioni che 
		sottopongono alla Corte (sentenza 15 giugno 2006, cause riunite C‑393/04 
		e C‑41/05, Air Liquide Industries Belgium, Racc. pag I‑5293, punto 24 e 
		giurisprudenza citata).
		
		32 A questo riguardo, emerge dagli atti di causa che il Comune di 
		Mesquer ha effettivamente beneficiato di pagamenti in forza del FIPOL, i 
		quali sono stati effettuati a seguito della domanda di risarcimento 
		formulata dal Comune nei confronti, in particolare, del proprietario 
		della nave Erika e del FIPOL. Questi pagamenti hanno costituito 
		l'oggetto di transazioni mediante le quali il Comune in parola ha 
		espressamente rinunciato a qualsivoglia istanza e azione, a condizione 
		che fossero rimborsate le somme versate.
		
		33 Sembra che il giudice del rinvio disponesse di tali informazioni, ma 
		che esso tuttavia non abbia né considerato che la causa principale si 
		era estinta o che il Comune di Mesquer aveva perso il suo interesse ad 
		agire né rinunciato a proporre alla Corte le sue questioni 
		pregiudiziali.
		
		34 Occorre pertanto risolvere le questioni proposte dalla Cour de 
		cassation.
		
		Sulla prima questione
		
		35 Con la sua prima questione, il giudice del rinvio intende sapere se 
		l'olio pesante venduto per essere utilizzato come combustibile possa 
		essere qualificato come rifiuto ai sensi dell'art. 1, lett. a), della 
		direttiva 75/442.
		
		36 Le società Total, gli Stati membri che hanno sottoposto osservazioni 
		nonché la Commissione sono dell'avviso che occorra risolvere in termini 
		negativi tale questione. Solo il Comune di Mesquer sostiene che un tale 
		olio pesante deve essere qualificato come rifiuto e che, inoltre, la 
		sostanza in questione rientra nella categoria dei prodotti pericolosi e 
		illeciti.
		
		37 In via preliminare, si deve rammentare che, a norma dell'art. 1, 
		lett. a), della direttiva 75/442, deve considerarsi rifiuto qualsiasi 
		sostanza od oggetto che rientri nelle categorie riportate nell'allegato 
		I e di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l'obbligo di 
		disfarsi.
		
		38 Così, nel contesto della direttiva 75/442, l'ambito di applicazione 
		della nozione di rifiuto dipende dal significato del termine «disfarsi» 
		(sentenza 18 dicembre 1997, causa C‑129/96, Inter-Environnement Wallonie, 
		Racc. pag I‑7411, punto 26) e, di conseguenza, conformemente alla 
		giurisprudenza della Corte, tale termine va interpretato tenendo conto 
		delle finalità di questa stessa direttiva (sentenza 15 giugno 2000, 
		cause riunite C‑418/97 e C‑419/97, ARCO Chemie Nederland e a., Racc. pag 
		I‑4475, punto 37), finalità che, ai sensi del terzo 'considerando' della 
		direttiva di cui trattasi, consiste nella tutela della salute umana e 
		dell'ambiente contro gli effetti nocivi della raccolta, del trasporto, 
		del trattamento, dell'ammasso e del deposito dei rifiuti, alla luce 
		dell'art. 174, n. 2, CE, secondo il quale la politica della Comunità in 
		materia ambientale mira a un elevato livello di tutela ed è fondata in 
		particolare sui principi della precauzione e dell'azione preventiva (v. 
		sentenza 11 novembre 2004, causa C‑457/02, Niselli, Racc. pag I‑10853, 
		punto 33).
		
		39 La Corte ha altresì dichiarato che, alla luce della finalità 
		perseguita dalla direttiva 75/442, la nozione di rifiuto non può essere 
		interpretata in senso restrittivo (v. sentenza ARCO Chemie Nederland e 
		a., cit., punto 40).
		
		40 Tale nozione può riferirsi a tutti gli oggetti e le sostanze di cui 
		il proprietario si disfa, anche se essi hanno un valore commerciale e 
		sono raccolti a titolo commerciale a fini di riciclo, di recupero o di 
		riutilizzo (v., in particolare, sentenza 18 aprile 2002, causa C‑9/00, 
		Palin Granit e Vehmassalon kansanterveystyön kuntayhtymän hallitus, 
		Racc. pag. I‑3533; in prosieguo: la sentenza «Palin Granit», punto 29 e 
		giurisprudenza citata).
		
		41 A tale proposito, alcune circostanze possono costituire indizi del 
		fatto che il detentore di una sostanza o di un oggetto se ne disfi 
		ovvero abbia deciso o abbia l'obbligo di disfarsene ai sensi dell'art. 
		1, lett. a), della direttiva 75/442. Ciò si verifica, in particolare, se 
		la sostanza utilizzata è un residuo di produzione, cioè un prodotto che 
		non è stato ricercato in quanto tale (sentenza ARCO Chemie Nederland e 
		a., cit., punti 83 e 84). La Corte ha così precisato che i detriti 
		provenienti dall'attività estrattiva di una cava di granito, che non si 
		configurano come produzione principale ricercata mediante tale 
		sfruttamento, rientrano, in via di principio, nella categoria dei 
		rifiuti (sentenza Palin Granit, punti 32 e 33).
		
		42 Tuttavia, un bene, un materiale o una materia prima derivante da un 
		processo di fabbricazione o di estrazione che non è principalmente 
		destinato a produrlo può costituire non un residuo, bensì un 
		sottoprodotto, del quale l'impresa non ha intenzione di disfarsi, ma che 
		essa intende sfruttare o commercializzare a condizioni per essa 
		favorevoli, in un processo successivo, senza operare trasformazioni 
		preliminari (v. sentenza Palin Granit, punto 34, nonché ordinanza 15 
		gennaio 2004, causa C‑235/02, Saetti e Freudiani, Racc. pag I‑1005, 
		punto 35).
		
		43 Infatti, non è assolutamente giustificato assoggettare alle 
		disposizioni della direttiva 75/442 beni, materiali o materie prime che 
		dal punto di vista economico hanno valore di prodotti, indipendentemente 
		da qualsiasi trasformazione, e che, in quanto tali, sono soggetti alla 
		normativa applicabile a tali prodotti (v. sentenza Palin Granit, punto 
		35, nonché ordinanza Saetti e Frediani, cit., punto 35).
		
		44 Tuttavia, tenuto conto dell'obbligo di interpretare in maniera 
		estensiva la nozione di rifiuto al fine di limitare gli inconvenienti o 
		i danni dovuti alla loro natura, occorre circoscrivere il ricorso a tale 
		argomentazione relativa ai sottoprodotti alle situazioni in cui il 
		riutilizzo di un bene, di un materiale o di una materia prima non sia 
		solo eventuale, ma certo, senza trasformazione preliminare, e 
		nell'ambito del processo di produzione (sentenza Palin Granit, punto 36, 
		nonché ordinanza Saetti e Frediani, cit., punto 36).
		
		45 Unitamente al criterio del riconoscimento o meno della natura di 
		residuo di produzione riguardo ad una certa sostanza, il grado di 
		probabilità di riutilizzo di tale sostanza, senza operazioni di 
		trasformazione preliminare, costituisce quindi un secondo criterio utile 
		al fine di valutare se essa sia o meno un rifiuto ai sensi della 
		direttiva 75/442. Se, oltre alla mera possibilità di riutilizzare la 
		sostanza, il detentore consegue un vantaggio economico nel farlo, la 
		probabilità di tale riutilizzo è alta. In un'ipotesi del genere la 
		sostanza in questione non può più essere considerata un ingombro di cui 
		il detentore cerchi di «disfarsi», bensì un autentico prodotto (sentenza 
		Palin Granit, punto 37).
		
		46 Nella causa principale, risulta che la sostanza di cui trattasi è 
		ottenuta in esito al processo di raffinazione del petrolio.
		
		47 Tuttavia, tale sostanza residua può essere sfruttata commercialmente 
		a condizioni economicamente vantaggiose, come confermato dal fatto che 
		essa è stata l'oggetto di un'operazione commerciale e che risponde alle 
		specifiche dell'acquirente, come sottolinea il giudice del rinvio.
		
		48 Si deve quindi risolvere la prima questione nel senso che una 
		sostanza come quella oggetto della causa principale, nella fattispecie 
		olio pesante venduto come combustibile, non costituisce un rifiuto ai 
		sensi della direttiva 75/442, nei limiti in cui è sfruttata o 
		commercializzata a condizioni economicamente vantaggiose e può essere 
		effettivamente utilizzata come combustibile senza necessitare di 
		preliminari operazioni di trasformazione.
		
		Sulla seconda questione
		
		49 Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio intende sapere, 
		in sostanza, se l'olio pesante accidentalmente sversato in mare a 
		seguito di un naufragio, in siffatte circostanze, debba essere 
		qualificato come rifiuto ai sensi della categoria Q4 dell'allegato I 
		della direttiva 75/442.
		
		Osservazioni presentate alla Corte
		
		50 Il Comune di Mesquer, sostenuto in sostanza dai governi francese e 
		italiano nonché dalla Commissione, ritiene che siffatti idrocarburi, una 
		volta che siano sversati in mare e, a fortiori, che si siano miscelati 
		all'acqua e a sedimenti, debbano essere qualificati come rifiuti ai 
		sensi della direttiva 75/442.
		
		51 Le società Total reputano che la miscela costituita da idrocarburi, 
		acqua e sedimenti del litorale costituisca un rifiuto solo qualora 
		esista un obbligo di smaltimento o di recupero degli idrocarburi 
		accidentalmente sversati in quanto tali e se questi ultimi sono 
		indissolubilmente uniti all'acqua e ai sedimenti.
		
		52 Il governo belga sostiene che i prodotti così sversati in mare non 
		dovrebbero essere qualificati come rifiuti ai sensi della direttiva 
		75/442, ma idrocarburi pesanti in conformità alle convenzioni sulla 
		responsabilità civile e FIPOL. Il governo del Regno Unito, pur 
		ammettendo che idrocarburi di questo tipo possono essere qualificati 
		come rifiuti ai sensi di tale direttiva, ritiene auspicabile che lo 
		sversamento accidentale di idrocarburi in mare rientri solo nella sfera 
		delle convenzioni sulla responsabilità civile e FIPOL e, di conseguenza, 
		che la direttiva 75/442 non si applichi in siffatte circostanze.
		
		Risposta della Corte
		
		53 In limine, occorre rammentare che l'allegato II della direttiva 
		75/442 propone elenchi di sostanze e di oggetti qualificabili come 
		rifiuti. Tale elenco, tuttavia, ha soltanto un valore indicativo, posto 
		che la qualifica di rifiuto discende anzitutto dal comportamento del 
		detentore e dal significato del termine «disfarsi» (v. sentenza 7 
		settembre 2004, causa C‑1/03, Van de Walle e a., Racc. pag. I‑7613, 
		punto 42).
		
		54 La circostanza che l'allegato I della direttiva 75/442, intitolato 
		«Categorie di rifiuti», menzioni, al punto Q4, le «[s]ostanze 
		accidentalmente riversate, perdute o aventi subìto qualunque altro 
		incidente, compresi tutti i materiali, le attrezzature, ecc. contaminati 
		in seguito all'incidente in questione», costituisce quindi soltanto un 
		indizio dell'inclusione di tali materie nell'ambito di applicazione 
		della nozione di rifiuto. La detta circostanza, pertanto, non consente 
		di per sé di qualificare come rifiuti gli idrocarburi che siano stati 
		accidentalmente sversati e che siano all'origine di un inquinamento del 
		terreno e delle acque sotterranee (v., in tale senso, sentenza Van de 
		Walle e a., cit., punto 43).
		
		55 Ciò premesso, è necessario verificare se un siffatto sversamento 
		accidentale di idrocarburi sia un atto mediante il quale il detentore si 
		disfa di questi ultimi ai sensi dell'art. 1, lett. a), della direttiva 
		75/442 (v., in tal senso, sentenza Van de Walle e a., cit., punto 44).
		
		56 A tale riguardo, la sostanza o l'oggetto in questione, ove 
		costituiscano un residuo di produzione, vale a dire un prodotto che non 
		è stato ricercato in quanto tale al fine di un utilizzo ulteriore e che 
		il detentore non può riutilizzare a condizioni economicamente 
		vantaggiose senza prima sottoporlo a trasformazione, debbono 
		considerarsi come un onere del quale il detentore «si disfa» (v. 
		sentenze Palin Granit, punti 32‑37, nonché Van de Walle e a., cit., 
		punto 46).
		
		57 Per quanto riguarda idrocarburi che siano stati accidentalmente 
		sversati e che siano all'origine di un inquinamento del terreno e delle 
		acque sotterranee, la Corte ha avuto modo di constatare che questi 
		ultimi non costituiscono un prodotto riutilizzabile senza previa 
		trasformazione (v. sentenza Van de Walle e a., cit., punto 47).
		
		58 Orbene, una siffatta constatazione s'impone altresì con riferimento a 
		idrocarburi accidentalmente sversati in mare e che siano all'origine di 
		un inquinamento delle acque territoriali nonché, di conseguenza, delle 
		coste di uno Stato membro.
		
		59 È infatti pacifico che lo sfruttamento o la commercializzazione di 
		idrocarburi sversati o emulsionati con l'acqua o, ancora, agglomerati 
		con sedimenti è un'operazione molto aleatoria se non addirittura 
		ipotetica. Risulta altrettanto indubbio che, anche ammettendo che sia 
		tecnicamente attuabile, un siffatto sfruttamento o commercializzazione 
		presupporrebbe comunque operazioni preliminari di trasformazione che, 
		lungi dall'essere economicamente vantaggiose per il detentore di tale 
		sostanza, costituirebbero in realtà considerevoli oneri finanziari. Ne 
		consegue che idrocarburi accidentalmente sversati in mare costituiscono 
		sostanze che il loro detentore non aveva l'intenzione di produrre e 
		delle quali egli «si disfa», ancorché involontariamente, in occasione 
		del loro trasporto, cosicché devono essere qualificate come rifiuti ai 
		sensi della direttiva 75/442 (v., in tal senso, sentenza Van de Walle e 
		a., cit., punti 47 e 50).
		
		60 Peraltro, l'applicabilità della direttiva in parola non è rimessa in 
		discussione dal fatto che lo sversamento accidentale di idrocarburi si è 
		verificato non già sul territorio terrestre di uno Stato membro, ma 
		nella zona economica esclusiva di quest'ultimo.
		
		61 Infatti, senza che occorra pronunciarsi sull'applicabilità di tale 
		direttiva al luogo del naufragio, basta osservare che gli idrocarburi 
		così accidentalmente sversati sono andati alla deriva lungo le coste 
		fino a raggiungere queste ultime, risultando in tal modo sversati sul 
		territorio terrestre dello Stato membro di cui trattasi.
		
		62 Da ciò consegue che, nel caso del naufragio di una petroliera come 
		quello che caratterizza la causa principale, la direttiva 75/442 trova 
		applicazione ratione loci.
		
		63 Di conseguenza, occorre risolvere la seconda questione nel senso che 
		idrocarburi accidentalmente sversati in mare in seguito a un naufragio, 
		che risultino miscelati ad acqua nonché a sedimenti e che vadano alla 
		deriva lungo le coste di uno Stato membro fino a raggiungere queste 
		ultime, costituiscono rifiuti ai sensi dell'art. 1, lett. a), della 
		direttiva 75/442, nei limiti in cui non possono più essere sfruttati o 
		commercializzati senza preliminari operazioni di trasformazione.
		
		Sulla terza questione
		
		64 Con la sua terza questione, il giudice del rinvio intende sapere se, 
		nel caso del naufragio di una petroliera, il produttore dell'olio 
		pesante sversato in mare e/o colui che lo ha venduto e noleggiato la 
		nave che trasportava tale sostanza possano essere tenuti a farsi carico 
		dei costi connessi allo smaltimento dei rifiuti così generati, anche 
		qualora la sostanza sversata in mare fosse trasportata da terzi, nel 
		caso di specie da un vettore marittimo.
		
		Osservazioni presentate alla Corte
		
		65 Il Comune di Mesquer reputa che, nella causa principale, ai fini 
		dell'applicazione dell'art. 15 della direttiva 75/442, il produttore 
		dell'olio pesante nonché colui che ha venduto tale sostanza e noleggiato 
		la nave che la trasporta devono essere qualificati, ai sensi dell'art. 
		1, lett. b) e c), della direttiva, come produttori e detentori dei 
		rifiuti risultanti dallo sversamento in mare della sostanza in parola.
		
		66 Secondo le società Total, in circostanze come quelle oggetto della 
		causa principale, l'art. 15 della direttiva 75/442 non è applicabile al 
		produttore dell'olio pesante né a colui che lo ha venduto e ha 
		noleggiato la nave che lo trasportava poiché, al momento dell'incidente 
		che ha determinato la trasformazione della sostanza di cui trattasi in 
		rifiuto, la stessa veniva trasportata da terzi. Peraltro, la 
		disposizione in parola non si applicherebbe nemmeno al produttore 
		dell'olio pesante per la sola ragione che quest'ultimo sarebbe il 
		produttore della sostanza che ha generato i rifiuti.
		
		67 Il governo francese, parzialmente sostenuto dal governo italiano e 
		dalla Commissione, è dell'avviso che il produttore dell'olio pesante e/o 
		colui che lo ha venduto e ha noleggiato la nave che trasportava tale 
		sostanza possano essere qualificati come produttori e/o detentori dei 
		rifiuti risultanti dallo sversamento in mare di detta sostanza solo se 
		il naufragio della nave, che ha trasformato il carico di olio pesante in 
		rifiuti, era imputabile a diversi comportamenti idonei a far sorgere la 
		loro responsabilità. La Commissione aggiunge tuttavia che il produttore 
		di una sostanza come l'olio pesante non può, già solo a motivo di tale 
		attività, essere qualificato come «produttore» e/o «detentore», ai sensi 
		dell'art. 1, lett. b) e c), della direttiva 75/442, dei rifiuti generati 
		da tale prodotto in occasione di un incidente verificatosi durante il 
		loro trasporto. Nondimeno, in forza dell'art. 15, secondo trattino, 
		della direttiva, tale soggetto sarebbe ancora tenuto a sopportare il 
		costo dello smaltimento dei rifiuti nella sua qualità di «produttore del 
		prodotto causa dei rifiuti».
		
		68 Per il governo belga, l'applicazione della direttiva 75/442 è esclusa 
		a motivo del fatto che deve essere applicata la convenzione sulla 
		responsabilità civile. Analogamente, il governo del Regno Unito reputa 
		che la Corte non debba risolvere tale questione in quanto la causa 
		principale riguarda questioni di responsabilità per sversamento di olio 
		pesante in mare.
		
		Risposta della Corte
		
		69 In circostanze come quelle oggetto della causa principale, tenuto 
		conto della finalità della direttiva 75/442, ricordata al suo terzo 
		'considerando', l'art. 15, secondo trattino, di tale direttiva prevede 
		che, conformemente al principio «chi inquina paga», il costo dello 
		smaltimento dei rifiuti deve essere sostenuto dai precedenti detentori o 
		dal produttore del prodotto che ha generato i rifiuti.
		
		70 Ai sensi dell'art. 8 della direttiva 75/442, ogni «detentore di 
		rifiuti» è tenuto a consegnarli ad un raccoglitore privato o pubblico o 
		ad un'impresa che effettua le operazioni previste nell'allegato II A o 
		II B di tale direttiva, oppure deve provvedere egli stesso al recupero o 
		allo smaltimento, conformandosi alle disposizioni della direttiva 
		(sentenza 26 aprile 2005, causa C‑494/01, Commissione/Irlanda, Racc. pag 
		I‑3331, punto 179).
		
		71 Dalle disposizioni sopra citate risulta che la direttiva 75/442 
		distingue la materiale realizzazione delle operazioni di recupero o 
		smaltimento - che essa pone a carico di ogni «detentore di rifiuti», 
		indipendentemente da chi sia il produttore o il possessore degli stessi 
		- dall'assunzione dell'onere finanziario relativo alle suddette 
		operazioni, che la medesima direttiva accolla, in conformità del 
		principio «chi inquina paga», ai soggetti che sono all'origine dei 
		rifiuti, a prescindere se costoro siano detentori o precedenti detentori 
		dei rifiuti o anche fabbricanti del prodotto che ha generato i rifiuti 
		(sentenza Van de Walle e a., cit., punto 58).
		
		72 A tale riguardo, l'applicazione del principio «chi inquina paga», ai 
		sensi dell'art. 174, n. 2, primo comma, seconda frase, CE e dell'art. 15 
		della direttiva 75/442, sarebbe vanificata se tali soggetti coinvolti 
		nella produzione di rifiuti dovessero sottrarsi ai loro obblighi 
		finanziari come previsti dalla direttiva 75/442, sebbene sia chiaramente 
		dimostrata l'origine degli idrocarburi sversati in mare, ancorché 
		involontariamente, e che sono stati all'origine di un inquinamento del 
		territorio costiero di uno Stato membro.
		
		- Sulle nozione di «detentore» e di «precedenti detentori»
		
		73 La Corte ha ritenuto, con riferimento a idrocarburi accidentalmente 
		sversati a causa di una fuoriuscita dagli impianti di stoccaggio di una 
		stazione di servizio e che erano stati da questa acquistati per le 
		esigenze delle sue attività, che tali idrocarburi fossero, in realtà, in 
		possesso del gestore della stazione di servizio. La Corte ha inoltre 
		reputato che, in tale contesto, colui che, per le esigenze della sua 
		attività, accantonava detti idrocarburi quando sono divenuti rifiuti 
		possa essere qualificato come colui che li ha «prodotti», ai sensi 
		dell'art. 1, lett. b), della direttiva 75/442. Infatti, il gestore della 
		stazione di servizio, essendo al tempo stesso possessore e produttore di 
		tali rifiuti, dev'essere qualificato come loro detentore ai sensi del 
		medesimo art. 1, lett. c), di tale direttiva (v., in tale senso, 
		sentenza Van de Walle e a., cit., punto 59).
		
		74 Analogamente, nel caso di idrocarburi accidentalmente sversati in 
		mare, occorre osservare che il proprietario della nave che li ha 
		trasportati ne è, di fatto, in possesso immediatamente prima che 
		divengano rifiuti. Pertanto, il proprietario della nave può quindi 
		essere qualificato come colui che ha prodotto tali rifiuti ai sensi 
		dell'art. 1, lett. b), della direttiva 75/442 ed essere così qualificato 
		per ciò stesso come «detentore» ai sensi dell'art. 1, lett. c), di tale 
		direttiva.
		
		75 Tuttavia, la direttiva in parola non esclude che, in determinati 
		casi, il costo dello smaltimento dei rifiuti sia a carico di uno o più 
		detentori precedenti (sentenza Van de Walle e a., cit., punto 57).
		
		- Sulla determinazione delle persone che devono sopportare il costo 
		dello smaltimento dei rifiuti
		
		76 Nella causa principale, sorge la questione se colui che ha venduto la 
		merce al destinatario finale e che a tal fine ha noleggiato la nave che 
		si è danneggiata in mare possa altresì essere qualificato come 
		«detentore», per questa ragione «precedente», dei rifiuti in tal modo 
		sversati. Inoltre, il giudice del rinvio si chiede se il produttore del 
		prodotto che ha generato rifiuti possa anche essere tenuto a sopportare 
		il costo dello smaltimento dei rifiuti così prodotti.
		
		77 Al riguardo, l'art. 15 della direttiva 75/442 prevede che talune 
		categorie di persone, nel caso di specie i «precedenti detentori» o «il 
		produttore del prodotto causa dei rifiuti», conformemente al principio 
		«chi inquina paga», possono essere tenuti a sopportare il costo dello 
		smaltimento dei rifiuti. Così, tale obbligo finanziario grava sui 
		medesimi a motivo del loro contributo alla produzione dei rifiuti in 
		parola e, eventualmente, al rischio di inquinamento che risulta.
		
		78 Quindi, per quanto riguarda idrocarburi accidentalmente sversati in 
		mare a seguito del naufragio di una petroliera, il giudice nazionale può 
		considerare che colui che ha venduto tali idrocarburi e noleggiato la 
		nave che li ha trasportati ha «prodotto rifiuti» se tale giudice, alla 
		luce degli elementi la cui valutazione è di sua esclusiva competenza, 
		giunge alla conclusione che tale venditore-noleggiatore ha contribuito 
		al rischio che si verificasse l'inquinamento determinato da tale 
		naufragio, in particolare se si è astenuto dall'adottare provvedimenti 
		diretti a prevenire un tale evento, come quelli relativi alla scelta 
		della nave. In siffatte circostanze, il venditore-noleggiatore potrà 
		essere qualificato come precedente detentore dei rifiuti ai fini 
		dell'applicazione dell'art. 15, secondo trattino, prima parte, della 
		direttiva 75/442.
		
		79 Come è stato rammentato al punto 69 della presente sentenza, in 
		circostanze come quelle oggetto della causa principale, l'art. 15, 
		secondo trattino, della direttiva 75/442 prevede, facendo ricorso alla 
		congiunzione «o», che il costo dello smaltimento dei rifiuti deve essere 
		sostenuto dai «precedenti detentori» o dal «produttore del prodotto 
		causa» dei rifiuti di cui trattasi.
		
		80 A tale riguardo, conformemente all'art. 249 CE, gli Stati membri 
		destinatari della direttiva 75/442, pur disponendo della competenza in 
		merito alla forma e ai mezzi, sono vincolati riguardo al risultato da 
		conseguire in termini di assunzione dell'onere finanziario dei costi 
		connessi allo smaltimento dei rifiuti. Di conseguenza, sono tenuti a 
		garantire che il loro diritto nazionale consenta l'imputazione dei costi 
		di cui trattasi a precedenti detentori o al produttore del prodotto che 
		ha generato rifiuti.
		
		81 Come ha osservato l'avvocato generale al paragrafo 135 delle sue 
		conclusioni, l'art. 15 della direttiva 75/442 non osta a che gli Stati 
		membri prevedano, in applicazione di impegni internazionali sottoscritti 
		in materia, come le convenzioni sulla responsabilità civile e FIPOL, che 
		il proprietario della nave e il noleggiatore di quest'ultima non possono 
		rispondere dei danni causati dallo sversamento di idrocarburi in mare 
		fino a concorrenza di importi limitati nel massimo in funzione della 
		stazza della nave e/o in circostanze particolari connesse al loro 
		comportamento negligente. Tale disposizione non osta nemmeno a che, in 
		applicazione dei menzionati impegni internazionali, un fondo di 
		risarcimento, come il FIPOL, che prevede un tetto massimo per ogni 
		sinistro assuma in luogo dei «detentori», ai sensi dell'art. 1, lett. 
		c), della direttiva 75/442, i costi connessi allo smaltimento dei 
		rifiuti risultanti da idrocarburi accidentalmente sversati in mare.
		
		82 Tuttavia, qualora risulti che i costi connessi allo smaltimento dei 
		rifiuti prodotti da uno sversamento accidentale di idrocarburi in mare 
		non sono oggetto di accollo da parte del fondo in parola o non possono 
		esserlo a motivo dell'esaurimento del limite massimo di risarcimento 
		previsto per tale sinistro e che, in applicazione dei limiti e/o delle 
		esclusioni di responsabilità vigenti, il diritto nazionale di uno Stato 
		membro, compreso quello derivante da convenzioni internazionali, 
		impedisce che tali costi siano sostenuti dal proprietario della nave e/o 
		dal noleggiatore di quest'ultima, sebbene tali soggetti debbano essere 
		qualificati come «detentori» ai sensi dell'art. 1, lett. c), della 
		direttiva 75/442, un siffatto diritto nazionale dovrà allora consentire, 
		onde sia garantita una trasposizione conforme dell'art. 15 di tale 
		direttiva, che i costi in questione siano sopportati dal produttore del 
		prodotto che ha generato i rifiuti così sversati. Nondimeno, 
		conformemente al principio «chi inquina paga», il produttore può essere 
		tenuto a farsi carico di tali costi solo se, mediante la sua attività, 
		ha contribuito al rischio che si verificasse l'inquinamento prodotto dal 
		naufragio della nave.
		
		83 Al riguardo l'obbligo di uno Stato membro di adottare tutti i 
		provvedimenti necessari per raggiungere il risultato prescritto da una 
		direttiva è un obbligo cogente, prescritto dall'art. 249, terzo comma, 
		CE e dalla direttiva stessa. Tale obbligo di adottare tutti i 
		provvedimenti generali o particolari vale per tutti gli organi degli 
		Stati membri, ivi compresi, nell'ambito delle loro competenze, quelli 
		giurisdizionali (v. sentenze 13 novembre 1990, causa C‑106/89, 
		Marleasing, Racc. pag. I‑4135, punto 8, e Inter-Environnement Wallonie, 
		cit., punto 40).
		
		84 Ne consegue che, nell'applicare il diritto nazionale, a prescindere 
		dal fatto che si tratti di norme precedenti o successive alla direttiva 
		o di disposizioni risultanti da convenzioni internazionali alle quali lo 
		Stato membro ha aderito, il giudice nazionale chiamato a interpretare 
		tale diritto deve procedere per quanto più possibile alla luce della 
		lettera e dello scopo della direttiva onde conseguire il risultato 
		perseguito da quest'ultima e conformarsi pertanto all'art 294, terzo 
		comma, CE (v., in tal senso, sentenza Marleasing, cit., punto 8).
		
		85 Inoltre, contrariamente a quanto rilevato dalle società Total in sede 
		di udienza, la Comunità non è vincolata dalle convenzioni sulla 
		responsabilità civile e Fondo. Infatti, da un lato, la Comunità non ha 
		aderito ai citati strumenti internazionali e, dall'altro, non può essere 
		considerata né come un sostituto dei suoi Stati membri, non foss'altro 
		perché questi ultimi non hanno tutti aderito a tali convenzioni (v., per 
		analogia, sentenze 14 luglio 1994, causa C‑379/92, Peralta, Racc. pag. 
		I‑3453, punto 16, nonché 3 giugno 2008, causa C‑308/06, Intertanko e a., 
		non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 47), né come indirettamente 
		vincolata dalle convenzioni stesse a motivo dell'art. 235 della 
		convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, firmata a Montego 
		Bay il 10 dicembre 1982, entrata in vigore il 16 novembre 1994 e 
		approvata con decisione del Consiglio 23 marzo 1998, 93/392/CE (GU L 
		1979, pag. 1), disposizione il cui n. 3 si limita, come ha sottolineato 
		il governo francese all'udienza, a sancire un obbligo generale di 
		cooperazione tra le parti della convenzione in questione.
		
		86 Inoltre, per quanto riguarda la decisione 2004/246, che autorizza gli 
		Stati membri a sottoscrivere o a ratificare, nell'interesse della 
		Comunità, il protocollo del 2003 della convenzione Fondo o ad aderirvi, 
		è sufficiente constatare che la decisione e il protocollo del 2003 non 
		possono essere applicati ai fatti relativi alla causa principale.
		
		87 Certamente, la direttiva 2004/35 prevede in modo espresso, all'art. 
		4, n. 2, che essa non si applica al danno ambientale o a una minaccia 
		imminente di tale danno a seguito di un incidente per il quale la 
		responsabilità o l'indennizzo rientrano nell'ambito d'applicazione di 
		una delle convenzioni internazionali elencate nell'allegato IV, il quale 
		menziona le convenzioni sulla responsabilità civile e Fondo. Infatti, il 
		legislatore comunitario, come indica il decimo 'considerando' di tale 
		direttiva, ha stimato necessario tener conto espressamente delle 
		convenzioni internazionali pertinenti che disciplinano in modo più 
		completo e più rigido le attività rientranti nell'ambito di applicazione 
		della direttiva in parola.
		
		88 Tuttavia, è giocoforza constatare che la direttiva 75/442 non 
		contiene una disposizione analoga, nemmeno nella sua versione codificata 
		risultante dalla direttiva 2006/12.
		
		89 Tenuto conto di quanto precedentemente considerato, occorre risolvere 
		la terza questione nel senso che, ai fini dell'applicazione dell'art. 15 
		della direttiva 75/442 allo sversamento accidentale di idrocarburi in 
		mare all'origine di un inquinamento delle coste di uno Stato membro:
		
		- il giudice nazionale può considerare colui che ha venduto tali 
		idrocarburi e noleggiato la nave che li ha trasportati come produttore 
		dei rifiuti in questione, ai sensi dell'art. 1, lett. b), della 
		direttiva 75/442, e, in questo modo, come «precedente detentore» ai fini 
		dell'applicazione dell'art. 15, secondo trattino, prima parte, di tale 
		direttiva se tale giudice, alla luce degli elementi la cui valutazione è 
		di sua esclusiva competenza, giunge alla conclusione che detto 
		venditore-noleggiatore ha contribuito al rischio che si verificasse 
		l'inquinamento determinato dal naufragio, in particolare se si è 
		astenuto dall'adottare provvedimenti diretti a prevenire un tale evento, 
		come quelli relativi alla scelta della nave;
		
		- qualora risulti che i costi connessi allo smaltimento dei rifiuti 
		prodotti da uno sversamento accidentale di idrocarburi in mare non sono 
		oggetto di accollo da parte del fondo in parola o non possono esserlo a 
		motivo dell'esaurimento del limite massimo di risarcimento previsto per 
		tale sinistro e che, in applicazione dei limiti e/o delle esclusioni di 
		responsabilità vigenti, il diritto nazionale di uno Stato membro, 
		compreso quello derivante da convenzioni internazionali, impedisce che 
		tali costi siano sostenuti dal proprietario della nave e/o dal 
		noleggiatore di quest'ultima, sebbene tali soggetti debbano essere 
		qualificati come «detentori» ai sensi dell'art. 1, lett. c), della 
		direttiva 75/442, un siffatto diritto nazionale dovrà allora consentire, 
		onde sia garantita una trasposizione conforme dell'art. 15 di tale 
		direttiva, che i costi in questione siano sopportati dal produttore del 
		prodotto che ha generato i rifiuti così sversati. Tuttavia, 
		conformemente al principio «chi inquina paga», tale produttore può 
		essere tenuto a farsi carico di tali costi solo se, mediante la sua 
		attività, ha contribuito al rischio che si verificasse l'inquinamento 
		prodotto dal naufragio della nave.
		
		Sulle spese
		
		90 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente 
		procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice 
		nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da 
		altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar 
		luogo a rifusione.
		
		Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:
		
		1) Una sostanza come quella oggetto della causa principale, nella 
		fattispecie olio pesante venduto come combustibile, non costituisce un 
		rifiuto ai sensi della direttiva del Consiglio 15 luglio 1975, 
		75/442/CEE, relativa ai rifiuti, come modificata dalla decisione della 
		Commissione 24 maggio 1996, 96/350/CE, nei limiti in cui è sfruttata o 
		commercializzata a condizioni economicamente vantaggiose e può essere 
		effettivamente utilizzata come combustibile senza necessitare di 
		preliminari operazioni di trasformazione.
		
		2) Idrocarburi accidentalmente sversati in mare in seguito a un 
		naufragio, che risultino miscelati ad acqua nonché a sedimenti e che 
		vadano alla deriva lungo le coste di uno Stato membro fino a raggiungere 
		queste ultime, costituiscono rifiuti ai sensi dell'art. 1, lett. a), 
		della direttiva 75/442, come modificata dalla decisione 96/350, nei 
		limiti in cui non possono più essere sfruttati o commercializzati senza 
		preliminari operazioni di trasformazione.
		
		3) Ai fini dell'applicazione dell'art. 15 della direttiva 75/442, come 
		modificata dalla decisione 96/350, allo sversamento accidentale di 
		idrocarburi in mare all'origine di un inquinamento delle coste di uno 
		Stato membro:
		
		- il giudice nazionale può considerare colui che ha venduto tali 
		idrocarburi e noleggiato la nave che li ha trasportati come produttore 
		dei rifiuti in questione, ai sensi dell'art. 1, lett. b), della 
		direttiva 75/442, come modificata dalla decisione 96/350, e, in questo 
		modo, come «precedente detentore» ai fini dell'applicazione dell'art. 
		15, secondo trattino, prima parte, di tale direttiva se tale giudice, 
		alla luce degli elementi la cui valutazione è di sua esclusiva 
		competenza, giunge alla conclusione che detto venditore-noleggiatore ha 
		contribuito al rischio che si verificasse l'inquinamento determinato dal 
		naufragio, in particolare se si è astenuto dall'adottare provvedimenti 
		diretti a prevenire un tale evento, come quelli relativi alla scelta 
		della nave;
		
		- qualora risulti che i costi connessi allo smaltimento dei rifiuti 
		prodotti da uno sversamento accidentale di idrocarburi in mare non sono 
		oggetto di accollo da parte del fondo in parola o non possono esserlo a 
		motivo dell'esaurimento del limite massimo di risarcimento previsto per 
		tale sinistro e che, in applicazione dei limiti e/o delle esclusioni di 
		responsabilità vigenti, il diritto nazionale di uno Stato membro, 
		compreso quello derivante da convenzioni internazionali, impedisce che 
		tali costi siano sostenuti dal proprietario della nave e/o dal 
		noleggiatore di quest'ultima, sebbene tali soggetti debbano essere 
		qualificati come «detentori» ai sensi dell'art. 1, lett. c), della 
		direttiva 75/442, come modificata dalla decisione 96/350, un siffatto 
		diritto nazionale dovrà allora consentire, onde sia garantita una 
		trasposizione conforme dell'art. 15 di tale direttiva, che i costi in 
		questione siano sopportati dal produttore del prodotto che ha generato i 
		rifiuti così sversati. Tuttavia, conformemente al principio «chi inquina 
		paga», tale produttore può essere tenuto a farsi carico di tali costi 
		solo se, mediante la sua attività, ha contribuito al rischio che si 
		verificasse l'inquinamento prodotto dal naufragio della nave.
		
		Firme
		
		
 
		
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